Anatomia delle unità SSD

La sigla SSD (dall’inglese Solid State Drive) si riferisce ad un drive a stato solido e corrisponde sostanzialmente ad un sistema di archiviazione dati che sfrutta memoria a stato solido appunto (in particolare memoria flash): vediamo più da vicino in cosa consiste e come queste unità appaiono dall’interno, ovvero quali sono le componenti fondamentali che le costituiscono e il meccanismo di funzionamento che ne sta alla base.

Premessa: analisi terminologica delle SSD

Prima di tutto va chiarito il concetto dal punto di vista terminologico. Sebbene spesso l’espressione venga tradotta come “disco a stato solido”, per via della funzione che richiama quella dell’hard disk, è in ogni caso più opportuno parlare di unità perché i dati vengono immagazzinati elettronicamente e non magneticamente e quindi all’interno non c’è nessun disco.

Come si presenta un’unità SSD

Partiamo dunque dall’aspetto esteriore del prodotto per poi passare ad una visione dell’anatomia interna. Questa si può in realtà presentare sotto diverse forme e dimensioni. Le più comuni sono quelle da 2,5 pollici e da 1,8 pollici perché sono le stesse dimensioni dell’hard disk, che le unità SSD stanno gradualmente sostituendo. Di diverso tipo possono essere anche le interfacce, di cui la più comune è SATA.

Struttura interna e funzionamento

Passiamo all’analisi dell’anatomia delle SSD.

Osservando internamente un’unità SSD si possono riscontrare tre fondamentali componenti: memoria flash, controller e buffer.
- Memoria flash: si tratta di una memoria non volatile. In pratica, per rendere l’idea, si tratta dello stesso tipo di memoria presente nelle USB e nelle memory card delle fotocamere digitali. Non avendo parti mobili si presenta molto resistente agli urti: questo è un grande vantaggio rispetto all’hard disk che è invece abbastanza sensibile ad eventuali impatti. La tecnologia di realizzazione può essere di due tipi: NAND e NOR (quest’ultima applicata quasi esclusivamente per i cellulari). Anche la densità di memoria può essere di due tipi: SLC (Single Level Cell) e MLC (Multiple Level Cell). Queste ultime sono le più economiche ma anche le più lente e maggiormente soggette ad errore.
- Buffer Memory: serve per incrementare la velocità nella comunicazione tra l’interfaccia SATA e il controller.
- Controller: questa componente è il cuore dell’unità SSD e indica il livello di velocità a cui l’unità può arrivare. In sostanza il controller organizza la memoria flash in canali ai quali si potrebbe, teoricamente, accedere in maniera indipendente: nella pratica un controller strutturato in dieci canali sarà più veloce di uno con otto (anche se ci sono in realtà anche altri fattori da considerare).

Il motivo per cui le unità SSD non richiedono parti meccaniche è che sfruttano l’effetto tunnel per andare a cambiare lo stato elettronico di celle transitor. Questo aspetto contribuisce a ridurre al minimo i rumori e il tempo necessario per l’accesso che viene calcolato in pochi decimi di secondo. Quali sono allora gli svantaggi delle unità SSD? Fondamentalmente due: il prezzo per bit notevolmente superiore a quello del tradizionale hard diske minore durata, ovvero limite alla riscrittura della memoria flash.

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