Come ottenere un’ampia larghezza di banda con il DWDM

La larghezza di banda e il DWDM (Dense Wavelength Division Multiplexing)

Oggi la maggior parte di noi dispone di una connessione internet veloce, sia a casa che sul luogo di lavoro. Enormi quantità di dati sono trasferite sul web semplicemente premendo un tasto del mouse: messaggi di posta elettronica, file, fax, pagine web, video, chat, telefonate, e così via. Come conseguenza, nel corso degli ultimi anni i fornitori di servizi hanno dovuto affrontare un problema enorme: la crescente richiesta di servizi a banda larga stava esaurendo la capacità di trasmissione residua. Molti provider avevano quasi raggiunto il cento per cento di utilizzo su tratti significativi delle loro reti in fibra ottica.

Una larghezza di banda pari a 1 Gbps non era più sufficiente a supportare tutte le richieste dei clienti. Tanto per farsi un’idea, si consideri che con una capacità di 1 Gbps è possibile trasmettere un migliaio di libri in un solo secondo. Fondamentalmente esistevano due modi per risolvere il problema della scarsità di banda. Il primo modo, e probabilmente il più ovvio, consisteva nell’aumentare la banda disponibile stendendo nuove fibre. Per alcuni tipi di reti questa poteva anche essere la soluzione più economica, ma in ogni caso non consentiva ai provider di fornire nuovi servizi, e di beneficiare dell’enorme larghezza di banda disponibile con una connessione in fibra ottica.

Il secondo modo, che cominciò ad essere impiegato all’inizio degli anni ’80, era focalizzato sull’aumento della velocità (o meglio bit rate) con cui il segnale viaggia all’interno della fibra. Questo tipo di soluzione era basata sulla cosiddetta tecnica di “time division multiplexing” (TDM).

TDM divide il tempo in piccoli intervalli, assegna a ciascuno di essi un differente segnale, e infine multiplexa i segnali su una stessa fibra prima di eseguire la trasmissione. La figura seguente permette di farsi un’idea su come opera il TDM: quattro segnali con velocità di 2.5 Gbps vengono multiplexati e trasmessi sulla stessa fibra, raggiungendo una velocità complessiva pari a: 2.5x4=10 Gbps. L’operazione inversa andrà eseguita sul nodo remoto, dove un demultiplexer estrarra’ i quattro segnali originali con il rispettivo bit rate.

larghezza di banda dwdm

La modalità con cui i frame di dati vengono trasmessi con la tecnica TDM è simile al modo con cui il traffico scorre su un’autostrada ad una sola corsia di marcia. Le due seguenti figure mostrano come il traffico (analogo al bit rate) possa essere aumentato riempiendo lo spazio vuoto tra i veicoli (corrispondente al tempo non utilizzato nel TDM) tramite l’inserimento di veicoli addizionali (nel caso particolare il traffico è stato moltiplicato per quattro).

La tecnica TDM si è dimostrata una scelta vincente ed è tuttora impiegata, soprattutto per applicazioni di fonia sia fissa che mobile. Essa deve la sua fortuna anche al fatto che gli standard di trasmissione più diffusi (principalmente il SONET e l’SDH) sono sincroni; ciò significa che i segnali laser che viaggiano sulla rete ottica sono stati sincronizzati con un clock esterno, e pertanto risulta semplice multiplexare e demultiplexare differenti segnali su una base temporale. Il problema della scarsità di banda può essere affrontato con una tecnologia diversa dal TDM, nota come DEDM (acronimo di dense wavelength division multiplexing).

Invece di aumentare la banda multiplexando diversi segnali come avviene nel TDM, il DWDM (Dense Wavelength Division Multiplexing) assegna una lunghezza d’onda (anche detta lambda o canale) ad ogni sorgente, e trasmette tutte le lunghezza d’onda contemporaneamente sulla stessa fibra ottica. Nella figura seguente, quattro diversi segnali ciascuno con velocità pari a 10 Gbps, vengono trasmessi sulla stessa fibra assegnando a ciascuno di essi una diversa lunghezza d’onda (rappresentata da un diverso colore nell’immagine).

DWDM

Anche in questo caso è possibile fare un’analogia con il traffico che scorre su un’autostrada: ora però avremo una corsia per ogni canale (lambda), e le macchine si muoveranno su ogni corsia parallelamente alle altre senza dover modificare la propria velocità.

Il DWDM (Dense Wavelength Division Multiplexing) fornisce ai provider la possibilità di aumentare enormemente la banda disponibile senza dover stendere nuove fibre. Per rendersi conto di ciò che il DWDM è veramente in grado di fare, si consideri che, nei laboratori di ricerca sono già state testate con successo le seguenti configurazioni:

    • 320 canali (lambda) ciascuno con velocità di 2.5 Gbps (totale: 800 Gbps)
    • 160 canali (lambda) ciascuno con velocità di 10 Gbps (totale: 1.6 Tbps)
    • 128 canali (lambda) ciascuno con velocità di 40 Gbps (totale: 5.12 Tbps)

Il DWDM trae vantaggio da un’importante proprietà della fibra ottica: quando un fascio di luce entra in una fibra con un certo angolo di incidenza, essa viene quasi completamente riflessa (raggiungendo una percentaule prossima al 100%) dal nucleo della fibra e si propaga al suo interno sino a raggiungere l’estremità opposta. Esistono due tipi di fibra ottica: multimode (con un diametro di circa 50-60 micrometri) e singlemode (con un diametro inferiore a 10 micrometri). Nelle fibre multimode, la luce si propaga seguendo più di un cammino (il cammino viene anche detto “mode” in inglese), mentre le fibre singlemode sono così sottili che la luce si può propagare seguendo soltanto un cammino.

Per le applicazioni di tipo DWDM, le fibre normalmente usate sono quelle singlemode. In precedenza si è parlato di lunghezze d’onda. Ma quali sono i valori di lambda utilizzati nei sistemi DWDM e come vengono scelti? Ancora una volta, la risposta va cercata nelle proprietà della fibra ottica. Quando la luce si propaga all’interno di una fibra, viene attenuata in un modo che dipende dal valore della sua lunghezza d’onda. Più precisamente, esistono delle regioni di lunghezza d’onda in cui l’attenuazione può essere ritenuta costante, ed altre in cui essa ha un andamento quasi lineare.

Ricerche eseguite sperimentalmente hanno permesso di individuare tre regioni (dette anche finestre ottiche) in cui l’attenuazione è molto contenuta: la prima è centrata sulla frequenza di 850 nm, la seconda sulla frequenza di 1310 nm, e l’ultima sulla frequenza di 1510 nm. I valori comunemente adottati sono 1310 e 1510 nm; oggi diversi milioni di chilometri sono stati coperti con sistemi di questo tipo. Occorre poi osservare che nei sistemi DWDM una fibra può trasmettere il segnale in entrambe le direzioni, non in una soltanto. Inoltre, i canali sono solitamente spaziati di una frequenza pari a 50 o 100 GHz.
Un’altro fattore chiave che ha contribuito al successo della tecnologia DWDM è rappresentato dai recenti progressi compiuti dagli amplificatory ottici (OFA).

I dati trasmessi con la tecnologia DWDM non richiedono amplificazione se il tratto percorso è inferiore a 80 chilometri. Prima dell’introduzione degli amplificatori OFA, l’amplificazione DWDM veniva eseguita con il processo di rigenerazione ‘3R’: l’amplificatore riceveva e convertiva il segnale da ottico ad elettrico, lo squadrava, resincronizzava, e amplificava ancora. Tutto questo si traduceva in reti complesse e costose, specialmente per trasmissioni a lunga distanza. Gli OFA sono invece in grado di amplificare direttamente il segnale ottico, indipendentemente dal numero e dal valore delle lunghezza d’onda. Il tipo più comune di OFA impiegati nelle reti DWDM è l’amplificatore ottico EDFA ottenuto dal drogaggio di un pezzo di fibra con ioni di erbio (Er3+).

In conclusione possiamo affermare che il DWDM offe vari benefici rispetto alle tradizionali tecniche di trasmissione su fibra ottica:

    • riduce drasticamente l’utilizzo della fibra permettendo l’aggregazione di numerosi canali sulla stessa fibra
    • è scalabile e indipendente dal protocollo di trasmissione impiegato
    • consente la trasmissione a lunga distanza contenendo i costi necessari per la rigenerazione del segnale

Repost: 6 Feb 2009

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