Dove non arriva il farmaco arriva l’elettronica

Elettrodi impiantati nel midollo spinale eliminano il dolore cronico sul 75% dei pazienti, ma i potenziali beneficiari della cura vanno selezionati con attenzione.
Esistono situazioni in cui il dolore diventa cronico, parliamo di pazienti che hanno subito danneggiamenti a vario livello del sistema nervoso, in persone sane gli impulsi nervosi trasmessi dai nervi vengono interpretati dal cervello come dolore o come altre sensazioni, in modo dipendente dal segnale che arriva. In pazienti con gravi lesioni a volte può capitare che questi segnali vengano alterati nel loro cammino fornendo al cervello un perenne segnale codificabile come dolore.

E' proprio in questi casi che i membri dell'equipe del dottor Brett Stacey dell' Oregon Health and Science University di Portland intervengono impiantando degli elettrodi nel midollo spinale collegati ad un apparecchio che ha le stesse funzionalità di un pace-maker, ovvero fornire a tempi prefissati oppure in risposta ad un altro stimolo elettrico degli impulsi elettrici. Non si fa nient'altro che “disturbare” la trasmissione dei segnali che provocano il dolore.

Molti pazienti intervistati in effetti asseriscono di non provare più dolore in senso stretto ma che la sensazione è stata sostituita da altre, ad esempio caldo o freddo, nella zona dalla quale prima avvertivano provenire il dolore.
Questa procedura, purtroppo non è efficace su tutti i pazienti, per questo motivo deve essere fatto un grosso lavoro di selezione dei pazienti idonei.Inoltre la procedura è fortemente invasiva portando dietro di se tutte le problematiche classiche derivanti da un intervento chirurgico sul sistema nervoso, in particolare sul midollo spinale.

La cosa interessante di questa procedura è che seppur non abbia effetto su tutti i pazienti comunque quelli che hanno ricevuto beneficio sono stati coloro che non avevano risposto alle terapie di trattamento farmacologico del dolore, dunque pensiamo che tecniche come questa non debbano essere viste come sostitutive al farmaco ma come una sua integrazione.

fonte: Los Angeles Times

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