E’ finita l’era IPv4, è l’ora dell’IPv6

Lo scorso 3 febbraio 2011 lo IANA (Internet Assigned Numbers Authority), l'ente che a livello planetario distribuisce gli indirizzi IP, ha assegnato gli ultimi 5 blocchi di indirizzi basati sul protocollo IPv4, esaurendo di fatto gli indirizzi disponibili. Cosa succederà ora?

Indirizzi IP - IPv4 e IPv6

L'indirizzo IP (Internet Protocol) è una sequenza di numeri che identifica univocamente a livello mondiale un dispositivo (computer o server) connesso alla rete Internet, e permette ai pacchetti Ethernet che viaggiano sulla rete di essere regolarmente recapitati al giusto destinatario (un pò come l'indirizzo del destinatario che si scrive su una lettera da spedire).

Secondo lo standard IPv4, un indirizzo IP è rappresentato da una sequenza di 4 byte (32 bit totali), con una notazione del tipo: xxx.xxx.xxx.xxx, dove xxx è appunto un byte, quindi può assumere tutti i valori compresi tra 0 e 255. Sono pertanto indirizzi IP validi i seguenti: 127.0.0.1, 135.23.22.4, e così via. Facendo un rapido calcolo, si ricava che il numero totale di indirizzi gestibili con l'IPv4 è pari a 232, cioè oltre 4 miliardi (4294967296 per l'esattezza, ma alcune combinazioni sono riservate), e questo era considerato un numero sufficientemente elevato nel lontano 1981, quando lo standard IPv4 fu introdotto.

Oggi le cose sono un pò diverse: con una popolazione mondiale, in crescita continua, stimata in circa 7 miliardi di persone (fonte: worldometers), ed un numero sempre crescente di utenti che si connette in varie modalità ad Internet, l'IPv4 non è più sufficiente. Lo spazio di indirizzi IPv4 è diviso a livello mondiale in 256 sezioni, ciascuna delle quali viene indicata con la notazione "/8" ("slash-eight") e comprende 16,8 milioni di indirizzi IP. Per la cronaca, nel solo ultimo anno sono stati "consumati" ben 319 milioni di indirizzi IP!

Per fortuna chi di dovere aveva previsto questo evento in anticipo, e perciò nel 1998 fu introdotto il nuovo standard IPv6 capace di superare le limitazioni del suo predecessore IPv4 (l'IPv5 fu realizzato solo a livello sperimentale, non venne mai emanato). L'IPv6 si basa sull'utilizzo di 128 bit anzichè 32 (e quindi non 6 byte come potrebbe far credere il nome), creando così una quantità di indirizzi enorme (2128, o, se si preferisce 3,4028236692093846346337460743177e+38).

Il passaggio da IPv4 a IPv6 è presto detto: con IPv4 ci sarebbe in media un indirizzo disponibile per ogni 2 abitanti della terra, mentre con IPv6 ogni abitante del nostro pianeta avrebbe a disposizione 4,86 x 1028 indirizzi IP, un bell'incremento, non vi pare!

Gli indirizzi secondo lo standard IPv6 sono composti da 8 gruppi di 4 cifre esadecimali, dove ogni cifra esadecimale è rappresentata su 2 byte. Ad esempio il seguente è un indirizzo IPv6 valido: 1234:5678:90ab:cdef:3287:0001:0000:3331

Un indirizzo IPv4 può essere agevolmente convertito in uno IPv6. Si consideri ad esempio l'indirizzo IPv4 citato precedentemente (135.23.22.4). Questo va dapprima convertito in una coppia di numeri a 16-bit, ottenendo: 0x87171604. Da questo si ottiene poi l'indirizzo IPv6 corrispondente, cioè: 0000:0000:0000:0000:0000:0000:8717:1604, o anche, nella forma abbreviata, ::8717:1604.

Il problema è che, nonostante la maggior parte dei server nonchè tutti i principali sistemi operativi siano già allineati con lo standard IPv6, i service provider Internet (ISP) si stanno adeguando con una certa lentezza, tenendo presente che i due standard non sono compatibili tra loro, ed ingenti investimenti sono stati fatti a suo tempo per consentire le connessioni con IPv4. Per l'utente finale, comunque, non cambierà nulla, in quanto il supporto per IPv6 è già incluso nei sistemi operativi più utilizzati (windows, Linux, MacOS, e diverse versioni di Unix); stesso discorso vale per i dispositivi di rete, come ad esempio i router, ed anche i più piccoli e familiari smartphone dotati di accesso ad Internet.

Occorre inoltre dire che gli indirizzi IPv4, anche se sono stati interamente assegnati, non sono effettivamente tutti utilizzati, e numerose organizzazioni, società, ed università, ne detengono un numero considerevole non sempre utilizzato al 100% (si stima che almeno il 10% degli indirizzi IPv4 non siano mai stati utilizzati, è un pò come avere un appartamento sfitto, e altri stimano che il numero di indirizzi effettivamente utilizzato non arrivi al 30%). Il problema è per chi deve "chiedere" nuovi indirizzi, quindi soprattutto le nazioni dell'area asiatica (Giappone e Cina, principalmente, con l'aggiunta dell'India) dove si sta assistendo ad una crescita enorme nel settore Internet.

La Cina, ad esempio, si sta concentrando massivamente sul supporto per l'IPv6, con l'effetto che alcune parti della sua rete Internet risulatano non accessibili dalle altre parti del mondo che utilizzano esclusivamente l'IPv4. Del resto, si tenga presente che, per ragioni economiche, tecniche, e storiche, almeno 3 dei circa 4 miliardi di indirizzi IPv4 sono tutti concentrati negli USA.

Internet delle cose, descritta in questo post, è una visione del mondo secondo la quale molti e diversi dispositivi hanno la possibilità di collegarsi alla rete. Ad un livello estremo, ogni oggetto materiale fabbricato dall'uomo potrebbe potenzialmente avere un collegamento alla rete: si delinea quindi un mondo in cui tutto, i vestiti che indossiamo, la nostra macchina, o il cibo che stiamo mangiando seduti a un ristorante possono avere associati un proprio e univoco ID e diventare pertanto un nodo della rete.

Fantascienza? E' presto per dirlo, sta di fatto che la transizione verso questo tipo di realtà è di fatto iniziata, e per essere supportata (insieme alla disponibilità di altre tecniche come l'RFID) essa richiede un'enorme disponibilità di indirizzi, come solo l'IPv6 può garantire.

In attesa di una completa transizione verso il mondo IPv6, operazione che richiederà presumibilmente qualche anno, possono essere adottate alcune tecniche per ovviare alla limitata disponibilità di indirizzi IP, come il NAT e la RSIP.
NAT, acronimo di Network Address Translation, è una tecnica che permette ad un gruppo di computer di condividere lo stesso spazio di indirizzi IP visibile pubblicamente, e questo avviene ad esempio in una rete domestica nella quale vi sono uno o più computer o anche telefoni collegati ad una rete locale wireless. Una variante del NAT, chiamata carrier-grade NAT opera in modo del tutto analogo ma ad un livello superiore, il livello degli Internet Service Provider (ISP).
RSIP (acronimo di Realm Specific Internet Protocol) è un protocollo alternativo al NAT che permette ad un'organizzazione di continuare ad utilizzare i propri indirizzi a 32-bit, il proprio spazio di indirizzi privati, ed eliminare il problema legato alla riscrittura o alla traslazione dei pacchetti. L'aspetto positivo di RSIP è che essa non richiede di modificare i programmi applicativi come browser e client di posta; l'aspetto negativo è che essa comporta dei cambiamenti significativi al sistema operativo.

Quale sarà l'impatto sull'utente medio? Non ci dovrebbero essere conseguenze, in quanto la maggior parte dell'hardware supporta già IPv6, e sistemi operativi come ad esempio Windows XP incorporano il supporto software per IPv6 già dal service pack 1, mentre Mac OS X dalla versione 10.2 (discorso analogo per varie versioni di Linux e Unix). Apple iPhone, come i telefoni equipaggiati con Android, sono anch'essi conformi a IPv6. Un problema può derivare dai dispositivi di rete, come i modem, e i router wireless, che devono essere compatibili con IPv6 (fino ad oggi questa non era una necessità).

A livello di rete, invece, verrano adottate tecniche di traslazione degli indirizzi, proxy, double stacking, e tunneling, al fine di far "convivere" indirizzi IPv4 ed IPv6.

Google e Facebook, due grandi "attori" del mondo Internet che muovono un'ingente traffico di pacchetti, hanno già adottato dei piani di migrazione verso IPv6 molto aggressivi, con molti servizi disponibili già oggi. Yahoo!, analogamente, si allinearà a IPv6 nel corso di quest'anno. Queste sono alcune delle aziende che contribuiranno massicciamente ad eseguire il debugging della migrazione verso IPv6 il prossimo 8 giugno 2011, data in cui si terrà un evento denominato World IPv6 Day. In quel giorno, infatti, queste ed altre organizzazioni offriranno i loro contenuti sulla rete in formato IPv6, consentendo di eseguire un vero e proprio test in tempo reale, sia a livello software che hardware.

World IPv6 Day

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17 Commenti

  1. Avatar photo mingoweb 22 Febbraio 2011
  2. Avatar photo Fabrizio87 22 Febbraio 2011
  3. Avatar photo linus 22 Febbraio 2011
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  17. Avatar photo giuskina 28 Febbraio 2011

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