Effetti delle radiazioni sui tessuti biologici

È fondamentale definire ora il concetto di SAR (Specific Absorption Rate ovvero Tasso di Assorbimento Specifico). Per farlo consideriamo che un certo volume V sia occupato da una data massa M di materiale biologico, la cui composizione risulta non omogenea. L'oggetto della nostra analisi è, in questo momento, la potenza dissipata all'interno di questa struttura.

Supponiamo di poter dividere questo volume in un elevato numero (N) di volumetti elementari, ∆Vi (i=1,2,3,4,…,N), tali che:

    il campo elettromagnetico al loro interno sia costante;
    la composizione interna del materiale sia sufficientemente omogenea da poter considerare costanti nel volumetto sia la densità di massa ρm sia la conducibilità σ.

Per ciascuno di questi, se indichiamo con ∆Wi=σE2∆Vi la potenza elettromagnetica che esso assorbe e Mi=ρm∆Vi la massa che esso contiene, si definisce potenza elettromagnetica assorbita per unità di massa, ovvero il SAR, la quantità:
SARi=∆Wiρm∆Vi=σE2∆Viρm∆Vi=σρmEi2

che si misura in WKg ed in cui la grandezza Ei2 sta a rappresentare il valore efficace (valore quadratico medio) del campo elettrico all'interno del volume elementare. Per ottenere il SAR totale è sufficiente sommare tutti i contenuti elementari; si ha, quindi:
SARm=i=1NSARi=1=1N∆Wiρm∆Vi=WM

questa cifra di merito rappresenta la densità di potenza media assorbita all'interno dell'intero volume dell'oggetto posto in esame e, se immaginiamo che questo possa essere il corpo umano, dell'eccitazione termica a cui è soggetto. È necessario, comunque, fare una differenziazione tra il SAR specifico, che fornisce la distribuzione con cui è depositata localmente la potenza elettromagnetica, e quello medio, ovvero il SARm; noto che sia il secondo, infatti, è possibile calcolare il SAR specifico per la potenza incidente mediante il rapporto
SARm=SAR0S0 S

in cui S è una potenza incidente qualsiasi. Questa relazione è possibile perché le equazioni di Maxwell sono lineari.

Per quanto sia ben noto che, data la potenza incidente, la quantità di energia deposta su di un campione o tessuto biologico si trasforma in calore, non è altrettanto scontato capire dove interviene tale alterazione a livello termoregolatorio. Quando, ad esempio, l'organismo riconosce uno stato patologico, reagisce alterando la temperatura di riferimento; se, invece, un soggetto sta compiendo uno sforzo muscolare si verifica un aumento del calore metabolico. L'esposizione a radiazione EM, di contro, determina un aumento della produzione metabolica e quindi, a questo punto, è necessario capire se la quantità di energia deposta all'interno del soggetto possa essere compensata dal sistema termoregolatorio e, dopo un breve transitorio, torni ad essere costante.

Definiamo, quindi, Ereq come l'equilibrio tra energia deposta sul soggetto e i termini di radiazione, convezione ed evaporazione. Si possono verificare due diverse situazioni: EreqEmax, cioè nell'espressione di equilibrio compare un termine di riscaldamento (S>0) con aumento di temperatura. Il rapporto tra l'energia richiesta per mantenere costante la temperatura e la massima energia ceduta all'esterno è un indice dello stress provocato dalla situazione di calore (indicato con HIS, acronimo di “Heat Stress Index”). Se è minore del 20%, si è in condizioni di normalità.

Il calore S (correlato alla percentuale del corpo riscaldata) è l'energia che il corpo non riesce a smaltire: se S è compreso nell'intervallo che va da 0 a 25 kcal/h si comincia ad intravedere il fenomeno; 80 kcal/h è il massimo valore al quale si può resistere; attorno a 160 kcal/h esiste il 50% di probabilità che si verifichi un collasso; a 240 kcal/h la situazione è intollerabile.

Effetti dell’assorbimento

Conoscere, con precisione, la distribuzione di campo elettromagnetico alla cui azione è sottoposto l'organismo, permette di identificare gli eventuali hot spot (letteralmente "punti caldi") della concentrazione di potenza e prevederne l'eventuale influenza su organi ed apparati particolarmente sensibili. Risulta intuitivo che le gonadi sono tra gli organi più sensibili e soggetti a questo tipo di sollecitazioni.
In generale, ciò che del SAR si può asserire con sicurezza è che:

    - Il SAR è funzione delle grandezze costitutive dell’onda elettromagnetica incidente. In particolare, il SAR medio dipende da frequenza e polarizzazione dell’onda;
    - Il SAR dipende in maniera quadratica con la frequenza. Alla frequenza di risonanza il SAR ha un picco; per frequenze inferiori decresce, quindi, con legge quadratica, mentre al di sopra della stessa varia come 1f;
    - La formazione di hot spot o di concentrazioni di correnti formatesi localmente dipende dal tipo e dalla densità del tessuto biologico che compone la regione di interesse;
    - Il fatto che il soggetto possa essere vestito non altera il tasso di assorbimento medio specifico per frequenze entro i GHz;
    - A parità di campo impresso, l’assorbimento risulta maggiore per esposizione a sorgenti lontane piuttosto che vicine. Ciò appare paradossale a primo acchito ma opportuni calcoli confermano questo risultato;
    - Il SAR medio in condizione di risonanza, a parità di potenza incidente, dipende dalle dimensioni del corpo esposto: il tasso di assorbimento risulta maggiore per gli animali che per gli esseri umani. Alla luce di questo risultato, è necessario riferire con estrema prudenza e circospezione i risultati ottenuti su piccoli animali, come topi e ratti, all’essere umano. Tenendo a mente che il calore metabolico in condizioni di metabolismo basale (ciò non in condizioni di sforzo) è di 1.3 W/kg, i risultati sul caso umano, alla frequenza di risonanza, pari a 65 MHz, indicano un SARm=0.25 W/kg in corrispondenza di una potenza incidente di 10 W/m2. Per un soggetto che si trovi in piedi su un piano a terra la frequenza di risonanza è circa la metà ed il valore del SARm è circa il doppio.

Come già affermato, ciò che genera timori nella comunità scientifica e negli utenti finali è la possibilità che un certo tipo di tecnologia si riveli dannoso per coloro che ne usufruiscono sulla base dell’insorgere di danni cronici. In particolare, parlare dell’interazione dei campi elettromagnetici con il mezzo biologico è molto complesso anche per:

    - la disomogeneità dei tessuti biologici;
    - la variabilità temporale delle caratteristiche elettriche dei tessuti come effetto del processo di riscaldamento;
    - la presenza dei vestiti e del sudore, che modificano la propagazione dei campi;
    - la presenza dei vasi sanguigni che provvedono ad eliminare e/o dissipare il calore prodotto.

Se da un lato, inoltre, è vero che l’assorbimento di energia genera innalzamento della temperatura perché si verifica una conversione in energia termica, è anche vero che a seconda che l’effetto termico sia rilevabile, e quindi rilevante, oppure no, definiamo due tipi di effetti connessi con l’esposizione alle radiazioni non ionizzanti: effetti termici e non.

Per quanto riguarda le onde elettromagnetiche a frequenza inferiore a 15 MHz, onde che corrispondono a λ=20m, pertanto superiore alle dimensioni del corpo umano, l'energia elettromagnetica si trasforma in calore per “effetto Joule” prodotto dalle correnti indotte all’interno dei tessuti. Si può concludere, alla luce di questa considerazione, che più è bassa la frequenza dell’onda incidente più è elevata la profondità di penetrazione, maggiore sarà l’influenza e l’incidenza sugli organi più interni del corpo.

Un innalzamento anomalo del livello termico del corpo può sollecitare i meccanismi di termoregolazione in modo tale da provocare anche la morte per lesioni causate da ipotermia.

Un altro elemento molto sensibile al calore prodotto dall’esposizione è l'occhio. Infatti, visto che si tratta di un elemento scarsamente irrorato, il calore assorbito stenta a dissiparsi e ciò ha come conseguenza un aumento localizzato della temperatura, il che può certamente avere effetti nocivi. In particolare si può andare dalle cataratte (fenomeno di perdita di trasparenza del cristallino per effetto della progressiva ossidazione delle proteine che lo costituiscono) al completo distacco della retina.

Esistono, inoltre, anche degli effetti atermici, relativi all’esposizione, che possono avere rilevanza biologica. Questi sembrano essere associati alla durata dell'esposizione.

A seguito di alcuni studi in materia, è data notizia di alcuni effetti biologici dopo l'esposizione “in vivo” (locuzione latina che, letteralmente, vuol dire “vivente” e sta ad indicare fenomeni biologici riprodotto in organismi animali viventi e non in provetta) ed “in vitro" (che, tradotto letteralmente dal latino vuol dire sotto vetro e sta ad indicare un fenomeno biologico che ha il vantaggio di poter essere osservato da solo, e non in relazione con altri, perché riprodotto in provetta, al contrario di ciò che accade nel caso “in vivo”) a livelli relativamente bassi di radiazioni a radiofrequenza. Questi hanno incluso alcuni cambiamenti nel sistema immunitario, effetti neurologici, effetti comportamentali e prove di un collegamento tra l'esposizione alle microonde e l'azione di alcune droghe, nonché effetti sul Dna. Alcune altre evidenze parlano di cefalee, astenie, crampi muscolari, inappetenze, sonnolenza e affaticamento generale.

In relazione a studi e valutazioni [da 51 a 55], seppure non ancora definitivi e quindi non del tutto conclusivi, si riporta che:

    - l’98% circa dell'energia che viene emessa dal telefono cellulare è assorbita dall'emisfero del cervello che si trova dal lato da cui il telefono viene utilizzato e una percentuale tra il 50 e del 60% è assorbita dal lobo temporale;
    - perché si possa conoscere un effetto cancerogeno occorrono molti anni e, in alcuni casi, servono tra i 10 e i 14 anni dalla prima esposizione perché si possa analizzare l'aumento di rischio;
    - per tumori che crescono lentamente, come il meningioma o il glioma (tumore al cervello), l'assenza di prove è dovuta principalmente alla mancanza della definizione dell'intervallo temporale di osservazione;
    - l'esposizione ad alti livelli di radiazione è in grado di riscaldare il tessuto biologico rapidamente;
    - l'occhio e i testicoli sono noti per la loro sensibilità a questo tipo di sollecitazioni.

Inoltre si rileva che [da 56 a 65]:

    - un nuovo studio in Svezia accresce la paura degli effetti delle radiazioni sui rischi di cancro al cervello nei bambini;
    - uno studio su 13.000 bambini dimostra il collegamento tra l'uso di cellulari e successivi problemi comportamentali. Le donne che utilizzano i cellulari durante la gravidanza hanno più probabilità di avere figli con problemi comportamentali;
    l'uso massiccio di telefoni cellulari potrebbe essere connesso al rischio crescente di cancro alle ghiandole salivari del 50%;
    - l'utilizzo dei telefoni cellulari prima di addormentarsi toglie il sonno. Sembra, infatti, che le radiazioni dei cellulari possano causare insonnia, mal di testa e l'incapacità di addormentarsi profondamente.

Una ulteriore applicazione è quella inerente alle interazioni a livello cellulare. Il meccanismo non termico in esame risulta essere molto interessante perché, nota che sia la dinamica di formazione del potenziale di membrana ed il controllo elettrochimico che il corpo ha sugli impulsi nervosi, l’applicazione di un opportuno stimolo, a frequenza data, può generare una strumentale, e quindi utile, modificazione del potenziale stesso. Quelle più utili ad ottenere questo risultato sono le frequenze al di sotto di 1 MHz mentre stimoli a frequenza superiore danno luogo ad una differenza di potenziale estremamente piccola. Un risultato verificato è stato l’aumento nell’efflusso di calcio cellulare in presenza di campi modulati ad una frequenza tra i 6 e i 25 Hz con una massimo intorno ai 16 Hz. [da 66 a 68]

L'indice completo degli articoli relativi alla tesi di laurea sulla interazioni e sugli effetti delle radiazioni sul corpo umano, è disponibile qui

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2 Commenti

  1. Avatar photo Piero Boccadoro 15 Ottobre 2011
  2. Avatar photo Emanuele 15 Ottobre 2011

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