I computer capiscono l’arte?

Un team di ricercatori dell’università di Girona, in collaborazione con l’istituto tedesco Max Planck, hanno mostrato come una serie di algoritmi matematici possano essere collegati e quindi indirizzarci verso un certo stile artistico o metodo di pittura e che quindi, in una certa misura, i computer possono capire l’arte, ovvero quantificare certi parametri estetici e determinate composizioni e distribuzioni di colori.

Cosa ci aiuta a collocare un’opera d’arte in un determinato periodo storico? Quali elementi valutiamo per individuare una specifica corrente artistica? Queste sono proprio le domande da cui sono partiti i ricercatori del laboratorio di Grafica e Immagine dell’Università di Girona e dell’Istituto di Cibernetica Biologica Max Planck, in Germania per sviluppare la loro ricerca che sembrerebbe legare arte e tecnologia.

Gli studi mirano a poter dimostrare come alcuni algoritmi matematici possano indirizzare l’attività del computer e che questo possa essere di conseguenza programmato per riuscire a discriminare i diversi stili artistici secondo dei concetti di base, ovvero di livello più elementare. Ovviamente il computer si ferma, almeno per il momento, qui e non può fornirci un’analisi artistica più approfondita. Considerazioni di livello base includono ad esempio le valutazioni sullo spessore del pennello o i materiali usati.

Un livello superiore si spingerebbe invece a valutare anche il soggetto riprodotto e le diverse componenti facenti parte dell’opera d’arte nel complesso. In una valutazione ancora più profonda si terrebbe infine conto anche del contesto storico e sociale e della formazione professionale e personale dell’artista. “Non è di certo possibile determinare tramite algoritmi il contesto storico e artistico in cui si muove l’autore” ha ammesso in proposito anche Miquel Feixas, uno dei responsabili della ricerca pubblicata di recente sul giornale “Computer e Grafica”.

Il team di ricercatori ha analizzato diversi algoritmi evidenziando come alcuni di essi, esaminando i pixel e la distribuzione del colore, possano essere utili per la determinazione di parametri estetici ed artistici.

Oltre alle possibili implicazioni filosofiche e artistiche, lo scopo principale della ricerca sarebbe quello di sfruttare questi algoritmi per approfondire il livello di interazione tra espressioni d’arte, persona e computer: ad esempio per una corretta catalogazione nei musei .

I precedenti studi sul rapporto tra matematica e arte

L’idea di questo team non è del tutto nuova ma trae origine in ricerche precedenti, anche molto antiche. Il primo lavoro in questo senso risale infatti addirittura la 1933, quando il matematico George Birkhoff aveva tentato di formalizzare il concetto di “bellezza”, come parametro di relazione tra ordine e complessità.

Il filosofo Max Bense aveva poi rielaborato questo pensiero rielaborandolo secondo i concetti di disordine e diversità: secondo Bense il processo creativo è infatti una selezione di diversi elementi, ad esempio suoni o colori, disponibili (“creare è selezionare”). Ecco dunque che il processo creativo vene paragonato ad un canale di trasmissione di informazioni tra la tavolozza dei colori e l’artista e i soggetti dell’immagine. Era prevedibile che in questi studi sul rapporto tra matematica e arte, nel mondo attuale, entrasse anche il digitale e che quindi termine di rapporto moderno diventasse il computer.

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