Inchiostro biosintetico per strutture in nanoscala

Negli anni della diffusione della stampa 3D e dell'IoT (Internet of Things), prende sempre più piede lo sviluppo della biologia sintetica. Il 2015 si è aperto con numerose notizie provenienti dal mondo biotech e questo sottolinea l'effettivo ingresso nella società di nuove, e sempre più user-friendly, applicazioni e l'incremento dell'interdisciplinarità tra biologia e altri campi di ricerca. I vantaggi che si potrebbero ricavare da questo nuovo campo scientifico e tecnologico, incrocio tra biologia molecolare, genetica e ingegneria, potrebbero essere enormi. Uno di questi è lo sviluppo di sistemi che uniscano stampa 3D e DNA per la produzione di molecole utili alla salute e per il design di strutture in nanoscala.

Come accennato, la biologia sintetica è una disciplina a metà strada tra l'ingegneria e la biologia molecolare. Sviluppata agli inizi degli anni Duemila nelle facoltà di ingegneria biologica, mira a ridisegnare i circuiti metabolici e genetici degli organismi viventi, per creare un organismo sintetico di importanza pratica.

Prima di tutto bisogna definire la molecola base della vita: il DNA (Acido Desossiribonucleico) è un acido nucleico che contiene le informazioni genetiche necessarie alla biosintesi di RNA e proteine, molecole indispensabili per lo sviluppo ed il corretto funzionamento della maggior parte degli organismi viventi. Questo è formato da monomeri, chiamati nucleotidi, costituiti a loro volta da tre componenti fondamentali: un gruppo fosfato, il desossiribosio (zucchero pentoso) e una base azotata (adenina, timina, guanina, citosina e uracile, che va a sostituire la timina all'interno dell'RNA). Il più grande cromosoma umano (il cromosoma 1) contiene quasi 250 milioni di paia di basi.
Gli approcci usati dai ricercatori sono due, “dal basso” (bottom up) e “dall'alto” (top down). Nel primo caso si mettono insieme le singole molecole come proteine, lipidi, DNA, e si costruisce una cellula sintetica per studiarne poi il comportamento. Si cerca cioè di costruire una replica delle primissime cellule viventi. Si parte di solito da involucri di lipidi, simili alle membrane delle cellule, che possono incorporare proteine e materiale genetico. Si studiano poi le reazioni che vi avvengono, e che secondo i ricercatori sono molto simili a quanto accadeva nelle primissime cellule. Questo tipo di approccio serve, quindi, a studiare l'origine della vita.
Il secondo approccio, top down, cerca invece di arrivare al “genoma minimo”, cioè l'indispensabile per tenere in vita una cellula. A questo si aggiungono man mano altri pezzi di DNA, magari provenienti da altre specie, in modo da modificare l'organismo. Il risultato dovrebbe essere una cellula migliorata e ottimizzata, che fa tutto con più efficienza e velocità. In questo caso si hanno invece applicazioni industriali come la sintesi di nuove molecole.
Le tecnologie chiave della biologia sintetica sono tre:

  • Sequencing;
  • Fabbricazione;
  • Modeling.

Il Sequencing serve innanzitutto a produrre una ricchezza di informazione sugli organismi “naturali” che i ricercatori possono utilizzare come un ricco substrato dal quale attingere per costruire i vari pezzi. In secondo luogo, questa tecnologia serve anche a verificare ciò che è stato costruito.

La Fabbricazione comprende i cicli della progettazione, fattura, test e riprogettazione. La limitazione maggiore di questa fase è il tempo necessario a completarla, ma, grazie al progresso, i tempi si sono notevolmente ridotti da mesi a 2 settimane per la sintesi di circa 2000 paia di basi.

Il Modeling aggiunge informazione alla progettazione di sistemi di ingegneria biologica, consentendo ai biologi di sintesi di meglio prevedere il comportamento del sistema prima della fabbricazione.

Ed è proprio su questo ultimo punto che si stanno concentrando gli sforzi dei ricercatori.
Abbiamo sentito parlare di molti tipi di filamenti per produrre i nostri comuni, e non, dispositivi e oggetti in 3D. Abbiamo anche sentito parlare dei vantaggi medicali che la stampa 3D offre, come l'uso di polimeri di nylon per impianti in chirurgia. Bene, la ricerca medica e scientifica ha compiuto un altro grande passo verso qualcosa di praticamente inimmaginabile, ma più vicino di quanto possa sembrare: la stampa 3D usando DNA sintetico.

Ad oggi, l'MIT News riporta che i ricercatori hanno fatto un passo avanti verso la replicazione della struttura del DNA che può poi essere usata nella modellazione e stampa 3D – dove, a sorpresa, l'inchiostro è il DNA sintetico.

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Nel maggio scorso, è stato annunciato che è stata creata una forma sintetica replicabile di DNA. Il DNA sintetico può aiutare la ricerca di nuovi farmaci, diagnosi e vaccini, e può anche essere usato per creare nanomateriali.

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Il filamento genetico può essere programmato attraverso il cambiamento delle sue sequenze e avere una conformazione stabile, in modo da costruire strutture in nanoscala per usare il DNA come un eccellente materiale da costruzione. Mark Bathe, un professore associato di ingegneria biologica, ha guidato un team che nel 2005 ha iniziato a creare piccole strutture di DNA tramite modellazione computazionale attraverso un processo chiamato “origami di DNA”, usando DNA “scaffold” (scheletro o impalcatura centrale) e piccole strutture “a fiocco” che si legano ad esso. Le strutture erano create inizialmente in 2D e successivamente sono state tradotte in 3D.

I ricercatori possono eventualmente sviluppare modelli al computer per il processo di design; il team dell'MIT ha creato nel 2011 un programma chiamato “CanDo” per generare strutture 3D del DNA. Questo software era limitato a figure rettangolari o esagonali, ma ora un algoritmo può creare strutture molto più complesse rispetto a prima attraverso il taglio delle sequenze di DNA in subcomponenti, che diventano le parti fondamentali della programmazione delle nanostrutture di DNA.

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Anelli, dischi e contenitori sferici, tutto in nanoscala, sono il risultato del taglio del DNA in piccole sezioni. I designer possono poi creare “gabbie simmetriche” – come tetraedri, ottaedri e dodecaedri. Qui è dove entra in gioco la stampa 3D.

I ricercatori sono in grado di predire sul computer le strutture 3D di queste “gabbie” riassemblate. Una volta che questi hanno accesso alla stampa 3D di strutture geometriche arbitrarie in nanoscala del DNA, possono usarle per differenti applicazioni combinandole con altri tipi di molecole. Bathe riferisce che le molecole in studio includono anche cromosfere, attivate nei processi di fotosintesi. Altre applicazioni nel medio periodo sono nel campo della bioeconomia, come la produzione di molecole (ad esempio lo studio delle tossine batteriche), la creazione di un sistema per RNA e altre finalità per terapia farmacologica, o di processi nel campo dell'economia verde (come la produzione di bioetanolo).

L'algoritmo che i ricercatori hanno sviluppato sarà disponibile al pubblico nei prossimi mesi, consentendone l'uso a tutti coloro che sono nel campo della ricerca sul DNA-modeling. Mentre, nella sua forma attuale, il modello richiede al progettista di fornire la sequenza del DNA, Bathe e il suo team intendono in futuro consentire la creazione di un modello completamente generato dal computer. Il progettista, fornendo una forma, dovrebbe essere in grado di generare la sequenza per produrre la forma stessa - questa versione futura permetterà al DNA sintetico di essere usato come “inchiostro” per la stampa 3D in nanoscala. Anche se questa ricerca può sembrare molto “cinematografica”, se si segue il progresso della modellazione da 2D a 3D, si può capire che la modellazione 3D può portare alla creazione di materiali sempre nuovi da utilizzare nella stampa 3D. Può addirittura diventare una modellazione “su ordinazione” per creare nanoparticelle specifiche per ogni caso.

Che le prospettive per questo campo siano interessanti lo dimostra il fatto che la Exxon, colosso petrolifero statunitense, ha finanziato con 600 milioni di dollari la ricerca di Craig Venter, uno dei pionieri delle applicazioni industriali della biologia sintetica (e del sequenziamento del genoma umano), per creare biocarburante da batteri geneticamente modificati. Inoltre, nell'era dei makers si affaccia anche una nuova figura che sta diventando sempre più sociale e rivolta alla comunità, i biohackers, “hobbisti della biologia”, persone che sperimentano con il DNA e la genetica in genere e si uniscono tutti sotto la luce del DIYbio. Open BioMedical Initiative sta per entrare anche in questo mondo portando innovazione e diffusione della scienza della vita a tutti perché il futuro è nei nostri geni.

Cristian Padovano - Open BioMedical Initiative

 

Image credits

Godandscience

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