Informatica e donna? Solo se il computer è rosa e l’ufficio è profumato!

E’ innegabile che uno dei maggiori luoghi comuni legati all’informatica e alla tecnologia è l’immagine di un uomo poco attraente che si rinchiude nel mondo della matematica e della scienza per compensare all’assenza di vita sociale e si rifugia in uno studio semibuio e triste consolandosi con numeri e formule e cibo unto: se questo stereotipo disturba gli uomini figuriamoci l’effetto frenante che possa esercitare sulle donne, da sempre più attente alla cura del gusto estetico.

Ma avvicinarsi alla tecnologia vuol dire necessariamente finire in quello studio triste, con i brufoli e gli occhiali e le mani unte di patatine?
Per la serie “anche l’occhio vuole la sua parte” si potrebbe creare un’inversione di tendenza partendo proprio dall’ambiente: del resto già è successo con le macchine (pensiamo alla Citroen Dolce & Gabbana che ha conquistato noi donne.. anche se non è stata d’aiuto per risolvere i problemi con le manovre di parcheggio!)perché non replicare con gli uffici?
Secondo le parole di Sapna Cheryan, assistente alla cattedra di psicologia all’Università di Washington “quando le persone pensano alla scienza dei computer la prima immagine che viene alla mente è uno stereotipo mascolino e poco attraente che non può rappresentare un invito ad intraprendere questa strada per le donne”.

La dottoressa Cheryan ha, da questa prospettiva, intrapreso uno studio di approfondimento sul senso di appartenenza ad un posto, che si concretizza come la sensazione di essere o meno a proprio agio in un determinato ambiente.
L’esperimento ha coinvolto più di 250 studenti non frequentanti il corso di computer e scienza, tra uomini e donne e ha focalizzato gli sforzi nel tentativo di capire come mai la percentuale di donne che frequentano i corsi di computer e scienza è in continua discesa mentre sono sempre più quelle iscritte a materie come biologia o chimica.

Nella prima fase di questa ricerca agli studenti è stato chiesti di entrare in una piccola aula dove erano presenti sia oggetti tipici dello stereotipo di cui sopra, quali poster di Star Trek, scatole di videogiochi e lattine di Coca Cola, sia oggetti estranei a questa generalizzazione, come ad esempio immagini di paesaggi naturali, oggetti d’arte e tazze di caffè.

E’ stato detto agli studenti di ignorare questa situazione in quanto l’aula era, per motivi tecnici, condivisa con altri corsi. Dopo alcuni istanti è stato loro sottoposto un questionario relativo all’attitudine personale per i computer.
All’interno del campione selezionato si è vista una diminuzione di interesse per la scienza informatica tra le donne che erano state nell’ambiente stereotipato mentre la stessa tendenza non si è avuta negli uomini.
Nella seconda fase dell’esperimento è stato chiesto agli studenti di associare oggetti a determinati studi e dai risultati emerge che:
- L’82 % delle donne è spinto ad aggregarsi ad un team che non oggetti stereotipati in aula.
- Entrambi i sessi, la quello femminile in particolare, tra due lavori simili dimostrano una preferenza per ambienti di lavoro non stereotipati.
- Le donne tendono a preferire l’ambiente non stereotipato perché gli stereotipi sono associati ad un modo di vivere maschile.
Da qui la proposta di rendere la aule nelle Università più accoglienti per entrambi i sessi affinché ognuno possa sentirsi a proprio agio nell’ambiente in cui lavora e avvicinare le donne all’informatica.
Liberarsi da stereotipi così prolungati nel tempo e portati avanti anche da film e tv non è di certo facile: io non credo che la tecnologia e l’informatica siano territorio esclusivo degli uomini e tra questi prerogativa di quelli con gli occhiali, i brufoli e le mani unte!
Ogni ambiente di lavoro dovrebbe essere accogliente (e forse in questo in genere la donna ha un’attenzione in più) ma ognuno segue comunque le proprie attitudini e capacità a prescindere da questo: o pensiamo di convincere gli uomini a seguire un corso di ricamo solo rendendo l’ambiente in aula mascolino?

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