La fisica del suono attraverso il clarinetto: la struttura di base

Da Picasso a Renzo Arbore, da Benny Goodman a Artie Shaw, il clarinetto è stato preso a modello da numerosi artisti sia per creare musica sia, semplicemente, come "musa ispiratrice" per le proprie opere. Ma cosa permette al clarinetto di emettere suoni? Come mai può avere questo effetto ovattato e delicato, oppure forte, acuto e deciso? Quanti e quali principi fisici regolano il funzionamento di questo e di altri strumenti musicali? Oggi entreremo nei meandri delle cavità sonore che costituiscono uno degli strumenti più affascinanti dei nostri tempi.

Gli strumenti musicali sono davvero tanti, e molti di questi sono per noi sconosciuti, mentre di molti altri lo sono solo i principi fisici che permettono di generare quei suoni che contraddistinguono l'uno o l'altro, e li rendono unici.

In questo articolo, ci occuperemo di uno strumento che fa parte della grande categoria dei "fiati", e della sottocategoria dei "legni": il Clarinetto.

Il clarinetto è uno strumento molto versatile, utilizzato nella musica Classica e nel Jazz, nella musica Pop e nel Liscio, in particolare ha avuto molto successo nello Swing, ma anche nella musica contemporanea. Ma cos'è che lo rende così versatile? Per capirlo bisogna fare un'introduzione sulla base teorica delle onde sonore, dei mezzi di propagazione ... insomma: di fisica.

Il suono

Per la fisica, il suono è definito come il movimento oscillante delle molecole in un mezzo di propagazione. In poche parole, quando ascoltiamo musica, numerose particelle si muovono nell'aria in modo da darci la possibilità di godere di questi suoni.

Per poter muovere queste particelle però c'è bisogno di un mezzo vibrante, chiamato sorgente del suono, da cui si propagano poi le onde sonore. Il mezzo vibrante è diverso nei vari strumenti, e troviamo le corde nei vari strumenti a corda e negli archi, troviamo le ance negli strumenti a fiato (definiti "legni"), la pelle nel tamburo, eccetera eccetera.

Le onde sonore non sono altro quindi che vibrazioni delle particelle attorno alla posizione di riposo, le quali si propagano in una specifica direzione più o meno definita, secondo le stesse leggi delle onde elettromagnetiche.

Quindi ciò che accade è: la sorgente del suono, sotto stimolo, inizia a vibrare (secondo le sue caratteristiche), e vibrando trasmette la sua energia alle particelle vicine, le quali iniziano a vibrare a loro volta, e a trasferire la vibrazione alle successive, propagando la vibrazione nel mezzo, che generalmente è l'aria (non perché il suono non si propaga altrove, ma perché generalmente noi ascoltiamo la musica attraverso l'aria). A questo punto il timpano del nostro orecchio converte questa energia in impulsi che noi percepiamo come suono. Ma perché noi riusciamo a percepirlo come suono, e non come rumore, è essenziale che le vibrazioni siano regolari, ossia provenienti da vibrazioni periodiche. Questo è possibile attraverso un mezzo risuonatore.

Quali sono le caratteristiche del suono?

È importante capire cosa contraddistingue le diverse tonalità, i diversi volumi, i diversi timbri sonori.

Le caratteristiche di un'onda sonora sono 3: Altezza (Lunghezza d'onda), Intensità (Volume), Timbro (Spettro in frequenza).

L'onda sonora si sviluppa come vibrazione di un mezzo, il quale vibra a particolari lunghezze d'onda; queste possono essere dettate sia dalla sorgente del suono, sia dal mezzo di propagazione, ed è proprio la lunghezza d'onda del suono a determinare la tonalità, la nota specifica, che lo strumento sta suonando. Prendiamo come esempio la chitarra: in base alla corda scelta, al suo spessore e alla lunghezza della sua parte vibrante (che varia premendo i tasti) otteniamo suoni differenti. Così possiamo avere un registro molto ampio con le 6 corde disponibili. Premendo i tasti non facciamo altro che accorciare la corda vibrante, riducendo la lunghezza d'onda del suono prodotto.

Consideriamo invece il clarinetto: la variazione della frequenza viene determinata dal mezzo di propagazione, che "varia" tramite la chiusura dei fori e l'utilizzo delle chiavi. Ma del clarinetto parleremo in modo più dettagliato in seguito.

Il volume invece viene determinato dalla quantità di molecole del mezzo di propagazione che si muovono. Come prima approssimazione possiamo dire che, nel caso degli strumenti a fiato, è la quantità di aria che viene immessa nello strumento a determinare il volume, mentre negli strumenti a corda invece è la forza con cui la corda viene fatta vibrare.

Ma esiste una caratteristica fondamentale del suono, importante per la musica ma anche semplicemente per riconoscere la voce di una persona, o un rumore piuttosto che un altro: il timbro.

Il timbro va a definire la tipologia di voce, di suono, anche di rumore, che viene prodotto da un particolare oggetto o strumento. È grazie al timbro che abbiamo la distinzione degli strumenti musicali, per cui è attraverso questa caratteristica che possiamo distinguere il clarinetto dagli altri strumenti.

Il suono, come abbiamo detto, è prodotto da un'oscillazione ad una certa lunghezza d'onda. Ma un'oscillazione sinusoidale ad una lunghezza d'onda specifica produrrebbe un suono secco, e sempre uguale per ogni strumento, se non avessimo le armoniche secondarie. Ciò che infatti contraddistingue i vari strumenti sono proprio le armoniche prodotte e i loro pesi.

In realtà a contribuire al timbro esistono anche delle parziali anarmoniche, ossia rumori generati dalle parti meccaniche mobili dello strumento, e che probabilmente contribuiscono a rendere meno freddo il suono dello strumento stesso, il che giustifica la differenza tra un suono reale ed uno sintetizzato, per quanto accurato sia il processo di sintesi.

Cenni storici

Il clarinetto è uno strumento ad ancia battente, a differenza ad esempio dell'oboe, che è ad ancia doppia. Le basi per la sua realizzazione possiamo a ragione porle nel lontano 2700 a.C., quando il memet egiziano dilettava i suoi ascoltatori attraverso un sistema ad ancia semplice. Altri strumenti nel tempo ripresero quello stile, così come lo chalumeau, quello che forse può essere considerato l'antenato del clarinetto, risalente circa al XVII secolo d.C., anche se in realtà per ricavarne l'ancia veniva realizzata un'incisione nella parte superiore. Il termine chalumeau deriva dal latino calamus e dal greco κάλαμος (kalamos), che vuol dire canna, dal materiale con cui veniva costruito.

Nel 1690 c'è stata una prima innovazione da parte di un artigiano di Norimberga, tale Johann Christian Denner, che previde 6 fori anteriori, uno posteriore, più due chiavi, una anteriore e una posteriore, che coprivano altrettanti fori. Successivamente il foro posteriore fu reso più piccolo, e divenne un portavoce, che rappresenta la chiave che permette di cambiare registro tonale mantenendo le stesse posizioni ma aprendo o chiudendo suddetta chiave. È stato un grande passo, perché in questo modo il registro dello strumento ha visto raddoppiare le note possibili, aprendo le note al cosiddetto "registro di clarino".

Il termine clarinetto appare per la prima volta nei primi decenni del 1700, per indicare come questo strumento abbia un registro simile a quello del "clarino", strumento che non ha nulla ha che fare con il clarinetto, dato che fa parte della famiglia delle trombe, ma sembra che da lontano il suono del neonato clarinetto avesse qualcosa in comune con il suono acuto di questo clarino, a differenza del primo chalameau, le cui note comprendevano il solo registro basso dell'attuale clarinetto.

Altre innovazioni importanti sono dovute certamente a Jacob Denner, figlio di Johann, con l'inserimento di una lunga chiave per l'estensione del registro, ma soprattutto da Ivan Müller, musicista parigino che realizzò il primo clarinetto che poteva suonare in tutte le tonalità, grazie ad un innovativo sistema con 13 chiavi, diversi cuscinetti e con fori cigliati. Pur non riscuotendo il successo meritato, certamente pose le basi per ciò che viene utilizzato ancora ora: il sistema Boehm. Infatti il tedesco Hyacinthe Eléonore Klosé, utilizzando la tecnica delle chiavi ad anello introdotta nei flauti da Theobald Boehm insieme ad i fori cigliati di Müller, ed aggiungendo altre chiavi per un totale di 17, realizzò il clarinetto così come lo vediamo oggi, esibito a Parigi per la prima volta nel 1839.

Dagli scritti risalenti al post-1850, si ritiene che l'attuale suono penetrante del clarinetto risalga a un'innovazione avvenuta nella prima metà dell'Ottocento, e si può pensare che Müller e Klosé siano gli artefici di tale mutazione.

Da allora ancora oggi si cercano migliorie nelle tecniche di costruzione del clarinetto, anche grazie alle attuali tecnologie ma non si può parlare di innovazioni importanti.

Il clarinetto oggi

Veniamo quindi ai giorni nostri, e scopriamo cosa rende il clarinetto così speciale, così versatile, e così diverso da tutti gli altri strumenti.

Il clarinetto è composto da una sorgente del suono chiamata "bocchino" o "becco", che unita all'ancia ha il compito di generare il suono. Ma come accade questo?

L'immagine sotto ci aiuterà a comprendere meglio il meccanismo:

 

Quando immettiamo aria all'interno dell'imboccatura, questa attraversa una zona stretta, aumentando la propria velocità. Secondo il teorema di Bernoulli questo passaggio provoca una depressione all'interno della cavità; a causa di tale depressione, l'ancia viene "risucchiata" verso la punta del becco, in modo da tendere a chiudere la cavità. Una volta chiusa la cavità, l'aria non passa più, e si verifica il processo inverso, con un aumento di pressione nei pressi dell'ancia, il che la spinge ad allontanarsi dal becco fino ad oltrepassare la posizione di riposo, e a questo punto torna la depressione riportando l'ancia alla situazione iniziale. Tutto ciò avviene ciclicamente.

Questo movimento vibrante dell'ancia è la vera sorgente del suono. Capire questo è importante per poter almeno immaginare quanto sia importante la scelta di bocchino e ancia per un suonatore.

A questo punto l'aria entra nel corpo, il risuonatore, e la sua struttura è quella che fa sì che le vibrazioni diventino suono. Il corpo risuonatore, nel clarinetto, è un corpo cilindrico formato da quattro parti, di cui due sono contornate da chiavi e fori. La sua lunghezza è quella che ne determina la tonalità, perché in base alla lunghezza, le onde vibranti si propagano con una certa lunghezza d'onda, producendo un suono piuttosto che un altro. Infatti esistono più tipologie di clarinetto. Quello che tutti conosciamo è il clarinetto soprano in Sib (Si bemolle). Parlare di strumenti in Sib, vuol dire che abbiamo a che fare con strumenti traspositori, ma non entro nel merito. Basti dire che, con la stessa posizione delle mani, quindi con gli stessi fori chiusi o aperti, un clarinetto in Sib produce la nota denominata Sib, mentre uno strumento in Mib produce un Mib, e tale nota viene definita "Do" per quel particolare strumento e da questa nota parte la sua scala tonale.

Esistono quindi i clarinetti più piccoli (in Mib e in Lab i più usati) e i più grandi (Sib basso il più noto), che si distinguono per la minore (nel primo caso) o maggiore (nel secondo caso) lunghezza, ma a volte anche per la diversa forma. Vale la regola che una minore lunghezza produce lunghezza d'onda minori, quindi una frequenza sonora maggiore. Questo porta ad un suono più acuto. Viceversa a una lunghezza maggiore corrisponde una frequenza minore, quindi un suono più grave. E' questo il caso del clarinetto basso, che pur essendo anch'esso in Sib, ha una tonalità di un'ottava più bassa rispetto al clarinetto soprano.

Una volta definita la tonalità, i fori e le chiavi hanno il compito di modificare la nota specifica. Attraverso i fori maggiori abbiamo la possibilità di muoverci attraverso la scala naturale. I fori più piccoli, raggiungibili spesso attraverso delle chiavi laterali, permettono di realizzare le alterazioni (diesis e bemolle).

Ma tutto quanto detto finora non riguarda solo il clarinetto, ma tutti gli strumenti ad ancia semplice, come il sassofono ad esempio. E allora cosa ha questo clarinetto di tanto speciale?

Com'è fatto?

Innanzitutto è necessario dire che il clarinetto è di ebano, quindi di legno. L'ebano è un legno scuro, duro, compatto e pregiato. Nella seguente immagine potete vedere una foto del mio clarinetto:

clarinetto

Esistono versioni di clarinetto economiche, composte di resine particolari che permettono comunque ad uno studente di iniziare spendendo poco, ma il clarinetto vero, quello con cui si può fare un concerto ed emanare quel suono caldo, "felino" e penetrante, è assolutamente di ebano.

Le parti che lo compongono sono

  1. il becco, di cui abbiamo già in parte parlato, che rappresenta la sorgente del suono. È realizzato in ebanite e, attraverso una legatura (in metallo o in tessuto) vi viene legata l'ancia (un lembo ricavato da particolari canne)
  2. il barilotto, un breve giunto di ebano
  3. due sezioni centrali, che insieme al barilotto rappresentano il corpo risuonatore. Sono anch'essi di ebano e contengono 24 fori e un numero di chiavi che, nei clarinetti più noti, è pari a 17.
  4. la campana, che rappresenta la parte finale del clarinetto, e serve ad accompagnare il suono, dando uniformità alle note più gravi e correggendo la lunghezza efficace del corpo risuonatore.

Contrariamente a quanto possa sembrare, gran parte dell'energia del suono non esce dalla campana, ma dai fori. Per cui sono le note più gravi, quelle cioè in cui la maggior parte dei fori sono chiusi, a trarre vantaggio dalla forma conica della campana.

Il colore del clarinetto è generalmente nero. L'ebano è un legno scuro, che viene trattato per avere quel colore nero corvino. Molto caratteristici e suggestivi sono i clarinetti senza tintura, che mantengono il colore del legno naturale. A volte clarinetti vecchi possono mostrare le venature del legno, soprattutto alla luce del sole, pur conservando il colore della tintura nera, e questo rende i clarinetti vecchi piuttosto affascinanti, anche se non acquistano valore con il tempo come i violini.

Esistono poi clarinetti di colori differenti: bianchi, rossi, blu... ma sono quasi sempre clarinetti economici, certamente non di legno.

Ma tutto ciò non basta a descrivere tutte le sue caratteristiche, a spiegare i motivi per cui Woody Allen lo ha scelto come suo compagno di vita e Tiziano Sclavi ha deciso di sottolineare con il clarinetto alcuni importanti momenti dei Dylan Dog, perché nelle orchestre di fiati si sostituisce al violino, e nelle colonne sonore di film e cartoni animati riesce a donare una caratterizzazione alle scene ed ai personaggi che nessun altro strumento riesce ad eguagliare.

Per aiutarvi a comprendere tutto questo, vi consiglio di non perdervi la seconda parte dell'articolo. E buona musica a tutti...

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10 Commenti

  1. Avatar photo Piero Boccadoro 18 Novembre 2014
  2. Avatar photo StefanoDS 18 Novembre 2014
  3. Avatar photo Tiziano.Pigliacelli 18 Novembre 2014
  4. Avatar photo gfranco78 19 Novembre 2014
  5. Avatar photo Tiziano.Pigliacelli 19 Novembre 2014
  6. Avatar photo Piero Boccadoro 30 Novembre 2014
    • Avatar photo Tiziano.Pigliacelli 30 Novembre 2014
  7. Avatar photo dantave 29 Gennaio 2015

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