Mi rifiuto di sopportare gli str*nzi (programmatori)

Tutti noi, nella vita, abbiamo a che fare con persone più o meno gradevoli. Persone che ci rispettano, altre che invece no. Per alcuni di noi queste esperienze possono non essere piacevoli ed alcuni le vivono più di frequentemente di altri. Ecco, dunque, un punto di vista sulla questione.

La figura del programmatore è, oggi, diffusa e molto importante. Un programmatore è una figura professionale in grado di tradurre le esigenze più disparate in codice e di implementare le necessità per trasformarle in potenzialità. Non c'è dubbio, dunque, che egli costituisca un anello fondamentale della catena di produzione di componenti e circuiti che possono rendere la vita, come la conosciamo oggi, molto più adattabile e versatile rispetto alle esigenze di tutti.

In diverse occasioni, proprio su queste pagine, sono stati trattati temi "cari" ai programmatori: si sono affrontati temi nel campo applicativo, dando spazio ai vari linguaggi di programmazione, ma anche al loro profilo umano.

Oggi approfondiamo questo secondo aspetto con un contributo di grande valore, un dibattito sulla figura del programmatore inserita nel mondo dell'Open Source e sulle sue relazioni interpersonali.

Iniziamo da qui

Il dibattito è nato quasi per caso sul blog di un hacker, Rusty Russel. Il suo punto di vista riprende quello di un suo buon amico, Ben Elliston, esperto programmatore ed hacker. L'assunto principale del suo pensiero è che “se non utilizzassi mai codice scritto da str*nzi, la tua macchina non si avvierebbe mai”. Un corollario a questa teoria riguarda il fatto che lavorando su software free fare certo tipo di incontri sia molto facile. Può accadere di lavorarci insieme, di discuterci, anche animatamente, e potrebbero addirittura aver ragione ogni tanto.

Diverso tempo prima di questo post, dice Russel, un hacker di sua conoscenza ha assunto un comportamento che lui ha ritenuto particolarmente inaccettabile perché malizioso, malevolo ed ipocrita. Egli si è posto un problema, dunque: ma noi che lavoriamo in questo ambito non dovremmo essere tutti diversi da questo genere di persone? “ non siamo qui per cercare di rendere il mondo un posto migliore?”.

A questo proposito, Jacob Kaplan si è espresso in maniera piuttosto netta dando una chiara indicazione ("I refuse to tolerate assholes")di quale sia il suo pensiero. Anche per Kaplan è stato piuttosto difficile riuscire a far combaciare il concetto che sta dietro la filosofia del software free con il discorso che esistano persone che si comportano in maniera tutt'altro che disponibile, gentile, cordiale o quanto meno educata.

Effettivamente lo stesso concetto dell'arroganza pare assolutamente incompatibile con l'idea di lavorare nell'ambito dell'Open Source.

Tuttavia, sia Kaplan sia Russel sono dovuti giungere alla conclusione che essere un buon hacker non abbia effettivamente delle implicazioni morali o etiche, così come lavorare su uno stesso progetto oppure credere nella stessa “entità”, come il software free, non vuol dire condividere la medesima filosofia di vita oppure essere appassionati dello stesso tema per gli stessi motivi.

Così entrambi si sono giustificati l'essersi imbattuti in così diversi approcci allo stesso tema.

Una vera sorpresa

Per Kaplan tutto questo non era affatto scontato, così come non lo è per altri. Le conclusioni a cui giunge Russel hanno lasciato abbastanza esterrefatto Kaplan. Secondo il primo, per l'appunto, “in ciascuna fase della vita esiste la necessità di lavorare con persone di ogni genere; aver dovuto fare i conti col fatto che esistono persone di questo tipo anche in quello che per me è il lavoro dei sogni è stata una grande lezione da imparare. È importante lavorare con persone per le cui abilità provi rispetto ma che non ti piacciono per niente.”

La conclusione, per Kaplan, è davvero di quelle che non ti aspetti e lui, come molti altri in risposta a questo commento proprio sul blog di Russel, non sono assolutamente d'accordo. Questa filosofia, che ha un po' il sapore del “vivi e lascia vivere”, rappresenta un modo di comportarsi, per alcuni di loro, del tutto assurdo.

L'Open Source ed i progetti di software free attirano ogni genere di persone, dalle note caratteriali più disparate ma per Kaplan e inaccettabile l'idea che si possano coniugare questa filosofia di vita con un comportamento così discordante. Anche perché questi atteggiamenti nella vita vera, quella che non si passa davanti al computer, hanno delle conseguenze, com'è giusto che sia.

Kaplan definisce questi soggetti nei modi più coloriti, apostrofando duramente queste abitudini caratteriali che ritiene del tutto anti-sociali e non professionali.

Per lui questa gente fa del male alla causa dell'Open Source perché ne rovina l'immagine e lo spirito di gruppo; alcuni, proprio sul blog di Russel, concordano con l'idea che dovrebbero proprio essere questi gruppi di lavoro ad allontanare i programmatori più arroganti.

Kaplan arriva a conclusioni molto diverse da quelle di Russel perché per lui, se da un lato è vero che il computer non si avvierebbe se il codice non fosse scritto da str*nzi, dall'altro il fatto che le cose stiano in questo modo non dovremmo assolutamente esserne contenti.

Gli hacker e la società

E così, il blog si arricchisce di una discussione intensa in cui uno degli utenti sostiene la tesi per cui gli hacker hanno diversi problemi con la società e che la società ha diversi problemi con loro. Al di là delle loro abilità di programmatori, degli hacker e sugli hacker effettivamente si è dato fin troppo spazio in televisione, nei telegiornali, sui giornali insomma tramite i mass-media in maniera del tutto sbagliata. Se da un lato può essere vero che i programmatori hanno atteggiamenti tendenzialmente antisociali, anche se questa tesi è del tutto da dimostrare, dall'altro è vero che il solo nominare un hacker fa pensare ad un terrorista, psicopatico, cerebroleso ma violento e con spiccate tendenze sovversive ed anarco-insurrezionaliste. Questo modo di fare terrorismo mediatico ha reso impopolare anche solo nominare un hacker, sebbene sia sotto gli occhi di ciascuno di noi che le cose non stanno affatto così.

Tornando al discorso delle abilità, è vero che un hacker è in grado di fare cose che difficilmente sono da considerarsi alla portata di tutti. Alcuni di loro sono semplicemente geniali ed il genio, si sa, è uno stretto parente della pazzia. Questo confine è talvolta molto labile così com'è ovvio che una persona con uno spirito libero rischi di sentirsi ingabbiata dalle regole.

Questo tipo di persone, però, sono indispensabili perché, secondo alcuni, loro sono gli unici davvero capaci di portare nuovi contributi ad una discussione che ha sempre bisogno di stimoli e di nuove idee. Un modo di pensare non convenzionale anche rispetto alla stessa filosofia alla quale comunque si fa riferimento arricchisce il dibattito e questo credo anch'io che sia molto importante perché l'unico metodo per progredire, per imparare, per cominciare a pensare in modo diverso o magari per scoprire che si crede ancora più fermamente ad un'idea è confrontarsi con il maggior numero di persone possibile.

Ma d'altronde, le persone sono solo persone e le abilità di cui sono dotate fanno parte del loro essere più largamente intenso.

Mentre si può essere d'accordo, o meno, col fatto che essere un ottimo hacker non preclude la possibilità di essere “pazzi” in modi diversi, ci sono alcuni che sostengono che gli hacker siano pazzi tutti a modo loro.

Una questione di punti di vista

Personalmente penso che le regole in una società siano indispensabili ma che non ci sarebbe assolutamente alcuna forma di evoluzione se tutti la pensassimo allo stesso modo. In fondo, rompere le regole e/o metterle in discussione è l'unico modo per evolverci; la conferma è che il metodo scientifico, che finora tanto bene ha portato all'umanità intera, funziona.

Noi abbiamo sempre tutti messo in dubbio ogni cosa che la scienza avesse dimostrato con la massima certezza fino a quel momento e così abbiamo potuto scoprire quando la nostra assunzione era valida, vera, fondata e quando no. In fondo, persone come Galileo Galilei e Giordano Bruno hanno passato la loro vita a scontrarsi con un regime di oscurantismo che pretendeva di rendere la popolazione ingabbiata in regole dogmatiche ed infondate che non permettevano loro di espandere la loro mente ed il loro modo di pensare.

Se noi siamo quel che siamo, se ci siamo liberati di quel regime e siamo liberi di farci delle domande e cercare le risposte, lo dobbiamo a loro, al fatto che all'epoca siano stati considerati assolutamente inaccettabili, oltraggiosi, potenzialmente sovversivi… Insomma, un vero e proprio pericolo per la società.

Così, genio e sregolatezza permettono davvero il progresso della società.

Kaplan chiude la sua riflessione dicendo che secondo lui nessun livello di abilità nella programmazione può legittimare una persona a comportarsi come uno “str*nzo”. Personalmente credo che non abbia ragione perchè probabilmente senza altri "eversivi con un brutto carattere" Galilei e Bruno sarebbero morti inutilmente.

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3 Commenti

  1. Avatar photo MB@Project 2 Luglio 2012
  2. Avatar photo Piero Boccadoro 2 Luglio 2012
  3. Avatar photo Bazinga 2 Luglio 2012

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