La pirateria informatica non è un furto!

Dire in giro che la pirateria informatica non è un furto è qualcosa che al giorno d’oggi suonerebbe come totalmente insensato e privo (quantomeno) di buon senso. Ma la verità sta nel mezzo, perché spesso i problemi non vengono analizzati nella loro complessità, ma vengono solo accarezzati superficialmente, preferendo accettare (o non) quanto imposto o stabilito.

Una comune contraddizione

La contraddizione è insita nella natura umana. Cosa dire di uno Stato che vende liberamente sigarette con l’accortezza però di scrivere a caratteri cubitali sulla confezione che “il fumo uccide”? Ma la lotta penale alla pirateria mi ricorda molto più da vicino un altro grande paradosso della società odierna: imponiamo limiti di velocità e sanzioni molto severe per i trasgressori ma continuiamo a produrre macchine che superano di gran lunga quei limiti.

Non è forse che la pirateria informatica conviene a chi sta dietro alla produzione di masterizzatori o agli operatori che gestiscono i contratti internet (prima dell’avvento dei social network, il motivo principe per allacciare una connessione era la possibilità di scaricare)?

Dietro chi difende questa legge del resto c’è anche molto egoismo: i cantanti ad esempio sono i primi a schierarsi contro chi compra cd masterizzati (offendendo così la loro arte) ma sarei curiosa di sapere se loro stessi non hanno mai scaricato un film, un programma per PC o un gioco non originale. Così si comporta anche il collezionista che compra e paga quanto gli interessa (‘io i CD li compro tutti originali, sono un appassionato’) e saccheggia quanto definisce di solo intrattenimento.

Pirateria informatica: una metafora senza senso

La pirateria informatica è definita, universalmente, con l’accezione condivisa di furto: un termine pesante, che diventa anche stridente quando si usa il verbo, rubare. Il ladro è una figura senza dubbio spregevole, anche perché subdola e vigliacca, quindi l’accostamento ad un tale vocabolo evoca sempre sentimenti di disprezzo.

Ma la pirateria informatica è davvero un furto? Non tutti la pensano così (e non mi riferisco agli adolescenti smanettoni che non hanno cognizione di tutto quello che c’è dietro ai dieci euro risparmiati). Oggi vi propongo a tal proposito il parere di due persone che certamente non sono sprovvedute in materia anche perché sono il primo un esperto di legge e il secondo un esperto di informatica.

Il primo è il sociologo giuridico Stefan Larrson: nella sua tesi ‘Metafore e normative – Capire la legge sul copyright in una società digitale’, ci spiega che queste metafore stanno in parte mantenendo intatto il divario tra i canoni delle persone e la legge. La pirateria ha anche un lato estremamente positivo, cioè quello di permettere a tutti di usufruire di qualsivoglia sapere e conoscenza, oltre allo svago.

È dunque open source? Non nel senso pieno del termine, poiché i contenuti non vengono modificati e migliorati, ma di certo vengono resi fruibili. Tornando al nostro sociologo svedese dell’Università di Lund, è facile condividere con lui che la metafora del furto per la pirateria non ha senso: nel file sharing il materiale non viene perso, ma copiato, quindi non sottratto all’autore o al proprietario, come nel caso di un quadro o di una macchina; quindi, concettualmente, l’approccio cambia.

Anche nella pubblicità contro la pirateria che passano al cinema viene scritto a caratteri cubitali: “Non ruberesti mai un’auto, non ruberesti mai una borsa, non ruberesti mai un televisore”.

È come se qualcuno rubasse sì la vostra macchina ma in realtà voi la teneste ancora in garage. Il Copyright è un aspetto regolato dal diritto contrattuale (e quindi rientrante in un ambito civile): perché allora la pirateria è punita penalmente? Se è vero dunque che legalmente la pirateria va comunque riconosciuta e presa in considerazione non si può tirare in ballo la fattispecie del furto, che ha presupposti diversi.

Tra gli esempi citati c’è quello dello scrittore sudamericano Paulo Coelho: alcuni anni fa egli realizzò una traduzione russa del suo libro più famoso, “L’Alchimista”, senza l’autorizzazione del suo editore. Il risultato immediato fu che le vendite in Russia schizzarono prepotentemente da 1000 copie a 1.000.000 di libri venduti.

E veniamo al parere di Markus "Notch" Persson, creatore di Minecraft. L’idea di base per smentire l’accostamento della pirateria al furto è pressoché la stessa vista sopra: rubare significa sottrarre il legittimo proprietario di un bene, mentre la pirateria genera una copia dell’oggetto. E rispetto all’idea della pirateria come di qualcosa di illegale perché in grado di ridurre le vendite, Persson evidenzia che anche una cattiva recensione ha lo stesso effetto ma non per questo motivo viene punita dalla legge.

Pirateria, furto e plagio: quali sono le differenze

Chiudiamo con un altro esempio pratico e, a mio parere, emblematico per spiegare tre termini che spesso vengono confusi o usati impropriamente: pirateria, furto e plagio. Immaginate un maratoneta che si ritrova solo alla griglia di partenza: al momento dello sparo parte, senza concorrenti. E così dopo un faticoso percorso, arriva a tagliare il traguardo. E’ pronto a salire sul podio ma accade qualcosa:

- Furto: qualcuno lo sorprende alle spalle e corre con il suo trofeo (certo un maratoneta che si lascia rubare il premio da un ladro in corsa è paradossale ma è solo un esempio!)

- Plagio: qualcuno, che non ha corso e dunque non ha fatto il minimo sforzo, è accanto a lui sul podio e riceve lo stesso identico premio.

- Pirateria: il maratoneta alza la coppa, intorno ci sono altre persone che alzano in segno di vittoria un foglio con stampata l’immagine della coppa che lui possiede.

Oggetto di tutela è, nel caso della pirateria, il diritto d’autore, ma avendo questo carattere astratto e non materiale non si vede come la fattispecie possa essere accomunata a quella di furto. Sappiamo che la questione è di quelle “forti”: chiudiamo quindi precisando, anche in vista di un eventuale dibattito, che in questo articolo non si vuole incitare alla pirateria ma solo proporre una diversa visione concettuale del termine. A questo proposito anche il nome “pirateria” appare improprio e opportunamente creato per esasperare l’accezione negativa: parliamo di “copia di un prodotto originale per condivisione”. Se assistete ad uno scippo potete condannare, legalmente e moralmente, il ragazzo preso sul fatto ma non per questo potete incriminarlo per rapina a mano armata.

Chi di voi non ha mai scaricato un film, un cd o un videogioco? Se sì, pensavate di commettere reato o agivate nella piena sicurezza (e consapevolezza) di condividere?

OK dai, commentate pure come anonimi 🙂

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32 Commenti

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  31. Avatar photo Emanuele 10 Settembre 2012

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