Il primo robot ad attraversare l’Atlantico

Un robot nell’oceano Atlantico: stiamo parlando di Scarlet Knight, il robot sommergibile di circa due metri e mezzo, reduce dalla missione che lo ha visto attraversare l’Atlantico in preda alle onde e ad ogni altro pericolo marino e spesso fuori dal controllo del team che lo ha ideato e seguito e che ora punta su di lui e sul successo della sua ambiziosa missione per aprire le porte a nuovi importanti risultati per gli studi sugli oceani.

Il suo predecessore era sparito durante una missione simile, probabilmente era stato ucciso da uno squalo, Scarlet Knight invece ce l’ha fatta: dopo 221 giorni è il robot è tornato vittorioso da un attraversamento dell’Atlantico riuscendo a sopravvivere a navi, reti e tempeste. A volte si sono addirittura perse le sue tracce, essendo arrivato fino a quasi 200 m di profondità.

Gli ingegneri che hanno contribuito alla costruzione di questo robot sperano che possa essere un precursore e che nel giro di una decina di anni diventi normale avere questi “piccoli esploratori” che si fanno avanti per noi nelle acque.

I robot possono infatti arrivare dove l’uomo non arriva e mostrarci cose che altrimenti sarebbe difficile per noi vedere. I risultati di questa ricerca di successo verranno usati a favore degli studi sugli oceani e sul clima in generale.

Tre volte al giorno il robot dall’Atlantico si metteva in contatto con la base, grazie ad un telefono ad iridio posizionato alla sua estremità, per aggiornare i ricercatori sui dati registrati.
Jerry L. Miller, uno degli esponenti più autorevoli che ha guidato il team di lavoro in Spagna, ha evidenziato la portata rivoluzionaria del progetto sottolineando come in futuro, quando ci saranno decine e centinaia di questi robot, il nostro approccio con realtà così maestose e misteriose come l’Oceano sarà per completamente diverso.

Conoscere gli Oceani per capire la Terra

Sempre da questa prospettiva Richard W Spinrad, assistente nell’amministrazione nazionale per l’Oceano e l’Atmosfera, ha confermato che “ si apre un nuovo mondo in cui la capacità di conoscere l’Oceano ci fornisce risposte su questioni legate alla società”.

Il 4 Dicembre, al ritorno di quello che alla base è conosciuto semplicemente come “Scarlet” molti non hanno trattenuto le lacrime: perché è difficile vederlo solo come un congegno meccanico e perché su questo robot sono state caricate molte aspettative, che a quanto pare non sono state deluse.
Il viaggio del robot attraverso l’Atlantico era iniziato il 27 Aprile, in New Jersey e per mesi l’attesa è stata tanta.

Del resto gli Oceani coprono il 71 % della superficie terrestre e inevitabilmente ottenere più dati nella ricerca è essenziale per capire i cambiamenti climatici del nostro Pianeta. La temperatura, la salinità e l’acidità delle acque nell’Oceano sono profondamente connesse e influenzate dal riscaldamento globale e dall’effetto Serra. Cambiamenti delle correnti possono lasciar presagire cambiamenti climatici.

Le ricerche prima del robot Scarlet

Fino ad ora le modalità per immagazzinare dati dall’Oceano sono state essenzialmente di tre tipi:
- Registrazione tramite satelliti della temperatura, colore e altri fattori delle acque oceaniche
- Sistema Argo: per mezzo di boe galleggianti che periodicamente scendono in profondità per registrare dati
- Spedizioni via mare di uomini, che sono però estremamente costose.

Sfruttare la tecnologia della robotica per questi scopi potrebbe davvero aprire nuovi orizzonti.

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2 Commenti

  1. Avatar photo Emanuele 24 Dicembre 2009
  2. Avatar photo Edi82 25 Dicembre 2009

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