Robotica evolutiva: Robot in lotta per la sopravvivenza – Parte 1/2

Fin dai tempi più antichi gli uomini sono stati affascinanti dal mistero dei meccanismi alla base della natura e della vita ma la svolta fondamentale in questo approccio si ha avuta sicuramente con la teoria di Darwin della selezione naturale che in sostanza privilegia le specie più evolute e adattabili tra gli esseri viventi: e se questo valesse in epoca moderna anche per i robot? Se fosseroanche i robot in lotta per la sopravvivenza?

Da questa prospettiva quindi l’obiettivo è quello di cercare di individuare quanto questi processi di selezione siano applicabili alla robotica di ultima generazione.

Il principio di selezione naturale di Darwin nella robotica evolutiva

Lo scopo principale della robotica evolutiva è quello di poter creare forme di vita artificiali in grado di adattarsi in maniera autonoma all’ambiente circostante. Il primo intervento importante in questo senso va attribuito alla figura eclettica di Alan Turing negli anni Cinquanta (prima di lui poche erano state le voci che si erano espresse in questo senso e tutte intorno a quegli anni): secondo la sua opinione sarebbe troppo difficile per un essere umano progettare macchine predisposte all’apprendimento e capaci di adattamento ma questo risultato è invece ottenibile usando un processo evolutivo che includa mutazioni e riproduzioni selettive.

Egli può essere senza dubbio considerato uno dei precursori dell’idea di Intelligenza artificiale, tematica trattata da Turing in maniera semplice ed ironica. Ma i primi concreti esperimenti per individuare nei robot la capacità di adattamento si ebbero solo negli anni ’90 anche se in brevissimo tempo abbiamo assistito a risultati importanti.

L’idea alla base della robotica evolutiva è quella di dar vita ad una popolazione con differenti genomi, ognuno dei quali definisce un parametro del sistema di controllo del robot o della sua morfologia: questo porterà a prestazioni diverse, ad esempio nella velocità dei movimenti, nella reattività o nella capacità di evitare gli ostacoli. In base al principio darwiniano di selezione verranno successivamente scelti solo i genomi più efficienti per creare di volta in volta le generazioni successive. In alcuni casi questi esperimenti hanno coinvolto robot reali, in altri si è trattato di mere simulazioni.

Evitare gli ostacoli nei movimenti

Uno degli obiettivi primari per la “sopravvivenza” di un robot è quello di muoversi liberamente nello spazio riuscendo ad evitare gli ostacoli o a liberarsi da situazioni di costrizione. L’esperimento per questa funzione è stato fatto su un robot a due ruote con otto sensori per il rilevamento delle distanze (6 da un lato e 2 dall’altro): questi erano sensori erano poi collegati a due neuroni di input, connessi a loro volta con due di output, uno per il controllo della velocità e dell’angolazione di rotazione ognuna delle ruote.
L’esperimento è stato condotto in tre popolazioni indipendenti, ognuna composta di 80 individui.

Già nell’evoluzione delle prime generazioni i robot hanno dimostrato di saper migliorare velocemente questa capacità. La tendenza acquisita è stata quella di muoversi nella direzione del lato con più sensori, limitando così il rischio di impatto con eventuali ostacoli. E’ inoltre interessante notare che la velocità raggiunta dalle specie più evolute corrisponde solo alla metà di quella potenzialmente attivabile e non aumentava neanche dopo 100 generazioni.

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