Trattamento rifiuti: chi differenzia usa la testa!

La raccolta differenziata e il trattamento rifiuti sono diventati parte integrante della realtà quotidiana di molti di noi; per alcuni si tratta di doversi concentrare nello scegliere il contenitore giusto in cui depositare i rifiuti mentre per altri si tratta di una straordinaria occasione per rendere la nostra vita veramente eco sostenibile. Ma di che cosa stiamo parlando? Funziona davvero? Come ci si organizza in Italia? Ecco alcuni esempi di come l'abbiamo organizzata e di quali risultati otteniamo ogni giorno.

L'articolo 183 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che contiene le norme in materia ambientale, definisce la raccolta differenziata come: “la raccolta idonea, secondo criteri di economicità, efficacia, trasparenza ed efficienza, a raggruppare i rifiuti urbani in frazioni merceologiche omogenee, al momento della raccolta o, per la frazione organica umida, anche al momento del trattamento, nonché a raggruppare i rifiuti di imballaggio separatamente dagli altri rifiuti urbani, a condizione che tutti i rifiuti sopra indicati siano effettivamente destinati al recupero.”

Questa definizione risulta piuttosto “forte” per diversi motivi: stabilisce la destinazione d'uso e la metodologia con la quale devono essere divisi i rifiuti per identificare univocamente il concetto di distinzione e di scopo. Il rifiuto, come vedremo ci sono molti che la pensano così, non è uno scarto ma è semplicemente una fattispecie precisa: si tratta di un oggetto il quale viene da un'esperienza di vita e che può rappresentare un'occasione per il futuro. Si tratta di un modo completamente nuovo di intendere il rifiuto perché non è qualcosa di inutile o superfluo o peggio ancora fastidioso ma rappresenta la possibilità reale di sfruttare al meglio qualcosa che si ha già.

Discorso simile per le aziende dove il trattamento rifiuti può avere anche costi importanti ma l'aspetto civico non cambia!

Un'occasione formativa dunque, grazie alla quale tutti noi possiamo imparare che la discarica non è la necessaria evoluzione od il futuro ineluttabile per un prodotto che noi abbiamo usato ma parte di una cultura che necessariamente non è più sostenibile.

La raccolta differenziata si propone, quindi, non soltanto come un obbligo di legge imposto dalla comunità internazionale, piuttosto che dall'Unione Europea, ma come un obbligo di convenienza ed organizzazione economica. Nello stesso decreto legislativo di cui abbiamo accennato in precedenza si dedica il titolo II alla gestione degli imballaggi, la quale viene trattata sempre a parte. Esso dispone che i produttori e gli utilizzatori degli imballaggi, una volta che sia stato espletato l'uso, sono responsabili del recupero. All'interno dei costi definitivi del prodotto, per intenderci quelli che paga l'utente finale, devono essere comprese anche delle voci inerenti allo smaltimento ed al recupero degli imballaggi. Questo è uno dei motivi per cui risulta conveniente farla raccogliere separatamente i rifiuti di vetro, di carta e cartone, di plastica differenziando anche tra tipi di plastiche diverse, ad esempio.

Questa pratica, come sempre accade quando parliamo di attenzione alla comunità, alla collettività tutta ed alla sostenibilità, è già ampiamente diffusa nei paesi nordeuropei; già nel 1975, con la direttiva CEE 75/442, si imponeva la promozione di iniziative atte alla riduzione dei rifiuti tramite recupero e riutilizzo degli stessi. Una logica conseguenza di questo dettame è stata la cernita, dalla quale è disceso il trattamento.

L'obbligo del riciclo e del riuso è stato introdotto successivamente, quando si è imposta esplicitamente la raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani anche grazie all'istituzione di consorzi o associazioni ad hoc.

L'indicazione, oggi, che è comune a tutti sul territorio nazionale italiano, è quella di portare la percentuale dei rifiuti raccolti con la raccolta differenziata sempre più verso la copertura totale, in netto contrasto con quanto accaduto negli anni passati quando la percentuale era di circa il 60%.

Proprio per adeguarsi a questa esigenza, molti comuni italiani ottengono risultati superiori all'80% in comuni con un grandi volumi di rifiuti; Torino, che conta circa 900,000 persone, nel 2010 ha raggiunto una percentuale del 42,1%. Dati piuttosto interessanti vengono, invece, dal profondo sud: Salerno, nel 2009, è arrivata alla ragguardevole cifra del 72%, battendo nell'ottobre dello stesso anno il suo record attestandosi sul 74,16%. Sebbene la popolazione della città campana sia circa cinque volte inferiore alla cifra di Torino, resta comunque un ottimo risultato e dimostra un'attenzione ed una maturità che difficilmente verrebbe attribuita se si desse credito a tutti i disgustosi luoghi comuni sul concetto di civiltà in Italia.

Perchè riciclare?

Le motivazioni che stanno alla base di questa iniziativa si rifanno principalmente a problemi di natura ecologica e di difesa ambientale; data la grande quantità di rifiuti che viene prodotta, si rende sempre più palese la difficoltà di reperire aree da adibire a discariche di tipo tradizionale, ovvero nelle quali immettere materiali di tutti i generi, senza distinzione e talvolta anche inquinanti. Tipicamente, infatti, in questi depositi vengono abbandonati medicinali, batterie scadute, solventi e materiali di ogni genere come alluminio, carta, plastica e vetro.

Oltre al fattore ambientale, i rifiuti possono essere davvero riqualificati. È difficile che una bottiglia di plastica torni ad essere una bottiglia di plastica, come prodotto del processo produttivo che ha visto la realizzazione dell'acqua all'interno di una bottiglia di plastica diventare il prodotto lavorato di un'azienda. Tuttavia, a seconda del tipo di plastica impiegato, è possibile che esso venga riqualificato con successo.

Senza scendere nel dettaglio, per ora, possiamo comunque dire che, al di là dell'utilizzo futuro, il riciclaggio dei rifiuti consente importanti risparmi energetici: la produzione di 1 t di carta riciclata, ad esempio, richiede circa 400,000 l d'acqua e 5000 kWh in meno di una stessa quantità di carta nuova. Senza contare, poi, che si riesce anche a risparmiare in termini di alberi abbattuti.

Scopo ultimo della maggior parte delle norme nazionali e quello di permettere una declinazione all'interno delle regioni che tratti i rifiuti in modo tale da minimizzare il numero, ma soprattutto il tipo, di rifiuti che devono finire nell'indifferenziato. Se proprio non è possibile dare nuova vita al rifiuto, è comunque possibile effettuare il compostaggio. La quantità di rifiuti che necessiterà di siti di deposito come le discariche sarà comunque molto inferiore a quella che lo richiede adesso.

La composizione media dei rifiuti è certamente molto difficile da immaginare; varia con la posizione geografica, le abitudini, la densità di popolazione sul territorio, il numero di siti di raccolta, la ricchezza e la cultura della cittadinanza,il numero di aziende che partecipano alla produzione di rifiuti in quella zona, e così via. Tuttavia, recenti statistiche dimostrano che la produzione di rifiuti dal 2006 in Italia è aumentata dalla cifra di 1,5 kg al giorno a persona. Ecco un altro indicatore che dà la dimensione di quanto differenziare diventi importante.

Come si fa la differenziata in Italia?

Prima di passare ad analizzare in che modo viene fatta la raccolta differenziata, vediamo alcuni esempi di come venga applicato un incentivo diretto alla popolazione in alcuni comuni italiani. L'esempio viene dai paesi del nord Europa in cui questo principio è già rodato da tempo.

A partire dal principio “più inquini, più paghi”, che ha per controparte “più ricicli, più risparmi”, per applicare una misura precisa di quanto il cittadino sia attento, il Comune vende, a volte grazie a distributori automatici, gli unici sacchetti abilitati allo smaltimento dei rifiuti non riciclabili al costo del sacchetto comprensivo del costo dei rifiuti che esso contiene. Il risultato è che la politica dell'incentivo spinge il cittadino a differenziare bene i rifiuti in modo tale da dover acquistare meno sacchi.

Tale procedura, presso il Comune di Terni, avviene tramite l'utilizzo della banda magnetica del tesserino del servizio sanitario nazionale in modo tale da identificare univocamente il cittadino durante l'uso del distributore automatico di sacchi.

Esistono diversi modi in cui si può fare la raccolta differenziata sia nelle grandi città, sia nei comuni più piccoli la modalità “porta a porta” si è diffusa.

A Milano, la raccolta differenziata viene praticata proprio grazie a questa tecnica su tutto il territorio comunale; il gestore ha previsto la fornitura, presso il domicilio degli abitanti, di piccoli cassonetti condominiali a due ruote di colore sostanzialmente standard (sebbene non ci sia ancora una ufficializzazione sull'utilizzo dei colori).

Nel capoluogo vengono utilizzati cassonetti stradali a più bocche per effettuare la raccolta differenziata; esistono anche modelli con una sola bocca a battente.

A Firenze, invece, la raccolta differenziata avviene con una modalità particolare perché a seconda delle zone della città, esistono cassonetti singoli, secondo il modello di Milano, oppure postazioni interrate.

A Palermo la modalità porta a porta viene largamente utilizzata nel centro, nonché in alcuni quartieri residenziali; in altre zone sono previsti contenitori stradali che permettono la differenziazione di quattro categorie, quelle canoniche: carta, plastica, vetro metalli, indifferenziato.

E siccome quando parliamo di spazzatura non è proprio possibile dimenticare Napoli, veniamo al capoluogo campano. Qui è in funzione un sistema di raccolta differenziata porta a porta in alcuni quartieri; anche qui viene fatta la distinzione in cinque categorie, sostanzialmente le stesse. Il resto della città è disseminato di cassonetti, campane e raccoglitori vari, all'interno dei quali è possibile fare la raccolta differenziata ma secondo un modello stradale.

Il modello della raccolta differenziata porta a porta si è rivelato vincente non soltanto per la facilità con cui questa può essere seguita, ma anche per il fatto che i cittadini trovano questo modello molto più valido. L'idea di essere loro stessi a separare, dividere ed identificare li rende molto più consapevoli nel fare una scelta responsabile.

E parlando di coscienza, nonchè di conoscenza, veniamo a che cosa ci si può fare con i rifiuti. Prima di tutto, una considerazione banale: separare l'umido garantisce la possibilità di utilizzare fertilizzanti e concimi direttamente sui campi per creare humus, rendendo la terra fertile.

Certo, queste argomentazioni potrebbero sembrare addirittura anacronistiche ma l'agricoltura rimane un settore merceologico indispensabile per la sopravvivenza ed è proprio di questo che stiamo parlando: questa pratica può risolvere proprio l'inquinamento di tutte le materie prime necessarie alla salvaguardia del nostro sostentamento.

Un interessantissimo video di qualche tempo fa dimostra come la raccolta differenziata sia un fatto culturale, come sia facile abituarsi e quanto bene si possa utilizzare.

Che cosa pensare?

In conclusione quello che possiamo dire per certo è che la raccolta differenziata si è dimostrata, finora, l'unico mezzo sensato è responsabile per garantire la sostenibilità dell'intero sistema economico odierno, che punta a buttare molto più di quanto in realtà non possa produrre. L'atto dello scartare non è sempre necessariamente connesso all'inutilizzabilità ma piuttosto all'inutilità che deriva dal fatto che compriamo più di quanto non ci servono davvero.

Scoprire poi che dentro i rifiuti, dentro un prodotto di scarto, c'è un'opportunità commerciale reale, concreta e che crea utile, fatturato e occupazione è una scoperta sconvolgente per chi non c'avesse mai riflettuto prima.

E tutto questo è semplicemente sorprendente.

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Una risposta

  1. Avatar photo Edi82 22 Luglio 2012

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