Tra mobilità elettrica e dispositivi ovunque connessi c’è un fattor comune: la necessità di sistemi di accumulo dell’energia elettrica adeguati ad ogni specifica esigenza.
Seppur in questo settore ci sono ormai tecnologie affermate (batterie al piombo, batterie a litio e supercap), gli scienziati di tutto il mondo continuano le proprie ricerche per creare nuove tecnologie di accumulo con due principali obiettivi:
- adoperare nuovi materiali per superare la scarsità delle materie prime come il litio
- ottenere il sistema di accumulo perfetto, ossia veloce, leggero ed economico
In un mondo sempre più connesso (l’era dell’Internet of Things) ed elettrico (mobilità elettrica a tutti i livelli), l’utente finale desidera sempre oggetti con una maggiore autonomia, sia se stiamo parlando di automobili elettriche, che di veicoli per la micro-mobilità o semplicemente lo smartphone e i fitness tracking che abbiamo tutti in tasca e al polso. Le odierne tecnologie di immagazzinamento dell’energia a tutti i livelli sono basate principalmente su tecnologie che fanno largo uso di litio e derivati. La scarsità delle materie prime (le miniere di litio scarseggiano e sono in mano a potenze economiche come la CINA che le gestiscono come monopolio), la presenza di un processo di smaltimento pericoloso e l’esigua carica specifica immagazzinata, causano delle forti limitazioni all’utilizzo massivo della tecnologia a litio. Innumerevoli team di ricercatori in tutto il mondo stanno lavorando con i loro progetti in questo ambito, puntando ad ottenere batterie utilizzando prodotti più economici, che garantiscano maggior densità di carica, più leggerezza e soprattutto sicurezza in termini di utilizzo e smaltimento.
L’evoluzione delle batterie a litio
Negli ultimi decenni la tecnologia a litio si è affermata nella maggior parte dei settori. Nelle batterie a litio (si veda la Figura 1), o più precisamente agli ioni di litio Li-Ion, l’immagazzinamento di carica è fornito appunto dalle cariche degli ioni di litio. Dalla nascita di questa tecnologia, ad oggi, sono state create e commercializzate innumerevoli soluzioni che rientrano nella categoria delle batterie Li-Ion, ma che in realtà sono state perfezionate chimicamente con l’aggiunta di ulteriori materiali (fosfati, grafite, silicio, titanio, etc.). Nel corso del tempo la tecnologia ha raggiunto un elevato livello di maturità e di avanguardia, con prestazioni mai raggiunte dalle altre tecnologie (la ricarica rapida), con un’auto-scarica (self-discharge) molto bassa e prestazioni di ciclo elevate.
Le batterie a stato solido
Le principali tecnologie delle batterie agli ioni di litio utilizzano al proprio interno un elettrolita liquido in cui le cariche possono muoversi. Nonostante l’elevata efficienza di questa soluzione, l’utilizzo di liquidi infiammabili rende questa applicazione molto pericolosa, oltremodo che costosa per l’utilizzo di particolari materiali per garantire la separazione degli elettrodi e per evitare le fuoriuscite di elettrolita. Negli ultimi anni sono stati sviluppati elettroliti allo stato solido che forniscono un livello di sicurezza maggiore, soprattutto se applicati in ambito automotive. La struttura fisica delle batterie allo stato solido presenta sia elettrodi che elettroliti in forma solida (si veda la Figura 2).
La doppia funzionalità dell’elettrolita solido (elettrolita ma anche separatore) ha consentito di ridurre drasticamente la dimensione della batteria, mentre il maggior livello di sicurezza ottenuto con l’eliminazione del liquido ha permesso di eliminare l’involucro esterno. Ciò vuol dire che si possono ottenere batterie più sottili e con una densità di energia per peso superiore alle batterie a litio tradizionale. In generale, un elettrolita solido non consente le stesse prestazioni delle batterie con elettrolita liquido, ma grazie alle ricerche condotte da diversi enti, la tecnologia è maturata a tal punto da ottenere risultati comparabili, consentendo le applicazioni di questa tecnologia anche a settori dove sono richieste elevate potenze come la mobilità elettrica.
Lo zolfo nell'evoluzione tecnologica del litio
Tra le batterie a litio evolute, una delle tecnologie che sta trovando larga diffusione nei contesti industriali è quella basata sull’utilizzo dello zolfo. Lo zolfo è un materiale economico e si trova in natura in grandi quantità. Questa tecnologia prevede la presenza di immagazzinamento delle cariche in materiali attivi che formano l’anodo e il catodo. In particolare, il catodo è realizzato con lo zolfo che presenta una carica teorica di 1675 mAh/g (circa 5 volte quella degli ioni di litio). L’assenza di strutture ospitanti (anodo e catodo) rendono la tecnologia molto leggera e quindi in grado di raggiungere densità energetiche superiori. Un ulteriore punto di forza di questa tecnologia è il costo economico di costruzione molto contenuto rispetto alle batterie a litio e un basso impatto ambientale dei materiali durante il riciclo.
Le batterie litio-zolfo sono ancora in fase di definizione e trovano poca applicazione pratica in quanto sono fortemente influenzate dall’effetto “shuttle”, ossia la degradazione dell’elettrodo a causa di perdita di materiale, che concorre ai flussi di carica. Lo stesso meccanismo di perdita di materiale incrementa considerevolmente l’effetto di auto-scarica della cella basata su litio-zolfo. L’utilizzo di materiali elettrolitici allo stato solido consente comunque di ridurre gli effetti di auto-scarica.
Le batterie a litio con i nanotubi
Un team di ricercatori della N1 Technologies Inc. ha sviluppato una nuova tecnologia a litio andando a perfezionare il materiale di uno degli elementi fondamentali della struttura di una batteria: l'anodo. Il risultato del loro lavoro si è tradotto nella tecnologia NanoBolt che, adoperando un multistrato di tungsteno e carbonio integrato al materiale principale dell’anodo (in genere rame) delle batterie, consente di incrementare la superficie dell’anodo traducendosi nella possibilità di poter accumulare più ioni possibili nella fase di carica della batteria e rilasciarli nella fase di scarica (si veda la Figura 3). L’incremento della superficie non è dato dai materiali utilizzati, ma dalla struttura con cui questi vengono utilizzati per formare il substrato. Infatti, questi vengono realizzati come dei nanotubi, in grado dunque di incrementare notevolmente la superficie dell’anodo.
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