Robotica evolutiva: Robot in lotta per la sopravvivenza – Parte 2/2

Abbiamo visto nella prima parte dell’articolo le origini della robotica evolutiva e i concetti che ne stanno alla base oltre ai primi esperimenti riguardanti la capacità dei robot di adattarsi all’ambiente evitando gli ostacoli. Vediamo allora quali altri aspetti hanno analizzato gli scienziati.

Senso dell’orientamento

Con gli stessi robot dell’esperimento precedente si è cercato di sviluppare il senso dell’orientamento. E’ stato quindi ricreato un ambiente buio con una piccola torretta di luce dietro la base dei robot. Agli esemplari usati era stato aggiunto un sensore per il colore del pavimento, per poter riconoscere la base nera, due sensori di luce su un lato (per individuare la torretta) e un sensore per il livello della batteria. La popolazione in esame contava 100 esemplari: dopo 200 generazioni la migliore prestazione assicurava un ritorno alla base con un livello rimanente di batteria di circa il 10 %.

Robot predatori e robot prede

Sebbene queste due categorie di robot avessero gli stessi sensori di distanza (sempre 6 da un lato e 2 dall’altro) si distinguono per tre ragioni:
- La velocità massima della preda è il doppio di quella del predatore
- Il predatore ha una visuale d’angolo maggiore
- La preda ha esteriormente una striscia nera per essere meglio individuata dal predatore
Grazie a queste differenze il predatore poteva riconoscere la preda a 100 cm di distanza mentre al contrario la preda poteva realizzare il pericolo solo se il predatore era entro i 0,5 cm di distanza. L’esperimento ha coinvolto sia esemplari reali che simulazioni. Nel corso delle generazioni i predatori si sono perfezionati, evitando meglio gli ostacoli durante gli inseguimenti.

La strategia adottata dalle prede invece è stata quella di aspettare l’avvicinamento del predatore per poi indietreggiare al momento giusto. In via generale comunque gli esperimenti hanno dimostrato che della varietà di strategie adottabili e adottate tutte erano temporanee, come avviene del resto anche in natura.

Evoluzione robotica ed altruismo

Possono i robot sviluppare atteggiamenti di cooperazione e altruismo? E se si, sotto quali condizioni? Innanzitutto va precisato che i due termini, sebbene simili, non si equivalgono del tutto in questo contesto perché il primo presuppone un maggiore movimento. Nell’esperimento in particolare sono stati scelti dieci robot della grandezza di una zolletta di zucchero e due tipi di pulsanti: alcuni più piccoli che potevano essere premuti solo da un robot e altri più grandi che richiedevano l’intervento di due robot insieme.

I robot erano dotati di cinque sensori ad infrarossi: 4 per oggetti entro i 3 cm e l’ultimo , posizionato più in alto, con raggio d’azione di 6 cm. Appositi sensori permettevano inoltre di distinguere i colori della parete. Se nell’arena erano presenti solo pulsanti grandi i robot erano spinti a collaborare nel caso invece di pulsanti misti si è notata una differenza a seconda della categoria di appartenenza: la collaborazione era maggiore tra robot con gli stessi genomi.

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