Un basso consumo di potenza è fondamentale per l’Internet delle cose

La proliferazione di sensori wireless a supporto dell’Internet delle cose (IoT) ha comportato un aumento della richiesta di convertitori di potenza compatti ed efficienti pensati per dispositivi mobili a consumo di potenza inferiore. Uno degli ultimi segmenti emergenti di questo settore, particolarmente interessante dal punto di vista dell’immagazzinamento di energia (“energy harvesting”), è quello dei dispositivi elettronici indossabili. Naturalmente, la tecnologia dei dispositivi indossabili non risponde solo alle esigenze delle persone; esistono molte applicazioni adatte anche per gli animali. Alcune delle più recenti includono speciali cerotti per ultrasuonoterapia, sistemi di ottimizzazione elettronica della sella di un cavallo, collari per altri animali che rispondono a scopi di monitoraggio, identificazione, diagnosi e così via. Ciò nonostante, indipendentemente dall’applicazione finale, la maggior parte di questi dispositivi richiede una batteria come fonte principale di alimentazione, anche se questa sarà completata da una fonte di energia ambientale – purché ve ne sia una disponibile.

Tuttavia, per quanto riguarda le applicazioni concepite per le persone, sembra che ben presto saranno disponibili tessuti indossabili in grado di generare energia elettrica utilizzando diverse forme di energia “dell’ambiente”, libera, e che potrebbero richiedere solo una piccola batteria principale come fonte di riserva. Queste sorgenti di energia libera includono l’energia termica generata dal corpo umano, energia fotovoltaica come quella dell’illuminazione d’interni o anche la normalissima luce diurna nonché l’energia cinetica generata dai normali movimenti del corpo. Un termine adatto per indicarle potrebbe essere “abiti da alimentazione”! Una delle imprese all’avanguardia in questo campo di ricerca è Dephotex, un progetto fondato dall’Unione Europea che ha sviluppato metodi per fabbricare un materiale fotovoltaico leggero e flessibile quanto basta per essere indossato. Naturalmente, il materiale converte i fotoni in energia elettrica, che a sua volta è utilizzabile per alimentare vari dispositivi elettronici indossati dall’utente o per caricarne le batterie principali o anche per una combinazione delle due funzioni.

Analogamente, al limite inferiore dello spettro di potenza esistono requisiti sulla conversione di nanopotenza per sistemi di energy harvesting (EH) come quelli frequentemente presenti in apparecchiature IoT (si pensi a Google Glass) e che devono impiegare circuiti integrati di conversione della potenza in grado di gestire livelli bassissimi di potenza e corrente, come decine di microwatt e nanoampere.

Le tecnologie energy harvesting all’avanguardia e immediatamente disponibili, ad esempio in celle fotovoltaiche indossabili o in locali chiusi e in sistemi di immagazzinamento dell’energia generata da vibrazioni, producono livelli di potenza dell’ordine dei milliwatt in condizioni di funzionamento tipiche. Sebbene questi livelli di potenza possano apparire limitativi, il funzionamento di elementi di energy harvesting nel corso di vari anni può far sì che le tecnologie siano in gran parte compatibili con batterie principali di lunga durata, sia per quanto riguarda la raccolta di energia che in termini del costo unitario di energia fornita. Inoltre, i sistemi che incorporano elementi EH normalmente saranno in grado di ricaricarsi una volta consumata l’intera energia iniziale, operazione impossibile per i sistemi alimentati solo da una batteria principale. Ciò nonostante, nella maggior parte delle implementazioni si impiega una sorgente di energia ambiente come generatore di energia principale, ma integrandola con una batteria che può essere inserita se tale sorgente cessa di essere disponibile.

Soluzioni

Naturalmente, l’energia fornita dalla sorgente di energy harvesting dipende dal periodo di tempo in cui quest’ultima è disponibile. Quindi, il parametro principale per confrontare le fonti di energia immagazzinata [...]

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