
L'LT3799 è un controller LED isolato di Linear Technology con correzione attiva del PFC (fattore di potenza). L'LT3799 è stato progettato apposta per il pilotaggio di LED in un range di tensione compreso tra 90 VAC e 265 VAC. L'LT3799 è ottimo per le applicazioni LED che richiedono una potenza da 4 W ad oltre 100 W ed è compatibile con i dimmer a parete TRIAC standard.
Il nuovo sistema di rilevamento della corrente dell'LT3799 fornisce corrente regolata sul lato secondario senza utilizzare un fotoaccoppiatore. Questo, non solo riduce i costi, ma migliora anche l'affidabilità. L'architettura del regolatore PFC monofase richiede un numero minimo di componenti esterni. Inoltre, il suo package MSOP-16E con caratteristiche termiche avanzate offre una soluzione semplice e compatta per tutte le applicazioni LED offline.
L'LT3799 assicura un'efficienza superiore all'86% e non richiede quindi dissipatori esterni per il circuito integrato del LED driver in numerose applicazioni. Lo speciale circuito interno fornisce una correzione PFC attiva fino a 0,977 per soddisfare appieno i requisiti previsti dal dipartimento dell'energia statunitense (DOE) e dalla norma IEC 61000-3-2, classe C relativa alle armoniche delle apparecchiature di illuminazione.
Caratteristiche del controller LED LT3799
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Correzione attiva del fattore di potenza
Driver LED isolato con correzione PFC attiva che richiede un numero minimo di componenti esterni
Basso contenuto armonico
Tensioni VIN e VOUT limitate solo dai componenti esterni
Compatibile con i dimmer TRIAC standard
Nessun opto-accoppiatore richiesto
Protezione da circuiti LED aperti e cortocircuitati
Corrente LED regolata con precisione (±5%)
Package MSOP a 16 pin con caratteristiche termiche avanzate
Lo schema dell'LT3799

L'LT3799 può essere utilizzato con un dimmer TRIAC a parete standard per un risultato senza sfarfallii. La protezione da LED aperti e cortocircuitati assicura affidabilità a lungo termine per un'ampia gamma di applicazioni LED. La versione LT3799EMSE è disponibile un package MSOP a 16 pin con caratteristiche termiche avanzate. Il dispositivo è già disponibile a magazzino è inoltre disponibile nella versione l'LT3799IMSE (Industrial temp grade) che supporta temperature estese.
LT3799 - Offline Isolated Flyback LED Controller with Active PFC
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Wuahu vedo che é un dispositivo molto interessante, dato che può controllare la corrente di erogazione in un package molto ridotto. Interessante molto anche il fatto che non necessita di optoisolatore, ed inoltre le limitazioni sono date solo dai componenti esterni messi da chi crea il circuito. Gli usi di questo particolare circuito integrato sono molteplici, ma sicuramente ognuno ha idee diverse per applicarlo.
wow hai allegato anche il datasheet! bella la cosa che sono compatibili con i dimmer! ripeto, mi sto convincendo sempre di più che la linear è il top per questo tipo di convertitori..
Vedo che finalmente l’industria elettronica sta puntando su driver Led alimentanbili a tensione di rete e ad alta efficienza, ciò sicuramente ad un abbattimento dei costi delle lampade a Led con una maggiore diffusione nelle case e si spera anche negli uffici, ciò vista l’alta vita di un led ridurrà i costi di manutenzione per gli apparecchi luminosi e una minore produzione di rifiuti tossici come quelli delle lampade fluorescenti.
Complimenti per l’articolo, ottima l’idea di incorporare il datasheet del prodotto 🙂
Non l’ho letto tutto, ma mi sembra un integrato fatto molto bene. I circuiti di PFC lo rendono adatto anche a un utilizzo industriale, infatti mentre nelle abitazioni, la presenza o meno di pfc nei dispositivi di potenza non comporta alcuna differenza per l’utente finale (o comunque ne risente poco), nelle industrie, o nelle aziende che hanno stipulato contratti di fornitura dell’energia elettrica con l’ENEL (non so cosa succede con le altre compagnie), sulla bolletta appare anche il consumo di energia reattiva, e anche se di poco, influisce sui costi dell’energia. Il PFC aiuta chi ha energia elettrica con dei contratti aziendali ad avere proprio un risparmio sulla bolletta. È una buona cosa lo sviluppo di tali tecnologie. Il fatto di poter interfacciare questo integrato con tensioni di 220 VAC è una manna dal cielo, permette infatti di rendere i sistemi di alimentazione meno ingombranti e pesanti
Con datasheet allegato!! Fantastico!!!!
Qualcuno mi sa spiegare in osa onsiste la correzione attiva del fattore di potenza? Ovvero..come viene effettuata? Tramite algoritmi interni oppure c’è qualche meccanismo hardware?
il PFC è il Power Factor Corrector può essere attivo o passivo…
quello passivo è un circuito composto da due induttori e due condensatori (immaginati un rettangolo in cui i lati verticali sono i condensatori e i lati orizzontali sono induttori, quello è un PFC passivo, spesso la struttura viene ripetuta più volte e viene messa in ingresso all’alimentazione (la 220 per intenderci)… funge in partica da filtro e fa passare solo la fondamentale a 50 Hz)
quello attivo è un sistema di alimentazione elettronico che controlla la quantità di potenza assorbita da un carico in modo da ottenere un fattore di potenza il più vicino possibile all’unità, ed è praticamente una specie di convertitore swiching, che viene messo prima del vero e proprio convertitore per avere tensioni piu pulite diciamo, senza disturbi e quindi senza perdite di potenza nelle armoniche…
quindi è un hardware 🙂
Il circuito passico è facile e l’ho capito subito! Quello attivo un pò meno. Mi sa che entro troppo nella parte elettronica e non ho le conoscenze sufficienti =)
Grazie lo stesso 😉
Non occorre sapere molto di elettronica, ma sapere un po’ di matematica e di elettrotecnica, il PFC in elettronica non è altro che un rifasatore passivo nel primo caso e attivo nel secondo caso, in pratica viene diminuito l’angolo di sfasamento generalmente indicato con la lettera φ, riducendo così in modo sensibile la potenza reattiva Q, in modo minore e non controllato se il filtro è passivo, mentre se il filtro è attivo in modo più concreto, poichè riesce a variare in base alla variazione dello sfasamento. In ogni caso, il risultato è ridurre lo sfasamento tra tensione e corrente ad un valore prossimo all’unità, come se fosse un carico quasi resistivo, poichè portare il fattore di potenza prossimo al valore uno è difficile e onoroso.
Ho capito qualcosa di più.. Il fatto è che io l’elettrotecninca non la digerisco molto bene XD
eeee ma serve tantissimo, io ho cercato di essere più chiaro, senza entrare nel dettaglio di potenze attive reattive.. ma poi rileggendo mi son reso conto che forse ho fatto il contrario … ^_^
Io studio ingegneria informatica mica elettronica. 😛
Nonostante questo il mio prof mi sta facendo rendere conto che l’elettrotecnica devo digerirla ad ogni pasto >.<
ma avete anche un esame di elettrotecnica e uno di elettronica no? a Pisa mi pare che ne hanno uno da 6 CFU di elettrotecnica e uno da 12 di elettronica 🙂 poi hanno anche elettronica digitale
teo, ricordi questo?
http://it.emcelettronica.com/mmz1005-e-soppressione-armonica-del-rumore-nella-gamma-di-gigahertz-da-epcos#comment-12322
immagina il fasore che ti dicevo che gira e fa assumere alla tensione una forma tipo A* coseno (2 pigreco 50 t) (50Hz) cioè una cosinusoide di ampiezza di picco A (311 V, la linea elettrica di casa)
Se metti un certo carico puramente resistivo, la corrente che scorre è sempre esattamente A/R dove R è il valore della resistenza. La potenza (di picco) è V*I, allora vedi facilmente che la potenza viene A²/R cos²( quella roba là).
Se metti un carico reattivo tipo una resistenza e un’induttore o un condensatore, devi usare formule più generali per la potenza perchè quando fai V*I non hai più cos(wt)*cos(wt), ma al secondo coseno si aggiunge una certa fase, che per ora diciamo sarebbe meglio se non ci fosse (in realtà nel dominio dei fasori la V*I cambia va un po rivista…). Questo sul piano dei fasori vuol dire che mentre la freccetta della tensione sta in un punto, quella della corrente è in ritardo o in anticipo di quella certa fase. Questo vuol dire che anche quando la tensione è praticamente nulla scorre della corrente, perchè il fasore della corrente sta in ritardo o anticipo. questo vuol dire che non trasporto potenza, mentre la corrente sta ancora scorrendo. Sai bene che quando la corrente scorre, ci sono comunque perdite di potenza perchè scorrendo in materiali che anche se sono buon conduttori, hanno una resistenza finita, quindi si scaldano e dissipano. Questo è decisamente evitabile.
Poi c’è la questione delle armoniche, che in realtà non credo di essere la persona più adatta a spiegartela… Chiedi al tuo prof di elettrotecnica o teoria dei circuiti…
Tornando al nostro discorso, si definisce fattore di potenza il coseno dell’angolo che c’è tra il fasore della corrente e della tensione, spesso chiamato anche cosfi
Di elettronica c’è poco in questo argomento. È più roba da elettrotecnica
Nell’università mia di Ancona si segue il corso di ingegneria informatica,
Ha in comune con il mio corso di elettronica ,
– elettronica analogica
– elettronica digitale
– elettrotecnica
– misure per l’elettronica
Chi sono i più importanti anche per un ingegnere informatico.
Io ne ho solamente uno di elettronica da dieci e uno di elettrotecnica da dieci.
In quella di elettrotecnica si vede tutta l’elettrotecnica di base, il regime sinusoidale e la parte legata ai trasformatori alle leggi di maxwell ecc…
In elettronica uniamo elettronica analogica e digitale =)
Si tutto sommato ho capito =)
Per quanto riguarda le armoniche conosco poco anche io ma dovrei studiarlo prossimamente con le teorie dei segnali.. =)
Lo so che è roba da elettrotecnica. Ma, il problema è che non mi piace e non la mastico così come mi piace l’elettronica =)=)=)
lo vedo un circuito integrato molto interessante, ma non ho capito bene a cosa mi serve un controller per i LED, e soprattutto a cosa mi serve il controllo della potenza sul LED, insomma, la resistenza basta, perché complicarmi la vita, e il circuito, aggiungendo altri componenti in eccesso?!.
Guarda, non è niente di difficile. Per l’elettrotecnica devi solo entrare un pò nell’ottica delle cose, poi puoi buttarti nei conti quanto ti pare, e se sei bravo a fare i conti “stai a cavallo”.
Le armoniche non sono niente di tanto trascendentale… Immagina un segnale periodico, che può essere un seno, un coseno, un’onda quadra, o un segnale qualunque che dopo un certo tempo T si ripete. A teoria dei segnali studierai la serie di Fourier, quindi imparerai che qualunque (*) segnale può essere espresso con una somma di termini di tipo coseno (in generale anche seno). La frequenza “portante” (o fondamentale) è quella più bassa tra le frequenze che trovi nei coseni, ed è pari all’inverso del periodo T. Tutti gli altri termini esistono a frequenze che sono multipli interi della portante. Tutti questi termini a frequenze superiori si chiamano armoniche. Se quindi hai ad esempio un’onda quadra alla frequenza di 1kHz, troverai nello spettro, una serie di seni e coseni a frequenze multiple intere di 1kHz. Gli elettrodomestici o impianti industriali generano armoniche perchè probabilmente non assorbono in maniera costante corrente durante il periodo della tensione sinusoidale che è presente sulla rete elettrica. In questo modo succede che gli altri apparecchi presenti in rete non vedono più una sinusoide pura, ma ne vedono tante, tutte armoniche della fondamentale (a 50Hz). Come abbiamo già detto questa cosa potrebbe portare vari problemi alla rete elettrica in generale. Per evitarla è necessario rifasare tutti gli apparecchi. Per legge questo rifasamento è necessario in tutti gli apparecchi che assorbono più di 70W di potenza (se non ricordo male), ma a quanto pare conviene eseguirlo anche su apparecchi più piccoli, perchè anche in questo caso tutti ne traggono un vantaggio.
Posso consigliarti la lettura di questo documento
http://www05.abb.com/global/scot/scot209.nsf/veritydisplay/6c4117e2d22c3d9ac12574ef00395618/$file/1sdc007107g0901.pdf
anche se è un depliant commerciale spiega in maniera molto pragmatica un sacco di questioni di elettrotecnica. ti consiglierei di salvartelo e ripescarlo quando fai questo esame.
(*) In teoria i segnali che possono essere espressi in serie o Fourier-trasformati devono rispettare i criteri di Dirichelet, ma in pratica puoi trasformare quello che ti pare, o quasi…
In realtà non è come dici tu. In teoria basterebbe anche una sola resistenza ma il metodo di conversione è tanto semplice quanto inefficiente. Ti dimostro subito il perché.
Supponi di voler alimentare una serie di 4 diodi LED bianchi da 1W l’uno, con una corrente di accensione consigliata pari a 350mA (perché non dimentichiamo che i led andrebbero polarizzati in corrente e non in tensione) e una tensione in diretta ai capi del singolo led pari a 3.6V (questi dati sono abbastanza realistici ai fini del nostro calcolo). Per massimizzare l’efficienza di accensione ipotizziamo di utilizzare un raddrizzatore a ponte di diodi per rendere unipolare la forma d’onda che alimenta la serie di led. I quattro led in serie originano una tensione complessiva pari a 4 x 3.6V = 14.4V. Se non si livella la tensione raddrizzata dal ponte di diodi tramite un condensatore elettrolitico, si può pensare di utilizzare per il calcolo il valore efficace (rms) della tensione pulsante a 100Hz all’uscita del ponte stesso. Ci poniamo nel caso migliore considerando la tensione rms di tale segnale pari a 230V (in realtà è più alta, ma ai fini del nostro calcolo questo valore di tensione va più che bene per dare l’idea del risultato che vogliamo ottenere). Detto ciò passiamo a dimensionare la resistenza da mettere in serie ai diodi led. Dalla legge di Ohm, R= deltaV/I, dove deltaV = 230-14.4= 215.6V (sto trascurando la caduta di tensione ai capi dei diodi costituenti il ponte raddrizzatore). Dividendo per la corrente di 350mA si ottiene un valore resistivo di 590ohm circa. Il problema non si conclude con il calcolo del valore resistivo, ma bisogna anche considerare quanta potenza per effetto Joule si dissipa sul resistore. La potenza la si calcola banalmente come prodotto tra la differenza di potenziale deltaV e la corrente I, dando come risultato 215.6Vx350mA=75.5W. Praticamente per accendere 4W di diodi led e far sviluppare loro la luce per i quali sono stati dimensionati, andresti a perdere la bellezza di 75W sul resistore in serie, quindi ti occorrerebbe un resistore di potenza, opportunamente dissipato per ottenere in termini di lumen generati meno di quanto può darti una comune lampada da 75W, pur consumando circa 80W direttamente dalla rete. Se avessimo fatto il calcolo a partire dal valore massimo della tensione di rete livellato tramite una condensatore (ad esempio elettrolitico) le cose sarebbero andate peggio perché avremmo considerato un valore di partenza di 310V anziché 230V. Per evitare questo forte dispendio di potenza, si adottano soluzioni circuitali il cui scopo è quello di effettuare una mera conversione a potenza costante. Praticamente viene assorbita dalla linea solo ciò che ti necessita per alimentare i led e compensare le perdite comunque inevitabili in contesti circuitali come questo. Quindi ad esempio, un trasformatore con un certo rapporto spire tra la tensione d’ingresso e quella d’uscita (e ovviamente l’inverso di tale rapporto tra le correnti) fa si che la potenza assorbita dalla linea elettrica sia pari a quella assorbita dai led + un tot di potenza che serve a compensare le perdite (piccole quanto vuoi perché il trasformatore è una macchina elettrica statica e l’efficienza è molto prossima all’unità). Il problema dei trasformatori a frequenza di rete è che sono ingombranti e a volte con un costo non trascurabile se confrontato con quello dei led da illuminare…
Concludo il discorso sull’utilità di circuiti come quello presentato nell’articolo… nel commento precedente eravamo arrivati a convincerci di come sia possibile ridurre drasticamente gli inutili consumi di potenza tramite l’ausilio di tecniche di conversione a potenza costante come può esserlo un trasformatore alimentato alla tensione e alla frequenza di rete. Lo svantaggio nell’utilizzare un trasformatore sta proprio nell’occupazione di spazio e nel costo a volte esagerato del componente. Inoltre avevamo evidenziato la necessità di alimentare i led in corrente e non in tensione. Per venire in contro all’esigenza di alimentare i led direttamente dalla tensione di rete, senza occupare tantissimo spazio e soprattutto poter imporre una corrente costante di alimentazione, vengono utilizzati schemi circuitali più complessi che realizzano convertitori DC/DC come quello che si può ottenere con un LT3799. In particolare, dall’application note proposta si intuisce come la struttura sia di tipo flyback offline. In pratica si tratta ancora di un convertitore a potenza costante in cui la riduzione della tensione (e quindi l’aumento della corrente) tra ingresso e uscita è attuata tramite un trasformatore ad alta frequenza pilotato sul primario in modalità switching (in commutazione). Il fatto che il trasformatore sia ad alta frequenza ci permette, a parità di potenza trasferita, di poter ingombrare molto meno spazio su scheda rispetto al caso in cui si utilizza un trasformatore alla frequenza di rete (quindi tramite l’alta frequenza di switching del trasformatore abbiamo risolto il problema dell’ingombro e del peso dell’intero sistema e sicuramente abbiamo ridotto drasticamente anche i costi). Resta da imporre una corrente costante da far circolare attraverso una serie di led. Questo lo si ottiene chiudendo una retroazione negativa proprio sulla corrente che scorre attraverso i led. In realtà il discorso è un po’ più articolato proprio perché il convertitore è di tipo offline. Per assicurare l’isolamento galvanico tra ingresso (230V di rete) e l’uscita, si fa in modo che il primario e il secondario del trasformatore del flyback siano fisicamente separati. Ciò che li relaziona è la sola legge di induzione di Faraday che impone una fem indotta al secondario per effetto del flusso magnetico generato dal primario e circolante nel nucleo ferromagnetico. Imporre una corrente fissa circolante attraverso i led significa, come è già stato detto, chiudere una retroazione negativa che va a modificare la larghezza dell’impulso della modulazione PWM con cui è pilotato il mosfet che gestisce il primario. In questo modo si dosa la quantità di tensione da imporre ai diodi perché scorra una corrente fissa paria a 350mA (riprendendo l’esempio visto precedentemente). Per non inficiare sull’isolamento galvanico, le strategie per attuare la retroazione sono molteplici, prima tra tutte utilizzando un fotoaccoppiatore lineare, ma l’architettura offline del flyback prevede esplicitamente un secondario ausiliario che è in relazione al secondario principale tramite un dato rapporto spire. Si hanno informazioni sulla corrente che circola nei led osservando la corrente che circola nel secondario ausiliario. In questo modo possiamo fare tutte le misure e le retroazioni che vogliamo senza per questo compromettere in nessun modo l’isolamento galvanico tra ingresso e uscita.
Anche se mi sono prolungato un po’, penso di averti spiegato come questi convertitori siano necessari per l’efficienza energetica dell’intero sistema di illuminazione a led.