In molte applicazioni dell’elettronica digitale, avere dei buoni interruttori è estremamente importante. La bassa resistenza e semplicità di controllo hanno reso i transistori ad effetto campo preponderanti nella scelta degli switch, tuttavia, rispetto ai loro parenti bipolari (no, non sono transistor dalla personalità multipla), hanno un costo maggiore e nelle applicazioni a bassa potenza per esempio si potrebbe voler ridurre il costo del design. Un BJT è formato da due giunzioni PN attaccate (una giunzione non è nient'altro che un diodo), a differenza del MOSFET la conduzione di corrente ha contributi sia di cariche negative (elettroni) sia di cariche positive (lacune), da qui il nome transistore bipolare. Viene naturale domandarsi: è possibile utilizzare i BJT come interruttori al posto dei FET? La risposta è sì, in questo articolo si vedrà in che modo funziona il driver per questo genere di switch e quali sono le carenze di questo interruttore rispetto al caso dei FET.
La fisica del BJT
Prima di addentrarci nell'analisi degli switch a BJT, analizziamo i principi generali del funzionamento di questo transistore. Prendiamo in considerazione il caso di un transistore npn in figura 1 (il corrispettivo di un nMOS), esso si accende quando la giunzione PN tra base ed emettitore è polarizzata direttamente e contemporaneamente la giunzione PN tra base e collettore è polarizzata inversamente. La corrente data dagli elettroni viene iniettata dall'emettitore alla base grazie alla giunzione diretta, conseguentemente la giunzione in inversa tenta di svuotare la base dagli elettroni al suo interno creando un flusso netto di corrente dall'emettitore a base. La corrente dall'emettitore ha una caratteristica esponenziale tipica di un diodo, ed è legata alla corrente di base data dal parametro beta secondo la seguente equazione β=Icollettore/Ibase.
Dalla figura 2 si intuisce la necessità di pilotare il transistor in corrente e non in tensione, un errore della tensione base-emettitore aumenterebbe la corrente esponenzialmente, ogni 60 mV di errore genera una corrente dieci volte maggiore a quella aspettata; utilizzando la corrente invece per polarizzare il transistor, un eventuale errore si rifletterebbe sulla corrente in maniera lineare. La regione del grafico in cui la corrente ha un andamento piatto si chiama regione attiva, prima di questa le due correnti hanno una dipendenza lineare, ciò avviene nella regione di saturazione.
La diversa polarizzazione delle due giunzioni crea zone di accumulo di cariche diverse, quella più importante è la carica presente nella base, questa infatti è quella che determina la corrente totale. In figura 3 si può vedere la carica presente nella base utilizzando il BJT nella regione attiva. A cosa si devono i profili mostrati in figura 3? Per capirli dobbiamo considerare la legge di azione di massa generalizzata in un semiconduttore.
Il prodotto tra p ed n ovvero le concentrazioni di lacune ed elettroni all'interfaccia sono uguali alla concentrazione intrinseca di elettroni nel semiconduttore moltiplicata per un [...]
ATTENZIONE: quello che hai appena letto è solo un estratto, l'Articolo Tecnico completo è composto da ben 2533 parole ed è riservato agli ABBONATI. Con l'Abbonamento avrai anche accesso a tutti gli altri Articoli Tecnici che potrai leggere in formato PDF per un anno. ABBONATI ORA, è semplice e sicuro.
Il BJT è il componente attivo di estrema utilità nella microelettronica, pensiamo ai vari integrati e a quanti transistor hanno al proprio interno. Capire bene a fondo un transistor BJT non è facile, bisogna conoscere non solo la parte fisica dei semiconduttori, ma anche l’elettronica di gestione per realizzare diversi applicativi come i convertitori ma anche soluzioni integrate più complesse.