Il caso Foxconn è al centro di un dibattito internazionale ormai da tempo; si tratta dell'azienda taiwanese che produce componenti per i dispositivi griffati Apple (oltre ad altre grandi compagnie del settore), come l'iPhone 5 o l'iPad. Per fare ciò, utilizza un sistema di lavoro che spreme gli operai fino all'osso, psicologicamente e fisicamente, garantendo una produzione su larga scala a costi ridotti. Un caso emblematico della Cina in espansione, che ha fatto alzare un gran polverone: perché? È davvero la Foxconn la più spregevole delle aziende, o è solo il nome di Apple che ha reso altisonante la vicenda? Come vedremo ci sono una serie di concause, dalla globalizzazione dei suicidi alla speculazione considerata più importante della vita umana.
L'involuzione di Foxconn: iPad e iPhone si tingono di rosso
Prima che scoppiasse la bolla, la compagnia cinese 'vantava' un numero di suicidi ben più basso rispetto alla media nazionale (che è di 22 ogni 100.000 persone). La situazione è precipitata a partire dal 2009, quando sempre più impiegati, stremati dal lavoro, hanno cominciato a togliersi la vita con più frequenza, tanto da costringere i responsabili della Foxconn ad installare reti antisuicidio in alcuni stabilimenti (è infatti usanza diffusa gettarsi dal terrazzo dell'azienda); i lavoratori di Chendu, addirittura, sono costretti a firmare nel loro contratto un 'patto di non suicidio'. E questi sono solo alcuni dettagli di una vicenda davvero torbida, caratterizzata da un'assenza di umanità difficile da concepire.
Perché tanti suicidi
Questa domanda è stata spesso posta, e le risposte possono essere molte, anche se, pensandoci bene, ciò che spinge una persona ad uccidersi in un simile frangente è considerare la propria vita come l'unica arma per combattere il sistema. Lo sciopero, infatti, non avrebbe senso, dato che il disertore verrebbe subito rimpiazzato, così come un'insurrezione generale, troppo complicata da organizzare.
D'altronde queste aziende hanno imparato dal passato: privare di ogni diritto le persone può spingerle ad associarsi per combattere il nemico comune, ma quando viene garantita la sopravvivenza minima, ognuno si tiene stretto quel poco che ha, poiché la paura di perderlo è troppo forte. In questo modo il controllo sui dipendenti è totale e che vive con estremo disagio una simile situazione, trova come unica strada il suicidio. Un avvenimento emblematico è accaduto a gennaio, quando 300 operai dell'impianto di Wuhan hanno minacciato di togliersi la vita dopo non aver ricevuto una buonuscita dovuta. La parola d'ordine è massimizzazione del profitto, non miglioramento delle condizioni e dei salari dei lavoratori, nonostante gli iPad e gli iPhone facciano registrare record di vendite.
Ad incrementare la possibilità di nuovi morti c'è la prospettiva di inserire come forza lavoro circa un milione di robot (ora ne vengono usati circa diecimila), con il conseguente licenziamento di esseri umani. Questa decisione dovrebbe, da un lato, aumentare i salari, ma dall'altro provvedere a tagli drastici di personale.
Facile immaginare come i lavoratori non possano accettare un simile compromesso perché, per stare in tema con quanto affermato poche righe più su, un pessimo lavoro è meglio di non averne uno.
Cosa è stato fatto per prevenire i suicidi
In concreto non è stato fatto nulla di particolare, e il motivo è semplice: a chi interessano poche (poche intese in maniera cinicamente numerica) vittime suicide di un sistema ben oliato per far guadagnare enormi quantità di soldi alle multinazionali e a chi si presta al loro business? É un sistema all'interno del quale alcune centinaia di morti non fanno affatto la differenza. D'altronde, i paesi in via di sviluppo sono in grado di sostenere il peso di industrie di livello della Apple o di Microsoft grazie alla loro abilità nell'offrire manodopera a basso costo ed altissimo rendimento. E nonostate ciò, i prezzi di iPad ed iPhone 5 continuano ad essere sempre più alti. Se, da un lato, la crescita industriale orientale all'esportazione è stata una manna per i lavoratori dei paesi in via di sviluppo, dall'altro rappresenta un limite alla crescita stessa, divenendo un boomerang dagli effetti pericolosi a lungo termine.
La logica legata alla speculazione sulla disperazione umana, classico caso di gran parte delle multinazionali che producono in Cina, non solo della Foxconn, prevede che gli stipendi dei lavoratori cinesi nel settore della produzione, non siano basati sul loro rendimento, o sul guadagno della Apple, o sul numero di iPhone e iPad venduti, né tanto meno sui salari negli Stati Uniti; il metro di misura è il livello medio della produttività all'interno dell'economia cinese.
La mela del suicidio
Come abbiamo già accennato è la parola Apple che ingolosisce i lettori e rende più colorita la cronaca; la media di suicidi in Cina è di 22 ogni 100.000 abitanti, una cifra che deve essere comparata con quella della Foxconn. I numeri funesti che pesano sugli operai produttori di iPad e iPhone sono spaventosi, ma assolutamente al di sotto della media nazionale, cioè tra due e tre ogni 100.000 lavoratori (stima dichiarata dal rinomato psicologo cinese Fan Fumin, professore della Tsinghua University). Sotto il livello nazionale quindi, e praticamente con la stessa frequenza dei suicidi all'interno delle università cinesi. Il fatto che la presenza di Apple faccia notizia permette ad un problema cronicizzato nella società cinese, quella della speculazione sulla vita umana, di entrare nel raggio informativo dell'opinione pubblica.
Questo però non è un merito, perché se le persone sono morte e continuano a farlo, il marcio è presente ed esercita una pericolosa oppressione. Ma quali sono i motivi? Perché il lavoro diventa una macchina infernale, che ad un certo punto risulta ingestibile e porta ad un tracollo mentale?
- La Foxconn è famosa per gestire il personale come in una caserma militare; le più alte gerarchie hanno il diritto di sopruso sui subordinati; ma le nuove generazioni (soprattutto in luce del fatto che sono quasi tutti figli unici) sono più ribelli e non sopportano facilmente umiliazioni, grida e mancanza di rispetto.
- L'alta densità umana (oltre 450.000 lavoratori) all'interno dell'azienda crea un clima soffocante, elettrico, come ha dimostrato la maxi rissa tra 2.000 dipendenti e addetti alla sorveglianza nello stabilimento di Taiyuan.
- La natura altamente alienante del lavoro; la maggior parte dei dipendenti ripete lo stesso compito (come ad esempio applicare un adesivo su iPad o iPhone) per lotti di tempo consecutivi di quattro ore l'uno. E il problema delle nuove generazioni si dimostra trasversale proprio qui; non sono abituate a questa vita, cercano stimoli e gratificazioni dal lavoro e dall'impegno, per cui vivono con estremo disagio una simile situazione.
Alla fine, quindi, la disumana condizione della Foxconn, che ha attirato in maniera planetaria l'attenzione sullo sfruttamento dei lavoratori cinesi, risulta addirittura più dolce rispetto a tante altre realtà della Repubblica Popolare.
Ma attenzione, chi assembla iPad e iPhone non è di certo un privilegiato in Cina, fa parte della massa come gli altri, e con essa tende alla dissolvenza nell'oblio, senza la possibilità di sognare un futuro migliore.
Questa condizione stona con l'immagine pulita, cool, avveniristica e social che Apple ha tenuto a creare intorno al suo brand, non vi sembra?
Il problema principale della globalizzazione è che è avvenuta troppo o in fretta. Questo grazie anche ad internet. Non si può competere con aziende asiatiche che hanno trattamenti differenti per i lavoratori, oltre a normative di sicurezza inesistenti (vabbè le reti antisuicidio). Leggevo che in Cina ci sono migliaia di capannoni con tetto in amianto (eternit o similari). Ora pensate i costi di smaltimento per una azienda italiana e capite bene che, anche questo, giusto per fare un esempio, si somma a tutto il resto (bassi salari etc). CI vorrebbero regole ferree, almeno verso i paesi “sleali” ad esempio con alti dazi doganali che però dovrebbero essere ripartiti come sgravi fiscali esclusivamente per le aziende.
Di questo era davvero importante parlarne!
Si tratta di una vicenda, di un argomento e di un tema di cui è davvero fondamentale che si parli, e diffusamente.
In particolare in Italia ed in particolare di questi tempi.
Credo sia fondamentale creare sensibilità su questo tema nello specifico ma alle condizioni lavorative più in generale!
Ottimo che anche su questo blog, frequentato da professionisti e non, ci sia un dibattito in merito!
Esprimetevi numerosi!
Io non farò mancare a lungo la mia ma la scrivo appena ho due minuti di più 🙂
Mi sono preso un po’ di tempo per riflettere attentamente
sulle parole che pensavo di dover usare per commentare questa notizia.
Esprimersi su questa questione non è semplice e si rischia
di farlo in maniera raffazzonata e questo non sarebbe rispettoso nei confronti
delle persone coinvolte…
Ho scritto qualche breve considerazione qui
http://it.emcelettronica.com/f…
dove l’argomento fondamentale di questo articolo è stato, se
volete, in qualche modo, trattato in maniera parallela.
Capisco che sia molto facile lasciare andare le dita sulla
tastiera per scrivere qualcosa del tipo “chi ha un iPad dovrebbe
vergognarsene”. Certe notizie è come se mettessero le ali allo sdegno e
purtroppo oggi siamo abituati al commento selvaggio, come se ci fosse
l’assoluta ed impellente necessità di esprimere un’opinione su qualunque cosa,
neanche fossimo realmente competenti per farlo.
Ma io credo che certi argomenti impongano una riflessione
seria e complessiva, globale. Non si può guardare a questi drammatici fatti con
la fretta e la superficialità che sempre caratterizza chi usa Facebook per
esprimere le sue opinioni…
Ribadisco quanto scritto in quelle poche righe perché
ritengo sia fondamentale che tutti noi ci facciamo un esame di coscienza.
Noi compriamo quei prodotti così come continuano a comprare
quelli della Nike anche se sappiamo esattamente che per ciascuna delle scarpe
che mettiamo ai piedi che un bambino che, se sopravvive all’infanzia, l’ha
passata in uno scantinato buio a cucirle…
Non credo che la Apple sia più colpevole di noi in questa
vicenda perché domanda e offerta non sono, né nella micro né nella
macroeconomia, effettivamente legate da un rapporto causa-effetto.
Vivono in simbiosi.
Ed è per questo che io non biasimo la Apple più di quanto
non disprezzi chi crede di poter ignorare tutto questo.
Mi dispiace che questo commento possa essere visto come
“offensivo” ma vi prego, tutti, di voler leggere attentamente non
soltanto la mia posizione riportata a quell’indirizzo che vi ho indicato prima
ma anche gli altri interventi perché sarebbe bello, giusto il sano che tutti
noi parlassimo di queste cose i giorni.
Perché c’è sempre, secondo me, da chiedersi se la nostra
abitudine a giudicare sia effettivamente sponsorizzata e sostenuta dalla
coerenza delle nostre scelte…