Gli ingegneri (elettronici) devono anche saper scrivere bene in italiano o basta che sappiano ‘far di conto’? Partiamo da un commento lasciato su un articolo del blog, dai toni piuttosto duri e carichi di rimprovero per tutti gli ingegneri giovani che, a detta dell’autore, non farebbero un uso appropriato della lingua italiana. Inevitabilmente si è scatenata una vera e propria discussione riguardo le competenze di chi, come mestiere, progetta ed elabora, ma parla poco. Quindi, è necessario che gli ingegneri parlino e scrivano bene in italiano?
Sono imbarazzato per te, caro collega. Già alla prima rapida lettura di questo testo emergono un uso della lingua italiana tutt'altro che adeguato al tuo livello di studi e numerosi refusi (rileggere, prima di pubblicare!). Sono un ingegnere sicuramente più anziano di te, che non si sognava sgrammaticature ed infrazioni sintattiche così evidenti nemmeno durante la scuola elementare. Leggiti qualche libro e studia nuovamente la grammatica. Articoli così non fanno che screditare ulteriormente la già vituperata fama dell'ingegnere moderno.
Questo è un commento lasciato su un articolo del blog, dai toni piuttosto duri e carichi di rimprovero per tutti gli ingegneri giovani che, a detta dell’autore, non farebbero un uso appropriato della lingua italiana. Inevitabilmente si è scatenata una vera e propria discussione riguardo le competenze di chi, come mestiere, progetta ed elabora, ma parla poco. Quindi, è necessario che gli ingegneri parlino e scrivano bene in italiano?
Quanto è importante l’italiano per un ingegnere
La disputa che si è accesa in seguito al commento riportato in apertura ha riguardato diversi utenti del blog, primo fra tutti il suo fondatore, Emanuele, che si è espresso in difesa dell’autore dell’articolo, ritenendo il lavoro nel complesso ottimo, benché macchiato da qualche svista e da un paio di frasi da rivedere. Il fatto che si passi la maggior parte del tempo di fronte a linguaggi di programmazione, sigle e testi scritti spesso in inglese, causa nel povero giovane ingegnere la perdita di contatto con il mondo della lingua italiana; inoltre su un blog, così come sui cellulari e nelle e-mail si tende a portare meno attenzione perché lo schermo di un computer o il display del telefonino non hanno probabilmente lo stesso sex appeal della carta. Il commento di Emanuele ha posto anche le basi per una nuova riflessione, poiché viene asserito che è Meglio un progetto che funziona spiegato male che uno che non funziona spiegato bene.
C’è addirittura chi è inorridito alla lettura di questa frase per un motivo però chiaramente giustificato: scrivere male fa perdere fascino al contenuto di qualsiasi argomento, perché infastidisce la lettura e non permette di cogliere il significato profondo che le parole dovrebbero esprimere. Come d’altronde è successo in questo articolo, la cui maggior attrattiva sono state le doti letterarie dello scrittore piuttosto che il contenuto davvero valido.
Non è mancato chi ha fatto notare, molto educatamente, che in effetti il saper scrivere e leggere bene, oltre che per aiutare tutti nella comprensione e per sfruttare la bellezza della lingua italiana, è fondamentale soprattutto per chi lavora all’interno di un’azienda, per almeno due motivi vitali: l’immagine data ai clienti e i possibili cavilli legali che si generano da imperfezioni linguistiche. Insomma, i commenti si sono divisi sulla condanna o sull’assoluzione per gli ingegneri che non scrivono bene in italiano. Tra i secondi mi ha colpito molto quello di un utente, dichiaratosi cultore della lingua italiana (non a torto vista la qualità di scrittura), a cui voglio collegarmi per esprimere il mio parere in merito alla questione. Come mi sento di condividere con l’autore del commento, l’importanza della conoscenza dell’italiano e della sua espressione, sia orale che scritta, è fondamentale per valutare qualsiasi lavoro in qualunque campo: anche se decidete di comprare una macchina, vi fidereste di chi pubblica un annuncio sgrammaticato o difficilmente comprensibile? Certo che no!
Fatto questo preambolo generale, è arrivato il momento di dire la mia: gli ingegneri devono saper scrivere bene in italiano, non devono emozionare perché non pubblicano romanzi, ma hanno il dovere di essere comprensibili perché il sapere è di tutti. Non c’è cosa più odiosa di leggere sigle e parole in slang e gergo prettamente tecnico: serve solo ad allontanare chi da profano cerca di approcciare una materia nuova. Personalmente, inoltre, ritengo che un lavoro ben realizzato ma scritto in un italiano non corretto alla fine non sia valido, per il semplice motivo che chi lo legge potrebbe essere portato in errore da eventuali ambiguità sintattiche o grammaticali.
La mia posizione è dunque intransigente e la voglio esprime in modo crudo: se non sai parlare e scrivere, tutto quello che sai perde di valore, anche se sei un ingegnere con quoziente intellettivo pari a 200. Se poi fossi un professore universitario boccerei di sicuro chi si presenta preparatissimo ma sbaglia un congiuntivo.
Questo soprattutto in tempi come quelli odierni, in cui chat e messaggi di testo hanno completamente stravolto il modo di concepire la comunicazione e la lingua italiana (a volte faccio fatica a non farmi scappare le varie abbreviazioni o le K al posto di ch e trovo la cosa intollerabile) e allora l’intransigenza diventa l’unico modo per alzare il livello di guardia.
Inoltre, chi scrive male legge anche male. Bisogna anche tenere presente che in effetti sullo schermo ci si sente giustificati a sbagliare (è un errore che ho fatto anche io in alcuni articoli) e si presta meno attenzione rispetto a ciò che si scrive su un foglio, e ora gli ingegneri difficilmente prendono in mano carta e penna.
Mi sono chiaramente espressa, si è capito, però ci tengo anche a precisare che per l’articolo ‘colpevole’ di tanto rumore ho trovato piuttosto infondate le critiche cariche di livore presenti nel primo commento. Insomma, le mie conoscenze tecniche non sono assolutamente all’altezza dell’autore, ma io leggendo il testo non ho avuto alcun problema di comprensione e, a parte qualche virgola e un paio di refusi fatti notare (a meno che degli strafalcioni non siano stati corretti prima della mia lettura) non ho incontrato delle eresie letterarie. Quello in cui mi sono imbattuta è un articolo davvero apprezzabile e chi muove delle critiche ha il diritto di farlo, ma allo stesso tempo ha il dovere di essere umile e cortese.
Quindi quale è il limite di qualità per definire uno scritto come "una buona scrittura" e, soprattutto, CHI lo stabilisce?
Credo che nella vita è possibile sbagliare, del resto non siamo persone infallibili, ma l’uso delle nuove tecnologie informatiche e soprattutto la possibilità offerta da questo sito di pubblicare articoli, pone qualsiasi persona a commettere errori, anche perchè ci si illude delle prestazioni dei correttori ortografici che ti evidenziano gli errori commessi.
E’ lapalissiano che un tecnico laureato non deve commettere errori di sintassi o ortografia e che si debba esprimere in un linguaggio comprensibile a tutti o almeno in un linguaggio tecnico trasmissibile verso altri tecnici, ma in questi anni leggendo anche dei manuali in italiano di importanti case produttrici, sovente viene utilizzato un articolato giro di parole che spesso confondono il lettore, benchè siano scritte in un buon italiano.
Sempre diversi anni fa, chiesi a un distributore di un dato apparecchio perchè nel manuale vi erano scritte intere pagine che potevano sintetizzarsi in poche righe. Questo signore mi rispose che dovevano fare effetto sul cliente e che ciò dava una sorta di importanza al prodotto.
Al di là degli attacchi, a volte spesso gratuiti per il modo di scrivere, non vi è l’umiltà di constatare chi si ha dietro lo schermo del computer e le sue difficoltà, infatti, il caso si è verificato con Fabrizio che non sapendo delle sue difficoltà, ho ingiustamente aggredito poichè non era e non è facilmente comprensibile nonostante i suoi sforzi.
Inoltre, credo che il fatto che solitamente non stampiamo ciò che scriviamo, benchè lo leggiamo più volte, ci faccia sfuggire qualche errore, anche perchè spesse volte, tornando indietro in un dato punto, è facile slegare il discorso con le varie aggiunte o ripensamenti dell’articolo.
Come nelle case editrici, forse è necessario, anche in un sito, un correttore di bozze come nell’editoria che abbia un’ottima conoscenza della lingua italiana, una buona velocità di lettura, ma soprattutto una precisione estrema e una capacità di mantenere alta l’attenzione.
Le sviste sono ad ogni angolo, tanto per citarne una, da ragazzo diventò famoso, un archittetto che aveva progettato un bellissimo palazzo dimenticandosi le scale.
Non stai forse entrando in un loop?
Se il progetto è valido, l’importante è che funzioni, che sia ben documentato e che il “tramite” con il settore commerciale sia in grado di comprenderlo, poi ci penseranno i venditori… aaah loro si che devono saper parlare bene 🙂
secondo me, non saper utilizzare la propria lingua è qualcosa di grave, a prescindere dalla propria professione; poi se ciò si verifica in un ingegnere la cosa è ancor più grave (che si parli di ingegneri elettrici, elettronici, civili, e quant’ altro)
in fin dei conti, per diventare ingegnere si deve sudare, all’ università ci fanno “buttare il sangue”… imparare a coniugare qualche verbo, non dovrebbe risultare così difficile per chi è riuscito a studiare argomenti ben più complessi.
Concordo ma non pienamente, un esempio su tutti è il compianto Bop Peace
CHI meglio di lui conosceva l’analogica e CHI peggio di lui presentava i progetti….
Concordo pienamente sulla tua opinione, salvo su tre punti:
1) Tra un progetto buono spiegato male ed uno cattivo ma spiegato bene il secondo non ha chance, perché l’obiettivo del progettista è far funzionare l’oggetto. A meno di non voler poi spiegare ad una persona che la sua azienda ha perso migliaia di euro perché qualcosa non ha funzionato “però era spiegato bene”. Ciò non tohlie che il progetto spiegato male è metà del lavoro.
2) Non credo che una persona per un congiuntivo vada bocciata, ma suppongo che la tua fosse un’estremizzazione.
3) Il problema non è degli ingegneri, ma degli italiani in generale. Mia nonna, che ha novant’anni e ha fatto solo la quinta elementare (veniva da una famiglia contadina) scrive e legge bene quanto me. Non è un problema culturale. Un italiano impeccabile (non dico da Umberto Eco, ma quanto basta) dovrebbero averlo tutti i cittadini. Compresi quindi gli ingegneri.
Ciao,
Stefano
Tenendo conto che molto probabilmente la prima invenzione dei primi ingegneri della storia dell’uomo è stata il Linguaggio, si
Credo in tutta onestà che i venditori debbano vendere e non farsi interpreti di uno sgrammaticato progettista cercando di “tradurre” in italiano quello che viene loro sottoposto.
Comunque il problema risiede ne fatto che, pur volendo estraniare il progettista dalla fase di vendita (in tutti i sensi) di un suo prodotto, questi resta pur sempre una persona che ha conseguito uno dei massimi gradi di istruzione previsti in Italia e quindi, per definizione, NON può non saper parlare un italiano corretto.
E credo che frasi quali “un blog non è la carta stampata” sia solo un scusa sotto la quale celare oggettive incompetenze (prego, passatemi il termine); un blog è un mezzo di comunicazione valido come tutti gli altri e, in quanto tale, richiede degli standard di consapevolezza nell’uso della lingua (scritta) sotto i quali è doveroso evitare di scendere.
E aggiungo: questa è la principale motivazione che mi ha spinto a ridurre la frequenza con cui vi leggo. Sono un ingegnere civile e l’elettronica è una passione, non un lavoro; ciò non di meno trovo che il vostro blog possa essere un’utilissima fonte di informazioni per tutti, anche per chi, come me, ha voglia di conoscenza per puro diletto.
Il continuo pubblicare articoli con errori ortografici (un ingegnere dovrebbe essere abituato a riletture ossessive per evitare errori di distrazione fatali ad un progetto) e con evidenti lacune grammaticali (inaccettabili da un laureato di qualsiasi tipo) allontanano l’utente, anche se i contenuti sono di indubbia utilità.
ho 21 anni e lavoro come elettricista installatore di pannelli fotovoltaici/elettrotecnico PED-MED. dove lavoro io moltissime persone non usano correttamente i verbi, a volte neanche io,ma cerco sempre di correggermi quando sbaglio. secondo me un professionista dovrebbe parlare bene l’italiano, non dico a livelli tali da usare tutti i tempi esistenti ecc ma in maniera sufficiente da esprimersi bene! siamo pur sempre italiani-.-
Caro Linus, nessuno pretende un correttore di bozze se l’errore ortografico si riduce a una tantum; chiunque critichi qualcuno per questa ragione non trova giustificazioni valide.
Diversamente se l’errore è sistematico costituisce sintomo di inadeguatezza anziché di svista.
Se giocando a freccette manchi sistematicamente il bersaglio riempiendo di buchi la parete, sta a significare semplicemente che non sai giocare a freccette; hai due possibilità per ovviare alla faccenda: smetti di giocare e salvi la tua povera parete, oppure ti alleni per migliorare il tuo gioco.
Siccome gestire un blog significa voler a tutti i costi voler “giocare a freccette”, quello che è stato suggerito con le (dovute) critiche è: “allenati a giocare meglio”.
Spero di essere stato chiaro con queste analogie 😉
Hai postato un commento molto intelligente. La questione è che tutti dovrebbero sforzarsi di migliorare nell’uso della propria lingua (e non solo) a prescindere dal grado d’istruzione.
Grazie
“Fatto questo preambolo generale, è arrivato il momento di dire la mia: gli ingegneri devono saper scrivere bene in italiano, non devono emozionare perché non pubblicano romanzi, ma hanno il dovere di essere comprensibili perché il sapere è di tutti. Non c’è cosa più odiosa di leggere sigle e parole in slang e gergo prettamente tecnico: serve solo ad allontanare chi da profano cerca di approcciare una materia nuova. Personalmente, inoltre, ritengo che un lavoro ben realizzato ma scritto in un italiano non corretto alla fine non sia valido, per il semplice motivo che chi lo legge potrebbe essere portato in errore da eventuali ambiguità sintattiche o grammaticali.
La mia posizione è dunque intransigente e la voglio esprime in modo crudo: se non sai parlare e scrivere, tutto quello che sai perde di valore, anche se sei un ingegnere con quoziente intellettivo pari a 200. Se poi fossi un professore universitario boccerei di sicuro chi si presenta preparatissimo ma sbaglia un congiuntivo.”
Condivido in pieno.
Come in ogni cosa io credo che non bisogna mai fare di tutta l’erba un fascio.
E’ vero che può esserci qualcuno che si esmprime peggio di altri, ma talvolta è soltanto una questione di pigrizia personale.
Cosa che accade soprattutto dopo una gran giornata di lavoro passata a scrivere codice o a buttar giù equazioni e conti a dismisura, allora poi ci si trova a scrivere “per passione” sul forum e si trasmette soltanto con il proprio “cuore” senza guardar tanto alla forma..
Anche perchè poi ricordiamoci anche talvolte.. “L’apparenza inganna”..e questo vale non solo per l’estetica.. 😉
Sono felice di vederti partecipre alla discussione prche è propiro con questo pensiero che vorrei confrontarmi 🙂
Credo in tutta onestà che i venditori debbano vendere e non farsi interpreti di uno sgrammaticato progettista cercando di “tradurre” in italiano quello che viene loro sottoposto.
Certo che no, ma se lo “sgrammaticato” Ing. inventa un prodotto innovativo o progetta un macchinario laser straordinario, beh allora sarà il caso che il “commerciale” LO INTERPRETI (o comunque abbia la pazienza di farselo spiegare) diffondendo poi al mondo intero la tecnologia. Vedi commento sopra relativo a Bob Pease
questi resta pur sempre una persona che ha conseguito uno dei massimi gradi di istruzione previsti in Italia e quindi, per definizione, NON può non saper parlare un italiano corretto.
Concordo con questo concetto, ma prima degli Ingegneri, mi preoccupere di coloro che DEVONO parlare e/o scrivere in pubblico e non di qualche errore di ortografia da chi ha comuque realizzato un progetto affidabile (focalizzando appunto la valutazone prima di tutto su quest’ultimo aspetto)
E credo che frasi quali “un blog non è la carta stampata” sia solo un scusa sotto la quale celare oggettive incompetenze (prego, passatemi il termine); un blog è un mezzo di comunicazione valido come tutti gli altri e, in quanto tale, richiede degli standard di consapevolezza nell’uso della lingua (scritta) sotto i quali è doveroso evitare di scendere.
Condivido anche questo, ma entrando in merito al blog, lasciami aggiungere che non sempre tutto è dovuto, a volte mantenere un blog porta via tempo e denaro. Molte volte il tempo è ripagato dalle soddisfazioni personali (e ti assicuro qui ne ho-ricevute / e-ricevo molte) ed il denaro dalle sponsorizzazioni, che purtroppo non sono costanti ed illimitate.
A volte ci si trova a fare delle scelte e la mia scelta è sempre stata preferire “sostanza tecnica” piuttosto che abbellimenti linguistici. Insomma se ho 1h di tempo preferisco spenderla a trovare/produrre una risorsa tecnicamente utile, rilegando solo gli ultimi 10 minuti alla rilettura.
Ho sempre accettato critiche sulla qualità e, come potrai accorgerti, negli ultimi 2-3 mesi la qualità è molto migliorata, ma non mi dire che
http://it.emcelettronica.com/oliver-heaviside-vero-padre-dellelettronica-classica
è un articolo così sgrammaticato che si meritava quella critica.
Perche si è guardato il “pelo nell’uovo” e non nel complesso un articolo MOLTO interessante che ha fatto conoscere ai più un personaggio tanto importante quanto sconosciuto come Oliver Heaviside?
E lo affideresti invece a chi sa parlare molto bene, anche in modo accattivante e coinvolgente MA SENZA VERIFICARE I SUOI PROGETTI (ed il suo know-how) ?
Ci si concentra sempre sulla pagliuzza (virgola) spesso ignorando la trave (progetto funzionante)
la verità sta sempre nel mezzo… non puoi avere una visione così drastica secondo me… essere assolutisti in questo modo secondo me è da auto lesionisti…cioè non puoi fidarti soltanto di chi scrive bene dai…
cmq.. nel dire tutto questo poi mi è venuto in mente una certa persona, che di italiano ne parlava poco..ma sfido chiunque a dire che sia ignorante :
dallo scetch di troisi e san gennaro:
http://www.youtube.com/watch?v=T2hzNajnBLE
right zio80 😉 well come back ;)… i’m absolutly agree with you !!
Effettivamente l’Italiano non è una lingua morta!
Cè anche questo aspetto da considerare il K al posto del Ch a volte può essere una esigenza in caso di rapidità di intervento, magari in un sms con delle indicazioni per sbloccare un apparato di automazione.
Ecco, magari questo esempio ci aiuta a chiarire:
Se una macchina automatica è bloccata e l’Ing mi fornisce assistenza tramite sms usando qualche K o abbreviazione, ma comunque con un linguaggio comprensibile, lo accuso di scrivere male oppure lo ringrazio perche con il suo aiuto ha rimesso in moto il macchinario?
Ovviamente se il testo di assistenza fosse anche scritto in Italiano “bello” allora tutti saremmo più felici, ma probabilmente si sarebbe perso tempo prezioso non credete.
I libri lasciamoli agli scrittori e le presentazioni a Win8 (ma i server a Linux 😉
P.S. grazie dell’assist Wizz
Una volta la maggior parte degli ingegneri usciva da scuole liceali sia di tipo classico che scientifico per cui avevano una padronanza della lingua superiore a quelli che oggi escono anche dagli istituti tecnici, dove la preparazione culturale umanistica è, diciamolo pure, abbastanza scarsa, vista la mole di materie scientifiche che devono studiare.
L’apparenza inganna come dice divivoma e spesse volte inganna parecchio, infatti ho conosciuto ingegneri che sono andati a fare i politici, ho letto delle relazioni che sembravano romanzi con evidenti errori progettuali, altre scarne e troppo sintetiche che sembravano capolavori, perchè nel linguaggio del tecnico, c’è anche la rappresentazione figurativa del progetto, con disegni, schemi, particolari, tabelle e anche quelle parlano.
Qui, non si è avvocati o politici, che devono convincere o ammaliare, per esempio tra gli anziani del forum mi piace molto Vittorio che lo seguo da anni, è sempre sintetico e conciso e dal suo modo di scrivere credo che svolga il suo lavoro con umiltà, spesso dimenticata da chi sale in cattedra per offendere il collega.
Trovo più corretto un richiamo in via privata sugli errori commessi, del resto torno a ripetere “errare humanum est”.
la pagliuzza, come la chiami tu, secondo me è importante quanto il progetto funzionale. conosco programmatori e tecnici che sanno si esprimere i loro concetti, ma sbagliano persino le doppie-.- se per voi l’italiano non è importante… beh sono punti di vista^^
Certo giovy90,
anche la virgola ha la sua importanza, ma sicuramente secondaria ad un mega-progetto-funzionante.
Anche a me da fastidio leggere firmware di collaboratori che nei commenti utilizzando parole come “imput” o “aquisito tasto” ma sinceramemente guardo PRIMA al firmware e poi al testo commentato. Insomma prima la sostanza e poi la forma.
(anche se viviamo in una società dove l’abito fa il monaco, facciamo che i progetti prima di tutto funzionino perche non vorrei che l’abs della mia autovettura smetta di funzionare… però era stato presentato bene)
faccio la libera professione da oltre 40 anni; I miei clienti hanno sempre apprezzato cose comprensibili facilmente e chiaramente; magari l’esperienza non serve; ma se uno parla male ad esempio l’inglese anche se tratta cose tecniche, può trasferire o far capire cose sbagliate? un medico mi può dare una buona terapia e poi perchè me la spiega male la capisco male e la applico male perchè non sono medico, guarirò ugualmente? e se la tv la chiamo tivu invece che tivi, allora Vincenzo mi risponde solo se lo chiamo Vuincenzo? venti euro, vuenti euro? Se così è forse devo tornare a scuola! Scrivere in un italiano o in altra lingua in modo corretto, non è un fatto di sostanza e non solo di forma?
Ognuno di noi risponde a partire dal proprio vissuto, ma penso che in primis guardo il progetto, neanche mi soffermo a leggere “l’itagliano”.
Quello che a me interessa è che funzioni. Punto e Stop.
Per quanto riguarda la domanda iniziale del post “Gli ingegneri devono anche saper scrivere bene in italiano?”. capovolgerei la domanda chiedendo” I letterari devono saper la matematica?”.
Penso sia una requisito minimo per chiunque sia ingegnere, fisico, matematico o altro allora perché io devo scrivere in un italiano da Crusca? Io vi vedo un fondo di snobbismo intellettuale, lo stesso che fa notare spesso Piergiorgio Odifreddi (scontrandosi ad esempio con Severino) quando parla del dissidio fra le due culture:umanistica e scientifica.
Eventuali errori d’italiano non so se siano voluti.. ma se volete mandatemi la bozza con la correzione 😀
Il problema, secondo me, è che gli ingegneri italiani hanno la ‘sfortuna’ di essere italiani. Mi spiego: l’italiano è una lingua estremamente complessa, ricca di trabocchetti e di regole, bella stilisticamente ma altrettanto imbarazzante nel caso in cui la si utilizzi male. Cosa succede, allora? l’ingegnere italiano è costretto a parlare e a scrivere bene, ad esprimersi usando una terminologia adeguata, mentre quello inglese, ad esempio, basta che metta quel paio di verbi e il gioco è fatto, basta che si ricordi di mettere la s alla terza persona. In conclusione, un ingegnere italiano, a meno che non abbia una particolare vocazione per la lingua italiana, deve pensare a scrivere bene e a progettare bene, mentre uno inglese basta che progetti bene, poi deve solo affilare i vocaboli necessari ad esporre.
La lingua italiana è un patrimonio, al contrario dell’inglese che è un mezzo per comunicare, ed è per questo che deve sempre essere tenuta in massima considerazione e rispettata, qualunque sia la finalità del suo utilizzo.
Chiudo con una domanda: come fa un progetto ad essere valido se spiegato male? cioè, come fa ad essere considerato, a priori?
@Andres Reyes: lo snobismo è peculiare anche della categoria degli scienziati: come dici tu, io guardo il progetto, non mi soffermo a leggere. Tu che hai una conoscenza approfondita dell’argomento, ma chi non ce l’ha, cosa fa? è tagliato fuori solo perché chi ha scritto un progetto non è in grado di spiegarlo bene e quindi pace all’anima sua? Problemi suoi se non ha studiato ingegneria ma vuole semplicemente interessarsi ad ambiti diversi da quelli che gli sono più familiari?
In ogni caso, ‘I letterari devono saper la matematica?’ Si certo, e la sanno, a livello base, come gli ingegneri dovrebbero sapere l’italiano. Cosa diresti di un Umberto Eco che non è in grado di fare 7×8? Sarebbe allo stesso livello di chi scrive ‘polizziotto’ oppure ‘un’altro’ ma ti realizza un progettone. Le basi servono in qualunque campo, quando si dice che gli ingegneri devono saper scrivere, significa che devono essere chiari e utilizzare le regole grammaticali, non devono scrivere poesie. L’essenziale,insomma.
C’è stato un periodo in cui il sapere tecnico non era nemmeno considerato cultura, ma io ne sono sempre stato attratto per via che se una cosa funzionava mi sembrava già un buon punto di partenza, al contrario di tante filosofie che pur descritte impeccabilmente si perdevano in falsi sillogismi ed inutili tautologie. Alla fine ritengo che per una auspicabile diffusione del pensare logico proprio dell’ingegnere anche al resto del genere umano, questo debba essere rappresentato in una forma almeno corretta, se non addirittura letteraria, ricordo con piacere alcuni articoli di Antonio Ugliano su CQ elettronica di qualche decennio fa, che oltre a descrivere un circuito narravano il contesto esilarante in cui era nata l’idea. Un circuito elettrico nasconde sempre una piccola o grande storia che merita di essere raccontata adeguatamente, perché la maggior parte di chi legge e scrive queste pagine lo fa, si per lavoro, ma soprattutto per passione. D’altra parte non ce l’ho con chi non si cura dell’ortografia e della sintassi, dopo tante ore passate a digitare codici, passare dal linguaggio macchina all’italiano può non essere immediato, però invito tutti a fare un piccolo sforzo per non abbrutirsi definitivamente.
…ma almeno il correttore automatico… usatelo!
Se non è chiara la relazione allegata al progetto, si passa a studiare gli schemi e i grafici cercando di capire quali erano le soluzioni progettuali proposte, per questo è bene che sia scritta in un discreto italiano anche se non esaustiva. Vi sono regole create per i tecnici che servono a comunicare tra tecnici, quali, come dicevo prima, disegni, schemi, tabelle, grafici che a livello internazionale devono essere comprense da tutti e che non devono dare adito ad equivoci sulla loro forma e rappresentazione.
Le spiegazioni tra due tecnici possono essere stringate ed essenziali, il problema nasce quando un tecnico deve far comprendere il proprio progetto a chi non sa nulla o sa poco, in questo caso è necessario utilizzare sempre un linguaggio tecnico, ma più esaustivo e più comprensibile a chi non è del settore.
Non è sempre vero ciò che affermi, conosco diversi ingegneri che pur sapendo scrivere in un ottimo italiano, scrivono in modo tale da rendere incomprensibile ciò che dicono per chi non è un tecnico, in modo tale che si elevano ad un gradino più alto del sapere (almeno è ciò che vogliono farti sembrare).
@Edi82 Per quanto riguarda Umberto Eco, apprezzo la tua provocazione citandolo visto che spesso compare ai convegni di Matematica ed una sua ultima lectio magistralis è “Usi perversi della matematica, dalle numerologie folli agli occultisti” ed anche perché credo tu abbia studiato sui suoi manuali di semiotica.
Come fa ben notare 12AT7 una volta il sapere tecnico era snobbato, ma non è sempre stato così tu pensa ai grandi filosofi del passato come Kant, Leibniz o Cartesio. Per non citare a livello letterario il grande Galileo! Quello che dico è che un ingegnere, intesa come figura d’intelletto, dovrebbe essere lui,in questo frangente storico, a lamentarsi e a pretendere che si sappia la matematica.
Il sapere “tecnico” era snobbato in Italia perché a suo tempo Gentile con la riforma della scuola ha diviso in due l’insegnamento e la futura classe politica. Chi andava al liceo sarebbe stato chi comandava e chi invece ai Tecnici/professionali la classe lavoratrice ed oggi ne paghiamo le conseguenze con gente che legifera su questioni tecniche non sapendone nulla.
Il commentatore ha assolutamente ragione sull’italiano… ma non sugli ingegneri: magari fossero solo gli ingegneri a non saper scrivere! Su internet sono POCHISSIME le persone che sanno l’italiano! La maggior parte delle persone che scrive in forum e blog non sa la differenza tra “li” e “gli”, tra “là” e “la”, tra ” sta “, ” ‘sta ” e ” sta’ “, oppure inventa parole di sana pianta, come “quì”, o “non celo”, o scrive cose che dovrebbero essere un reato linguistico, come “non l’ho so” oppure “ho questo ho quello”. Tutti errori che si impara a non fare tra la 4a e la 5a elementare.
La cosa interessante è che alcune di queste persone si divertono a prendere in giro le persone che non sanno la differenza tra un processore i5 e un i7!!!
Esempio: http://www.tomshw.it/forum/crazy-topic/141522-sfondoni-di-informatica-e-hardware-new-post.html
Non sono gli ingegneri che dovrebbero sapere l’italiano: non ci crederete, ma PER LEGGE TUTTI GLI ITALIANI DEVONO SAPERE L’ITALIANO.
Si chiama “scuola dell’obbligo”.
A prescindere che quoto il commento di JumpJack, la questione di fondo sul linguaggio è riassumibile nella massima del sociologo canadese Marshall McLuhan:” il medium è il messaggio”. In che modo le nuove tecnologie stanno influenzando l’italiano? I 160 caratteri stanno cambiando l’italiano.. comunque, cmq, chi, ki etc
Trovo molto valido il commendo di Edry82 (spero sia lei) quando distingue l’uso comunicativo fra l’italiano e l’inglese.
Su questo ultimo punto di vista non posso che darti ragione, solo che il mio punto di vista mirava ad un impegno, che dovrebbero esprimere gli ingegneri, nel cercare di essere chiari e corretti nel linguaggio (senza fronzoli) per avvicinare anche chi ha svolto studi classici ad una disciplina così affascinante e attraente come la scienza tecnica. Eh si, ce ne ho passato di tempo sui suoi libri, per capirlo..e metabolizzarlo! 🙂
si ero io sulla distinzione comunicativa!e noi, essendo madrelingua, non ci rendiamo conto dell’immane complessità della nostra lingua, attentata dagli sms&co., come dicevi tu (k invece di ch, 160 caratteri che ti costringono a puntare e a saltare articoli e preposizioni).
Il commento di Jumpjack non fa una piega, ma qui si rifletteva se in effetti per essere un buon ingegnere si debba possedere una capacità linguistica elaborata, basti scrivere correttamente o sia sufficiente presentare un buon progetto in barba all’italiano. E credo che condividiamo lo stesso punto di vista.
Ciao
Chiedo venia:Edi82. Io spererei in qualche Ingegnere goliardico, magari in stile Alan Sokal contro i filosofi post-moderni, che descrivesse un suo progetto in latino. La zingarata dell’ingegnere.. muahaha
Secondo me dovremmo analizzare bene la questione anche partendo dal presupposto che un progetto può avere diversi destinatari, questione sollevata più volte ma mai approfondita. Come dice Emanuele in primis è importante che funzioni il progetto altrimenti che lo fai a fare?
Se devo scrivere per una rivista di elettronica do’ per scontato che parlo con persone competenti in materia e molto probabilmente certi strafalcioni linguistici vengono meno perché il mio e loro interesse andrà sul progetto. Infine chi deve veramente sapere bene l’italiano è il commerciale che mi deve far vendere!!ahaha
Inciso che do’ per scontato che l’italiano dev’essere come sostieni anche tu Edi82 non per forza elaborato.. anche se forse alcuni ingegneri sono neo-futuristi che aboliscono punteggiatura etc 😀
Comincio dicendo che commento direttamente l’articolo e poi, eventualmente, i commenti di altri, ma solo per una questione di ordine, non me ne vogliate… La discussione è iniziata da troppo tempo per poter esprimere il mio parere in maniera non organica attraverso commenti singoli… 🙂
Detto ciò, la prima cosa a cui penso leggendo il titolo dell’articolo è: “Ah…gli ingegneri…”
Talvolta ci penso e non riesco a non ritenere che siano una gran brutta razza… 😀
E vado contro il mio interesse visto che lo sto diventando col tempo…
E dico che sono una brutta razza proprio perché mi rendo sempre più conto di cosa tipicamente manca ad un ingegnere.
Tra le tante cose che gli farebbe tanto bene avere tipicamente ci sono: la capacità di saper parlar d’altro che del suo lavoro; l’impossibilità a comunicare con un gran numero di persone; l’elasticità mentale in campi che non siano il loro di pertinenza ed un interesse più generale verso materie umanistiche.
E tra queste, ahimè, la verità è che l’italiano c’è eccome…!
Ricordo il post di cui si parla in questo articolo e ricordo di essere intervenuto nella discussione.
Ricordo di aver espresso una posizione accorata, della quale intendo riportare un estratto perché vorrei che le mie parole di allora anticipassero ciò che voglio spiegare al meglio oggi.
All’epoca scrissi:
“[…] Io sono un cultore della lingua italiana. La mia sensibilità in merito è marcatissima, ve lo posso garantire! Sono uno strenuo ed infaticabile difensore del congiuntivo, un nemico giurato dei neologismi e di taluni prestiti linguistici. Detesto le contaminazioni, specie quando queste non sono davvero necessarie (ma quant’è odioso sentire una sola parola in inglese in un intero discorso in italiano???).
Sono un sostenitore fermo e deciso del fatto che la lingua italiana vada difesa da continui attacchi perpetrati da personaggi di dubbia cultura che vivono nell’etere e da un’esterofilia incipiente e palesemente pericolosa.
Sono, quindi, certamente convinto che la forma espressiva sia fondamentale.
Un lavoro scritto male, indipendentemente dal fatto che funzioni, che sia verificabile, che sia di qualità, diventa, per me, automaticamente un pessimo lavoro!
Per lo stesso motivo per cui sono tendenzialmente portato a non ascoltare chi grida, sebbene ciò che dice possa, talvolta, anche essere accidentalmente valido. […]
Dal punto di vista stilistico/linguistico, le uniche obiezioni che mi vien da fare sono:
1) ad un certo punto c’è scritto bobbina e non bobina;
2) carenza generale di punteggiatura ma nulla che sia realmente impediente della comprensione del testo;
3) nell’ultimo paragrafo si sente la mancanza di un paio di virgole.”
Ed aggiunsi una nota, invero, lo confesso, un po’ polemica scrivendo “In ultimo, ci tengo a precisare che mi auguro sia chiaro che mi trovo perfettamente d’accordo con chi ha fatto notare come, “Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito”.”
L’articolo parlava di un resoconto dettagliato delle scoperte fatte in vita da un intellettuale, studioso di fisica e non solo, che aveva messo insieme diverse teorie per meglio amalgamarle e darne corpo in veste più organica.
Si è trattato davvero di un rifinitore e poche persone, confido, ne erano a conoscenza prima che l’utente all’epoca mettesse giù tutta la descrizione della quale sarebbe stato il caso di discutere.
Invero quell’attacco, che io all’epoca non riuscì a considerare altro se non il frutto malato della comoda coltre che lo schermo cala sulla viltà dell’uomo violento che aggredisce chi neanche ha la decenza di conoscere… Nulla più di un’aggressione come quella avrebbe potuto stupirmi.
Intendiamoci, io sono un 26enne che ha fatto studi scientifici e più che un amore feticista per il congiuntivo dalla mia non ho.
Invero, però, tale passione mi ha reso piuttosto selettivo nel genere di letture da intraprendere e conversazioni da tenere.
A questo punto, come ebbi a specificare allora, devo ribadire oggi che nulla di quell’articolo mi parve men che corretto, a meno di quelle obiezioni che per correttezza ho riportato anche oggi.
Mi pare di intuire che a tutti noi venga spontaneo di farsi la domanda: ma tra un lavoro ben fatto e scritto “con i piedi” ed uno mal confezionato ma ben scritto, come si fa a scegliere il secondo?
Devo dire la mia su questo, perché a me pare che la questione, questa si, sia davvero insulsa e mal posta. Addirittura, direi, strumentale.
La mia domanda in realtà è: come fa un lavoro ben realizzato, ben concepito, ben costituito ad essere mal argomentato?
La ricchezza del lessico è parte della cultura del singolo. È vero. Ma come può un progetto che appassiona e che ha tolto tempo ed è costato fatica non essere ben argomentato? Come può chi è padrone della materia e dei temi non riuscire a formulare tutto ciò che ha concepito, costruito e realizzato in un linguaggio consono e proprio?
Noi ingegneri usiamo la matematica e l’italiano (nonché l’inglese, è ovvio) come strumenti di lavoro per comunicare al mondo i risultati ai quali arriviamo, i postulati sui quali ci basiamo, le teorie che abbracciamo…
Come possono questi concetti non esser messi giù in un linguaggio proprio quando questi sono saldamente consolidati e cristallizzati nella mente di chi scrive?
Come può chi partorisce un’idea esprimersi in maniera impropria?
Ribadisco: la ricchezza del lessico è parte del patrimonio culturale di ognuno ed è ovvio che, poiché agli ingegneri tipicamente manca, come ho già avuto modo di precisare, la passione per le materie umanistiche, questo handicap possa rendere meno “appetibili” i suoi scritti.
D’altronde, però, noi non scriviamo di letteratura, ma di scienza.
Pertanto, il limite tra appetibilità, in termini di fascino, e competenza pare abbastanza ben definito.
Se da un lato, però, ad un ingegnere non si debba in alcun modo chiedere di essere Umberto Eco, dall’altra è nella proprietà di linguaggio che egli declina il suo “know-how”.
Ergo, non ritengo possibile che un lavoro ben concepito, ben formulato, rispondente alle specifiche, ben caratterizzato e risolto con risparmio di risorse e tempi possa essere, da chi lo ha fatto, argomentato male.
Tanto per capirci, tutti noi, studiando, ci saremo resi conto, ripetendo a voce alta prima di un esame, del fatto che eravamo o meno in grado di sostenere il flusso dei nostri pensieri simulando un discorso da snocciolare in sede d’esame…
Tutti coloro che hanno avuto esperienza universitarie capiscono bene di cosa parlo.
E tutte queste persone non possono che rendersi conto che anche un ingegnere è capace di esprimersi propriamente.
Torno a chiedere, a coloro che concordano su questo modo di vedere le cose: esistono lavori “ben fatti” che non siano ben argomentati?
Ad ogni modo, volendo supporre che questa mia ipotesi non sia valida, cioè se siamo in presenza di un lavoro ben fatto ma male argomentato, spiegato, documentato… La mia è che non siamo affatto in presenza di un progetto ben fatto. Non sarà intellegibile dai tecnici, non potrà essere tradotto in processo produttivo, non potrà essere utilizzato dall’utente.
E pertanto, arrivando ora alla domanda finale dell’articolo, ovvero “Quindi quale è il limite di qualità per definire uno scritto come “una buona scrittura” e, soprattutto, CHI lo stabilisce?”
Beh, la risposta mi pare piuttosto semplice: noi, come ingegneri, dobbiamo caratterizzare, spiegare, relazionare, programmare… tutto questo non si può fare se no attraverso la conoscenza della lingua, della nozione di stato dell’arte della stesura di una “application note” o di un “dataseet”.
Noi non possiamo e non dobbiamo prescindere dal fatto che abbiamo di che osservare la letteratura del nostro settore e dovremmo tendere a migliorare lo stato dell’arte definendo standard sempre più alti. Sarebbe ipocrita per noi non far questo… E dico ipocrita perché, che coerenza c’è nel progettare dispositivi sempre migliori ma non migliorare il nostro modo di comunicare? Puntiamo ad imparare più linguaggi di programmazione possibile, a conoscere dispositivi sempre diversi… perchè non migliorare il nostro metodo di comunicare col mondo?!
E, ad ogni modo, facendo proprio il ragionamento più terra terra possibile, uno degli enti fondamentali che definiscono quanto e come siamo in grado di comunicare sono proprio i clienti, vero e proprio banco di prova della nostra capacità di mettere a frutto TUTTE le nostre competenze.
Ritengo di dover chiudere ribadendo, ancora una volta, che è sui banchi di scuola che tutti noi DOBBIAMO ESSERE BOCCIATI PER QUESTE COSE! Se avrò la fortuna di diventare un docente, e qui son d’accordo con chi ha scritto questo articolo, boccerò ogni studente che dovesse sbagliare un tempo verbale perchè è sui banchi che deve nascere la voglia e la cultura del sapersi migliorare e saper fare autocritica!
… devo dire che concordo!
Io per primo, in facoltà, spesso consegno esercizi, compiti, relazioni fatti a mano.
Certo, non sono approssimativi, non sono scritti che recano infinite cancellature e o disegni indecorosi ma sono pur sempre fatti a mano.
Credo che questo metro di giudizio non sia corretto perché io per primo rischio di essere considerato una persona sciatta ancor prima che sia la qualità di ciò che ho scritto a parlare, e magari solo perché non avevo un pc disponibile all’atto della stesura…
Vorrei che tutti noi si riflettesse su quanto e come è legittimo che si chieda ad una persona di essere precisa perché questo è un altro importantissimo aspetto della medesima questione.
Non dico che si tratti del risvolto della medaglia ma i siamo abbastanza vicini… 🙂
Devo dire che questa similitudine mi è proprio piaciuta! 😀
… però, prima di avere il privilegio di poter “buttare il sangue” per diventare ingegnere, molti altri docenti avrebbero dovuto far “buttare il sangue” per imparare a coniugare verbi…
Non dovrebbero far uscire da scuola gente che non sa parlare italiano… Figuriamoci se possono essere considerati ingegneri…! 😀
STRA Quoto tutto! 😀
L’esempio della Sibilla Cumana è venuto in testa anche a me! 😀
Non per fare il pignolo, il purista o quant’altro ma giusto per rimanere in argomento…
Sarebbe corretto dire “as much languages as possibile” oppure “more languages”.
Così come “both for empathy and technical explenation”…
😀
la versione spinta del relativismo?! 😀
Non so davvero come potrei essere d’accordo con te!
STANDING OVATION! 😀
Forse perché non hai mai letto un documento scritto dalla Montalcini, da Einstein, da Pirandello… oltretutto se anche è vero, parzialmente, su Einstein, non mi risulta che la Montalcini o Bill Gates andassero male a scuola.
Credo, comunque, che il problema si sia spinto ben oltre l’ipotesi iniziale. Questo perché all’ingegnere vengono fatte due richieste:
1) Conoscere la propria materia;
2) Conoscere la lingua con cui si esprime.
Il problema sta nel livello. L’ingegnere elettronico decve conoscere l’elettronica a livello 10. L’italiano basta che lo conosca a livello 7, ovvero chiaro, comprensibile, corretto. Non deve necessariamente fare magie. E questo, mi dispiace, non è cultura universitaria, ma scuola elementare.
Mi permetto di prendere il tuo commento, zio80, ma vale per altri come esempio (non volertene):
– “L’ importanza” e altri. Lo spazio tra apostrofo e parola non esiste;
– “è una visione anacronistica e nazionalistica, e si può beatamente indulgere,” direi decisamente “a cui si può beatamente indulgere”;
– “esplicativa ,”. Lo spazio prima della virgola non esiste;
– “cmq” abbreviazione… dubbia;
– “p.s. io NON sono laureato” “P.S.” maiuscolo, “io” maiuscolo;
– “ispecie”, arcaico, poetico, il mio Garzanti non lo riporta neppure.
Non sono errori da “letterato”, ma da quinta elementare. E non so neanche farne una colpa a chi scrive, perchè vedo il mondo della scuola di oggi che lascia correre.
Ribadisco che non è tanto importante lo stile di scrittura, ma la correttezza del testo. Ed il fatto di essere su di un blog, a mio avviso, ammette una sola giustificazione, la rapidità del contesto e quindi la possibilità di refusi. Un po’ come per i giornali, i quali notoriamente hanno delle imprecisioni dovute alla fretta.
Nel mio caso c’è una componente soggettiva, infatti io non riesco a leggere i tuoi articolo con scioltezza e non ne traggo piacere. Di recente ho detto questa frase: Vedi se riesci a studiare ingegneria senza diventare un’ingegnere. Con questa frase mi riferivo proprio a quello che hai scritto tu. Per fortuna non è una legge matematica e ci sono ingeneri che si interessano di altro, spaziando in vari campi della conoscenza.
Non considerare questo come un’attacco al tuo modo di scrivere, per evitare ciò ti do le mie motivazioni, così da capire che ho reale difficoltà nel leggere i tuoi commenti, un pò meno i tuoi articoli, nonostante la scarsa competenza in materia.
Tu: Se avrò la fortuna di diventare un docente, e qui son d’accordo con chi ha scritto questo articolo, boccerò ogni studente che dovesse sbagliare un tempo verbale perchè è sui banchi che deve nascere la voglia e la cultura del sapersi migliorare e saper fare autocritica!
Io: Se avrò la fortuna di diventare un docente, (e qui son d’accordo con chi ha scritto questo articolo), boccerò ogni studente che dovesse sbagliare un tempo verbale, perchè è sui banchi che deve nascere la voglia e la cultura, del sapersi migliorare e saper fare autocritica!
Certo, l’italiano è correttissimo, ma per niente scorrevole, io cerco di scrivere, in modo che, chi mi legge provi le stesse sensazioni che provo io quando leggo. Io mi impegno con questo fine, ma non ho mai avuto riscontro. Faccio molta fatica ha leggere libri poco scorrevoli, e questo mi porta ad abbandonare la lettura, pur essendo consapevole che ho potenzialmente perso degli ottimi contenuti.
Anche sul fatto che una documentazione tecnica scritta in italiano non debba contenere termini di origine straniera, a quanto pare è soggettiva, oddio mica tanto. Se leggi un datasheet (foglio dati) non puoi scandalizzarti se trovi l’acronimo PWM, AC, DC, DAC, INT0, WDT ecc, la stessa cosa vale per una descrizione tecnica di un progetto.
Se non capisci questi acronimi hai delle lacune che devi colmare, prima di leggere e pretendere di capire qualcosa. Vero è che un progetto può essere descritto cercando di fare meno uso possibile di acronimi, ma allora è una descrizione non dettagliata, che nasce per comunicare a chi non ha le competenze per comprendere il progetto. Se leggo un documento di carattere matematico, sono consapevole di avere delle lacune, ed è per questo che il testo mi è difficile da comprendere. Così è anche per l’elettronica e l’informatica.
L’apparenza inganna, non puoi giudicare la validità di un progetto da come è descritto .
Per finire, meglio un progetto funzionante, ma con errori grammaticali , che uno pieno di errori di progettazione, ma documentato in italiano perfetto. Al massimo chiedo lumi al progettista. Anzi non faccio caso alla mancanza dell’accento, ma alla facilità e alla scorevolezza del contenuto.
Quindi è in gran parte soggettivo e per questo sono consapevole che quanto scritto possa avere l’esito opposto a quello che volevo indurre. Che sia anche io un pò dislessico?
Ciao.
Intendo fare un commento passo passo, giusto per completezza.
Tu scrivi:
>> Nel mio caso c’è una componente soggettiva, infatti io non riesco a leggere i tuoi articolo con scioltezza e non ne traggo piacere.
Al di là del fatto che tanta stima mi commuove, leggere ciò che scrivo non è mica obbligatorio per cui posso solo consigliarti di saltare a piè pari un mio articolo/commento quando lo trovi. 😀
“Sorge spontanea una domanda”, come avrebbe detto il buon Lubrano, però: come mai hai letto questo particolare post, sapendo quanto dolore e frustrazioni ti causa leggere un mio scritto?
E come mai non lo hai solo letto ma anche capito al punto da esprimere una opinione? 🙂
>>Non considerare questo come un’attacco al tuo modo di scrivere, per evitare ciò ti do le mie motivazioni, così da capire che ho reale difficoltà nel leggere i tuoi commenti, un pò meno i tuoi articoli, nonostante la scarsa competenza in materia.
Tanto per iniziare, in italiano, l’articolo indeterminativo “un” NON necessita dell’apostrofo col maschile!!!!!!! (senza contare che po’ vuole l’apostrofo e non l’accento).
Finita la parte da maestrina da terza elementare, posto che non ho capito se intendi dire che sei scarsamente competente oppure il contrario, non vedo come altro potrei considerare questa posizione se non un attacco personale. Ma la cosa, in realtà, se devo essere sincero, non mi interessa più di tanto…
Le domande che ho fatto prima non hanno ancora formalmente da parte tua avuto una risposta quindi, attendo con ansia di sapere quale coerenza ci sia nel dire che i miei commenti non ti interessano e poi rispondermi 😀
>>Tu: Se avrò la fortuna di diventare un docente, e qui son d’accordo con chi ha scritto questo articolo, boccerò ogni studente che dovesse sbagliare un tempo verbale perchè è sui banchi che deve nascere la voglia e la cultura del sapersi migliorare e saper fare autocritica!
Io: Se avrò la fortuna di diventare un docente, (e qui son d’accordo con chi ha scritto questo articolo), boccerò ogni studente che dovesse sbagliare un tempo verbale, perchè è sui banchi che deve nascere la voglia e la cultura, del sapersi migliorare e saper fare autocritica!
Questo confronto testa a testa mi diverte: cominciamo col dire che la virgola, quando ho scritto “e qui son d’accordo con chi ha scritto questo articolo” serviva a definire una proposizione incidentale, quindi le parentesi non servono. La virgola prima del perché non serve in quanto la virgola concettualmente divide e la proposizione consecutiva non può esser scissa da quella che ne determina l’esistere (ovvero la causa). Riguardo la seconda virgola, io non l’ho messa semplicemente perché lì non serve. Concettualmente, infatti, quello è un elenco. Della virgola non c’è bisogno.
Ed in ogni caso, al di là delle mie obiezioni, vorrei far notare che da come lo scriveresti tu a come l’ho scritto io non c’è grande differenza.
Il che mi porterebbe a chiedere: ma allora il gap comunicativo tra me e te da cosa è sostanziato?!?!?!
>>Certo, l’italiano è correttissimo, ma per niente scorrevole, io cerco di scrivere, in modo che, chi mi legge provi le stesse sensazioni che provo io quando leggo. Io mi impegno con questo fine, ma non ho mai avuto riscontro. Faccio molta fatica ha leggere libri poco scorrevoli, e questo mi porta ad abbandonare la lettura, pur essendo consapevole che ho potenzialmente perso degli ottimi contenuti.
La vita è una questione di scelte. Visto che ho citato Umberto Eco, faccio un esempio: mi auguro che tu o altri qui abbiano letto “Il nome della rosa”. Se qualcuno di voi lo ha fatto, si sarà reso conto che le prime 100 pagine circa sono di un noioso mortale! Scritte in maniera corretta ma straordinariamente involute e di un lentezza degna del miglior Tolstoj. Per sua stessa ammissione esplicita, questo è stato il modo attraverso cui l’autore ha scelto e selezionato il suo “uditorio”. Ecco come ritengo vada fatta la selezione: sulla base del merito effettivo.
Se questo sia stato uno stratagemma giusto? Non lo so. Io l’ho trovato divertente. Ma forse perché son tra quelli che quel Rubicone l’ha passato…!
Ad ogni modo, ritengo come ingegnere che il mio metodo di vita DEBBA essere quello che garantisce la qualità delle mie competenze e del mio modo di esporle e tutto ciò passa attraverso il fatto che io mi confronti con realtà sempre diverse.
Quello che hai detto fa proprio parte del modo di pensare che all’ingegnere spesso manca.
Mi pare strano che un ingegnere capisca l’importanza di conoscere più linguaggi di programmazione possibile ma non della sua lingua…
>>Anche sul fatto che una documentazione tecnica scritta in italiano non debba contenere termini di origine straniera, a quanto pare è soggettiva, oddio mica tanto. Se leggi un datasheet (foglio dati) non puoi scandalizzarti se trovi l’acronimo PWM, AC, DC, DAC, INT0, WDT ecc, la stessa cosa vale per una descrizione tecnica di un progetto.
Se non capisci questi acronimi hai delle lacune che devi colmare, prima di leggere e pretendere di capire qualcosa.
Beh, io evidentemente non mi riferivo agli acronimi tecnici… Sarebbe irresponsabile e criminale da parte mia una cosa del genere. Mi scuso se ho dato l’impressione di riferirmi a questo!!!
In questo caso avresti assolutamente ragione tu.
Spero davvero di aver chiarito meglio la mia posizione.
Nel frattempo, resto a disposizione per qualsiasi parafrasi di miei scritti dei quali possiate aver bisogno. 😀
Certo, saper scrivere bene è buona cosa sempre ma un articolo tecnico deve anche sapere dare qualcosa di nuovo al lettore.
Bisogna scrivere sempre pensando a chi legge che spesso vuole solo comprendere i contenuti tecnici e un po’ meno dare valutazioni di correttezza grammaticale.
Voglio perfino azzardare che a volte una buona spiegazione tecnica esula dalla perfezione linguistica.
… non è il primo post a sostenere una tesi simile, e siccome io non arrivo, cioè non riesco proprio per nulla ad immaginare un caso simile, posso chiedere qui, ora, a tutti i sostenitori di questa tesi di propormi un esempio pratico?
Vorrei che mi si mettesse davanti un testo che dimostra questa tesi perché, giuro, viso che siete così tanti, è evidente che si tratta di un punto di vista che non conosco perché non mi è mai capitato per le mani.
Ergo, voglio colmare questa lacuna.
Qualcuno può, quindi, per favore, propormi un esempio materiale di questo caso: “una buona spiegazione tecnica” che “esula dalla perfezione linguistica”?
Ribadisco, non è polemica. Giuro! A questo punto è curiosità e caparbietà: io devo capire! 😀
Il tuo concetto è chiaro e ben spiegato con il tuo esempio sul gioco delle freccette, ma credo che alcuni errori a volte lievi, a volte gravi, vengono commessi per una carenza di base, almeno per mia esperienza personale, l’italiano di per se, è comunque una lingua difficile per le sue regole complesse che devono essere assimilate sin da bambini, attraverso la lettura di libri e nell’imparare l’uso dei verbi, delle parole e delle eccezioni della lingua. Il problema nasce dalle scuole elementari e si amplifica nelle scuole medie inferiori dove i metodi di insegnamento sono cambiati, e non si richiede più o almeno è richiesto in modo minore, ciò che i maestri o gli insegnanti di una volta, richiedevano, ovvero, la memorizzazione dei termini, dei modi e delle regole grammaticali in modo tale che entravano nella mente dell’individuo che le faceva proprie, ovvero appartenevano a quella persona. Da quello che so, i metodi sono notevolmente cambiati, vengono richieste maggiori competenze, ma non si fissano nell’allievo molti concetti che dovrebbero essere la base della preparazione linguistica.
Inoltre, non vi è un legame forte, tra i modi di parlare di uso comune e la forma scritta, molti giovani non sanno o hanno difficoltà a costruire frasi complesse senza commettere errori, come è già stato scritto, utilizzano neologismi che fanno inorridire i puristi della lingua italiana, ma tra di loro riescono a comunicare.
Il problema nasce quando si relazionano con il mondo adulto, dove cambia il modo di relazionarsi, e la loro lingua viene percepita per quello che è, una specie di commistione tra italiano e termini inventati e distorti della lingua italiana.
Per ritornare al tuo esempio, ovvero al gioco delle freccette, si potrebbero cambiare le regole stabilendo tra i giocatori, che il massimo punteggio si ottiene non centrando il bersaglio oppure allontanandosi da esso.
QUOTO: “Ritengo di dover chiudere ribadendo, ancora una volta, che è sui banchi di scuola che tutti noi DOBBIAMO ESSERE BOCCIATI PER QUESTE COSE! Se avrò la fortuna di diventare un docente, e qui son d’accordo con chi ha scritto questo articolo, boccerò ogni studente che dovesse sbagliare un tempo verbale perchè è sui banchi che deve nascere la voglia e la cultura del sapersi migliorare e saper fare autocritica!”
Wow piero… ma spero tu abbia soltanto enfatizzato il concetto di punire gli alunni ma addirittura bocciarli dai !!
Se la pensi veramente così non so che dirti.. vengo da un ITIS fatto nel cuore di Napoli dove a stento si faceva l’appello la mattina e le lezioni erano un “pariativo”(divertimento) per la maggior parte della classe..
Io penso che il problema di queste nostre discussioni si possa riassumere nel seguente concetto: ci sono più forme e livelli di comunicazione nonostante la nostra lingua è unica e corredata da tutte le regole grammaticali che noi tutti conosciamo ;).
Io penso che un bravo prof. sa immedesimarsi nelle diverse situazioni che gli possono capitare, non sempre trovi l’alunno bravo e perfettino ma ci sono anche coloro che nonostante si sforzano a parlare l’italiano, a volte tendono a ricadere nel tranello della consuetudine, il che non è un male ma un modo di come si è stati abituati in famiglia(ma qui parlare di diseducazione della lingua mi sembra davvero clamoroso..)
Come esempio pratico ripeto ancora e porto avanti la mia bandiera… Massimo Troisi e prima ancora Totò.. quanti concetti ci ha illustrato con pochi gesti e poche parole(ovviamente in napoletano) o addirittura smorfie..?
Di esempi pratici ce ne sono anche sul tecnico.. ma per farteli vedere dovresti venire a lezione di Campi Elettromagnetici alla mia facoltà di aversa ;)..
Visto che ti ritieni cultore della lingua in modo eccelso, tanto da aprire una discussione sicuramente lecita e meritata in questi tempi di “sgrammatica” ma fuori contesto su un articolo di cui, al più, si possono contestare piccole finezze di forma, vogliamo analizzare un po’ la tua di esposizione? Perché un paio di cose sulla scorrevolezza e sulla correttezza le avrei da dire. Prima di attaccare una persona sarebbe il caso di avere la certezza della propria dimestichezza con l’argomento…
Ma hai così tanta voglia di criticare le scritture di chiunque.. odio le persone che ti correggono per ogni errore che fai.. mi è capitato a volte di averci a che fare anche se erano miei amici… questo è un blog e uno scrive in maniera rilassata, non si deve certo far problemi perchè ci sta il maestrino di turno che lo bacchetta 😛
A chi di noi non è capitato di sentire qualche errore mentre si parla o di leggerne qualcuno sul giornale, mica ci possiamo mettere a fare una lezione ogni volta..sarebbe tediosissimo ergo “una palla” esagerata
..take it easy stefano qui ci si diverte a scrivere gli articoli 😉
Penso che “chi si puntiglia sulle virgole” dimostri chiaramente il proprio pensiero e quindi il lettore avrà modo di farsi un’idea.
Come moderatore lascio/pubblico sempre i commenti, anche quelli “borderline” proprio perchè è la community stessa poi a giudicare e/o autoregolamentarsi.
Blocco solo insulti e spam e finora mi sembra la discussione sia abbastanza serena
Se il rapporto segnale/rumore è intrinsecamente alto, va tutto bene: i filtri ce li metto volentieri io quando leggo.
quoto Amplimax
Prima la sostanza, poi assolutamente la forma!
Perdonami Emanuele, con il mio commento non chiedevo censura, ma “moderazione” nel senso più ampio del termine, ovvero inteso come indirizzamento. Credo che alcuni abbiano perso il senso del discorso del post che è, semplicemente, argomentare l’importanza dell’italiano per l’ingegnere, e non postulare sulla correttezza della persona che l’ha preceduto.
Credo, in ogni caso, che la tua risposta chiarisca perfettamente la situazione.
Avrei dovuto spezzare il post in più parti di cui una in risposta al post iniziale.
Ok hai raggione, il “pò” deve essere “po’”. Anche l’accento li dove dici te non deve starci. Io a questo non ci bado tanto, invece quell’esempio che ho fatto sulla proposizione accidentale durante la lettura mi a portato a rileggere abbandonando l’inizio della proposizione. Sono abituato a non leggere ciò che è tra parentesi per avere una lettura scorrevole ma poi rileggo il contenuto di queste. Una parentesi apre una proposizione e sono sicuro che posso saltare il contenuto. La virgola non viene usata solo per aprire un preposizione incidentale, forse per questo non ho trovato scorrevole quel pezzetto di testo.
Sia chiaro il mio era solo un esempio, e ho specificato che non era e non è un attacco, così come sono io a non essere competente in materia, nonostante ciò leggo i tuoi articoli traendone informazioni utili, ma mi perdo ogni tanto tra i giri di parole, che a mio modo non portano contenuti al testo.
Pensa se non avessi specificato che non è un attacco alla persona e tanto meno al modo di scrivere cosa sarebbe successo.
Si il libro “IL NOME DELLA ROSA” c’è lo, ma non sono riuscito a leggerlo tutto. Nonostante la storia narrata mi appassioni non provo piacere nella lettura. Invece ho tutti (quasi) i libri di Ken Follet e questi “li divoro”, tanto che non vedo l’ora di girare pagina. Stessa cosa per i libri di Michael Connelly.
Comunque non ci trovo nulla di strano nell’essere corretto da altri, pensa se non mi corregessero io rimarrei convinto che “pò” va bene, invece così posso documentarmi.
Per sapere se un libro (in generale un testo) è pessimo devi leggerlo, ma in alcuni casi io proprio non c’è lo faccio. Es un libro di Grisham (di cui non ricordo il titolo), non sono riuscito a leggerlo tutto, troppi nomi di origine sovietica, troppe nazioni coinvolte, troppe pagine (forse 1900). In altre parole mi sono perso il contenuto di quel libro, ma se non provo piacere a leggere che leggo a fare?
La mia esperienza scolastica è stata molto traumatica. Un alunno seduto al banco vicino la porta finestra a vetri che dà sul balcone è stato quasi ucciso a causa del vento che ha fatto aprire l’anta con violenza la quale ha urtato lo spigolo del banco rompendo il vetro,che gli è cascato addosso. Da piccolino io ho detto ma non si capisce che il banco li non ci doveva stare. Le cose non sono andate meglio durante gli anni. Compagni intenti a masturbarsi in aula durante la supplenza di matematica ecc. Insomma io a scuola non ho imparato quasi nulla.
Ciao.
[Dopo 3 piatti ho capito che era minestra, e ho effettuato l’accesso: gli admin abbiano misericordia ed eliminino i miei 2 commenti precedenti dalla coda senza mandarmi a stendere]
Ciao a tutti e grazie per il thread. Dico la mia come faccio sempre in qualunque situazione o contesto: cruda senza olio, sale e condimenti. Quelli, ai fini della comprensione e del contenuto informativo, sono sempre ridondanti.
La lingua italiana, scritta e parlata, bisogna conoscerla bene in quanto Italiani. Non in quanto ingegneri, architetti, ragionieri o venditori di galline ovaiole e zucche.
Se poi uno vuol firmarsi con “Ing.” davanti al nome, e due righe prima ha scritto stile età del bronzo, è una sua scelta. A mio personalissimo avviso non ci fa una gran figura, ma ripeto: è una scelta sua.
Se parliamo di comunicazioni tecniche, la faccenda cambia. In una comunicazione tecnica, quello che conta è il contenuto informativo. Se questo è tale da portare ad una piena comprensione, non vedo perché prestare attenzione alla forma.
Se uno mi scrive una mail in italiano perfetto, ma poi devo fare 15 telefonate e scambiare altre 7 mail per capire cosa voleva, allora è cento volte meglio qualcosa piena di strafalcioni ma con un buon contenuto informativo immediato. Insomma: se il rapporto segnale/rumore è intrinsecamente alto, va tutto bene: i filtri ce li metto volentieri io quando leggo.
Altra cosa importante, sono i destinatari di comunicazioni e documenti tecnici. E qui la faccenda è ancora diversa. Nel 2010 sviluppavamo un progetto piuttosto grosso in team. C’erano due “analisti” Ing. Dott. ecc. ecc., che si erano dati il compito di fare le indagini presso l’utente finale a vari livelli, per raccogliere le esigenze e, soprattutto, per redigere un’analisi funzionale da consegnare a noi. Bene: scrissero un quintale di pagine elegantemente formattate e in italiano perfetto. Peccato che ci vollero poi 4 mesi per capire cosa volessero, dal momento che non una sola riga conteneva specifiche funzionali fruibili per un’analisi tecnica e un conseguente sviluppo. Avevano scritto tutto stile slogan per vendere un’automobile, con la strafiga sdraiata sul cofano. Dimenticavo: ci volle anche un mese per far comprendere loro come mai, con la carta da culo che ci avevano consegnato, non era possibile dare inizio allo sviluppo.
That’s it!
Max
Grazie divivoroma, ma non sono io ad aver cominciato. Mi pare che maurotec abbia voluto far le pulci ad una persona senza avere la perfezione che tanto declama. E questa è una cosa estremamente grave. E casomai avrebbe dovuto rispondermi lui.
Per quanto mi riguarda non correggo mai nessuno, nemmeno le cose grosse, tant’è che ho letto per ore senza commentare in modo negativo. Ma quando la critica viene da chi non ha “le spalle coperte” mi sembra di esagerare.
A questo punto mi rivolgo anche ai moderatori, vogliamo continuare la discussione sull’importanza della lingua italiana per gli ingegneri, o vogliamo continuare ad avere scambi di battute tra persone che si puntigliano sulle virgole?
..leggendo i commenti, che molti pensano all’ingegnere come un eremita che da solo, nella sua grotta, studia, progetta e realizza l’invenzione del secolo….
mi sembra una visione anacronistica, ormai gli ingegneri, così come gli altri specialisti, lavorano in gruppo (oggi si scriverebbe team, fa più figo).
Se la lingua non vine usata e scritta bene, come si scambiano le informazioni i vari collaboratori???
Ecco poi che nascono progetti zoppi per incomprensioni nella stesura delle specifiche di progetto o inutilità della documentazione (eh sì…lo so spesso queste due cose sono considerate perdite di tempo ma sono le uniche che permettono modifiche successive, migliorie o semplicemente ampliamenti di funzionalità)
Un minimo di comunicazione corretta direi che è più che necessaria dunque, sia che il gruppo sia di ingegneri, di fisici, di informatici, di archiettti o misto.
Poi, sì concordo, ci sono pure gli esempi sporadici di “geniacci” che, hanno un mondo nella loro testa e difficilmente riescono a farlo vedere agli altri…ma non sono nè la norma nè la normalità.
Ovviamente poi, sia nella comunicazione scritta che verbale ci sono errori ed errori; refusi o errori che sfuggono anche alle riletture possiamo passarli senza sottolineare, l’importante è che non minino i concetti che devono trasmettere….però la forma….che sia italiano insomma e non un ammasso di aconimi, esterofilie e/o verbi messi a caso!
ps (se ci sono i miei soliti errori di battitura vi dico subito che sto lavorando per non commetterne , diciamo che per me rientrano in quegli errori che passano indenni i controlli pre-pubblicazione poichè anche rileggendo non riesco a vederli!!!)
sì daccordissimo che gli elaborati tecnici non debbano essere dei romanzi (e qui entra in gioco anche la capacità di esporre gli argomenti, creare il filo logico e sintetizzare bene per la spiegazione) ma proprio perchè non necessitano di frasi elaborate, non togliamogli anche la grammatica di base se no diventano inutili o solo raccolte di formule e disegni!!!!
Non dico poi che si debba rincorrere la PERFEZIONE linguistica ma una BUONA e CORRETTA esposizione sì se no poi si arriva ad avere trattati pieni di CVD e “la conclusione è ovvia” e allora “ciao” spiegazione……inutile pure fare finta di voler divulgare qualcosa!
E’ vero che bisogna pensare a chi ascolta o leggerà….ma perchè non farlo pensando che sia una persona di cultura oltre che un valido tecnico?
Un discorso corretto grammaticalmente e tecnicamente è compreso e ben valutato sia da chi apprezza insieme forma e sostanza, sia da chi cerca solo i contenuti tecnici: perchè metterci in una situazione di nicchia prediligendo solo gli ultimi??
Tecnicamente se spiegassi, argomentassi e riassumessi la mia posizione su quello che hai scritto, ripeterei in maniera abbastanza pedate ciò che ho scritto in tutti gli altri post…
Se hai la pazienza, il buon cuore e la gentilezza di leggerli, troverai di certo ciò che cerchi 🙂
Basta un po’ di pazienza 😀
leggere libri di elettronica, matematica, fisica ecc senza conoscere la lingua ha senso?
cosa si capisce leggendo una lingua di cui non si compendono le sfumature?
pedate stava per pedante…
Posso assumere che si sia capito che trattasi di un refuso? 😀
prima la sostanza e poi ASSOLUTAMENTE la forma… sicuro di pensarla davvero cosi? o.O precedentemente avevi detto che la scrittura fosse la “pagliuzza” in un progetto, quotavi chi affermava che scrivere bene non fosse una cosa molto importante, che l’importante è far bene un progetto e altre cose simili, adesso affermi il contrario! chi legge solo questa frase “Prima la sostanza, poi assolutamente la forma!” si evince che la scrittura, dopo la sostanza, sia una cosa indispensabile almeno quanto la prima o quasi… sicuro di pensarla cosi? xD
Se c’è una cosa sulla quale sono sicuro, beh quelli sono proprio i miei pensieri.
Credo nessuno li conosca meglio di me!
Assolutamente la forma, ma DOPO la sostanza e, come detto appena sopra (hai letto?)
“Se il rapporto segnale/rumore è intrinsecamente alto, va tutto bene: i filtri ce li metto volentieri io quando leggo.”
Non ho mai detto che scrivere bene non è molto importante, ma dico che il progetto funzionante è sicuramente più importante, stiamo parlando di elettronica, ingegneria e non letteratura o poesia.
Non ho mai detto che la scrittura è una “pagliuzza” ma che una virgola sbagliata è una pagliuzza, rispetto ad un progetto elettronico funzionante.
No, non ho cambiato idea 🙂
ma rispetto comunque tutte le opinioni ed alla fine credo sia solo una questione di misura.
non son completamente d’accordo, sapere scrivere e leggere l’italiano lo facciamo tutti altrimenti comunicheremo con gesti o disegni come gli uomini delle caverne, qua si parla di italiano corretto che è molto difficile fraintendere. C’è chi non vuole sforzarsi a capire un concetto solo per avere notato una mancanza d’apostrofo o un apostrofo segnato dove non dovrebbe. C’è gente che vorrebbe squartare la gente per un apostrofo! Non si tratta di italiano corretto o non, ma di volontà a capire un concetto anche semplice, e la volontà di non concentrarsi sul tema. Quando leggo per esempio commenti in blogs dove utenti son riusciti a risolvere un bug, e decidono di postarlo per dare una mano al prossimo, trovo altamente stupido cazziarli per una virgola mancata, mettendo in evidenza la sua carenza grammaticale nella spiegazione, deconcentrando il tema portandolo dalla soluzione alla ignoranza dell’autore, creando cosi una serie di post non di ringraziamenti ma di denuncia nei confronti dell’autore. Alla fine nessuno farà più caso alla soluzione, e molti ne rimarranno senza soluzione con bug ancora aperto.
A volte trovo proprio ESTREMO questo comportamento, che non porta vantaggi a nessuno, solo per una chiusura mentale e solo perchè si vuole un italiano ipercorretto.
Un accento in più o in meno non pregiudica il contenuto, che se esposto in ordine senza tanti giri di parole diventa piacevole alle lettura. Argomentare con paroloni mi da l’impressione che si voglia abbagliare il lettore, con la speranza che questo non noti la carenza di contenuti.
Ci sono due modi per metterti in risalto rispetto agli altri, il modo più semplice è fare apparire chi ti circonda inferiore.
L’altro più nobile (ma meno efficace) richiede impegno per misurati con gli altri imparando da questi per fornire magari in un secondo tempo la tua visione. Alla fine però il risultato è che nessuno è in risalto e tutti più o meno condividono la stessa competenza. E quindi ci hanno guadagnato tutti e a quanto sembra non vale, perché ci deve guadagnare solo uno, il più furbo.
Il più furbo sai quanti danni fà alla collettività, pensa a quelli che hanno smaltito rifiuti tossici illegalmente sotterandoli, questi si sono sentiti furbi.
Oppure pensa se quelli che hanno il compito di mettere in sicurezza il territorio e non hanno operato a tal fine ma si esprimono in italiano perfetto. Evidentemente l’italino perfetto non è servito a mettere in sicurezza il territorio. Avrei preferito ci mettessero quel napoletano (spazzino) che hanno fatto vedere in televisione, che si arrangia a creare contenitori dell’immondizia perché le amministrazioni non hanno liquidità.
Poi in un forum l’imbecille di turno c’è sempre.
Ciao.
Convieni con la mia “grammatica”..
se uno trova l’errore nella frase o nella parola ha già trovato anche la soluzione
corretta e allora dove sta il problema ?
Ovviamente io mi riferivo non solo ad “ignenieri”, ma utenti comune dalla vita comune, che talvolta risolvono problemi, o trovano l’uovo di colombo che risolve un complicato estremo, ma poi non vengono ringraziati ma cazziati su come han esposto l’operato.
Ovviamente non parlo solo di me che sono una capra, ma di molti casi chi più chi meno rilevanti.
Sembra quasi vigere l’abito fa il monaco, e se si parte con pensieri simili, bah allora si siamo in italia.
Inoltre c’è anche da dire, che ci son molti che parlano un italiano eccellente, ma poi con l’inglese che a mio avviso è molto più importante, non sanno neanche presentarsi o scusarsi.
ops allora scusami per aver frainteso =)
Un aspetto della questione che non è stato affrontato è la bellezza del codice e/o schema elettrico!
E se io progettista elettronico esprimessi l’eleganza attraverso i miei strumenti preferiti (schema elettrico, firmware, circuito stampato) piuttosto che tramite il linguaggio letterario?
Se non mi importasse di essere giudicato (relativamente al mio interlocutore, che in genere parla o dovrebbe parlare la mia stessa lingua) per il mio italiano, e quindi ridurrei all’essenziale lo scritto (come l’inglese ci insegna) e magari anche con un congiuntivo errato e due virgole fuori posto (schematizzando dall’inglese, a volte accade, ma, nota bene, le virgole fuori posto sono nel testo, NON nel codice).
Ma nonostante quanto sopra, riuscirei ad emozionarvi per il valore del mio progetto, per la bellezza del codice sorgente, l’eleganza del mio schema elettrico e l’armonia del circuito stampato?
Mi accusereste per quel congiuntivo, che comunque non cambia il succo del discorso, o vi lascereste andare alle emozioni?
Non è forse vero che a volte si vedono schemi elettrici ORRIBILI ma anche codici sorgenti ASSURDI e circuiti stampati INCREDIBILI che, anche se funzionanti, a me irritano molto di più rispetto ad un comunque irritante italiano sgrammaticato.
Meditate, meditate 🙂 anzi, meditiamo anche noi per un potenziale prossimo articolo sul tema.
Credo che la risposta definitiva a questo interrogativo dipenda dal contesto. Faccio un esempio. Da ing. elettronico, qualche tempo fa mi è toccato preparare una tavola per la realizzazione di un particolare meccanico. Il disegno era ottimo, se non per errore di convenzione, che avrebbe portato il meccanico a fare un pezzo speculare.
Questo è un problema grave, ed in questo caso, come nella lingua italiana, porta a fraintendimenti, quindi l’ingegnere non può permetterselo.
Un secondo caso, sempre prendendo ad esempio il disegno tecnico, sono le tavole fatte a mano che preparavo a scuola. Certo, una tavola macchiata/sbavata porta la stessa informazione, ma ci vuole un po’ di forma, così come nell’italiano.
Terzo cao le quote. Un meccanico di mia conoscenza puntigliava (lui può permetterselo) con le convensioni ISO delle quote. Io le metto a caso perché non le conosco, ed i meccanici mi capiscono e sistemano. Le quote sono come le virgole, i punti, si possono sbagliare.
Il sunto del mio discorso è che ci sono quattro tipi di imprecisioni:
1) Quelle gravi, che causano un errore nell’informazione, e un italiano (indipendentemente dal profilo) non può permetterseli;
2) Quelli di stile, per lo meno i più importanti (es. congiuntivi) che fanno di chi scrive una persona più o meno apparischente. un po’ come giacca e cravatta, non sono idnispensabili ma fanno bene.
3) Gli errori piccoli, passabili, un apostrofo, un accento, non redono inefficace la comunicazione;
4) Le sviste, che tutti possiamo fare.
Ancora ci sono almeno tre tipi di contesti per l’ingegnere:
1) Contesto informale (mail al collega, blog, etc.). Sono scritti stesi in modo sbrigativo, spesso senza rileggere, possono facilmente contenere refusi e non sono particolarmente curati nello stile.
2) Contesto formale (mail al cliente, documento di specifica). Ci si aspetta più cura ma i refusi sono comunque acccettabili e non sempre si usa uno stile esageratamente ricercato.
3) Documenti particolari. Sono stesure precise da revisionare in più persone (ad esempio contratti, specifiche per enti di certificazione, etc.) e NON devono contenere errori. Chiaro che questo vale al 99.9%…
E’ mia personale opinione che un blog di diffusione informativa come questo ricada nel contesto 2 (formale) e 3 (documenti particolari).
Quindi assolutamente niente errori grammaticali; qualche refuso può capitare ma dovrebbe essere intercettato durante le revisioni alle quali (sembra)vengano sottoposti gli articoli.
“E se io progettista elettronico esprimessi l’eleganza attraverso i miei strumenti preferiti (schema elettrico, firmware, circuito stampato) piuttosto che tramite il linguaggio letterario?”
Non si chiede agli ingegneri di utilizzare linguaggio letterario o aulico; semplicemente di parlare correttamente la propria lingua madre.
Parlare un italiano corretto non significa parlare un italiano forbito. Non si tratta di usare termini ricercati, ma semplicemente di non sbagliare i congiuntivi, usare i tempi giusti, mettere una corretta punteggiatura, eccetera.
E’ mia personale opinione che un blog di diffusione informativa come questo ricada nel contesto 2 (formale) e 3 (documenti particolari).
considerato che, come da commento precedente:
2) Contesto formale (mail al cliente, documento di specifica). Ci si aspetta più cura ma i refusi sono comunque acccettabili e non sempre si usa uno stile esageratamente ricercato.
3) Documenti particolari. Sono stesure precise da revisionare in più persone (ad esempio contratti, specifiche per enti di certificazione, etc.) e NON devono contenere errori.
lo prendo come un complimento e sicuramente uno stimolo a migliorare!
Ma ora ti chiedo, muldee, (e penso che tu sia la persona giusta per rispondere a questa domanda visto che sei cosi esigente) saresti disposto a pagare (e quanto) i contenuti di un blog ad alto livello, dove tutti i progetti siano verificati da piu persone tecnicamente e lo scritto provenga da un doppio controllo?
Non vorrei riaprire una discussione già “chiusa” ma solo rispondere brevemente perchè mi pare ineducato visto che mi è stata fatta una domanda…>
Quando tu scrivi
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non hai affatto tutti i torti. Io però ci tengo a che sia chiaro quello che penso e spero di spiegarmi molto meglio adesso.
Io ho assolutamente detto che “Ritengo […] che è sui banchi di scuola che tutti noi DOBBIAMO ESSERE BOCCIATI PER QUESTE COSE! Se avrò la fortuna di diventare un docente, e qui son d’accordo con chi ha scritto questo articolo, boccerò ogni studente che dovesse sbagliare un tempo verbale […]” ma mi riferisco alla correttezza della forma e dell’esposizione.
Ribadisco che per me la lingua non è assolutamente opzionale. Non si può decidere che il codice verbale che usiamo è trascurabile o secondario.
Non è credibile, ne tanto meno verosimile, che uno si appoggi al discorso di dire “tanto uso la matematica” oppure “la mia seconda lingua è l’inglese”.
Questi sono palliativi che mascherano e non risolvono il problema.
Anche perché se da un lato ha ragione chi dice che l’italiano grazie a dio non aiuta vista la miriade dei miliardi di toni, sfumature, accenti, e così via, dall’altro, però, è anche vero che anche l’inglese e la matematica, come tutti i linguaggi, hanno regole precise. Magari saranno pure di meno, magari anche meno complesse ma sicuramente ci sono!
Ecco perché, se avessi il privilegio di essere un docente, pretenderei rigore su queste cose.
E ringrazio, anche se non faccio nomi qui su internet, pubblicamente tutti quei docenti che mi hanno rimproverato gridando, in piena aula, che ero un analfabeta perché ho usato il termine “settare”, che non esiste!
Hanno fatto bene!
Era giusto!
Tutti noi usiamo questo stramaledetto neologismo che però non è tale. Si tratta di una traduzione adattata che è stata introdotta nel linguaggio, giusto per sentirsi più “english”…
Sarebbe stato legittimo e giustissimo bocciarmi all’esame per questo.
E, lo giuro, lo avrei apprezzato e condiviso.
Ma tutto questo è diverso, molto diverso, dal caso di cui parli…
Il rigore dell’educatore, l’ordine in aula…sono tutti aspetti fondamentali del problema.
Non prendiamoci in giro, la scuola dell’obbligo è stata talmente declassata negli ultimi 15 anni e più che abbiamo scuole di serie a, scuole di serie b e scuole di serie c. Con livelli di eccellenza decisamente inferiori al passato e che continuano, sempre più, a scendere.
La verità sappiamo tutti che è questa.
E sappiamo bene di chi è la responsabilità del fatto che questo è accaduto.
Ma, e qui ci tengo a precisare forte e chiaro la differenza, io NON BOCCEREI MAI UNO STUDENTE PREPARATO che però ha conservato un’inflessione dialettale!!!
Ho amici che vengono da quartieri decisamente malfamati della città in cui vivo, dove la criminalità, le condizioni di vita ed il livello culturale sono decisamente proibitivi e nonostante tutto, sono arrivati all’università e studiando, credendoci, impegnandosi, hanno finito!
Io non boccerei mai uno che, nonostante venga da questo ambiente, ha dimostrato di essere preparato. L’accento, l’inflessione, la cadenza viziati dal dialetto non sarebbe MAI per me oggetto di penalizzazione.
Ma posso garantirti che nonostante i notevolissimi handicap dai quali questi amici partivano, la loro voglia di fare, la loro passione, la loro coscienza, la loro scrupolosità li ha portati ad un livello culturale tale capire ce l’italiano viene prima!
Allora, se esistono questi casi (e ti ripeto, esistono!), sono portato a considerare che c’è chi capisce il valore di certe cose.
Ecco chi andrebbe premiato, secondo me.
Mi auguro di aver chiarito meglio il mio pensiero.
Per quanto concerne Troisi e Totò, ti dirò: io amo Napoli.
Ci ho vissuto per tanto tempo, ho tanti amici lì… ci ho lasciato il cuore.
La considero la mia patria!
Adoro la sua spontaneità, il suo modo di vivere…
Gli esempi che fai sono giusti, veri… autentici!
Ma secondo me non sono pertinenti, se servono a sostenere quanto dici. E ti spiego perchè.
Troisi, ma in particolar modo Totò, sono il frutto di una napoletanità positiva e dirompente che prova a farsi conoscere attraverso personaggi e modi di fare tipicamente caricaturali che, da un lato, vogliono far ridere, dall’altro, invece, puntano a far pensare a quanto orgoglio, quanta dignità ci sia proprio nella voglia di riscatto sociale!!!
Paradossalmente, Troisi, e, lo ribadisco, in particolare Totò, danno più ragione a me che a te 😀
Perché quei gesti, quelle mosse, quelle frasi spezzate, quei visi sofferenti e sinceri, sono modi di esprimersi di gente umile ma dignitosa.
E questa comicità, questa si realmente intelligente e valida, andrebbe fatta conoscere a tutti quegli imbecilli che guardano Zelig e pensano che quella roba faccia ridere perchè una volta un comico faceva pensare…!
Oggi insegna tormentoni scurrili e insignificanti che strappano una risata solo se c’è il turpiloquio in mezzo!
Ecco perchè, credo, che questi esempi che hai portato siano fondamentali ed ecco perchè ritengo che sia importante conoscerli.
Scusa se te li “rubo” ma considero che tu mi abbia fatto un assist portandoli ad esempio :D:D:D:D:D
Piccola premessa: poiché, come da te affermato in precedenza, il tuo blog è finanziato da sponsor (e per carità non oso e non sono in grado di discutere la portata e la validità di questi apporti), il fornire contenuti di alto livello dovrebbe servire in prima istanza ad aumentare la frequentazione del blog e, di conseguenza, massimizzare le entrate da sponsorizzazioni. Missione compiuta, senza fare un blog a pagamento (la faccio forzatamente facile ;)).
Inoltre farei attenzione a ciò che significa “blog ad alto livello”. E’ alto il livello di qualità del blog, oppure sono i contenuti a innalzarsi di livello? La prima ipotesi mi sembra fattibile anche senza uno spiegamento di forze sovrumane; credo invece che ci si possa riuscire semplicemente trattando le cose con maggiore attenzione e non con sufficienza. Nel secondo caso l’impegno è decisamente più gravoso, giustificando l’esborso da parte dell’utente; attenzione però che utenti come me, hobbisti più che esperti del settore, li perdete se il livello degli argomenti trattati supera certe soglie teoriche.
Detto questo (piccola premessa un corno, he he) la mia risposta è: assolutamente si. Pagherei un blog se questo offrisse contenuti d’eccellenza (leggi: contenuti dal carattere divulgativo trattati con cognizione di causa e competenza).
Non capisco in realtà quale assist ti ho fatto 🙂 però apprezzo che anche tu condividi il mio pensiero… però al di là della descrizione che hai riportato tu sul modo di fare comicità di Totò e Troisi, il mio appellarmi a loro era in merito al loro modo di esprimersi.
Oddio Totò parlava e recitava quasi mai in napoletano quindi mi concentro su Troisi.
Quante volte l’abbiamo sentito recitare in napoleatano insieme anche a lello arena?
Eppure quasi nessuno si soffermava a pensare “ma che sta dicendo” perchè l’unica cosa che ti veniva da fare immediatamente era ridere…
Per quanto riguarda la tua visione scolastica anch’io la condivido ci mancherebbe altro, però farti bocciare perchè hai detto “settato” no.. è davvero troppo 🙂 !
Ci sta la deformazione professionale, nei limiti dell’accettabile, ma non puoi bocciare una persona per un errore del genere dai.. e se quel ragazzo non la vedesse come te e mi cade in depressione per una cosa del genere..? non tutti riescono a reggere il peso della bocciatura e a reagire in maniera proattiva (come sarebbe bello fare) quindi bisogna sempre calcolare anche questa evenienza qui… al di là di quanto possa essere formativo e istruttivo il gesto che si voglia compiere non trovi?
ciao
Il termine ‘settare’ oppure ‘resettare’ sono neologismi che derivano dai verbi inglesi, alcuni di questi sono entrati nel vocabolario della lingua italiana, mentre altri ancora non sono entrati in via ufficiale, ed inoltre molti di questi vengono utilizzati quotidianamente nella nostra vita lavorativa. Mi sembra stupido, che una commissione esaminatrice ti avesse bocciato per questo, in quanto non può essere considerato un errore grave come la mancanza di un accento o la coniugazione di un verbo.
Inoltre, l’esame tende ha stabilire la maturità e la preparazione di un allievo, l’uso di un neologismo non può considerarsi un errore che inficia l’intero percorso di studi di uno studente.
Nel passato proprio per ciò che riporti tu, sono stati esclusi dal circuito scolastico, o valutati in modo non adeguato, molti studenti che dal lato umanistico avevano grosse difficoltà poichè provenivano da ambienti degradati di periferia, ma che comunque avevano notevoli capacità per quanto riguarda la matematica e le discipline tecniche.
Successivamente e fortunatamente poi è la vita che fa selezione, infatti, ho visto che molti miei compagni di scuola che riuscivano ad ottenere voti oltre la media della classe in discipline umanistiche hanno preso percorsi di vita diversi, mentre chi zoppicava nelle discipline umanistiche per lo più è riuscito a diventare un professionista affermato pur avendo lacune di base, è riuscito ad affermarsi nel mondo lavorativo.
Per non parlare delle riforme attuate in questi ultimi anni che hanno ridotto in modo notevole gli insegnamenti tecnico-scientifici, ciò non mi fa essere concorde con te, perché è meglio istruire una persona dal punto di vista tecnico che umanistico, altrimenti non possiamo andare oltre che produrre persone che sanno parlare bene, sanno esporre un argomento, ma hanno gravi lacune dal punto di vista tecnico, non hanno una mentalità o un pensiero tecnico, non sanno leggere e interpretare uno schema o un semplice datasheet.
Non posso che condividere il tuo pensiero, ma aggiungerei anche la genialità delle soluzioni proposte a un dato problema che fa anche risparmiare l’azienda o il committente, quelle soluzioni che ti fanno esclamare “Come mai non ci ho pensato prima!!!”
Io credo che il problema sia a monte.
Forse la mia generazione (nato nel 1983) e’ stata l’ultima i cui componenti venivano picchiati dalla maestra se sbagliavano.
Me le ricordo ancora le “scoppole” e le partacce se commettevo errori di grammatica o di ortografia e se accadeva i miei rincaravano la dose.
Osservando la generazione di mia sorella invece ho notato che i genitori sono sempre dalla parte dei figli e gli insegnanti sono notevolmente piu’ permissivi.
Ed e’ con enorme dispiacere vedere negli scritti e sentire nei discorsi di mia sorella e dei suoi coetanei diciottenni degli errori che io e i miei compagni gia’ non facevamo piu’ in terza elementare.
Essere ingegnere non implica essere completamente avulso dall’uso della lingua italiana (o inglese, tedesca, fiamminga, ecc… a seconda della propria nazione di nascita) ma anzi, le due cose sono complementari e viaggiano di pari passo. Ci sono stati ingegneri e scienziati che hanno scritto lodevolissime opere letterarie (il primo a cui penso e Isaac Asimov mio autore preferito) mentre non ci sono letterati in grado di creare lodevoli opere di ingegneria.
Nessuna pieta’ per chi sbaglia, la lingua e’ importantissima e va conosciuta. Non esiste che si possa svolgere una professione e trascurare un’aspetto cosi’ importante della vita di tutti i giorni! Ma voi vi fidereste di un medico che non sa correttamente esprimersi in italiano?
Ci terrei infine ad aggiungere che abbiamo ricevuto la grazia di nascere nella nazione con la lingua piu’ musicale e bella del mondo, e’ davvero un peccato trascurarne l’uso e farne scempio quando puo’ essere motivo di vanto in tutto il mondo 😉
L’Italia non e’ famosa solo per la pizza e i mandolini, ma anche per essere patria di cultura, poesia e musica!
Che bello vedere Wittgstein citato!!
Wittgnstein è molto interessante da studiare come filosofo del linguaggio anche perché nel Tractatus ci sono anche le tavole di verità che si usano in elettronica per i connettivi/porte logiche (anche se bisognerebbe aggiungere Peirce) 😀
Sono argomenti dei quali non so nulla: mi occupo di formazione dei bambini, l’elettronica, perlomeno nella sua branca applicata all’informatica, è affascinante, ma non è il mio campo. Anche nell’ambito della formazione essa trova comunque ottime applicazioni e per fortuna si comincia a comprendere che nella scuola primaria non è tanto necessario imparare a usare i programmi del computer, ma che il computer va usato come strumento didattico; in questo modo, cioè utilizzando multimedialità e virtualità, si sta davvero cambiando la scuola, sia come spazio di studio, sia perché da nuovi significati al termine “studiare”, e anche perché mette in discussione le gerarchie tra le persone, quindi una vera rivoluzione…..
In questo senso potremmo davvero parlare di linguaggi che cambiano le realtà. Ma forse sto solo sognando….
non stai sognando… è una realtà che oggi giorno è già presente..inconsciamente utilizziamo già dei nuovi linguaggi soltanto che fanno già parte del nostro quotidiano soltanto che non li pensiamo come linguaggi a se stanti ma integranti di qualcosa più grande..
@Cristina Ti consiglio questo bell’articolo http://www.phenomenologylab.eu/index.php/2011/09/robotica-educativa/ immagino tu conosca Piaget fu maetro di Papert che fu tra i primi a proporre un linguaggio di programmazione per i bimbi:Il logo, la tartaruga e scrisse anche diversi libri sulla pedagogia e le macchine
grazie! certo che conosco Piaget, e anche Papert! (l’esame di tecnologie per la didattica è andato benissimo ;-))
Condivido tutto di questo intervento.
Io mi ero soffermato su quanto fosse più giusto essere corretti nell’esposizione, nell’eloquio ecc ecc.
Ma devo ammettere che queste considerazioni erano solo un abbozzo, un pallido accenno nel mio intervento.
Hai ragione. Da vendere! E’ proprio come dici tu: parte dell’orgoglio di appartenere a questa terra si riferisce al linguaggio che sarebbe il caso che usassimo!
Dispiaceva entrato subito ma riparo adesso.
Riporto un’altra esperienza da un altro punto di vista,
il mio essendo dislessico e disortografico è una domanda che ci siamo posti spesso,
vi raccontoil piccolo aneddoto che ho vissuto l’università,
Ho dovuto dare un esame di misurazioni elettriche e come al solito sono andato dal professore e ho spiegato la mia situazione di dislessia e i spiegato come scrivevo e il perché il professore sorridente mi dice non ci sono problemi farò a meno di guardare l’ortografia in fin dei conti conta sono i risultati,
ho fatto il mio esame tranquillo. passato con 29
Da un po’ di tempo circa un mese dopo ho dovuto dare il secondo esame con lui,
Mi chiede di passare il suo ufficio ha qualcosa da chiedermi.
mi chiede “mi chiede quanto dislessici ci sono nella popolazione”,
io: ” nella popolazione ci sono in media il 3 al 5%”,
Professore: “ne è sicuro”
io: Si ma perché questa domanda?
Prof “ieri fatto un compito dei suoi colleghi e mi sono accorto che nella realtà dei fatti molti alunni fanno gli stessi errori dei suoi”, dopo aver chiarito che può darsi che ci siano altri dislessici nell’università e probabilmente ci sono la posso garantire che non è il 30% degli studenti.
mi fa vedere i compiti e io confermo che non è dislessia visto che io corri non sono quelli tipici dei dislessici.
Tutto questo per dire che attualmente necessita l’ortografia e grammatica e una strage.
Infine non confondiamo dislessia con qualcuno che non ha imparato a scrivere, La dislessia è uno stato biologico neruoarchitettura, che fa parte della persona, non aver imparato a scrivere perché si è preferito giocare alla PS3 è un’altra cosa
Quanta dignità in un commento solo….!
Sei veramente degno di stima!!
Lo dico col cuore: grazie Fabrizio!
La scuola serve. Solo non la scuola come funziona attualmente. Ma le premesse ci sono: basta leggere la Carta di Lisbona, ma anche solo le Indicazioni Nazionali del 2007 che, per chi non lo sapesse, sono la bibbia degli insegnanti della scuola primaria. E voi direte: ma le insegnanti e gli insegnanti della scuola primaria ( la vecchia elementare) sono poco preparati, non conoscono questi documenti, spesso non conoscono nemmeno le regole base della grammatica e della sintassi. Vero, ma allora cosa fare? Non andare a scuola? Non sarebbe meglio invece andare a scuola e trovare insegnanti e docenti competenti, capaci, professionali e – perché no – soddisfatti del proprio lavoro?
Io ho iniziato a fare supplenze perché il mio diploma me lo consentiva, ma da subito ho sentito la necessità di una formazione più approfondita. Ora studio e lavoro e devo dire che le due esperienze insieme mi stanno dando molto. Poi sta a me trovare la chiave di connessione tra teoria e pratica, creandomi la mia professionalità, questo non può farlo nessun altro.
Ma è altrettanto certo che per svolgere bene la mia professione necessito di competenze di natura psico-pedagogica, didattica e metodologica e per fare questo un diploma non basta. Certo, nonostante il mio lavoro sia pagato molto meno di quello di un ingegnere elettronico, io ho una responsabilità cento volte più grande: quella di formare gli adulti di domani.
Quindi sarete d’accordo con me che è meglio che lavori, sia motivata, ma che continui anche a studiare.
Per cui gli insegnanti devono studiare, mentre gli ingegneri no. E i medici? Che dite? e soprattutto chi decide?
Guarda che gli ingegneri elettronici sono quelli che devono studiare di più rispetto agli altri ingegneri poichè si devono mantenere al passo con le nuove tecnologie, pensa solamente all’evoluzione delle tecnologie elettroniche che sicuramente utilizzerai, dal televisore lcd a led, o al ricevitore satellitare o al cellulare.
e quindi?
sono sostanzialmente d’accordo con te, però se ti dico quanto guadagno ti spaventi…. sul serio! e non è poco che lavoro in ambito educativo, ho solo cominciato tardi la specializzazione..
Visto che tu sai tutto della scuola vedi chi può insegnare nella classe di concorso A034 :), tra ciò che ho scritto non ho sottovalutato il problema, anzi, vi ho dato l’importanza che merita, ed avendo da fare con gente che esce dalla scuola ne noto le problematiche e conosco molti colleghi di lavoro con cui ho un proficuo scambio di idee, non per questo non si accenna il modo proficuo di trovare soluzioni ai problemi. Del resto, ho una certa esperienza nel settore e so cosa sia il mondo della conoscenza, ma non mi si venga a dire in modo arrogante e impulsivo che non nè capisca nulla, soprattutto da persone che hanno poca esperienza in merito o pochi anni alle spalle nel mondo della conoscenza.
Quindi, direi di motivare maggiormente i docenti delle scuole elementari e medie, una volta si ripeteva l’anno se avevi troppe carenze di base, mi pare, che oggi invece si vada avanti comunque, almeno nella scuola dell’obbligo, (elementari e medie). Inoltre, si dovrebbero supportare maggiormente gli insegnanti con corsi validi e gratuiti e non tagliare risorse in continuazione al mondo dell’istruzione. Proprio perché tu sei una di quelle persone motivate e capaci, che hai una coscienza e un amor proprio per il tuo lavoro dovresti spingere, insieme ai tuoi colleghi, le istituzioni locali, regionali e nazionali ad investire maggiormente sul mondo della conoscenza, togliendo (se si vuol risparmiare davvero) gli investimenti inutili o legati ad una politica clientelare e facendo si che non vi siano in una classe più di 25 alunni e che ogni docente sia valorizzato per l’importante compito che svolge, se non si sente capace o motivato oppure non trovi più consona l’attività che svolge, vi si dia una possibilità di cambiare amministrazione.
un altro dei problemi della scuola, come se non ne avesse abbastanza, è che tutti credono di conoscere il tuo mestiere e pensano che sia semplice. Io per esempio non mi permetto di parlare delle professioni degli altri e soprattutto di pensare di conoscere le soluzioni ai problemi del settore. Invece tutti i santi giorni incontro qualcuno che pensa di insegnarmi quali sono i problemi del mio settore pur non capendoci un beato accidente 😉
Premetto che secondo me conoscere la lingua italiana è importante a qualunque livello. Ma esistono ingegneri che progettano, ingegneri che presentano progetti, ingegneri che coordinano, ingegneri che scrivono articoli, ingegneri che fanno ricerca… penso che se uno fa bene il proprio lavoro non c’è bisogno che sia onnisciente. Il di più è un valore aggiunto, importante ma non una necessità.
Ovviamente, dopo un corso di studi durato 18 anni, DEVE per forza saper sia scrivere che parlare correttamente, e cioè senza errori e con proprietà di linguaggio. Se così non fosse, sarebbe inconcepibile ed inaccettabile.
D’altro canto, il possedere qualità giornalistiche e/o narrative, non lo considero un aspetto essenziale, ma certamente aiuta in molti casi (ed in taluni diventa indispensabile e determinante).
La professione dell’ingegnere (io sono ingegnere elettronico, ahimè di 54 anni), non implica il dover solo aver a che fare con circuiti, o algoritmi, o calcoli, ecc. ecc., ma ci si rapporta spesso con altri, a vari livelli ed in situazioni disparate.
Molto spesso si deve scrivere della documentazione tecnica, manualistica, o relazioni tecniche, per un “target” che non sempre possiede elevati livelli di conoscenze tecniche.
Diventa quindi fondamentale che i propri “scritti” oltre che essere corretti, debbano possedere qualità tali da veicolare i risultati del nostro lavoro nel miglio modo possibile, richiesto a seconda della situazione.