
La maggior parte degli ingegneri pensano che i dispositivi MEMS siano principalmente dei sensori. Questo ha senso, perché è lì che è il grosso del mercato, come airbag trigger in auto, sensori di pressione, accelerometri o giroscopi.
Ma ci sono molte altre applicazioni interessanti per la tecnologia MEMS. Per le applicazioni biomediche tanti stanno studiando la tecnologia MEMS da utilizzare nelle situazioni non-sensor. Ad esempio, in un progetto, un wafer di silicio è micro-inciso con piccoli canali per agire come un master di fabbricazione. Questo master è quindi usato per fare molte "copie", che vengono poi accatastate come livelli. Il risultato è un organo artificiale da usare come un supplemento o addirittura una sostituzione per il fegato. Questo è chiaramente molto meglio per i pazienti in dialisi, che devono andare in una clinica per la pulizia del sangue tre volte a settimana.
Ci sono anche sviluppi interessanti in corso per le applicazioni di precisione, la medicina interna che utilizza attuatori MEMS. Attualmente, un farmaco deve essere consegnato o per iniezione o per via orale, e quindi spesso causa di danni collaterali inevitabili ad altre parti del corpo oltre la zona di destinazione e per questo hanno creato il metodo The Push-Pull.

La tecnologia MEMS ha rivoluzionato il nostro modo di interfacciarci al mondo, tramite sensori sempre più piccoli realizzati (meglio dire scavati) meccanicamente su silicio assieme all’elettronica di elaborazione. I sensori MEMS sono entrati nel nostro quotidiano attraverso smartphone e tablet che orientano lo schermo in funzione di come lo si orienta o lo si tiene, il tutto tramite un accelerometro o un g-sensor, oppure i controller delle consolle che oramai limitano l’utilizzo dei tasti per la sola gestione dei menù, il controllo del gioco vero e proprio avviene sempre tramite sensori inerziali di tipo MEMS. Ma ancora prima di console e smartphone, i sensori MEMS sono i responsabili del trigger del sistema airbag, oppure li troviamo dislocati nelle ruote da Formula1 o in generale di automobili sufficientemente costose come sensori per il monitoraggio della pressione interna. Insomma, le applicazioni sono così tante che elencarle tutte non avrebbe senso. Quando si vede una data tecnologia adottata per anni nella concretizzazione di sensori e veri e propri microlaboratori di test, utilizzata poi in ambiti differenti come la medicina, ad esempio, c’è sempre da restarne stupiti ed è il caso di ciò che viene presentato nell’articolo. Utilizzare un MEMS come seme o calco per la crescita a strati di tessuti che possono diventare dei veri e propri organi può sembrare fantascienza, ma a quanto pare non lo è. Questo processo mi riporta alla mente un altro processo utilizzato nelle silicon foundry per l’accrescimento di un lingotto puro di silicio a partire da un seme intrinsecamente puro (metodo Czochralski). Gli ambiti sono differenti, ma la filosofia non cambia, utilizzare un seme che ha forma o struttura voluta per accrescere, tramite livelli successivi, un qualcosa che lo ricopi esattamente.
Ho letto della tecnica “push-pull” e ignorante in materia, ho consultato il link di riferimento dai cui è tratto l’articolo e da quello che ho capito si tratta di micro pompe (attuatori MEMS) che rilasciano periodicamente un meidicinale o un qualsiasi fluido in piccole dosi perché così la tecnica risulta meno invasiva, più mirata e sembra anche più efficace perché l’erogazione è regolata dai tempi di assorbimento della singola dose. La stessa tecnica, leggermente modificata per lo scopo, è utilizzata per realizzare cateteri iin grado di drenare laddove sono localizzati. Si tratta sempre di una micro pompa attuata all’occorrenza.
Le applicazioni dei MEMS nell’ambito della sensoristica e dell’attuazione elettromeccanica sono davvero tante e ad arricchire il numero c’è l’ingegneria biomedica che adotta la tecnologia per mettere al servizio della medicina e dei malati tecniche di accesso al corpo umano che sono sempre meno invasive e più efficaci. La crescita di tessuti su semi scavati su silicio credo che rappresenti il vero lato innovativo della tecnologia, perché è una delle poche applicazioni in cui non è necessario che ci sia un’elettronica di supporto e quindi un’elaborazione di alcun tipo.
Morale della favola: ripiegando una tecnologia, si riesce sempre ad ottenere qualcos’altro di innovativo, anche se il suo utilizzo assiduo e massivo in determinati ambiti a volte funge da paraocchi e non ci permette a noi ingegneri di spaziare su tutto un possibile campo di applicazione nuovo!
Le funzioni svolte dal fegato sono molteplici e difficilmente riproducibili anche se con questa tecnologia potrebbe essere possibile visto che il fegato è un vero e proprio laboratorio chimico tanto è vero che gli antichi davano molta importanza a questa ghiandola, infatti ancora oggi, il modo di dire “avere fegato” risulta valido, ed è inteso come avere parecchio coraggio. Infatti, il fegato svolge parecchie funzioni, tra le quali quelle di deposito di glicogeno, modulatore della glicemia, processa la sintesi dei trigliceridi e del colesterolo, metabolizza i globuli rossi morti e ne estrae il ferro depositandolo insieme alle vitamine in eccesso, interviene nella metabolizzazione dell’alcool e nella produzione dell’ammoniaca. Sicuramente un medico aggiungerebbe molti altri casi in cui il fegato interviene non solo nella produzione e metabolizzazione di elementi chimici ma anche nel mantenimento dell’organismo e nella sua capacità di produrre sostanze ormonali. Tutto ciò mi sembra ancora da scrivere in un futuro ancora non presente, forse visto che già di inizia a parlare anche di NEMS ovvero si discute sul futuro passaggio da Micro a Nano, credo che ciò sarà forse parzialmente possibile in un futuro non molto prossimo.