Il kit di sviluppo ETRX3DVK è stato progettato per consentire la valutazione e la prototipazione rapida utilizzando i moduli wireless ETRX3. I moduli a lungo raggio permetteranno di testare il range esterno e di penetrazione all'interno degli edifici.
Il kit di sviluppo per le applicazioni ZigBee contiene:
- 3 x ETRX35xDV
- 3 x cavi USB
- 2 x ETRX35x su schede carrier
- 2 x ETRX35xHR su schede carrier
- 2 x ETRX35x-LR su schede carrier
- 2 x ETRX35xHR-LR su schede carrier
- 1 x ETRX2USB USB stick
- 2 x ½-wave antennae
- 2 x ¼-wave antennae
Il kit di sviluppo ETRX35x per le applicazioni ZigBee è disponibile da Farnell
Per chi non conoscesse i moduli della serie ETRX35x, si tratta di apparti elettronici transceiver facilmente integrabili su sistemi più complessi e già costruiti supportanti lo standard 802.15.4, meglio conosciuto come Zigbee. Un kit di sviluppo come quello mostrato nella news permette di esplorare a tuttotondo le potenzialità di questi moduli e le possibilità messe a disposizione dei progettisti di sistemi wireless. A differenza dello standard WiFi 802.11.x, lo standard Zigbee è nato per far fronte a tutte quelle esigenze in cui si necessita di una comunicazione wireless tra dispositivi alimentati a batteria (soprattutto sensori a batteria che devono comunicare con una stazione base). I moduli ETRX35x sono studiati sia per essere alimentati a batteria (quindi diventare parte integrante di un qualunque dispositivo portatile) sia per equipaggiare la stazione base rendendo quindi il collegamento a lungo raggio. Il vantaggio di zigbee è che viene messo a disposizione il solo livello fisico potendo costruirci su il profilo protocollare adatto alla singola applicazione.
Dal datasheet della famiglia dei moduli si ricavano informazioni che rendono i moduli stessi davvero interessanti. Sono caratterizzati, infatti, dall’avere dimensioni davvero ridotte (sono moduli a montaggio superficiale delle dimensioni di 25mmx19mm…niente se si pensa a cosa si può fare con questi moduli su dimensioni così ridotte), 2 antenne di cui una totalmente integrata (in modo da estendere l’angolo di apertura in trasmissione e in ricezione), micro di gestione del firmware della serie ARM Cortex – M3 (il core più diffuso al mondo), 192kbyte di memoria flash e 12kbyte di memoria Ram, programmazione e debugger via jtag, 24GPIO, alimentazione davvero bassa per applicazioni lowpower (da 2.1 a 3.6V) e sempre per applicazioni lowpower, ogni modulo supporta più modalità di sleep e nella deep sleep arriva a consumare poco più di 1uA. La versione “Long Range” di questi moduli, seppur mantenendo lo stesso form factor, a fronte di un assorbimento di corrente maggiore, riescono ad erogare un potenza di ben 124dBm. Per quanto riguarda interlocuzione con la sezione RF del modulo, questa avviene tramite comandi AT (lo standard AT è nato come protocollo di comunicazione su base seriale per permettere ai modem serial di comunicare con il PC, successivamente il protocollo si è affermato come valida soluzione per la comunicazione di parametri da e verso moduli di comunicazione di qualunque tipo, in particolare per le tecnologie wireless). In rete non ho trovato il dettaglio del manuale dei comandi AT, ma molto probabilmente non ho posto particolare attenzione io o non ho cercato a dovere.
Per quanto riguarda le applicazioni, queste si collocano in ambito industriale, elettromedicale, domotico, della sensoristica in genere, del monitoraggio ambientale a corto e a lungo raggio.
Una feature di cui questi moduli non dispongono è la così detta “Location Engine”, ossia una particolare funzione che permette di creare reti di localizzazione all’interno di spazi chiusi, dove ad esempio il GPS non riesce ad arrivare. Munendo ad esempio una stanza di n nodi Zigbee fissi(la cui posizione non è affatto casuale), se si equipaggia un’abitante della casa con una stazione mobile sempre Zigbee, allora il Location Engine delle basi fisse, a seconda della potenza ricevuta dalla stazione mobile, restituiscono un indice che può essere utilizzato per creare una sorta di triangolazione dell’ambiente. In questo modo si riesce a mappare con una certa precisione l’ambiente e quindi sapere dove si trova la persona. Questa è un’integrazione alle tecnologie assistive dedicate all’assistenza degli anziani.