
Il lavoro di ingegnere è molto particolare e settoriale: esistono infatti diverse branche dell’ingegneria, ognuna con le sue diverse peculiarità. A partire dall’università, per finire al mondo del lavoro, chi fa questo mestiere segue un percorso specifico, di specializzazione. La figura dell’ingegnere sembra quindi legata ad ambiti ristretti, come quello meccanico, elettronico, edile; ma è possibile e positiva la multidisciplinarietà? Il paragone con il coltellino svizzero in questo senso è calzante: come lo strumento è principalmente un coltello (che è l’elemento di fatto più grande), così un ingegnere sarà, per esempio, prima elettronico (il coltello), poi anche meccanico, ecc. (il cavatappi, le forbicine, l’apriscatole).
Ingegneri e multidisciplinarietà
Queste mie parole prendono spunto dall’articolo scritto su engineerblogs.org da un ingegnere elettronico. Il suo punto di vista è molto interessante, perché è proprio lui ad introdurre il concetto del coltellino svizzero. Come per molti campi lavorativi, quello dell’ingegneria è caratterizzato da numerosi settori, a volte anche molto diversi tra l’altro, ma che spesso si trovano a collaborare per la realizzazione di un progetto comune.
Nell’articolo si mette in risalto l’importanza di riuscire a parlare (nel significato di capirsi e farsi capire) a chi appartiene ad un’area diversa rispetto a quella propria di competenza. Un ingegnere elettronico deve riuscire a comunicare con le persone che lavorano in produzione; per progettare un prodotto che sia facile da realizzare, bisogna conoscere chi lavora in produzione, quali sono i loro skill e anche sapere che strumenti hanno a disposizione. Tornando agli ingegneri, anche tra di loro è fondamentale la comunicazione. Capire, ma non necessariamente essere esperti, da ingegnere elettronico il lavoro e di uno meccanico.
L’esempio riportato è emblematico, benché molto semplicistico: se uno non sa come viene realizzato un foro metallizzato o non conosce i processi di realizzazione del solder mask, come può capire come ciò può influenzare la realizzazione di una PCB? Oppure se si comunica chiaramente con un ingegnere software e si spiega come funziona il proprio hardware, allora è più semplice per lui creare il codice migliore. La multidisciplinarietà e la comunicazione sono oggi fondamentali.
Tutti gli ingegneri desiderano essere dei coltellini svizzeri?
In realtà no, perché vi è una buona parte di loro convinta che interfacciarsi tra discipline diverse dell’ingegneria sia una sciocchezza, che dovrebbero esserci dei confini ben delineati e delle specifiche direttive su chi deve fare cosa. Questo punto non è nemmeno sbagliato, perché specializzarsi è fondamentale e necessario perché ogni settore riesca a produrre al meglio delle proprie possibilità, ma chiudere la strada o rifiutarsi categoricamente di approcciarsi ad altre discipline è, secondo me, controproducente.
D’altronde. Come spiega l’autore dell’articolo, se ti trovi in una situazione in cui non capisci quello che cercano di esporti, allora devi prendere in considerazione il fatto che forse devi spingerti oltre la tua linea di confine per poter capire gli altri. E, se si è in grado di spostarsi fra le linee si ha anche il grande vantaggio di poterle definire queste linee di confine e di avere un miglior controllo del proprio ruolo. Sarebbe interessante sapere da chi, tra voi, è un ingegnere cosa ne pensa della multidisciplinarietà e della importanza in ambito lavorativo. È necessaria o solo una perdita di tempo?

In quest’articolo descrive una dolce illusione,
Attualmente i miei colleghi studenti che si sono laureati in tempo, moltissimi non sanno che l’attenzione di rete è 230 V a 50 Hz , questo illustra l’attrazione più che minimalista offerto nelle università,
ormai come le cose sono fatte non frega che nessuno ha potuto nel nostro modello scolastico.
Quindi attualmente i nuovi ingegneri freschi di de l’università sarebbero più da confrontare con un coltello arrugginito, è finita l’epoca dove veniva insegnato anche le basi ad un ingegnere a differenza di cosa viene insegnata attualmente nulla e nulla.
comunque sia la professionalità dell’Ingegnere è sempre stata multipla in un progetto è necessario conoscere anche gli altri componenti che non fanno parte del nostro lavoro.
all’opposto del lavoro ad esempio dei medici dove conoscono solo le loro specialità e non si avventurano in quella del collega, preferiscono formare gruppi di lavoro multidisciplinare anche se questi ultimi tempi serve più a distribuire la colpa in caso di problemi che aiuterebbe.
Un piccolo aneddoto.
il vero un coltellino svizzero è quello dell’esercito svizzero e ha una peculiarità semplice da riconoscere non ha il cavatappi, tutti gli altri sono coltelli svizzeri ma reinterpretazioni del modello originale,
Essendo di seconda inserita svizzera anch’io il mio coltellino e lui possiede anche una chiavetta USB.
Ciao..certo che è necessaria… io da poco ho intrapreso un percorso lavorativo in un’azienda molto grande e mi rendo conto che tra tutte le cose che ho studiato ne ho viste soltanto pochissime mi sono servite..ma quando poi si affrontano delle riunioni o si comunica con colleghi che si occupano altro..basta una parola per far aprire un mondo..
ad esempio avere solo una forte conoscenza dell’hardware oggi è davvero poco per poter interconnettersi con tutto il resto..perciò do molta ragione a colui che ha scritto l’articolo !!
Ma io penso che questo aspetto valga un pò in generale nella vita non solo nel lavoro..essere curiosi e avere una conoscenza base di tutto è il p.to di partenza per vivere la vita a pieno e scoprirne ogni sua sfaccettatura 🙂 !
In realta’ e’ un punto che ho sempre sostenuto e che mi ha salvato piu’ volte. In questi 3 anni da quando mi sono laureato ho lavorato in diversi campi facendo dalla programmazione alla progettazione hardware, qualita’, telecomunicazioni…
In ogni ambito fa troppo comodo avere competenze di ogni tipo anche se non specifiche.
Questa per altro e’un piccolo punto di forza che gli ingegneri italiani medi hanno rispetto ai miei colelghi nord europei. L’ingegnere italiano medio, per il semplice fatto di doversi arrabattare per trovare un lavoro e portare il pane a casa, e’ piu’ “smart” e molto sepsso sa fare molte piu’ cose rispetto ai nordici iper specializzati.
Vi assicuro che vedere un designer esperto di integrati analogici combattere per far funzionare un oscilloscopio e’ uno spettacolo che un po’ fa ridere ma un po’ fa rabbrividire :-O
Secondo me la cosa migliore è una via di mezzo. Oggi, purtroppo, la piccola media impresa tende ad utilizzare l’ingegnere a tutto campo, senza farlo specializzare. E questo è sbagliato, spesso è meglio formare il prorpio ingegnere sul lavoro che svolge principalmente e delegare (ad esempio a consulenti) le nicchie che man mano si presentano nel tempo. D’altra parte l’intercomunicabilità DEVE esistere, quindi l’ingegnere deve saper parlare la lingua degli altri, della produzione, del commerciale, di un ingegnere di altro settore, perché non è pensabile che sia sempre l’altro a dover “tradurre”.
Bha non so voi ma io da sempre ho avuto l’idea che una visione globale di un progetto debba essere necessaria per poterlo portare al meglio in fondo.
Mi viene spontaneo aver curiosità non solo del mio specifico settore ma anche di altro.
ovvio non si può conoscere tutto a menadito ma almeno avere idea, quello sì.
Purtroppo in facoltà ci hanno insegnato a comprendere le cose mediante formule e calcoli, nella vita non serve questo, serve più capire a grandilinee, imparare a relazionare le informazioni e stare con le orecchie aperte per carpire sfumature….ma questo non è questione di ingegnere o meno, è proprio l’indole della persona…..
Nell’estate dopo le scuole superiori sono andata negli USA e ogni volta che dicevo che in autunno sarei andata ad ingegneria mi sentivo dire che gli ing italiani erano molto stimatio proprio per la non specificità assoluta (cosa che da loro succedeva) delle discipline….ora le cose sono un po’ cambiate, ci staimo più specializzando (forse perchè i vari ambiti , elettronica, meccanica, elettrica, telecomunicazioni, civile ecc, stanno diventando impossibili da maneggiare nella globalità)…sperimao però che la curiosità non manchi anche alle nuove generazioni…..ricordiamoci che è il bimbo che è in noi che ci fa fare le scoperte migliori, non solo gli studi e la rigorosità!
😉
“Bravo a chi ha scritto che dobbiamo rimanere come i bambini, curiosi e alla ricerca di capire il perché delle cose che ci circondano. ”
d’altra parte se si ascoltano i grandi del sapere…si trovano fantastici aneddoti tipo quelli dei Feynman …
Dovete avere domande da fare, perchè è l’unico modo che ci consente di sapere che risposte dobbiamo cercare.
oppure (e questo in risposta a tutti coloro che amano paroloni per dare ad intendere di sapere
(anche se questa qualcuno l’attribuisce ad Einstein che …..mica è un ciccio palliccio qualsiasi!)
Non hai veramente capito qualcosa fino a quando non sei in grado di spiegarlo a tua nonna
(adoro questa citazione!!!)
🙂
Se da un lato la multidisciplinarieta’ puo’ sembrare un pregio dall’altro forse non lo e’.
Le aziende di oggi ricercano persone altamente specializzate e se queste oltre a esserlo, sanno anche altro ben venga.
A mio avviso bisogna essere preparatissimi sul proprio campo e avere sempre la voglia di capire e conoscere anche altro.
Ricordiamoci sempre che la conoscenza umana e’ vastissima mentre il nostro tempo a disposizione e’ limitato.
Quindi saper impegnare il proprio tempo studiando quello che realmente serve e approfondire gli argomenti piu’ importanti e fondamentale.
Del resto ognuno di noi ha delle capacita’ di apprendimento di intuito e di memorizzazione diversi.
La cosa piu’ bella e’ avere del tempo libero per studiare quello che si vuole che piu’ essere anche diverso dall’attivita’ lavorativa.
Avere del tempo per avere Hobby e soprattutto non fossilizzarsi sempre sulla stessa cosa.
Saluti Giacomo Barresi
mi piacerebbe conoscerlo questo tuo amico “diracchiano” 🙂 …anch’io vengo dalla specializzazione di microelettronica..quindi silicio :)..avrei voluto fare una carriera da analog designer ma attualmente sn praticamente sul lato opposto..embedded sw un pò per passione un pò per la tesi che ho fatto.. per questo mi definisco più a medio spettro…largo è ancora troppo per me sono agli inizi..
comunque mi piace molto la tua visione e ti faccio i miei complimenti per la scelta coraggiosa che hai fatto nel passare da dipendente ad essere “indipendente” …mi piacerebbe farla anche a me prima o poi..
ma hai trovato qualche difficoltà all’inizio? cioè avevi già contatti con clienti “sicuri” altrimenti sei andato proprio alla cieca? scusa le domande..pura curiosità…
ciao
Il prof. Toraldo di Francia introdusse la prima lezione del corso di Fisica dicendo:
– una conoscenza equilibrata si trova a metà strada (+o-) tra sapere tutto di niente e sapere niente di tutto-.
Mi accade sempre più spesso di trovare ingegneri agli estremi della conoscenza.
Chi sa tutto sa pure de’ m….
citando un famoso poeta romano
Sicuramente per essere dei bravi ingegneri bisogna avere la mente pronta ad imparare nuove cose. Essere curiosi certamente aiuta molto. Oltre alla multidisciplinarietà però bisogna tenere conto della competenza: nel nostro campo meglio forse essere specializzati e competenti che multidisciplinari e incompetenti.
Io tendo ad essere molto goloso: mi piace spaziare dall’hardware al software di alto livello. Ma mi sono ben presto reso conto che sul lavoro non posso offrire davvero competenza a tutti i livelli: è per forza necessario avere una branca tecnica in cui sviluppare maggiore esperienza. Ma ogni tanto faccio fatica a trovare il giusto equilibrio e mi torna la voglia di spaziare all’infinito.
Forse diverso è il discorso per i project manager, che possono anche permettersi di avere una visione globale e poco specializzata. Però in questo caso devono sapersi fidare delle osservazioni che vengono dal basso: quante volte vi è capitato qualcuno più in alto di voi che vi chiede l’impossibile? A me spesso.
ormai si trova solo l’estremoche non sanno nulla a che si sono laureati in ingegneria,
per darti un’idea di corso di fisica nostro dura tutto 32 ore, come puoi spiegare qualcosa di così poco tempo.
senza parlare di alcuni corsi 24 quegli con pochi crediti
ma usi un traduttore per i messaggi?
quelli che vengono da un istituto tecnico???
sono una via di mezzo e prendono il meglio dall’una e dall’altra parte????
🙂
indovina io che scuole superiore ho fatto???
😉
il liceo… soprattutto se sei una ragazza 🙂
io invece l’itis elettronico… ma poi sn diventato ing. e quindi mi sn rovinato 😛 ihihih
no vabbè rovinato no..però mi sn un pò perso nella teoria e poco nella pratica… c è poco da fare è sempre cosi..
era una domanda retorica :-0….io ho fatto l’istituto tecnico (ITIS Informatico/elettronico poi virato nel solo elettronico all’università)!!!!
se no secondo tecercavo di vantare tanto gli ing di derivazione tecnica????
;-P
hahah e vabbè mi sn sbagliato 🙂 brava cmq ottima scelta 😉 anch’io ho fatto uguale praticamente ! e ora cosa fai di bello?
eh immagino…tra burst e surge 🙂 ti diverti a sparare kV alla grande…!
Comunque conviene fermarci qui se no Emanuele ci da una bella strigliata per gli off topic 🙂 ..cmq ma assumono ancora nel campo della CEM da neolaureati?? in giro nn si trova nulla..
mi occupodi compatibilità elettromagnetica, lavoro in un laboratorio dove si fanno test per certificazioni (CE, e militari)
e mi diverto da pazzi a dare la caccia agli errori dei progettisiti (per non dire che son pagata per tentare di rompere gli apparati eh!!! ;-))
Nella mia vita, ho conosciuto un ing. che dopo essersi laureato, si è iscritto all’ITI per prendersi il diploma di perito, perchè voleva capire cosa facessero i periti perchè lui aveva fatto il liceo scientifico.
Ritornando alla domanda, in generale gli ingegneri italiani hanno una preparazione multidisciplinare, soprattutto rispetto ai colleghi americani che sono ultra specializzati, sanno fare solo quello in cui sono specializzati, niente altro, in fondo vi è nell’italiano una possibilità di spazziare anche su altri campi oltre quello specifico di indirizzo.
sono un casino in questo campo…..
cioè uno fresco fresco di laurea a volte stenta ad entrare in gioco (per via delle equazioni di Maxwell che vuole risolvere per tentare di tirare giù qualche emissione….)
Io lavoro in questa azienda ormai da 11 anni e vedendo i ragazzi che sono venuti a fare le tesi qui (anche io l’ho fatta qui ma….come detto prima all’ITIS avevo smanettato e smanettavo abbastanza da sola) devo dire che il grado di teoria forse è aumentato ma quello di pratica…è arrivato sottozero!
🙁
già.. su questo hai ragione… però devo dirti che in quel di padova abbiam messo le mani sull’ analizzatore di spettroe su alcuni banchi di prove per emissioni condotte..per vedere ad esempio l’effetto della schermatura in un p.to o alle 2 estremità..vedendo poi con l’oscilloscopio come cambiava l’ampiezza del disturbo…ancora me lo ricordo 🙂 ..poi ovviamente le prove più complesse sn difficili da fare in un corso di 50 persone…su questo almeno ai neolaureati bisognerebbe dare la possibilità di mostrare il loro interesse in materia no? e poi se almeno hanno visto qualche prova ben venga..?
Salve,
io ero finito in un’azienda dove ad un certo punto ho sollevato parecchie problematiche circa delle strane abitudini che gli ingegneri di questa azienda avevano preso da anni (tipo separare galvanicamente 3-4 masse e lasciarle “flottanti”) complicando il tutto e rendendo l’apparecchio delicato.
Siccome però ero l’ultimo arrivato mi hanno detto che “sono anni che facciamo così e le cose ora funzionano bene”. Prima i loro apparecchi non funzionavano bene perché nei loro circuiti ci sono degli errori di progettazione. Separando in modo assurdo le masse hanno in parte annullato il problema, “spostandolo” altrove. Ho notato che è pratica comune, invece di correggere un errore, aggiungere qualcosa per minimizzare i problemi, ma questa non è la soluzione, anzi! E nei test CE questi “nodi” vengono ben presto al pettine… 😉
Con il tempo ho visto che in realtà le cose non funzionavano per nulla bene e per fortuna è arrivato un nuovo capo che la pensava come me, quindi ha imposto di certificare le nostre apparecchiature (anche se in realtà da anni venivano usate dall’azienda e non vendute) e lì, quando sono andato al laboratorio di certificazione, mi sono divertito come un matto con l’ingegnere certificatore… alla fine delle misure l’apparecchio era semplicemente inutilizzabile, distrutto dai burst e dai surge!
Capisco cai quando dice che si diverte a cercare gli errori che gli ingegneri fanno nel progettare gli apparecchi: anch’io mi sono divertito a dimostrare a chi sosteneva le proprie idee e tesi senza alcuna motivazione scientifica “solo perché sono anni che fanno così” che per fortuna il mondo dell’elettronica si basa su leggi fisiche ben precise, calcolabili e misurabili! Questo modo di comportarsi è purtroppo ancora abbastanza diffuso… speriamo che in futuro le cose migliorino!Buona giornata a tutti.
“In natura non sopravvive il più forte, ma il più adattabile”
Tu hai semplicemente ragione! 🙂
E mi fa piacere sapere che c’è ancora qualcuno che sebbene sia italiano non gradisce che si facciano le cose “all’italiana”!
Essere professionali è una missione, oltre che una questione di coscienza, e alla fine c’è di che puntare i piedi!
Le cose o si fanno bene o non si devono fare!
Sono completamente d’accordo con te. 🙂