Le nanostrutture sono degli aggregati di atomi o molecole di dimensioni dell'ordine delle centinaia di nanometri. A queste appartengono sia i così detti materiali nanostrutturati, capaci di avere prestazioni in termini meccanici e fisici migliori di quelli convenzionali, sia i dispositivi nanoelettronici, nanotransistor e mems in primo luogo, che spingono l'elettronica verso nuovi orizzonti applicativi.
Il primo riferimento alla possibilità di manipolare atomi e molecole e di sviluppare piccole strutture su scala atomica compare nella celebre lezione tenuta da Richard Feynman nel 1959, intitolata “There’s plenty of room at the bottom”. Precorrendo i tempi, Feynman intuì le problematiche fondamentali insite alla creazione di nanostrutture e i vantaggi che ne potevano scaturire, dando una serie di spunti ancora molto attuali.
Nel suo discorso si sottolineava l’importanza della miniaturizzazione dei computer al fine di memorizzare sempre maggiori quantità di dati e di poterli elaborare con velocità sempre crescenti. L’intuizione fondamentale dell’analisi di Feynman consiste nel fatto che tale processo è possibile in linea teorica, non contraddicendo nessuna legge fisica, ma sottolinea che sarà comunque necessario, al diminuire delle dimensioni, concentrarsi sullo studio delle proprietà dei materiali, ovviamente differenti da quelle macroscopiche. Su scale inferiori al micron, infatti, l’intensità delle forze agenti sui corpi dovrà cambiare, ad esempio la gravità avrà meno importanza mentre, tensione superficiale e forze di Van der Waals, saranno rilevanti.
Feynman intuisce anche la possibilità di manipolare e di riarrangiare direttamente i singoli atomi, sottolineando come questo dovrà essere affiancato da un grosso lavoro di indagine degli aspetti fisici che, su tale scala, saranno dominate dalle leggi della meccanica quantistica. Teorizza inoltre, le applicazioni che tale progresso potrà avere nel campo delle tecnologie informatiche, della chimica e della medicina. Secondo Feynman, per raggiungere questi obiettivi, sarà necessario migliorare passo dopo passo la precisione degli strumenti a disposizione e, in particolare, sviluppare microscopi sempre più potenti in grado di studiare le proprietà dei materiali su scala atomica.
Nonostante i notevoli traguardi raggiunti dalle nanoscienze, le problematiche sono ancora molte e le tematiche affrontate da Feynman nel lontano 1959 sono ancora attuali.
Dare una data precisa dell’inizio dello studio delle nanostrutture è molto difficile, ma si può far risalire agli inizi degli anni ottanta con l’invenzione del Microscopio a Scansione a Effetto Tunnel (STM),che valse il premio Nobel a G. Binning e H. Rohrer, suoi inventori, seguito dalla scoperta del fullerene (C60) nel 1985, e dei nanotubi di carbonio pochi anni dopo. Anche l’importanza dei nanocompositi venne compresa nei primi anni ottanta,mentre per le loro prime applicazioni bisogna aspettare gli inizi degli anni novanta, quando un gruppo di ricerca della Toyota elaborò il primo nanocomposito per la cinghia di trasmissione di un’automobile.
Con il termine nanostruttura si intende un oggetto con dimensioni intermedie tra quelle molecolari e quelle microscopiche. Riferendosi a una determinata scala di grandezza, si distinguono nanostrutture unidimensionali, quando due dimensioni sono trascurabili rispetto alla terza, come nel caso dei nanotubi o nanofili di 0.1÷100 nm; bidimensionali, quando lo spessore di una
struttura planare è trascurabile (dell’ordine di qualche nanometro) rispetto alla sua estensione, ad esempio per i fogli di grafene tridimensionali, quando tutte le dimensioni sono in scala nanometrica, come nel caso di nanoparticelle
metalliche.
L’aspetto fondamentale riguardante le nanostrutture consiste nel loro elevato rapporto superficie/volume; infatti al diminuire delle dimensioni di un sistema, il volume scala con il cubo della dimensione caratteristica, mentre la superficie solamente con il quadrato. Aumentando il rapporto superficie/volume, gli effetti superficiali diventano dominanti su quelli di volume e le proprietà della materia non sono più assimilabili a quelle di bulk, dedotte imponendo invarianza traslazionale nella struttura del materiale e assumendo trascurabili le condizioni al bordo della struttura stessa.Quindi per materiali solidi si ottengono proprietà elettriche differenti a seconda delle dimensioni del sistema; per esempio, materiali semiconduttori su scala macroscopica, possono diventare isolanti su quella nanometrica, o viceversa, in seguito alle modifiche dalla struttura a bande dovuta a effetti di confinamento spaziale.
I processi di fabbricazione in ambito nanotecnologico vengono tipicamente suddivisi secondo due approcci generali e contrapposti: la fabbricazione top-down e quella bottom-up.
Il processo top-down è quello classicamente associato all’industria elettronica, in pratica “figli” del processo di miniaturizzazione sempre più spinta, in ambito elettronico, dei circuiti. Secondo questo approccio i dispositivi su scala nanometrica vengono fabbricati a partire da oggetti più grandi, le cui dimensioni vengono via via ridotte sfruttando le tecniche litografiche proprie della microelettronica. Al decrescere delle dimensioni delle strutture, però, questo metodo risente sempre più dei limiti dovuti ai margini di precisione dei processi litografici stessi.
Il secondo approccio, bottom-up, si basa invece sull’idea di assemblare i sistemi fisici e i dispositivi su scala nanometrica, sfruttando opportuni meccanismi di auto-organizzazione a livello atomico/molecolare. Si parte infatti da piccoli elementi costitutivi, normalmente aggregati di molecole, e si cerca di controllarne ed indirizzarne l’assemblaggio in nanostrutture, utilizzandoli come building blocks.