Una nuova architettura fononica promette la nascita di reti quantistiche ibride su chip

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Una tecnologia fononica di nuova generazione sviluppata nei laboratori di Delft promette di cambiare radicalmente la comunicazione tra sistemi quantistici diversi. Un dispositivo capace di manipolare fononi singoli potrebbe finalmente permettere la costruzione di reti quantistiche ibride integrate su un unico chip.

L’ipotesi che future reti quantistiche possano operare attraverso canali di vibrazione meccanica sembra più concreta grazie ad un dispositivo sperimentale sviluppato presso l’Università Tecnologica di Delft, dove un gruppo di ricerca ha dimostrato che i fononi ad alta frequenza possono essere controllati con una precisione sufficiente da consentire lo scambio di informazioni quantistiche tra piattaforme tecnologiche molto diverse tra loro. L’innovazione nasce dall’esigenza di risolvere una delle difficoltà più persistenti del settore, cioè la mancanza di un linguaggio comune che permetta a processori quantistici basati su principi fisici differenti di trasmettere stati quantistici senza degradarne la coerenza. Per anni i qubit superconduttori si sono imposti come soluzioni ottimali per operazioni rapide, mentre i sistemi basati su spin sono stati considerati preferibili per l’archiviazione a lungo termine, ma l’impossibilità di integrarli in modo efficiente su un singolo chip ha limitato l’evoluzione della computazione quantistica verso configurazioni realmente ibride. Il gruppo guidato da Simon Gröblacher ha introdotto un accoppiatore direzionale fononico a quattro porte capace di manipolare vibrazioni quantistiche elementari che viaggiano in guide d’onda realizzate in cristalli fononici, una scelta progettuale ritenuta più efficiente rispetto ai tradizionali approcci basati su onde acustiche superficiali.

Il dispositivo, costruito in silicio e operativo a temperature criogeniche, è stato descritto come una sorta di router meccanico in grado di dividere, instradare o ricombinare segnali vibratori quantizzati, permettendo il trasferimento diretto di un’eccitazione generata in un processore verso un altro componente posizionato sullo stesso chip. L’intera struttura richiede una precisione di fabbricazione estremamente elevata poiché i fononi devono propagarsi per distanze notevoli senza subire dispersioni in grado di compromettere la natura quantistica del segnale. I primi test hanno mostrato che la distribuzione dell’energia tra le cavità di uscita può essere modulata semplicemente modificando la lunghezza dell’area di accoppiamento, consentendo rapporti di divisione personalizzabili; inoltre, attraverso uno schema di annuncio dei fononi, è stato verificato che l’accoppiatore opera come un vero e proprio divisore di fascio per stati fononici singoli, il che conferma la piena funzionalità quantistica del dispositivo.

Le implicazioni di questo risultato sono rilevanti perché aprono la possibilità di collegare su chip piattaforme quantistiche con proprietà complementari, creando l’infrastruttura necessaria per sensori meccanici ultra-compatti, processori ibridi e architetture quantistiche scalabili. Il passo successivo, secondo quanto riportato nella pubblicazione su Optica Quantum, consisterà nell’integrare moduli fononici più evoluti e nel perfezionare le tecniche di fabbricazione per ridurre ulteriormente le perdite, con l’obiettivo di inserire questi componenti all’interno di sistemi interferometrici complessi.

L’impatto previsto è stato paragonato a quello degli accoppiatori ottici nello sviluppo della fotonica moderna, poiché il controllo dei fononi su chip viene indicato come la chiave per trasferire informazioni quantistiche tra tecnologie eterogenee, un traguardo considerato essenziale per l’affermazione di reti quantistiche ibride destinate ad applicazioni reali su larga scala.

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