Propulsione e Potenza nello Spazio

Prima del ventesimo secolo, il viaggio spaziale era in gran parte un volo di fantasia. La maggior parte degli autori in quel periodo non riusciva a comprendere la natura del movimento di un veicolo spaziale. Solo all'inizio del ventesimo secolo, un insegnante russo, K. E. Tsiolkovsky, pose le basi per la missilistica fornendo informazioni sulla natura del movimento propulsivo. I suoi studi hanno fornito una comprensione dei requisiti propulsivi, ma non hanno fornito la tecnologia. Questo arrivò dopo il lavoro di R. H. Goddard in America e Wemher von Braun in Germania, durante la Seconda Guerra Mondiale. Ormai l'uomo fa funzionare con successo navicelle spaziali dal 1957. In pochi decenni la tecnologia ha fatto passi da gigante, veicoli spaziali senza pilota hanno sorvolato tutti i principali corpi del sistema solare. Siamo atterrati sulla Luna, su Venere e su Marte, abbiamo inviato missioni su satelliti, asteroidi e comete. Ma come ci siamo arrivati? In questo articolo vedremo una panoramica dei sistemi di propulsione e potenza necessari per una missione spaziale.

Introduzione

Sappiamo già che c'è differenza tra il progettare qualcosa che dovrà lavorare sulla Terra e qualcosa che invece dovrà funzionare nello spazio; viaggiando fuori dall'atmosfera terrestre ci dobbiamo confrontare con problemi come il vuoto, i forti sbalzi termici e i danni da radiazione. Tuttavia, esistono molteplici alternative per la propulsione, le cui differenze principali sono la potenza specifica, cioè la potenza per unità di massa, la velocità di scarico e l'accelerazione di spinta. Nonostante sia possibile utilizzare diversi sistemi, quelli maggiormente utilizzati sono chimici ed elettrici.

Il razzo

FIgura 1: Il razzo Saturn

Figura 1: Il razzo Saturn

Il sistema fondamentale per le attività spaziali è la propulsione a razzo. Si tratta di sistemi utilizzati per tre tipi di operazioni: il lancio del veicolo che trasporta il satellite ed il suo carico, il trasferimento del satellite in un'orbita o una traiettoria specifica e la spinta per le correzioni di assetto. All'inizio della missione si dovranno considerare anche gli effetti della gravità e dell'attrito atmosferico, riducibili grazie alla bassa velocità iniziale e alla traiettoria balistica. Il grande vantaggio dei razzi, come quello in Figura 1, è che possono operare in qualunque ambiente, ed è addirittura migliore nel vuoto che a pressione atmosferica. Tuttavia, deve trasportare tutto il combustibile necessario per lo svolgimento della missione; questo significa che il carico utile rappresenta solo una piccola parte della massa totale al momento del lancio. Per questo motivo è conveniente utilizzare i razzi a multistadi.

Un razzo a multistadi consiste in un sistema di due o più razzi indipendenti sistemati uno sull'altro, in maniera che il primo stadio, acceso al lancio del razzo, dia la spinta maggiore e gli stadi successivi diano via via una spinta minore. Quando l'ultimo stadio raggiunge la velocità e l'orbita necessaria per la missione, il carico strumentale viene separato e comincia ad operare. L'ultimo stadio ha velocità abbastanza elevata e generalmente resta in orbita, generando debris, anche se con l'avvento dei razzi riutilizzabili è probabile che ci sia una diminuzione di questa "spazzatura spaziale". Il razzo è un sistema semplice; produce un flusso di particelle emesse ad altissima velocità e questo spinge il veicolo in direzione opposta. È possibile avere questo flusso in tre modi diversi: con la propulsione a freddo, per accelerazione di ioni ed elettroni o tramite reazioni chimiche. Quest'ultimo è il sistema attualmente più utilizzato.

Propulsione a freddo

Si tratta semplicemente di sorgenti di gas pressurizzati; è il tipo più semplice di motore a razzo ed è quindi utilizzato nei casi in cui la semplicità sia più importante delle prestazioni. Inoltre, è lo stesso sistema utilizzato dagli astronauti per le EVA, le attività extraveicolari.

Propulsione a ioni

La propulsione a ioni è un tipo di propulsione elettrica che richiede una sorgente esterna per accelerare il gas che produce la spinta. Si tratta di plasma ionizzato accelerato da un campo elettrico o di un plasma che forma una corrente elettrica che interagisce con un campo magnetico. Il limite di velocità di emissione del plasma è fissato dalla potenza disponibile; perciò, la velocità e l'impulso specifici ottimali dipendono dal sistema di potenza e non dalla temperatura e dal peso molecolare medio del gas emesso.

Figura 2: Sistema di propulsione ionica

Il funzionamento di questo tipo di motore è descritto da tre operazioni, che possiamo vedere in Figura 2: la generazione degli ioni, che avviene per ionizzazione da parte di un fascio di elettroni, la loro accelerazione in un campo elettrostatico di circa 2000 V tramite una griglia acceleratrice ed una deceleratrice, e la neutralizzazione del fascio di ioni emesso da parte di una sorgente di elettroni. Si tratta quindi, come abbiamo già detto, di un tipo di razzo basato sul moto di un plasma in un campo magnetico, caso in cui il plasma si comporta come un fluido.

Propulsione chimica

I sistemi a propulsione chimica possono essere di tre tipi: solido, liquido (mono o bipropellente) e ibrido. Uno dei sistemi più utilizzati è il sistema liquido monopropellente con idrazina, un sistema molto stabile usato soprattutto per il controllo dei sistemi di assetto e la velocità dei satelliti. I razzi invece utilizzano quasi tutti sistemi bipropellenti; la reazione di combustione si sviluppa nel motore dove vengono miscelati il liquido combustibile e l'ossidante, che, a seconda del tipo di propellente, reagiscono spontaneamente. I sistemi più semplici sono quelli a combustibile solido, perché non richiedono sistemi di trasporto del carburante nella camera di combustione; infatti, questo tipo di combustibile è già contenuto nella camera di combustione e viene miscelato tramite una gomma sintetica. Inoltre, sono facilmente trasportabili e rapidamente utilizzabili. Nei sistemi misti il combustibile è solido e l'ossidante liquido; se ben disegnati sommano i vantaggi di entrambi i motori.

Vele solari

La vela solare è un tipo di propulsione poco utilizzato; poiché la pressione di radiazione solare è molto piccola (circa 5 x 106 N/m2), la superficie che deve essere colpita, per produrre una spinta significativa, deve essere molto ampia. Nonostante ci siano alcuni casi in cui questo sistema sia una opzione interessante, come per veicoli spaziali di dimensioni modeste, ci sono state fino ad ora poche applicazioni. 

Sistemi di Potenza

Durante le varie operazioni in orbita, e non solo nella fase di lancio, il satellite ed il suo carico hanno bisogno di una grande quantità di potenza elettrica; è infatti necessaria per la propulsione ed il controllo dell'assetto, ma anche per le comunicazioni, il trattamento dei dati, il controllo termico ed elettrico del satellite ed, ovviamente, per il funzionamento del payload. Il sistema di potenza, quindi, deve essere in grado di generare potenza, conservarla, distribuirla, regolarla e controllarla. I razzi utilizzano un sistema di batterie non ricaricabili che convertono l'energia chimica in elettrica; la durata è breve, solo un'ora. I satelliti invece restano in orbita anche per anni. Necessitano quindi di una sorgente rinnovabile che riesca a ricaricare anche le batterie secondarie. I sistemi utilizzati sono fotovoltaici, statici e dinamici.

Pannelli Fotovoltaici

Se il satellite richiede una potenza minore di 10kW è possibile utilizzare questo sistema di potenza. Al contrario, le sonde che viaggiano verso l'esterno del Sistema Solare devono essere diversamente equipaggiate, in quanto il flusso della radiazione solare diminuisce con il quadrato della distanza. L'effetto fotoelettrico è alla base delle celle fotovoltaiche; i fotoni generano fotoelettroni e creano una differenza di potenziale fra due parti della cella. Generalmente, la parte superiore della cella n/p è composta da un semiconduttore di tipo n, mentre la parte inferiore è di tipo p. Il tipo n è generato tramite il drogaggio della struttura cristallina. Quando la superficie della cella viene esposta alla luce, vengono create coppie elettroni-lacune; se gli elettroni vengono eccitati a sufficienza, la corrente li fa passare dallo strato n a quello p; il ripetersi di questo processo genera la produzione di corrente, senza effetti sui materiali. Possiamo vedere il processo nello schema in Figura 3. [...]

ATTENZIONE: quello che hai appena letto è solo un estratto, l'Articolo Tecnico completo è composto da ben 1934 parole ed è riservato agli ABBONATI. Con l'Abbonamento avrai anche accesso a tutti gli altri Articoli Tecnici che potrai leggere in formato PDF per un anno. ABBONATI ORA, è semplice e sicuro.

Scarica subito una copia gratis

Scrivi un commento

Seguici anche sul tuo Social Network preferito!

Send this to a friend