Molti di noi sperimentano, nella pratica ma non solo, problematiche relative alle interferenze oppure anomale risposte dei circuiti nel tempo. Molto spesso questo può derivare dal fatto che esistono delle imperfezioni nella realizzazione del circuito integrato su cui si sta lavorando e alcune di queste possono dare luogo a fenomeni di scarica. Vediamo allora come nasce la scarica elettrostatica, di che cosa si tratta e cerchiamo di comprenderla al meglio per poterla evitare.
Il concetto di "scarica" implica, naturalmente, che ci sia stato un periodo all'interno del quale qualcosa si sia caricato. L'origine del fenomeno di carica è ovviamente il campo elettrico e la differenza di potenziale che sussiste ai capi di una determinata porzione di circuito. In pratica il campo elettrico che si crea fra due corpi determina una forte differenza di potenziale tra una porzione ed un'altra di uno stesso circuito, qualunque sia la sua dimensione. La scarica si manifesterà quando questi due corpi si avvicinano tra loro ad una distanza tale che il potenziale superi la rigidità dielettrica del mezzo. Con il termine "rigidità dielettrica" si indica, infatti, il valore massimo del campo elettrico, o equivalente mente della tensione, che è un materiale isolante può sopportare prima di dar luogo al fenomeno di scarica. Un esempio piuttosto comune è proprio l'aria che, per esempio, non permette che ci siano fenomeni di scariche tra i tralicci dell'alta tensione e terra.
Chi?
I fenomeni più comuni tramite i quali si manifesta la scarica elettrostatica riguardano l'intervento provocato dall'operatore stesso, il quale risulterebbe in questo caso essere già carico nel momento in cui si avvicina al componente, ma anche l'effetto dell'apparecchiatura, all'interno della quale si sono accumulate cariche. Nei circuiti integrati questo si può verificare facilmente osservando una scheda e notando, per esempio, dei pericolosissimi rigonfiamenti dei condensatori elettrolitici. Sempre parlando di circuiti integrati e di piste, durante il funzionamento è molto facile che si notino dei riscaldamenti localizzati, magari per effetto di vias non realizzati a regola d'arte oppure di piste che non sono state ben isolate oppure ancora integrati che risultano mal collegati. Le origini sono molteplici e naturalmente è praticamente impossibile elencarle tutte. Se da un lato, però, questo è vero, dall'altro invece noi abbiamo l'opportunità di studiare con attenzione questa fenomenologia effettuando dei test e delle misurazioni che ci permettono di caratterizzare queste scariche ed evitarne le conseguenze peggiori.
Dove?
Prima di fare queste valutazioni, però, è assolutamente indispensabile pensare a quali sono i punti di un apparato o di un dispositivo che è più facile che vengano in contatto con l'operatore e che possono essere fonte di scariche. Una conseguenza tipica del non aver rispettato le normative sull'isolamento riguarda il fatto che il contenitore stesso possa essere fonte di accumulo di carica. Le linee di interfaccia sono la seconda causa più comune: i vari organi di controllo e di comando, nonché il pannello frontale, per esempio, sono tra queste anche nel caso in cui ci sia un touchscreen oppure un display. Proprio per quello che dicevamo in precedenza, la scarica può localizzarsi in punti diversi con funzioni diverse e quindi è necessario approcciarsi fin da subito al circuito o al dispositivo che non sta funzionando correttamente e con tanta cautela.
Come?
I metodi attraverso i quali l'accumulo di elettricità statica può manifestarsi sono diversi: abbiamo visto che le cause possono essere elettrostatiche ma anche da interferenza e così via dicendo. Dal momento che abbiamo fatto esempi relativi ai circuiti integrati ed abbiamo parlato di condensatori, rimaniamo sul tema per far vedere alcune figure che possono spiegare in maniera estremamente intuitiva il concetto:
C'è una sola maniera per risolvere questo problema: cortocircuitare tutto questo a massa. Questo dipende dal fatto che massa, o terra, come tutti sappiamo, rappresentano i potenziali più bassi e pertanto, naturalmente, è lì che dobbiamo cercare di localizzare e scaricare ogni genere di accumulo.
Ho le suole di gomma
Pensate che basti? Questo è pressoché un luogo comune. Non è assolutamente vero che è sufficiente perché esattamente come l'esempio che abbiamo fatto per l'aria, anche la gomma, anche la distanza sono schematizzati e rappresentabili come isolanti. Il punto è che ciascun isolante propone una sua rigidità che è una caratteristica sua propria, intrinseca. Ma tutto questo dipende da quanta differenza di potenziale il soggetto incontra e quali sono le dimensioni in gioco.
Se prendiamo il caso dell'uomo che cammina con le suole di gomma, o di materiale isolante qualsiasi, e questo cammina su un pavimento isolante, egli causa lo strofinio fra le suole ed il pavimento e questo naturalmente è sufficiente per generare un accumulo di carica elettrica proprio sulle suole il che induce una carica opposta sulla pianta dei piedi mentre in altre parti del corpo, in particolare sulle mani, si manifesta una carica dello stesso segno rispetto a quella accumulata nelle suole. Si rimanda al lettore l'approfondimento sul perché le mani risultino cariche.
Tuttavia vogliamo darvi una dritta: approfondite il cosiddetto "potere dispersivo delle punte". Scoprirete cosa davvero interessanti, ve lo promettiamo!
Nella figura che vi abbiamo appena mostrato quello che succede è che la carica accumulata dalla persona che avvicina le mani all'apparecchio il cui case sia metallico può essere scaricata sia in aria sia per contatto.
La prima modalità, ovvero la scarica "in aria" si riconduce al caso in cui, all'atto dell'avvicinamento, vengono indotte cariche di segno opposto sulle pareti metalliche e il superamento della rigidità dielettrica non può che dipendere anche dalla distanza tra le superfici cariche. L'impulso di scarica che ne deriva, che può anche addirittura superare i 10 kV, viene avvertito come "fastidioso".
La modalità di scarica in aria dipende anche dall'ambiente nel quale ci si trova: l'umidità, in particolare, gioca un ruolo fondamentale. Maggiore è il tasso di umidità, più basso sarà il valore di tensione relativo.
La seconda modalità, invece, ovvero quella "per contatto", si verifica, come il nome suggerisce, all'avvenuto contatto. L'impulso dipende, naturalmente, sempre dalla quantità di carica accumulata. Esistono anche scariche più deboli e naturalmente meno temibili che noi per primi non possiamo avvertire ma che, nell'ambito di circuiti stampati, per esempio, possono essere altrettanto dannose e deleterie. Quando parliamo di circuiti, specialmente digitali, tensioni dell'ordine dei 100 V possono davvero fare gravi danni. E quand'anche non l'avessero fatti, tali accumuli di cariche, come dicevamo in precedenza parlando dei condensatori, potrebbero innescare reazioni pericolose per il futuro, minando l'isolamento già presente all'interno del circuito.
L'isolamento
Dal momento che stiamo parlando di fenomeni che vengono definiti sia macroscopicamente sia microscopicamente, non possiamo non tenere conto del fatto che, a seconda del caso in cui ci troviamo, le tensioni di nostro interesse, che dobbiamo considerare pericolose, sono di diversi ordini di grandezza.
È necessario, altresì, caratterizzare questa differenza di potenziale considerando che la legge che governa questo tipo di fenomeni è sempre la legge di Ohm per cui
V = R I
Come sappiamo bene, la nostra pelle propone una certa resistenza al passaggio di corrente. E così come abbiamo parlato dell'umidità, avere la pelle bagnata, per esempio, rende molto meno alto il valore di resistenza e quindi l'isolamento che noi siamo in grado di proporre rispetto all'ambiente esterno.
Quanta carica, allora, abbiamo accumulato?
Naturalmente questo dipende. Supponiamo di avere un eccesso di carica tale che, integrato nel tempo, restituisca un valore di corrente pari a 6 uA.
Se fissiamo un valore per la resistenza del nostro corpo al passaggio di corrente pari ad 1 MegaOhm, il valore di tensione sarà 6 V.
Poco, direte voi. Giusto?
Vero ma se considerate che la pelle bagnata propone un valore di isolamento che può scendere fino a 200 Ohm vi rendete conto che non potete fare la stessa considerazione.
Per comprendere meglio questi andamenti, queste relazioni, proviamo a dare una misura sperimentale dell'andamento della tensione in funzione della variazione dell'impedenza.
Naturalmente ben poco cambierebbe esprimendo questo grafico su scala logaritmica, il concetto sarebbe identico.
Neutralizzare le cariche
L'unica vera soluzione del problema resta quello di realizzare una messa a terra del conduttore carico
Le cariche di un isolante possono essere neutralizzate in tre modi distinti:
- conduzione attraverso il materiale;
- conduzione attraverso la superficie del materiale;
- attrazione di cariche opposte.
Attraverso il materiale
Nel primo caso si capisce bene che lo scopo è quello di far transitare le cariche all'interno del materiale per creare un flusso di elettroni che dalla superficie carica porti verso massa. Tutto questo è, naturalmente, influenzato dal concetto di densità di carica superficiale che indicheremo con σ. Questa grandezza decade esponenzialmente in funzione del suo reciproco ovvero della resistivi tra del mezzo. Ma non solo, dal momento che noi abbiamo anche da tenere in considerazione la costante dielettrica del mezzo stesso (in questo caso la consideriamo reale e non complessa!).
Tutte le grandezze che servono per definire questo valore sono riportata la seguente formula
questo implica che al variare della costante dielettrica relativa del mezzo, ovvero cambiando il materiale isolante, il decadimento potrà essere più o meno veloce.
A sua volta questo ci suggerisce che la scelta del materiale isolante deve essere congrua al tipo di accumulo di carica che noi prevediamo ma anche e soprattutto alla quantità di carica che è possibile, nel caso peggiore, che si manifesti.
Alcune soluzioni prevedono l'aggiunta di una seconda lastra di rame il cui scopo sia quello di favorire la dispersione delle cariche come mostrato in figura.
La disposizione geometrica non è casuale e proprio la distanza gioca un ruolo fondamentale dal momento che maggiore sarà la distanza, più grande sarà il tempo di decadimento.
Il tempo di decadimento attraverso l'isolante aumenterà anche qualora in prossimità siano presenti apparecchi o altri dispositivi con parti metalliche già poste a terra.
Senza contare che poi abbassare la resistività del materiale significa rendere in qualche modo conduttivo il materiale stesso.
Gli isolanti conduttori
Come abbiamo visto in figura, la resistività può essere abbassata mediante l'aggiunta di conduttori.
Tipicamente gli isolanti sono plastiche e polimeri in cui eventuali cariche depositate sulla superficie possono sopravvivere a lungo e questo aumenta la probabilità che gli apparecchi in prossimità dell'isolante possano subire un danno. Ecco per quale motivo si utilizzano frequentemente agente antistatici nei materiali isolanti per abbassare la resistività anche di qualche ordine di grandezza. Questi sono, infatti, distribuiti con buste e contenitori appositi (che chiunque abbia comprato componenti elettronici, specie discreti, già conosce).
La limitata conduttività di per sé è un ottimo sistema ma è necessario anche, come abbiamo già detto, assorbire l'umidità dall'ambiente circostante.
Eventuali sostanze conduttive possono rendere elettricamente conduttive le plastiche; negli anni 50 era uso, a questo scopo, utilizzare la polvere di carbone.
Quando il bisogno di sicurezza aumenta, quando è criticamente a rischio la vita delle persone, come in ambito sanitario, ben altre sostanze e ben altri strumenti vengono impiegati: nelle camere operatorie, per esempio viene utilizzata la cosiddetta "gomma conduttiva" per rendere le scarpe antistatiche. Ma non solo, dal momento che le gomme delle automobili e i pavimenti realizzati ad hoc prevedono lo stesso tipo di soluzione.
La gomma cosiddetta "vulcanizzata" presenta una resistività di ben sette ordini di grandezza maggiore rispetto alla polvere di carbone, per arrivare a 10^13 Ohm.
La tecnologia, però, avanza e con il suo sviluppo si sono creati anche dei polimeri che sono intrinsecamente dissipati di conduttivi. La loro creazione e realizzazione in laboratorio permette di effettuare ingegnerizzazioni tali da poter decidere, con precisione atomica, quali debbano essere le loro caratteristiche.
Superficialmente...
Il secondo metodo di cui abbiamo parlato tiene conto del fatto che è possibile far decadere la carica in maniera superficiale. In pratica avremo un campo elettrico le cui linee si sviluppano lungo la superficie e avremo altresì una densità di corrente proprio superficiale ed una resistività anch'essa superficiale.
Da un lato, questa tecnica permette di sfruttare a proprio vantaggio la caratteristica che gli isolanti hanno di localizzare l'eccesso di carica. Dall'altro, quando si utilizzano dei materiali conduttori aggiunti, questo rende più semplice la dissipazione.
Uno svantaggio di questa tecnica è che l'ambiente circostante influenza in maniera critica il risultato che possiamo ottenere: ancora una volta, infatti, fattori esterni ed ambientali, come l'umidità giocheranno un ruolo rilevante, tutt'altro che trascurabile.
Un tasso di umidità eccessivo nell'aria provoca, infatti, un aumento di spessore dello strato di umidità, che si accumula sulle superfici del materiale isolante e questo causa la neutralizzazione delle cariche presenti per effetto dell'azione degli ioni elettrolitici.
Possiamo rendere conduttivi degli isolanti trattando le superfici con agente antistatici, una tecnica ampiamente utilizzata nell'industria tessile e grafica. Si lavora anche sui pavimenti con questo genere di metodologia ma dopo ogni lavaggio sarà necessario ritrattare la superficie. È buona norma tenere a mente che anche i tappeti, qualora presenti, vanno trattati nello stesso modo.
Nell'industria elettronica è il polietilene l'elemento base e viene realizzato aggiungendo agenti antistatici al polimero.
Esempi del suo utilizzo sono davvero frequenti nel campo dell'imballaggio piuttosto che dell'immagazzinamento e del trasporto dei componenti, specie quando sensibili.
Gli opposti si attraggono
Questa scoperta di Coulomb ha avuto ripercussioni rivoluzionarie ed oggi, grazie a questa considerazione, sappiamo che l'utilizzo di ioni dell'aria rappresenta un metodo utilissimo per neutralizzare le cariche all'interno degli isolanti. L'aria è ionizzata, a prescindere, ma utilizzare un forte campo elettrico ed immettere ioni all'interno di un isolante può neutralizzare le cariche eventualmente presenti.
La scarica
Il fenomeno è molto breve, velocissimo. Ecco perché viene definito "impulso". Esso genera disturbi che si possono accoppiarsi col circuito ma, come dicevamo, il metodo dipende dalla localizzazione dell'impulso rispetto al circuito nonché dalla sua forma. Quest'ultima dipende da fattori quali la dimensione dell'operatore che lo genera, le condizioni ambientali ma anche l'impedenza di terra.
La Norma CEI EN61000-4-2 rappresenta la formalizzazione in legge di tutti i parametri che sono stati riconosciuti "responsabili" dei fenomeni di scarica elettrostatica. Grazie all'applicazione di questa norma possiamo tenere in salvo i nostri dispositivi da diversi tipi di fenomeni potenzialmente letali.
Il fenomeno è particolarmente breve nel tempo e si parla di durate inferiori al ns, davvero molto breve. La caratterizzazione in frequenza indica uno spettro che si estende oltre gli 800 MHz. Questo vi dà la dimensione di quale sia il contributo energetico dell'impulso.
Le contromisure agli effetti della scarica si basano principalmente, come abbiamo già avuto modo di dire, sulla sua caratterizzazione. Bisogna studiare i percorsi conduttivi, soprattutto quelli facilitati, che le cariche trovano e grazie ai quali si esplica il fenomeno; dalla sorgente alla scarica attraverso il contenitore fino a terra e ritorno.
Ogni discontinuità nel circuito verso terra diventa una sorgente di campo elettrico radiato e, come abbiamo detto, l'irradiazione è una possibile fonte di accumulo di cariche.
Nel fenomeno della scarica i disturbi sono prodotti sia in maniera radiata sia condotta e mentre i primi si propagano attraverso l'aria e si accoppiano ai circuiti, quelli condotti entrano direttamente grazie agli ingressi dei circuiti e questo avviene quando la scarica viene applicata, per esempio, direttamente l'apparecchio. Il disturbo si traduce in un nuovo campo radiato che, a sua volta, si accoppia o con il circuito stesso oppure con altri dispositivi presenti nelle vicinanze.
Eventuali disomogeneità nell'involucro possono essere fonte di problematiche simili e a tal proposito, a maggior ragione, suggeriamo lo studio di quell'effetto di cui avevamo accennato in precedenza, ovvero il ruolo delle punte nella conduzione elettrica.
Le dimensioni in gioco interessano lo svolgimento di questi fenomeni ed in genere i circuiti più densi possono dimostrare, una maggiore propensione all'insorgere di questi problemi. A volte, infatti, basta dislocare adeguatamente gli apparati all'interno della stanza oppure i dispositivi all'interno del circuito e così via dicendo.
Dal momento che i fenomeni interessano sia il campo macroscopico, e quindi di sistemi di grandi dimensioni sia i circuiti integrati questi discorsi vanno necessariamente affrontati in maniera parallela. La fenomenologia è la stessa anche se le dimensioni cambiano.
Ecco per quale motivo si parla del ruolo dei contenitori, dei cabinet e dei case allo stesso modo.
La domanda resta: come ci proteggiamo?
Se si tratta di conduttori le parti metalliche dei macchinari devono necessariamente essere collegate a terra. Un approfondimento molto interessante a tal riguardo a che fare con quello che succede sugli aerei: se l'aereo è in volo l'isolamento "a terra" non è possibile. Che soluzioni si applicano in quel caso?
Accessori, computer e collegamenti devono quindi essere il più possibile lontani dal cabinet.
Per sistemi microscopici, invece, e quindi i circuiti integrati, le soluzioni all'isolamento, come abbiamo approfondito nell'articolo che vi abbiamo indicato in eccedenza, riguardano il disaccoppiamento e la distinzione dei piani di massa, il loro partizionamento ed il loro corretto posizionamento.
Quando parliamo di materiali isolanti, il loro ruolo dovrebbe essere quello di isolare, per l'appunto, l'elettronica in maniera tale che essa non possa essere raggiunta dagli effetti della scarica.
Questo genere di caratterizzazione viene fatta proprio per i circuiti integrati perché, tra i suoi molteplici aspetti, uno dei motivi per cui viene realizzato il package è proprio quello di proteggere il circuito da questo genere di fenomeni. Anche in questo caso, però, la scelta del materiale identifica un massimo valore di tolleranza oltre il quale si avrà necessariamente la scarica.
Ed entriamo, a questo punto, più nello specifico dei circuiti stampati. Isolare questi risulta essere l'approccio più vantaggioso perché sul circuito stampato sono assemblati la maggior parte dei componenti. Le dimensioni, inoltre, del circuito stampato sono molto piccole e, quindi, racchiudono tutte le funzionalità in uno spazio molto ridotto. Più il circuito diventa piccolo meno risulta sensibile ai disturbi radiati.
Su un circuito stampato, inoltre, l'aggiunta di uno strato esterno può funzionare da schermo e diventa anche un'ottima soluzione per i disturbi relativi a piste eventualmente mal dimensionate.
Le linee di I/O di un dispositivo, di un sistema o di un apparato più in generale sono esposte ai pericoli di scarica elettrostatica da parte dell'operatore che entra in contatto col sistema stesso. La corrente di scarica attraverso le linee di segnale, nonché di controllo, può raggiungere regioni parecchio sensibili del circuito danneggiandolo anche irreparabilmente.
La soluzione consiste nel deviare la corrente prima che raggiunga circuiti sensibili. Talvolta è possibile che sia sufficiente inserire fra le linee ed il piano di riferimento una capacità da 1 nF, altre volte possono essere utilizzati i cosiddetti "anelli di guardia".
Quando le frequenze operative in gioco sono superiori ai 10 MHz può essere necessario utilizzare cavi schermati che utilizzano gusci metallici per il connettore.
Come dicevamo, i circuiti odierni sono pressoché quasi tutti digitali ed utilizzano segnali molto veloci. Un esempio sono i segnali che transitano sui bus USB, specie se 3.0.
La circuiteria è sensibile alle scariche e l'utilizzo di semplici diodi Zener può non essere sufficiente.
Molti di questi circuiti, fortunatamente, però, includono già una protezione contro le scariche elettrostatiche, limitata ad impulsi da 1-2 kV. Tuttavia la normativa richiede che siano gestibile anche scariche dirette per i contatti fino a 8 kV.
Dispositivi di protezione
E siccome tutte queste problematiche possono essere gestite tramite l'impiego di opportuni dispositivi, ecco, qui di seguito, quali sono e a cosa possono essere davvero utili:
- diodo Zener, una vecchia conoscenza di chi si occupa di elettronica specialmente analogica da più tempo. Si tratta di una forma di protezione tradizionale diventata ormai inadeguata con l'aumento della velocità di funzionamento, le frequenze di clock ma soprattutto a causa dell'incremento subito dalle capacità parassite che bypassano le alte frequenze, con relativa ed annessa distorsione del segnale;
- diodo TVS, ovvero uno Zener modificato al quale sono stati aggiunti in serie dei normali diodi allo scopo di ridurre la capacità che scende fino a valori da 5 pF. Per segnali particolarmente veloci questa potrebbe ancora essere una capacità troppo grande;
- MOV, dispositivi con capacità ancora più bassa (3 pF);
- MOS, dispositivi con capacità pari a 1 pF ed una protezione contro le scariche elettrostatiche superiori a 8 kV;
- dispositivi realizzati con i polimeri che, oltre alla proprietà di avere un'impedenza dipendente dalla tensione applicata, presentano una bassa capacità, addirittura inferiore ai MOS.
Proteggiamoci
Ed infine vediamo che cosa possiamo fare per proteggerci da questi fenomeni così sgraditi. E, dal momento che abbiamo parlato di circuiti analogici, macroscopici, ma anche di circuiti digitali e circuiti integrati, cerchiamo delle linee comuni negli interventi utili per difenderci in tutti questi casi.
Prima regola, fondamentale: mettere a terra tutte le parti metalliche esposte.
Se i circuiti sono racchiusi in un contenitore metallico, omogeneo, questo deve essere collegato mediante un solo punto a terra.
La massa dei circuiti interni deve essere collegata al contenitore in un unico punto.
Se la capacità di disaccoppiamento fra il contenitore ed i circuiti interni è elevata, va necessariamente aggiunto uno schermo fra i due. Quest'ultimo va collegato a massa nei circuiti “interni” e da questa poi collegata al contenitore in maniera tale da realizzare un unico collegamento.
Il collegamento fra la massa dei circuiti interni ed il contenitore nonchè il punto di messa a terra del contenitore stesso deve essere in prossimità degli ingressi; in questo modo si accorcia il percorso della corrente che si scarica e la si allontana dai circuiti interni.
È fondamentale schermare le linee di I/O.
È importante isolare con inserti di plastica i circuiti stampati.
E torniamo proprio ai PCB e agli integrati. Dal momento che i problemi principali sono legati alla densità di piste e componenti a parità di area, gli effetti si tramutano in fenomeni di irradiazione di modo comune, per effetto delle alimentazioni, radiazioni di modo differenziale per i circuiti chiusi, anelli di retroazione, che si comportano come antenne ma anche radiazioni dovute alla comunicazione delle porte logiche e quindi annessa risposta transitoria.
Per risolvere questi problemi, dal momento che le correnti a radiofrequenza di diversi dispositivi percorrono insieme tratti comuni di piste e per effetto della loro induttanza ai capi di questi tratti si sviluppa la differenza di potenziale, è fondamentale minimizzare proprio l'induttanza. Dal momento che il valore di questa grandezza è dovuto alla realizzazione fisica delle piste e che, quindi, è necessario diminuire il valore di corrente a radiofrequenza che percorre le piste stesse, si possono impiegare dei condensatori con funzione di disaccoppiamento a ridosso dei dispositivi di comunicazione.
Il segnale di clock può essere generato dai circuiti stampati tramite chip dedicati; questo minimizza l'anello delle correnti e fa diminuire le emissioni radiate. Il tempo di salita dovrebbe essere lungo ma naturalmente questo va confrontato con le prestazioni richieste al sistema e le specifiche dello stesso.
Quando si utilizza una resistenza di pull-up, va inserita direttamente sul driver per evitare che il contributo della corrente di pull-down possa avere alcuna influenza.
È anche possibile utilizzare condensatori di disaccoppiamento fra le piste di alimentazione e massa.
È buona norma, quando si ha a che fare con circuiti stampati su doppia faccia, lavorare in maniera tale da utilizzarne una per costruire il piano di massa.
Concordemente, quando si hanno più strati, è buona norma utilizzarne uno per la distribuzione dell'alimentazione, uno dedicato per il piano di massa ed uno per le interconnessioni.
Se ci sono piani esterni, è bene che possano essere adibiti a funzione schermante.
E come ultima regola assolutamente generale: evitate di realizzare piste con curve a 90°! Perché? Sempre per quell'effetto fisico che vi abbiamo suggerito di approfondire.
Buona progettazione.
Articolo basato su "Nozioni sui fenomeni elettrostatici" del Dott. Mario Damia | LaboratorioCE
Questo è un buon articolo per chi comincia ma anche un buon ripasso!
La parte delle suole di gomma è molto importante. Avete fatto bene a sottolinearlo. Tempo fa nella mia zona rimase fulminato un operatore dell’enel perchè aveva un piede in una pozzangherà…
Sembra banale ma le suole di gomma non sono una sicurezza assoluta!
L’unica cosa che non ho capito è: è di piero o di Mario Damia? 😉
“Articolo basato su “Nozioni sui fenomeni elettrostatici” del Dott. Mario Damia”
Rielaborato da Piero ma basato sullo scritto del Dott. Mario Damia, il quale ci ha autorizzato ovviamente 😉
Io ho offerto il mio modesto contributo ad un articolo di grande valore. 🙂
Sia io sia Emanuele siamo convinti del fatto che le basi vadano trattate anche in modi diversi.
Abbiamo voluto dare spazio a questo contributo perché da un lato ci sono tanti utenti che stanno ancora studiando che seguono questo blog ma dall’altro ci sono altrettanti appassionati che molto spesso beneficiano di un “ripasso”.
Vorrei provare a fare una mini “provocazione”: quanti di voi utilizzano questo?
http://www.pcsys.it/images/20080620104813-ias-bws150.jpg
Posso fare una piccola critica?
Qualche immagine in più non era una cattiva idea.
L’articolo resta comunque validissimo, chiunque l’abbia scritto!
🙂
Grazie!
Sono sempre felice quando arrivano delle voci che “stonano” dai complimenti.
Per quanto facciano piacere, fanno crescere di meno!
Ottima idea!
Ne terremo certamente conto.
PS: ben tornato… era da tempo che non ti si vedeva…!!!!
A completezza dell’articolo segnalo che l’argomento è stato trattato, dallo stesso Dott. Damia in un seminario Wurth, al quale ho partecipato con interesse alcuni mesi fa.
Parlancene.. 🙂
Dove si è tenuto, qual’era l’argomento…
Sai se ce ne sono altri?
C’erano attestati alla fine?
Che hai imparato?
Condividi con noi 🙂
So solo che ho dovuto mettere nelle mie ciabatte di plastica del filo di rame in modo che toccasse terra e il mio piede, perché prendevo continuamente delle sberle elettrostatiche, quando accendevo la luce (eppure il pulsante è di plastica, oppure se accendevo o spegnevo il PC, oppure se aprivo la porta di casa (di metallo). Facendo un buco nelle ciabatte e infilandoci il filo intrecciato di rame e facendogli fare un giro in modo che toccasse terra e la mia calza del piede, ho risolto e non prendo più scosse elettrostatiche! Ogni scossa erano mille bestemmie a tutti i santi del paradiso e a tutti i diavoli dell’inferno! Mi stavano minando la salute mentale, possibile che nessuno sappia niente su questa cosa? Come faccio ad accumulare tutta questa corrente elettrostatica?
Perfino la mattina appena alzato, tocco qualcosa e prendo la scossa, dunque non si tratta di accumulo da sfregamento.
Per fortuna ho risolto eliminando l’isolamento delle ciabatte.