A volte verbi come “sviluppare”, “creare” ed “inventare” possono voler dire semplicemente che qualcosa che abbiamo avuto sotto gli occhi per tanto tempo può essere guardata da un punto di vista diverso. Ed è proprio da questo presupposto che è nata una ricerca grazie alla quale arriva la riscoperta dei tubi a vuoto ed una prospettiva concreta per la microelettronica.
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Con i fet ho realizzato qualche cosa pure piacevole, dice il mio orecchio che non è da intenditori
Bene… speravo in un audiofilo a cui chiedere..
Mi qualificheresti la “purezza” per piacere? Bada bene che è una domanda seria… 🙂
Ti prego, argomentala… 🙂
Che intendi per “qualcosa”?
Voglio supporre sia audio…
Sono d’accordo!
Ma come si può su un forum argomentare una sensazione sonora, scusa…?!
ciao,
anche io sono audiofilo e mi sono divertito a leggere i commenti dei miei colleghi sulla “purezza del suono delle valvole”!
In realtà, le valvole non sono più o meno pure dei transistor. Il vantaggio tecnologico che possono avere è che essendo analogiche, non soffrono di clipping o di distorsioni non lineari che all’orecchio umano suonano innaturali o “fredde”. La valvola ai limiti della distorsione genera delle armoniche pari che “rafforzano” il suono percepito, che sembra più caldo. Il transistor taglia il suono, ovvero produce una uscita costante, e questo è fastidioso. MA tutto il discorso fila se l’intera catena audio è analogica, ovvero giradischi, step-up oppure pre-phono a valvole, amplificatore a valvole, casse cablate. Se la sorgente è il FLAC o il CD, attenzione… le valvole potrebbero suonare meglio solo…. perchè più costose!! l’effetto placebo esiste anche al di fuori della medicina, c’è anche chi sente il suono dei cavi!!
pREMETTO CHE IN aUDIO ESISTONO NOMI MOLTO FANTASIOSI, CHE PUR NON AVENDO nulla a che vedere CON IL FENOMENO FISICO DELLE ONDE SONORE, CREANO UNA IMMAGINE “psicoacustica” rappresentativa che richiama un tipo di suono.
Un esempio: Caldo, Pulito, Profondo, e via di seguito.
QUeste sono sensazioni Psicoacustiche UNIVOCHE, che vengono percepite e chiamate in tal modo, ma che tutte corrispondono ad una sensazione di benessere psicofisico ben determinato seppure inspiegabile perchè inconscio.
In opposizione, sporco, stridente, chiuso, aperto, sono altrettante definizioni ANCH’ESSE definite con TERMINI DEL TUTTO estranei all’Acustica, ma che ben IDENTIFICANO UNIVOCAMENTE il fenomeno percepito, tra gli addetti ai lavori ed audiofili.
PUREZZA, è tra i più semplici in quanto definisce un suono PURO perchè uguale a quello ORIGINALE, senza introduzione di distorsioni, disturbi
come ronzio, fruscio, Hum, che sarebbe una componente a 50 Hz, residuo di raddrizzamento dell’alimentatore, ma oggi ormai SCONOSCIUTO come rumore.
OVVERO un suono puro di violino ( che è tra i più difficili da riprendere e riprodurre per la quantità di armoniche), è quello che pur riprodotto sia quasi identico a quello dello strumento originale non amplificato.
Scusate la lungaggine ma parliamo di argomenti talmente vasti e complessi con innumerevoli variabili, che pur così trattato sembra ampiamente, lo considero meno che sorvolato.
Forse sono maniaco.
Ciao Luca, condivido quanto hai scritto, troppi audiofili “che ascoltano anche il suono dei cavi” si dimenticano che la reattanza induttiva espressa in ohm, è data dalla vecchia formula XL = 6,28 * f * l e il relativo effetto pelle. Sono nato a fine anni 50, sui libri di testo del tempo, ho studiato e lavorato con le valvole. Attualmente lavoro con micro e DSP in ambiente C e C++, i vecchi amori però, non si dimenticano mai, infatti ho un hi-fi valvolare (tetrodi 6L6). Come tu dici, l’effetto placebo esiste anche nel settore audio.
Io sono musicista ed audiofilo da decenni, ma anche ho progettato finali e mixer sia a Valvole che a transistor partendo dagli anni 70.
Questo discorso di ” calore ” analogico ha dei fondamenti di fisica acustica, elettronica, analisi spettrale delle frequenze riprodotte e di Slew rate delle forme d’onda, senza contare che le valvole avendo la necessità di trasformatore di uscita in configurazione push-pull, hanno maggiore tolleranza sulla distorsione di seconda armonica, verso i limiti della massima potenza.
Ovvero: non è vera questa ” credenza popolare” e molto nostalgica, ma è vero il contrario.
Soltanto che le “mancanze di quei sistemi” vengono considerate in modo nostalgico, e pertanto assumono un fascino particolare.
E’ vero che possiamo far suonare un sistema digitale come uno a Valvole ma non possimo fare il contrario
SONO D’ACCORDO IN TOTO.
Leggi anche il mio commento.
La storia del suono dei cavi ogni tanto ricorre a partire dal 1976, per puro uso commerciale.
Chi la portava avanti non sapeva nulla della impedenza di uscita degli amplificatori, di quella riflessa, della controreazione etc.
C’è stata solo una discussione con basi matematiche sulla INTERMODULAZIONE DINAMICA, che era una vera rivoluzione, perchè rivalutava gli amplificatori con buona banda ad anello aperto rispetto a quelli con elevato tasso di controreazione.
Ma questa è un’altra storia.
Se puoi commenta la mia risposta.
Hai fatto benissimo a specificarlo.
Queste sono puntualizzazioni che è importante fare ed è giusto che chi più sa, più si esprima 🙂
Non volevo o vorrei essere catedrattico, ma ho iniziato a progettare Ampli di potenza Audio a Valvole, poi Ibridi, per arrivare ai transistor.
Essendo anche musicista, le progettazioni le ho fatte più con “l’orecchio” che con la pura elettronica, prendendo strade differenti da quelle usate fino ad allora.
Ero in laboratorio progetti di una Multinazionale Italiana di allora ed avevo un Ingegnere capo che mi diceva, ” cosa le interessa la curva ad anello aperto, quando poi c’è la controreazione”.
La mia cervice però mi diceva PUR IN CONTROTENDENZA, che se è già bello ad anello aperto, controreazionato poco, è meraviglioso.
Dopo un paio d’anni da questo primo ampli a transistor da 100W RMS ( anno 1975 ampli con Slew rate di 20 V uSec ) è iniziata sulla rivista Audio più prestigiosa allora, una diatriba tra i più grossi progettisti italiani proprio sulla controreazione.
TUTTO QUESTO, non è fuori dal discorso del “suono delle valvole”, ma è strettamente connesso in quanto erano le prime differenze con i Transistor e la gente che tifava sempre per le valvole, che NON raggiungevano più di 70W RMS, massimi, con 4 pentodi accoppiati a 2 a 2.
Questa nota è solo per dire che mi smbra di essere catedrattico e logorroico, anche per piccole cose, ma l’ampiezza degli argomenti se trattata seriamente e nel modo giusto, è estremamente lunga e richiederebbe articoli interi e lunghi, per ogni parte trattata.
Anche se queste ultime righe che scrivo sull’argomento possano sembrare contro il ROMANTICISMO ELETTRONICO, lo sono solo contro chi sostiene delle tesi per interesse commerciale, non supportate dalle conoscenze tecnologiche.
Per questo aggiungo ai precedenti interventi alcune delucidazioni sulla tecnologia valvolare:
LA TEMPERATURA del filamento è attorno ai 600/800 gradi C° perchè oltre fonderebbe il metallo di cui è fatto il Katodo.
Solitamente il Filamento era all’interno di un contenitore a sezione ocilindrica o rettangolare che realmente EMETTEVA DEGLI ELETTRONI PERCHè SCALDATO DAL FILAMENTO.
IN POCHI CASI IL FILAMENTO ERA ANCHE IL kATODO STESSO, PER RAGIONI DI TECNOLOGIA COSTRUTTIVA.
Il Katodo emetteva elettroni grazie ad una RICOPERTURA di un materiale depositato espressamente per questo.
LE VALVOLE SI ESAURIVANO, dopoun certo numero di ore perchè esauriva il materiale depositato. Processo molto simile al fenomeno dell’elettrolisi, ( ma quì siamo nel vuoto).
Infatti sopratutto negli amplificatori di potenza usati sopratutto per strumenti musicali, dopo ogni anno o due, le valvole dovevano essere sostituite anche se funzionanti, perchè fornivano una potenza DRASTICAMENTE RIDOTTA. Pensando che si parla di amplificatori che al massimo dei massimi arrivavano a 70 W RMS.
BILANCIO ENERGETICO: Le valvole richiedevano una potenza pittosto significativa dovuta alla energia utilizzata per riscaldare il filamento, e poi il rendimento era già basso per perdite nei trasformatori di uscita etc.
PERTANTO IL RENDIMENTO MEDIO TOTALE non raggiungeva il 50 % sulla potenza assorbita in rete, contro l’85-90 % odierno.
TEMPO DI ACCENSIONE: prima di avere l’uscita audio si attendeva il riscaldamento delle valvole, e l’assorbimento energetico c’era, abbasyìtanza importante ANCHE SENZA RIPRODUZIONE SONORA, come i vecchi televisori a tubo catodico che hanno il filamento che scalda.
SICUREZZA: Le valvole necessitano di “TENSIONE ANODICA ” importante dell’ordine del centinaio di volt fino a qualche centinaio per i finali di potenza. Pertanto con potenziale di rischio per l’incolumità in caso di perdite di isolamento etc.
Con questo spero di avere dato una idea più vicina alla realtà che non al romanticismo, di come e cosa le apparecchiature a valvole fossero.
Poi il ROMANTICISMO può comunque perdurare, ma ho scritto questo perchè un paio di commenti a questo articolo, sono in totale assonanza con quanto dichiaro da decenni, e pertanto una piccolissima chiarificazione mi sembrava doverosa a favore dei dubbiosi (non tecnici esperti) per dare loro argomenti imparziali, ai quali riferirsi.
MM
Interessante questo forum,
in particolare vorrei precisare che il suono dei fili esiste!
Alias (equivalente) microfono a condensatore formato dal cavetto che dalla testina piezo del giradischi porta il segnale all’ingresso Hi z (>1Megaohm) dell’amplificatore sia esso a valvole o altro, caustato dal “lasco” accoppiamento (dal punto di vista meccanico-costruttivo) della calza con l’anima e quindi una sua vibrazione produce suono (variazione di capacita a velocita’ udibile), ancor piu’ se, come in alcuni moderni cavetti, l’isolante e’ quella striscia di, credo, policarbonato, o non so cosa, che elettrizzata ti resta tra le dita mentre spelli il filo, provare per credere. E che dire dell’effetto microfonico delle valvole? (per chi se lo ricorda!).
vero soprattutto con certi finali di potenza RF da 1 o 2Kw con le valvole che sembravano una discoteca con le luci psichedeliche……..un bel modo per farle durare poco…