Gli impatti negativi sull’ambiente prodotti dai mezzi di trasporto alimentati a combustibile fossile stanno favorendo l’introduzione di soluzioni alternative in grado di abbattere le emissioni gassose. I veicoli elettrici (EV), la cui produzione a livello globale è in continua crescita, pur rappresentando una valida risposta ai problemi ambientali, soffrono tuttora di alcune limitazioni. Una di queste è sicuramente il tempo richiesto per la ricarica delle batterie, che nella versione base può richiedere alcune ore. L’elettronica di potenza ha permesso in breve tempo di superare anche questo limite, contribuendo alla realizzazione di dispositivi per la ricarica veloce e super veloce.
Introduzione
Per essere competitive con i tradizionali veicoli a combustione interna, le auto elettriche (EV) dovrebbero avere dei tempi di ricarica delle batterie dell’ordine di 5-10 minuti. Nel corso dell’articolo vedremo come questo obiettivo molto ambizioso sia già oggi raggiungibile grazie ai sistemi di ricarica veloci e super veloci (fast charging). La transizione verso la propulsione elettrica è cominciata diversi anni fa, coinvolgendo progressivamente tutti i principali settori del trasporto: autoveicoli, autobus di linea, mezzi di trasporto pesanti, aerei e altro ancora. Oltre agli aspetti prettamente ambientali, i veicoli elettrici presentano numerosi vantaggi, tra cui un’efficienza molto elevata, che a sua volta si traduce in minori costi di esercizio. Il tallone d’Achille della tecnologia di trasporto elettrica è, da sempre, rappresentato dal tempo di ricarica delle batterie; risulta infatti più conveniente e più rapido fare il pieno a un veicolo alimentato a benzina o gasolio. Il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti ha per primo introdotto una classificazione dei sistemi di ricarica EV, identificando tre livelli:
- Livello 1: sistema di ricarica standard, con potenze fino a 5 kW
- Livello 2: sistema di ricarica veloce (fast charging) con potenze comprese tra 5 kW e 50 kW
- Livello 3: sistema di ricarica super veloce (super fast charging) con potenze superiori a 50 kW
Il sistema di ricarica standard prevede la presenza, sul veicolo, di un apposito circuito elettronico adatto a ricevere la carica, denominato on-board charger. Nel caso invece di carica veloce, l'intero sistema di carica è esterno al veicolo. Questa soluzione è determinata dalla impossibilità, viste le alte potenze in gioco, di alloggiare tutti i circuiti di potenza internamente al veicolo, oltre alle implicazioni legate alla messa in sicurezza di questi dispositivi. Al fine di contenere la massa e gli ingombri del circuito on-board charger, la carica super veloce viene normalmente implementata fornendo al veicolo potenza in corrente continua (DC). Nelle ricariche di livello 1 e 2, invece, gli on-board charger integrano solitamente dei convertitori AC-DC e l’energia può essere fornita al veicolo sotto forma di corrente alternata (AC).
Importanza del tempo di ricarica
Per meglio comprendere come questo fattore sia di vitale importanza per decretare il successo dei veicoli elettrici, consideriamo un esempio pratico. Supponendo un tragitto giornaliero casa-lavoro di 50 chilometri, con un EV medio otterremo un consumo pari a circa 10 kW. Poiché un EV tipico ha un’efficienza pari a circa 150-190 Wh/km, il tempo necessario per effettuare la ricarica sarà pari a circa 1 ora. A titolo comparativo, si tenga presente che un normale distributore di carburante eroga con una portata di circa 40 litri/minuto (esistono anche distributori di gasolio ad alta portata, fino a circa 100 litri/minuto, ma sono utilizzabili solo per i mezzi di trasporto pesante). Da un semplice confronto emerge come l’esigenza del fast charging esista e sia ben percepita dall’utente finale, il quale non vuole essere limitato all’utilizzo del veicolo nel normale tragitto casa-lavoro. I progressi compiuti sul fronte dei tempi di ricarica sono comunque molto significativi. La prima auto elettrica prodotta su larga scala, fu la GM EV1 (Figura 1), disponibile solo nella forma di noleggio a lunga durata tra il 1996 e il 1999. Al termine dei tre anni, il modello venne ritirato dal mercato, provocando non poche lamentele da parte degli ecologisti. Equipaggiata con una batteria SLA (Sealed Lead Acid) da 16,5 kWh e capace di un’autonomia pari a circa 100 km, la EV1 disponeva di tre sistemi di ricarica: una carica a 6,6 kW con durata pari a 3h, una carica a 1,2 kW con durata di 15h e infine una carica veloce a 50 kW, in grado di portare il livello di carica tra il 20 e l’80% in meno di 15 minuti.
Le auto elettriche attuali sono dotate di batterie agli ioni di litio da diverse decine di kWh, con autonomie di 300-400 km o superiori. Il sistema di ricarica base utilizza la tensione di rete domestica, con potenze variabili a seconda della tensione di rete. Con tensione pari a 120V (mercato nord americano), si può ricaricare la batteria in qualche ora con una potenza di circa 1 kW, garantendo un’autonomia di poco inferiore a 100 km. Con tensione pari a 230V (mercato europeo), si può ricaricare completamente la batteria in meno di 10 ore con una potenza di circa 7-8 kW. Il super-fast charging, ove disponibile, permette la ricarica in poche decine di minuti utilizzando però una potenza di qualche decina di kW. Possiamo quindi osservare come siano stati compiuti enormi progressi sul lato autonomia, mentre riguardo ai tempi di ricarica c’è ancora parecchio lavoro da fare. Se da un lato le case automobilistiche vorrebbero spingere verso una continua riduzione dei tempi di ricarica, dall’altro i progettisti elettronici rimangono cauti, tenendo presente che:
- durante la ricarica, le batterie si surriscaldano e il calore può provocare guasti o nuocere la sicurezza dell'utilizzatore;
- i connettori e i cavi utilizzati devono essere dimensionati per il tipo di ricarica. Una ricarica veloce utilizza potenze DC dell’ordine di 50 kW (400V-125A) e pertanto richiede cavi di grosse dimensioni;
- i discreti di potenza utilizzati nei convertitori AC-DC devono essere dimensionati per le elevate potenze in gioco;
- le compagnie fornitrici di energia elettrica potrebbero imporre dei limiti sulla quantità di potenza prelevabile dalla rete, costringendo ad effettuare una ricarica con valori di potenza parzializzati (ad esempio 80%) rispetto al valore nominale.
In Figura 2 è visibile una presa a muro per la ricarica ad alta potenza (7-8 kW) relativa a un veicolo elettrico attualmente in commercio. Dispositivi di questo tipo possono essere installati in ambito domestico solo da personale qualificato.
Connettori per la ricarica
Di fondamentale importanza per eseguire la ricarica sono i connettori: al momento non esiste un unico standard a livello globale e questo aspetto ostacola la diffusione dei veicoli EV. Nel 1996 la SAE (Society of Automotive Engineers) ha emanato il primo standard, sottoposto poi nel tempo a successive modifiche, che ha portato alla definizione del connettore SAE J1772/CCS “combo” (visibile in Figura 3), il quale incorpora in un unico connettore entrambi i sistemi di ricarica AC e DC.
Sebbene sia diventato uno standard, il SAE J1722 non è attualmente adottato da tutti i costruttori. Altri standard relativi ai connettori per la ricarica disponibili sul mercato sono i CCS (Combined Charging System) 1 e 2, il primo diffuso soprattutto nel Nord America, il secondo in Europa. Oltre alla versione base [...]
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Grazie per l’articolo,
vorrei suggerire un’idea per ridurre ulteriormente i tempi di carica ed avvicinarsi al tempo impiegato per i carburanti fossili, anche se so che purtroppo non mi verra’ in tasca niente, Perlomeno potro’ avere la soddisfazione di aver inventato un sistema nuovo o di averlo proposto:
Sarebbe piu’ dispendioso a livello economico , ma se potesse soddisfare il consumatore finale si ripaghera’ la spesa.
Il costo sarebbe forse piu’ elevato per le stazioni di ricarica che non per gli autoveicoli:
Faccio l’ipotesi di una batteria da 40 KW il cui tempo di ricarica Fast e’ di 40 minuti.
Tale batteria invece di essere composta da una sola unita’ viene scorporata in 4 unita’ da 10KW ciascuna , connesse tra loro in parallelo elettronicamente ( Relay_potenza/MOS) sul polo positivo ed aventi massa comune .
Allo spegnimento del veicolo e all’apertura della bocchetta di rifornimento , vengono aperti tali contatti che separano le 4 unita’ prima connesse in parallelo .
Il bocchettone di carica ha 4 attacchi positivi ed una massa ed ogni positivo e’ l’uscita di un DC/DC di ricarica per la potenza da 10KW della stazione di servizio .
Il tempo di carica di ogni unita’ si riduce di 1/4 e quindi alla riattivazione della parallelizzazione delle 4 unita’ si ottiene la potenza dei 40 KW necessaria.
Scusate , ogni tanto mi viene un’idea
quello che dici tu è già così ,
è il BMS (Battery Management System) che prende la tensione di ingresso e la parallelizza per caricare rapidamente le batterie in serie
la batteria delle Tesla è un opera d’arte da questo punto di vista l’elettronica permette di caricare in parallelo 3000 celle , con un un sofisticato sistema di riscaldamento e raffreddamento
purtroppo i limiti sono nella chimica delle batterie , più si caricano rapidamente più si “stressano” accorciandone la vita
ci sono chimiche molto robuste che permettono di caricare e scaricare molto rapidamente
come le batterie al titanato di litio
ma hanno altri problemi , come il rendimento (perdite di energia in carica e scarica) e i Kw/h per kg o la più importante, imho ,Kw/h per litro, che attualmente è il parametro più importante
per evitare ingombri enormi delle batterie nelle auto .
Non é una soluzione innovativa ne efficace.
Si va verso protocolli con potenze e tensioni molto elevate da 200 a 300 kw fino 1000v.
È molto più problematico e costoss la matrice di permutazione da te pensata.
Teleruttori che gestiscono tali tensioni costano oltre 100e. Pensa quanto ne possano servire.
Inoltre ogni cosa che aggiungi si può rompere e l’affidabilità è il prodotto di valori <1.
Tanto per esempio 0.95×0.95 fa 0,9025 prova a continuare.
Luigi
Tutto ciò che si sta dicendo sulla ricarica veloce, probabilmente la cosa potrà essere risolta quando sarà effettivo l’inserimento delle batterie al Grafene, attualmente allo studio, ma non per la realizzazione, ma bensì per ridurre i costi di produzione, che al momento è l’unico ostacolo da superare.
Grafene come?
Non pensare che si possano fare batterie al Grafene.
Si può usare come substrato nano strutturato ma serve un materiale.
Se è quando impareranno ad usarlo forse ci faranno dei supercap.
Poi aspettiamoci delle batterie lithium free.
La foto del connettore sae é solo la parte di ricarica modo 2 AC.
Manca la parte DC.
Che è sovrapposta con due contatti di dimensione notevole.
Una foto corretta può essere vista su
https://en.m.wikipedia.org/wiki/File:Iec-type2-ccs-combo2-and-iec-type2-charging-connectors-side-by-side.jpg.