Cosa sono i Biosegnali? – Parte 1

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In questo articolo relativo alla scienza biomedicale associata all’elettronica, si introducono le basi necessarie per comprendere i complessi meccanismi che regolano i cosiddetti “biosegnali”, ovvero il sistema con il quale il nostro corpo “dialoga” interagendo con l’ambiente nel quale si trova.

In questa serie di articoli del percorso che abbiamo intrapreso tratteremo dei diversi aspetti che, combinati assieme, permettono di completare il principale progetto su cui Open BioMedical (OBM) Initiative è attualmente al lavoro, ossia la protesi mioelettrica. Questa è il frutto di svariate competenze che vanno opportunamente approfondite, ciascuna grazie alla penna di chi se ne sta personalmente occupando. Si tratta, insomma, di un vero reportage sul campo di un viaggio in cui tecniche tradizionali e innovative si uniscono per aiutare concretamente chi ne ha bisogno.

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Figura 1: I biosegnali possono essere paragonati alla “voce” dei processi fisiologici dei tessuti viventi. Poter acquisire e interpretare tali segnali rappresenta la base per instaurare un dialogo tra corpo e tecnologia al fine di supportare la salute stessa dell’uomo

La prima persona che potrà raccogliere il frutto di questo lavoro ha già un nome, si chiama Fabia. Anche lei è entrata a far parte della community di OBM Initiative. Siamo partiti con un’ampia collezione di esempi di come le nuove applicazioni, quali la stampa 3D, possono essere impiegate per la risoluzione di problemi reali, ma iniziamo adesso dalle basi di questa rivoluzione che stiamo vivendo di persona. Dobbiamo cominciare il discorso proprio dall’origine del “sistema” che andremo a supportare con la protesi: il corpo umano. Similmente a quanto accade per i dispositivi elettronici, il corpo umano è in grado di interpretare la vasta gamma di stimoli provenienti dall’ambiente circostante, di elaborarli internamente e di adattarsi a questi con un’altrettanta ampia varietà di risposte fisiologiche e comportamentali.

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Figura 2: Diversi tipi di biosegnali classificati in base all’ampiezza e alla frequenza delle onde registrate da appositi sensori

Si tratta quindi di un sistema che “acquisisce” ma anche “produce” segnali o, per meglio dire, biosegnali di diversa natura. Questi ultimi, possono essere definiti come il supporto sul quale viaggiano le informazioni relative ai vari parametri fisiologici che possono essere così analizzati e valutati da un punto di vista biomedico. Esistono diversi tipi di biosegnali che possono essere classificati soprattutto in funzione del loro contenuto in frequenza ed ampiezza del segnale stesso:

  • Segnali bioelettrici: sono generati da flussi di ioni attraverso le membrane delle cellule nervose e muscolari generando variazioni del potenziale di membrana che in certe condizioni può essere “eccitato” e produrre il cosiddetto potenziale d’azione.
  • Segnali di bioimpedenza: l’impedenza di un tessuto contiene importanti informazioni sulla sua composizione, sul volume sanguigno, sull’attività endocrina, sull’attività del sistema nervoso autonomo ed altro. Un segnale di bioimpedenza si genera iniettando nel tessuto in esame correnti sinusoidali, con frequenze comprese tra 50 kHz e 1 MHz ed ampiezze dell’ordine dei 20 μA fino ai 20 mA. Il campo di frequenza è scelto allo scopo di minimizzare il fenomeno della polarizzazione di elettrodo, mentre l’ampiezza delle correnti è scelta in modo tale da non provocare danni ai tessuti dovuti a fenomeni termici.
  • Segnali bioacustici: molti fenomeni biomedici creano rumore acustico il cui studio può fornire informazioni sui fenomeni sottostanti. Il flusso sanguigno nel cuore, attraverso le valvole cardiache od i vasi generano un rumore tipico. Il flusso di aria nelle vie superiori ed inferiori o nei polmoni genera suoni noti come tosse, russamento e suoni di torace e polmoni, che vengono ampiamente usati in medicina. Altri suoni rilevabili sono quelli del tratto digestivo e delle giunture articolari come anche della contrazione muscolare.
  • Segnali biomagnetici: alcuni organi, come ad esempio il cuore, il cervello o i polmoni, producono campi magnetici, seppur estremamente deboli.
  • Segnali biomeccanici: con questo termine si indicano tutti i segnali usati in campo biomedico che provengano da certe funzioni meccaniche del sistema biologico. Sono inclusi i segnali di movimento (in senso lato), di spostamento, di pressione, flusso e simili.
  • Segnali biochimici: sono il risultato di misure chimiche su tessuto vivente o su campioni di laboratorio relativamente alla concentrazione di varie specie di ioni presenti dentro e in prossimità di una cellula per mezzo di specifici elettrodi.
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Figura 3: La membrana cellulare, barriera e allo stesso tempo interfaccia tra cellula e ambiente extracellulare, sede di numerose funzioni ma anche “accumulatore” di energia

I segnali bioelettrici generati dalle cellule muscolari (cardiache e scheletriche) sono sicuramente tra i più importanti e studiati, e saranno il tipo di segnale che prenderemo in considerazione in questo articolo. Le unità funzionali dei tessuti viventi sono le cellule, strutture adattate nel corso dell’evoluzione a svolgere tutta una serie di attività biochimiche che ne rendono possibile la crescita, il metabolismo e la proliferazione. Queste attività vengono svolte in condizioni chimico-fisiche ben definite e diverse da quelle dell’ambiente circostante. A tal proposito, le cellule delimitano il proprio spazio operativo dall’ambiente extracellulare per mezzo di una pellicola fosfolipidica detta membrana cellulare. Tale membrana è una struttura entro certi limiti mobile e selettivamente permeabile alle sostanze presenti nello spazio extracellulare. La sua attività di barriera è regolata dalla presenza di siti specifici di natura proteica, detti recettori, che consentono l’apertura o la chiusura di canali al suo interno per consentire il passaggio selettivo (sia in ingresso che in uscita) di nutrienti, di sostanze prodotte o scartate dalla cellula, o di “informazioni” chimiche provenienti da altre parti dell’organismo. I segnali bioelettrici di cui tratteremo sono dovuti proprio al passaggio di specie chimiche elettricamente cariche come gli ioni. In generale, il trasporto di ioni e molecole attraverso la membrana può avvenire in tre modi: attraverso la diffusione per gradiente (gradiente passivo), per mezzo di trasportatori ma senza consumo di energia (trasporto mediato) o contro gradiente utilizzando energia (trasporto attivo). Quando il trasferimento di sostanze dall’interno all’esterno della cellula (o viceversa) è attuato tramite canali, ovvero strutture proteiche che consentono o impediscono il passaggio di specifiche molecole o atomi, lo stato di apertura o chiusura è comandato chimicamente e/o elettricamente. I canali ricoprono in pratica il ruolo di interruttori biochimici, che accendono o spengono il flusso elettrico di ioni grazie a input chimici o elettrici. Nelle cellule eccitabili quali neuroni e muscoli, la maggior parte dei canali sono tensione-dipendenti, è necessaria cioè una variazione di potenziale elettrico per regolarne apertura e chiusura. Il valore di potenziale che subisce variazione è relativo a quello stabilitosi a cavallo della membrana stessa perché, come barriera selettivamente permeabile, essa determina una ripartizione ineguale degli ioni tra versante intra ed extracellulare. Normalmente, il valore di potenziale in condizione di non eccitazione è detto potenziale a riposo e, misurato tra l’interno della cellula rispetto all’esterno, risulta negativo a causa della maggiore concentrazione di ioni positivi al di fuori di essa. Nel determinare il potenziale a riposo di una cellula eccitabile occorre tenere conto dei meccanismi che influenzano il transito di ioni da e verso di essa. Ogni specie ionica si muove soggetta a due forze, quella elettrica e quella chimica, che tendono a raggiungere una condizione di equilibrio ai lati della membrana. L’equilibrio chimico riguarda la concentrazione di una sola specie ionica per volta, mentre quello elettrico interessa la somma di potenziale tra tutte le specie ioniche presenti. Il valore del potenziale di equilibrio Vi (più esattamente della differenza di potenziale tra l’interno della cellula rispetto all’esterno della membrana cellulare) per uno ione i si può calcolare con l’equazione di Nernst:

dove C1 e C2 sono le concentrazioni ioniche ai due lati della membrana, z è la valenza dello ione, R è la costante dei gas, T è la temperatura assoluta (in °K), F è la costante di Faraday. Considerando i parametri delle singole specie ioniche più comuni i valori dei relativi potenziali d’equilibrio sono:

Vk= -94 mV

Vna= 60 mV

Vcl= -83 mV

VCa= 260 mV

Per calcolare il potenziale di membrana Vm a riposo dovuto all’azione combinata di più ioni diffusibili presenti, occorre utilizzare l’equazione di Goldman, in cui la concentrazione degli ioni viene pesata dal coefficiente di permeabilità della membrana Pn per ciascuno di essi:

Il coefficiente di permeabilità Pn misura la maggiore o minore facilità con cui una sostanza passa attraverso una membrana. Se introduciamo i valori numerici dei vari ioni presenti nell’equazione di Goldman si ottiene un potenziale di membrana Vm che oscilla tra -70 e -90 mV in funzione del tipo di cellula eccitabile che è stata considerata. Terremo conto in questa sede del comportamento solo di due dei principali ioni presenti nella cellula e nello spazio extracellulare: il sodio (Na+) e il potassio (K+). Mentre il Na+ è maggiormente concentrato all’esterno (tende a entrare nella cellula), il K+ è presente soprattutto all’interno (tende a uscire). In entrambi i casi, il loro flusso può avvenire o secondo gradiente attraverso dei canali ionici oppure contro gradiente per mezzo della pompa sodio-potassio, proteina che trasporta il sodio fuori dalle cellule e vi introduce il potassio, con consumo di energia ottenuta dall’idrolisi di ATP, vera e propria “valuta” energetica dei sistemi viventi. Tramite la pompa sodio-potassio la concentrazione dei due ioni viene mantenuta costante ai lati della membrana e con essa il potenziale a riposo fino a quando non sopraggiunge uno stimolo chimico o elettrico che fa variare lo stato di permeabilità della membrana. Quando uno stimolo del genere interessa la cellula (stimolo depolarizzante), i canali ionici si aprono determinando movimento del sodio e del potassio secondo il loro gradiente. Il sodio entra nella cellula con più forza rispetto alla fuoriuscita del potassio, causando un afflusso massiccio di cariche positive che riducono progressivamente l’elettronegatività del potenziale di membrana causandone una depolarizzazione (allontanamento dallo stato di polarizzazione da -70 a -90 mV). Se in un punto specifico della membrana si supera un certo potenziale di soglia (circa -60 mV) la depolarizzazione locale della membrana causa una netta inversione di polarità detta potenziale di azione che sale velocemente da un valore di circa -70 mV fino a un valore di circa +40 mV. La situazione iniziale viene immediatamente ristabilita attraverso una fase di ripolarizzazione che può essere seguita da una fase di iperpolarizzazione in cui il potenziale scende al di sotto del valore di riposo, grazie alla chiusura dei canali ionici e all’attività della pompa sodio/potassio. Durante la fase di ripolarizzazione, la cellula non può essere ulteriormente eccitata tramite alcun tipo di stimolo. La fase discendente della curva viene detta periodo refrattario ed è suddivisa, a sua volta, in un periodo refrattario assoluto, nella prima fase di ripolarizzazione in cui la cellula non risponde a stimoli di qualsiasi intensità, ed in un periodo refrattario relativo, nella fase più dolce di decrescita del potenziale d’azione, in cui la cellula può essere eccitata (e quindi dare un nuovo potenziale d’azione) a condizione che lo stimolo di eccitazione sia sufficientemente intenso. La lunghezza di tutto il periodo refrattario varia in base al tipo di cellula eccitabile in esame, ma in generale può essere considerato nell’ordine dei millisecondi.

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Figura 4: Andamento del potenziale d’azione di una cellula eccitabile. L’informazione da esso trasmessa è codificata in frequenza e permette di regolare fenomeni quali la forza di contrazione di un muscolo o di interpretare l’intensità di uno stimolo sensoriale

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