
Qualche lettore avrà probabilmente già storto il naso, consapevole del fatto che oggi l’attività di mining richiede molto tempo e risorse hardware di gran lunga superiori a quanto può offrire una SBC economica come il Raspberry Pi. Il titolo offre tuttavia un pretesto per cominciare a parlare di mining, staking e altri concetti applicabili al mondo delle criptovalute, mostrando come il Raspberry Pi, nel suo piccolo, possa comunque dire la sua.
Introduzione
Le criptovalute attualmente disponibili sono numerose e questo numero è destinato a crescere visto il sempre più diffuso interesse mostrato da organizzazioni, startup ed enti governativi verso questo tipo di tecnologia. Bitcoin, principalmente per motivi storici e per la sua ampia diffusione come moneta di scambio, è probabilmente la criptovaluta oggi maggiormente nota al pubblico e per la quale esiste un’enorme quantità di articoli, guide e tutorial. L’infrastruttura che gestisce le transazioni in Bitcoin è la Blockchain, letteralmente una catena di blocchi ciascuno dei quali corrisponde a una sequenza, ordinata temporalmente, di transazioni. Torneremo a parlare più approfonditamente di Bitcoin e Blockchain nei prossimi articoli dedicati allo stesso argomento, per il momento è sufficiente sapere che tutte le transazioni vengono memorizzate in una sorta di libro mastro (che può essere centralizzato o distribuito, a seconda del tipo di moneta) in modo criptato. Non è inoltre possibile eliminare le transazioni già inserite e validate, ma si può solo aggiungerne di nuove. Nel caso del Bitcoin (come in molte altre criptovalute), la validazione delle transazioni è compiuta da particolari tipi di utenti (detti ‘miner’ o minatori). Eseguendo sulla propria macchina una Proof of Work (PoW, equivalente alla risoluzione di un problema di crittografia di complessità elevata) i miner contribuiscono a validare le transazioni inserite nella rete, ottenendo in cambio (come premio) una piccola frazione della moneta stessa che potrà essere depositata nel proprio portafoglio virtuale (wallet). Vediamo ora in dettaglio in cosa consiste il mining, introducendo poi il concetto (meno noto) di staking, un processo alternativo al mining adottato da diversi tipi di criptovalute.
Il mining
Anche se il concetto di mining è applicabile a molte criptovalute, nel seguito faremo riferimento al Bitcoin, la moneta creata nel 2009 da un anonimo inventore la cui vera identità è protetta dallo pseudonimo di Satoshi Nakamoto. Come ogni criptovaluta, il Bitcoin è una moneta decentralizzata, non è emessa o legata ad alcuna banca e non è soggetta a regolamentazione. Le transazioni che operano con questa moneta, tuttavia, sono accessibili tramite un registro pubblico, il quale riporta solo gli identificativi (ID) dei wallet, non l’identità dei soggetti che posseggono la moneta. Proprio in virtù della loro natura decentralizzata, le transazioni in Bitcoin devono essere verificate: è proprio qui che entra in gioco il mining. L’operazione di mining è particolarmente complessa, essenzialmente per la scarsità (voluta) di Bitcoin disponibili. Il numero totale di Bitcoin che si possono creare attraverso il mining è di poco inferiore a 21 milioni e ad oggi ne sono stati creati poco più di 17 milioni: solo 4 milioni di Bitcoin restano quindi a disposizione dei “minatori” di tutto il mondo. Il mining consiste nel risolvere dei complessi algoritmi matematici (criptoanalisi) al fine di verificare i Bitcoin utilizzati in ogni transazione. Al primo miner che risolve la prova computazionale è assegnata come ricompensa una frazione di Bitcoin. Dato il numero esiguo di Bitcoin rimasti e l’elevata complessità degli algoritmi richiesti come Proof of Work, oggi il mining di Bitcoin non è più conveniente se eseguito da un singolo utente: sarebbe infatti necessaria una capacità di calcolo e una disponibilità di energia elettrica al di fuori della portata di chiunque. A questo proposito sono nate delle vere e proprie “fabbriche” di Bitcoin (le ‘mining farm’), che utilizzano un elevato numero di calcolatori (basati su GPU e ASIC custom) e generalmente dislocate in zone geografiche dove il costo dell’energia elettrica è molto basso. In Figura 1 possiamo osservare gli interni di una tra le più importanti mining farm a livello mondiale. [...]
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Complimenti, veramente un bell’articolo. Ho completato tutti i passi descritti che hanno funzionato alla perfezione. Solamente un dubbio mi è rimasto, a proposito di come effettuare in concreto lo staking. Ho capito che non richiede alcun processo attivo su cpu, come quello di mining realizzato su raspberry, quindi è sufficiente lasciare online il wallet con la sufficiente quantità di coin?
Grazie.
Salve PversusNP, mi fa piacere sapere che hai trovato l’articolo utile e interessante. La risposta alla tua domanda è affermativa, nel senso che lo staking consiste nel mantenere disponibile nel proprio wallet una certa quantità di coin per un determinato periodo (questi parametri variano da criptovaluta a criptovaluta). Lo staking relativo a un determinato wallet va inoltre abilitato dall’utente (nel senso che non è obbligatorio o automatico, è una scelta personale). Senza scendere nei particolari, ti anticipo che a breve verranno pubblicati altri articoli sul tema criptovalute, in cui verranno analizzate a fondo le tecniche di consenso (tra cui rientra la PoS) e ulteriori progetti completi con il Raspberry Pi e altre board. Tieni inoltre presente (come verrà spiegato nei prossimi articoli) che alcune criptovalute riconoscono agli utenti che acconsentono di fare staking un interesse annuo sul deposito pari al 5% (non male di questi tempi).