
Gli sforzi per contenere l’emergenza Ebola nell’Africa Occidentale risentono della mancanza di efficaci strumenti di trattamento e di prevenzione della malattia; fortunatamente la tecnologia si sta aprendo un varco, anche se le difficoltà da superare sono ancora molte. L’Ebola è causata da un virus altamente letale, capace di uccidere in pochissimo tempo, e per questo è fondamentale istruire le popolazioni locali circa i sintomi, in modo da riconoscerla ed intervenire tempestivamente. Anche se l'ondata di panico generale, scatenata dalla prime intrusioni del virus in Europa e negli Stati Uniti, sembrava essersi placata, il pericolo di nuovi contagi è più che mai vivo e va assolutamente eliminato.
Emergenza Ebola: l’approccio della tecnologia al problema
Come ben sappiamo, l’Ebola si presenta inizialmente come una comune febbre, con mal di testa, tosse, vomito e diarrea, sviluppando poi sintomi più gravi come le emorragie interne ed esterne, portando alla morte. Contro un virus così potente, c’è bisogno di un intervento multidisciplinare che coinvolga, in primo luogo, medicina e tecnologia, con lo scopo di trovare una cura, o quantomeno una terapia efficace, e di sviluppare i mezzi per diffonderla. Inoltre la tecnologia è fondamentale per lo scambio di informazioni.
L’Ebola è sempre stata una terribile malattia ma quando fu scoperta, negli anni ’70, fu limitata a piccole zone rurali dell’Africa, ragion per cui furono scarsi i fondi investiti nella ricerca di trattamenti e vaccini: l’ondata epidemica passò velocemente e tutti si dimenticarono di quanto accaduto..fino a pochi mesi fa.
Farmaci biotecnologici contro il virus Ebola
La vera corsa alla cura è iniziata solo adesso, dopo i primi morti “occidentali” e le fobie di massa, i timori di un contagio mondiale su larga scala, soprattutto a causa dei frequenti voli. D’altronde Ebola si manifesta inizialmente con un semplice raffreddore o febbre, per cui non è possibile fermare e schermare tutte le persone che tossiscono.
Il farmaco più famoso è chiamato ZMapp (prodotto dalla Mapp Biopharmaceuticals di San Diego), ed è stato testato, con buoni risultati, su pazienti affetti dal virus, portandoli alla guarigione; si tratta di una combinazione di tre anticorpi monoclonali, che si legano alle cellule infette provocando una forte risposta immunitaria, tipicamente disattivata dalla malattia. Tuttavia, va somministrata per tempo ed in contesti clinici ottimali. In molte zone dell’Africa, purtroppo, questo non è ancora possibile.
Per quanto riguarda i vaccini, invece, quello prodotto dalla Profectus Biosciences ha prodotto ottimi risultati sulle scimmie, ma è ancora in attesa di un test sugli esseri umani.
Rinforzare l’infrastruttura delle telecomunicazioni
Vista la situazione ancora molto delicata, ed in attesa di una cura e di un protocollo definitivi, è necessario fare in modo che le comunicazioni in Africa funzionino nel miglior modo possibile, così da garantire un continuo scambio di informazioni. La comunità tecnologica, creando un team di esperti volontari, potrebbe supportare la UNMEER (UN Mission for Ebola Response), il WFP (World Food Programme) e NetHope (un consorzio di 18 ONG che supportano l’infrastruttura di telecomunicazioni creata per gestire l’emergenza Ebola), e creare partnership con i gestori locali di telefonia mobile, così da implementare la rete e renderla più affidabile e potente.
Un’infrastruttura delle telecomunicazioni forte ed efficiente è la chiave per la gestione dell’emergenza Ebola. Le persone devono sapere come proteggersi, come riconoscere i sintomi della malattia, come e quando chiedere aiuto.
Allo stesso modo, i sistemi sanitari devono essere in grado di comunicare con gli operatori in prima linea, di sapere dove inviare i medicinali (e sapere se sono arrivati), oltre che di monitorare la situazione in un ambiente in contino mutamento. Al momento, la rete GSM nelle aree affette dal virus devono fare i conti con la carenza delle infrastrutture, in grave crisi per due motivi: le già deboli reti sono sovraccaricate con chiamate e SMS e lo staff addetto alla manutenzione di queste reti è costretto ad occuparsi anche dei problemi legati all’Ebola nelle proprie comunità: fuori Monrovia, la capitale della Liberia, ci vuole oltre un’ora per riuscire ad inoltrare una chiamata e diversi giorni per far arrivare un messaggio al destinatario.
Open Source contro Ebola
L’emergenza Ebola è uno dei classici scenari in cui l’Open Source rappresenta un’ancora di salvezza: persone realmente interessate a risolvere un problema senza scopi di lucro. L’unico problema potrebbe derivare dal fatto che gli sviluppatori non conoscono la situazione, non agendo sul territorio, quindi difficilmente potrebbero creare delle app realmente adatte ad aiutare. Tuttavia, esistono dei modi per dare il proprio apporto nell’emergenza Ebola. Il primo è quello di supportare i progetti esistenti: i governi che lavorano con diversi partner sul posto utilizzando un set selezionato di strumenti Open Source per affrontare il problema e condividere ogni aspetto della vicenda.
Tra di essi troviamo:
- DHIS2: un software flessibile, web-based, gratuito rilasciato sotto la licenza BSD. Sviluppato in Java, funziona su ogni piattaforma con JRE 7 installato. Segue anche gli standard HTML 5 e viene di solito utilizzato come per il controllo dei dati nei sistemi informativi sanitari, oltre che per scopi di analisi. DHIS 2 è utile anche per il tracking delle madri incinte nella comunità rurali.
- FormHub: è un software Open Source gratuito che permette la raccolta dei dati mobili. È stato creato per offrire alle ONG e alla comunità locali gli strumenti per una ottimale raccolta e classificazione dei dati.
- RapidPro: lanciato recentemente (22 settembre) dall’Unicef, questa piattaforma di applicazioni Open Source può aiutare le istituzioni a distribuire rapidamente informazioni vitali in tempo reale, e a connettere le comunità locali con i servizi di primo soccorso.
Un altro modo per far sì che l’Open Source dia il suo contributo è quello di lavorare direttamente con un’organizzazione: Google Creative Labs, ad esempio, lavora con Unicef per aiutare a creare elementi modulari per la progettazione, così da essere facilmente utilizzabili dai vari paesi e riadattati in diversi modi, a seconda delle necessità.
E voi, come pensate la tecnologia possa contribuire alla lotta contro il virus Ebola?

Se devo pensare ad un utilizzo mi viene in mente che potremmo ideare uno scanner, come un metal detector, per rilevare potenziali infetti.
Scusa ma che principio di dovrebbe sfruttare?
Credo sia semplice,bisognerebbe utilizzare lo stesso principio che viene utilizzato (perdonatemi il gioco di parole) per il glucometro… Creare un biosensore dove viene utilizzato, l’enzima o la cellula o altro ,per rilevare facilmente se uno paziente è infettato o meno… Il problema principale però credo sia a monte,cioè riuscire ad individuare quale sostanza interagisca col virus e dia la conferma dell’infezione. Credo che in questa maniera si riuscirebbe ad avere un grande vantaggio per quanto riguarda le cure mediche.
Se posso, credo che il punto sia capire quale sia il metodo. Cioè, sappiamo che basta rilevare qualcosa. Ma cosa?
Sappiamo che un paziente malato di ebola ha la febbre, quindi già rilevare che ha un innalzamento di temperatura, ok, è utile. Ma poi? Cosa bisogna andare a cercare, in maniera contemporaneamente generale ma precisa?
Perchè se per vedere l’innalzamento della temperatura basta una telecamera ad infrarossi che inquadra una stanza piena di gente, per cercare questo “qualcosa” come si fa?
Questo biosensore dovrebbe testare ciascuno singolarmente e sarebbe efficace ma cercare uno con la febbre non vuol dire aver trovato uno con ebola. Non so se rendo il concetto…
La mia idea, se pur molto superficiale, si basa sulla metodologia utilizzata dal glucometro. Viene utilizzato dai diabetici per analizzare la concentrazione di zucchero nel sangue, basandosi sulla quantità di glucosio trasformata in acido gluconico tramite un enzima.
Come detto precedentemente il tutto sta nell’individuare quale enzima è in grado di identificare da una veloce analisi la presenza del virus.
Da quanto ho capito,la febbre è l’inizio dello sviluppo del virus e penso che nei luoghi dove c’è una grande concentrazione di infetti riuscire ad individuare uno ammalato di ebola da uno con una semplice febbre sicuramente significa avere una possibilità in più di salvargli la vita…
Purtroppo non mi azzardo ad approfondire il discorso di enzimi perché non sono uno studente di medicina o un biologo ecc….
Essendo un telecomunicazionista, da un lato occorre sviluppare metodi di rilevazione come citati nei commenti precedenti, ma dall’altro (come scritto) le comunicazioni e la diffusione dell’informazione sono elementi cruciali.. so di progetti già avviati prima dell’emergenza (tipo outernet) che mirano a portare la connettività cn cubo satelliti proprio in quelle zone, già testati, ma ancora lontani da una diffusione vera e propria (stazione a terra, satellite, ricevitore a terra, copertura WIFI).. diciamo che i “potenti delle comunicazioni” hanno tutti i mezzi per portare sul campo stazioni satellitari mobili con i contro fiocchi e dare un contributo decisivo per le comunicazioni.. alla fine basta davvero poco.. poi, cavoli, esistono anche i telefoni satellitari (satelliti iridium se nn erro).. il problema è che nn gliene viene in tasca nulla o poco
Condivido pienamente quello che hai detto, soprattutto la parte finale… Solo che lì ci spingiamo in un campo dove non serve più la tecnologia,ma ben altro…
appunto.. e cm sempre, c’è chi muore, chi guadagna sulla morte altrui e chi aspetta il momento giusto per entrare con clamore a fingersi il paladino della vita.. siamo nel 2015 e c’è ancora chi vive sulle disgrazie altrui.. tu pensa, c’è chi chiama corvi/becca morti/ avvoltoi le persone che lavorano nel campo del telerilevamento per il monitoraggio delle catastrofi naturali e per fornire degli strumenti utili per un indirizzamento oculato dei soccorsi. una volta si diceva: nn c’è più religione -.-
Come detto da caronte88 ci sono sempre le persone che guadagnano con la morte o le disgrazie altrui, ma vedo nei progetti Open Source una possibilità di riuscita senza dietro degli affari per guadagnare
Ultimamente non ne parlano più di ebola. Che sia finita? Penso di no. Ai media ora non interessa più fare notizia, ma il problema persiste.
Cosa realizzare di open source?
Beh, l’unica cosa che mi viene in mente per ora è cercare di creare una rete wifi che possa arrivare ai vari villaggi sparsi tramite ponti radio. Questo servirebbe alle persone che operano di poter restare in comunicazione bilaterale. Anche il CB si potrebbe usare o magari frequenze radio che con protocolli digitali possono sostituire i dispositivi wifi.
Non so però quanto open source sia questo. Richiede esperienza nel campo.
La misura della temperatura è sempre utile.
Già la dotazione di una termocamera da parte del personale medico (hanno prezzi più accessibili di un tempo anche se ancora alti), potrebbe salvaguardare dal possibile contatto con probabili infetti. Con le termocamere si monitorano gli infrarossi ed è possibile osservare da qualche metro di distanza.
Se possibile, direi una rete senza fili, che oltre formata da ponti radio, che sono pochi e costosi, anche una rete multipunto, in cui l’utilizzatore a sua volta amplia la rete. Anche in Italia alcuni privati avevano realizzato un progetto simile, ma non mi ricordo il nome.
Comunque sarà davvero difficile riuscire a portare la telecomunicazione in quei posti… Credo che le multinazionali non ne trovino nessun risvolto economico,altrimenti già avrebbero messo mani al portafoglio…quindi si torna sempre al solito punto…ho c’è un riscontro economico,oppure niente da fare
Io credo che la tecnologia possa contribuire principalmente in questi modi:
-1) Sviluppando metodi di analisi precoce della malattia, meglio se non invasivi.
-2) Sviluppando metodi di cura e metodi di prevenzione ( Vedi i progressi ottenuti con l’Aids.
-3) Con sistemi di comunicazione semplici magari economici, ma soprattutto che non abbiano bisogno di grandi infrastrutture.
La comunicazione inoltre può aiutare per migliorare la prevenzione ed i controllo della diffusione della malattia.
Sergio
Tutte le nostre idee sono meravigliose,ma difficilmente (secondo me) si potranno attuare,perché come già detto in precedenza,non c’è un tornaconto personale…
Scusa Domenico ma la domanda di Alessandra era : “E voi, come pensate la tecnologia possa contribuire alla lotta contro il virus Ebola?”
Il tornaconto personale o di multinazionali o della politica e altra cosa e che ha altre sedi per il confronto delle idee.
Sergio
Le idee le abbiamo dette (credo) .confrontarsi su queste idee dando i propri pareri,anche se vadano fuori l’argomentazione tecnologica, penso non sia sbagliato,come non sia sbagliato il genere di articolo su cui scriverle…se poi nasce la competizione dei commenti per avere in regalo la scheda e quindi mettere i cosiddetti “puntini sulle i” per commenti non adeguati e non entrare in graduatoria allora è diverso…io commento perché ho piacere di farlo e di informarmi…..
Siete pregati di rimanere a tema con l’argomento e discutere serenamente senza fare polemiche. Grazie