La Rivoluzione Biomedicale “Bottom-Up”

Benvenuti a un nuovo appuntamento con la Rubrica Firmware Reload di Elettronica Open Source. In questa Rubrica del blog EOS abbiamo raccolto gli articoli tecnici della vecchia rivista cartacea Firmware, che contengono argomenti e temi passati ancora di interesse per Professionisti, Makers, Hobbisti e Appassionati di elettronica. Nel mondo, almeno 15 mila ospedali e centri umanitari non hanno apparecchiature biomedicali adeguate, 1 miliardo di persone nei paesi emergenti e 100 milioni in quelli industrializzati non possono permettersi alcun dispositivo biomedicale. Incidenti, malattie e guerre sconvolgono continuamente la vita di milioni di persone con un profondo impatto sulla loro salute e qualità della vita. Le tecnologie biomediche che potrebbero ripristinare il loro stato di serenità e benessere sono complesse e molto costose, quindi accessibili e fruite solo da pochi. Si può intraprendere una rivoluzione della Biomedica dal basso, per portarla davvero a tutti coloro che ne hanno bisogno?

Introduzione

Per cambiare la Biomedica dal basso è necessario uscire dalla visione classica che la accompagna e da tutta una serie di logiche che tradizionalmente l’hanno resa poco accessibile ai più. Ecco che i progetti sviluppati devono poter essere liberamente fruibili, modificabili e distribuibili per spingere a un lavoro di gruppo che superi limiti geografici ed economici. Ampliare l’accessibilità alla Biomedica, aumentando anche la gamma di persone in grado di contribuire alla causa. Un’idea comune non può che arricchirsi del contributo personale di coloro che partecipano al processo di cambiamento. Il grande numero di riflessioni che ne derivano creano una rete di lavoro dotata di resilienza e dinamicità che unisce universalità di intenti con necessità particolari e locali. Tutto questo può essere racchiuso nel concetto di Open Source, finora associato al mondo software ma adesso sempre più strettamente connotato anche al campo hardware, grazie anche all’esplosione delle tecniche di stampa in 3D.

Figura 1: La stampa 3D rappresenta l’anello di congiunzione tra progettazione digitale e realizzazione materiale di un oggetto. Se all’inizio gli esempi di questa fabbricazione digitale si limitavano a semplici prototipi e modellini, adesso questa tecnologia diventa concretamente una rivoluzione in tutti i campi

STAMPA 3D

Le stampanti 3D non sono una novità, lo è piuttosto il boom consumer di questa tecnica a seguito della scadenza dei brevetti che fino a una decina di anni fa avevano relegato quest’ultima ad ambienti specializzati e principalmente industriali. Oggi, concetti come Maker, Fab-Lab e tantissime iniziative di hardware open source non sarebbero così diffusi se non si fosse resa disponibile, a tutti, la possibilità di materializzare con relativa facilità i propri progetti e prototipi. La rivoluzione, anche in questo caso, ha avuto inizio quando una tecnologia preesistente è divenuta accessibile a tutti, permettendo di dar forma liberamente alle proprie idee. Il funzionamento di una stampante 3D classica è molto semplice: così come le stampanti a getto d’inchiostro che depositano sui fogli minuscole goccioline formando lettere ed immagini, in una stampante 3D un estrusore deposita, strato dopo strato, del materiale fuso fino a formare un oggetto rigido. La maggior parte delle stampanti 3D in commercio o distribuite in rete come progetti open source (rif. PRUSA) utilizza materiali termoplastici come PLA, ABS, o Nylon. Questa tecnica è nota in particolare come FDM, anche se adesso iniziano ad affacciarsi nuove soluzioni ingegneristiche per migliorare la qualità dei prodotti stampati. Il costo di tale sistema, sia per quanto riguarda le stesse stampanti, sia per i materiali, è andato progressivamente abbassandosi raggiungendo le poche centinaia di euro, rendendola di fatto sempre più accessibile. Si è così realizzata una perfetta congiunzione tra “digitale” e “materiale”, che ha introdotto la possibilità di scambio di oggetti fisici in termini di file, delocalizzando la produzione e cambiando il volto della manifattura fino a poterla considerare, a tutti gli effetti, la Terza Rivoluzione Industriale. Si pensi, ad esempio, ai recenti sviluppi in ambito spaziale, dove la tendenza sviluppatasi negli ultimi anni è quella di poter dare agli astronauti in orbita sulla stazione spaziale internazionale uno strumento capace di realizzare qualsiasi oggetto in tempi brevi partendo da un semplice file, magari inviato dalla terra.

BIOMEDICA: NUOVE FRONTIERE

Questi nuovi paradigmi, sia in termini di condivisione del sapere che nella realizzazione alla portata di tutti, hanno influenzato massicciamente anche il mondo biomedico portando alla realizzazione di tecniche e dispositivi quasi “da fantascienza”.

Figura 2: Osteoid, esempio di tutore stampato in 3D in grado di proteggere il braccio e parallelamente promuovere la sua guarigione mediante l’uso di ultrasuoni di bassa intensità

TUTORI REALIZZATI IN 3D

Quando si parla di stampa 3D, una delle prime associazioni è la personalizzazione degli oggetti. Se poi entra in gioco la biomedica, legata strettamente alle necessità particolari di ogni persona, al suo corpo ed alla sua unicità, questo aspetto assume una grandissima valenza. Un esempio sempre più diffuso sono i tutori stampati in 3D, che svolgono una funzione medica di supporto. Sono molto più leggeri di un tradizionale gesso e questo li rende più piacevoli da indossare, ma soprattutto hanno una probabilità minima di incappare in errori di costruzione che possono causare ulteriori danni all’ossatura e/o articolazione, oppure problemi di vita quotidiana, tra i quali mantenere il gesso all’asciutto: questi svantaggi sono evitati perché i tutori vengono modellati solo dopo uno studio del problema attraverso immagini diagnostiche che possono essere elaborate da suite software professionali come Mimics Suite; inoltre, il materiale con cui sono fatti consente all’utente di eseguire le attività quotidiane senza problemi come fare la doccia in completa libertà. Alcuni tutori permettono anche di accoppiare sia l’azione di supporto sia quella di cura: un esempio è Osteoid, un guanto-tutore ideato dal designer Deniz Karasahin che consente di accorciare i tempi di guarigione di una frattura anche di 10 giorni. Il tutore viene modellato attorno al braccio del paziente e stampato in un polimero non tossico e completamente riciclabile. La sua capacità curativa è resa possibile perché il tutore può essere collegato ad uno stimolatore che invia pulsazioni a ultrasuoni di bassa intensità (LIPUS) direttamente sulla pelle, e quindi sull’osso, con una diminuzione del 38% dei tempi di guarigione.

Figura 3: L’OpenBCI, in parte elettronica in parte struttura stampata in 3D, permette di registrare le onde cerebrali e convertirle in segnali digitali, alla portata della creatività di tutti gli appassionati

BCI O “BRAIN COMPUTER INTERFACE”

Le BCI rappresentano una delle tecnologie che si stanno diffondendo più rapidamente grazie all’instancabile lavoro di makers e ricercatori che, in seguito all’abbassamento dei costi ed alla miniaturizzazione dei componenti, ne stanno aumentando accessibilità e facilità di utilizzo. Nella maggior parte dei casi, il segnale biologico per far comunicare cervello umano e mondo digitale preso in considerazione è l’EEG, l’insieme di onde cerebrali frutto dell’attività bioelettrica dell’organo, che possono essere captate da un sistema di sensori non invasivi posti sul cuoio capelluto dell’individuo. Il grosso del lavoro va concentrato comunque nell’elaborazione dei segnali ricevuti dai sensori e nel successivo accoppiamento di queste informazioni ad azioni e comandi da impartire al computer; tutti passaggi che finora hanno reso queste applicazioni di nicchia, relegandole ad ambienti professionali e più che specifici. Fino ad ora, appunto. Un importante passo verso il settore consumer è stato svolto da progetti come l’OpenBCI, open source e con un sistema di sensori dell’EEG quasi interamente stampato in 3D. OpenBCI ha una valenza educativa e cooperativa di grande impatto, portando lo studio dell’attività cerebrale all’attenzione di un grande numero di utenti in grado di formare una community attiva attorno all’iniziativa e alla ricerca neuro-scientifica legata anche al monitoraggio di malattie neurodegenerative e allo sviluppo di apposite terapie.

Figura 4: La stampa 3D rappresenta una delle tecnologie di punta della moderna e futura chirurgia, permettendo di ottenere livelli di qualità, personalizzazione e sperimentazione finora mai raggiunti

CHIRURGIA E STAMPA IN 3D

Chirurgia e implantologia sono tra i campi maggiormente interessati dall’innovazione della stampa 3D, pur non rientrando strettamente nell’ambito dell’open source. Unendo metodi di scansione tradizionali come la tomografia ed elaborando da questi ultimi modelli digitali di strutture anatomiche, si possono ottenere repliche altamente fedeli e soprattutto funzionali capaci di limitare al minimo ogni effetto indesiderato. È il caso di Minghao, un ragazzo cinese di 12 anni, con una vertebra spinale del collo necessariamente da rimuovere (per evitare lesioni irreversibili al midollo spinale dopo una diagnosi tumorale positiva). A capo dell’operazione, il team di chirurghi della Peking University Third Hospital di Pechino, guidati dal direttore del dipartimento Liu Zhongjun, che hanno deciso di seguire un approccio innovativo nella sostituzione della vertebra.

Per la prima volta al mondo nella chirurgia spinale ortopedica, infatti, la sostituzione è stata accompagnata dalla personalizzazione della vertebra stessa, realizzata mediante stampa 3D. La stampa in 3D permette infatti di realizzare strutture specifiche capaci di riproporre la complessità morfologica delle parti anatomiche naturali. Le endo-protesi ortopediche attuali sono spesso forme geometriche semplificate dei corrispettivi biologici e non assicurano un’adesione sempre efficace. Le stesse strutture stampate in 3D sono invece capaci di adattarsi perfettamente, aumentando la qualità dell’adesione. Proprio questo approccio ha permesso di realizzare una vertebra artificiale su misura che ha non solo salvato la vita a Minghao, ma ha anche evitato ogni complicazione o effetto avverso post operatorio. Un salto di qualità senza precedenti!

PROTESI STAMPATE IN 3D

Dove effettivamente open source e stampa 3D hanno trovato un connubio perfetto è la creazione di protesi, applicazioni biomedicali per eccellenza. Esempio di questo è Bionicohand, alias Nicolas Huchet. Classe 1978, francese di Rennes, Nicolas vive personalmente questa rivoluzione dopo aver perso la mano destra in un incidente in fabbrica. Non soddisfatto della protesi fornitagli dal sistema sanitario, decide di svilupparne una personalmente. Dopo anni di lavoro Nicolas è adesso portatore di una protesi mioelettrica basata sulla scheda di prototipazione rapida open source Arduino, stampata in 3D e sviluppata in collaborazione con il FabLab di Rennes: grazie a lui questo dispositivo è stato presentato in giro per l’Europa ed alla Maker Faire New York. Una tecnologia con una storia e personalità, quella di Nicolas, che dà all’oggetto “stampato in 3D” un sapore tutto nuovo, umano, dimostrando quanto le nuove tecnologie permettano alle persone di riappropriarsi della propria vita, sempre per cambiarla in meglio.

Figura 5: Nicolas Huchet, alias Bionicohand, l’uomo che vive di persona la grande rivoluzione della biomedica open source. Promotore delle nuove tecnologie al servizio della società, Nicolas viaggia in tutto il mondo per mostrare come queste possano davvero rivoluzionare l’idea di uomo e salute

“OPEN BIOMEDICAL INITIATIVE”

Cavalcando questa enorme onda tecnologica in Italia, nell’aprile 2014 nasce l’Open BioMedical Initiative, una community attiva nel campo della Biomedica, formata da persone accomunate dall’obiettivo di offrire una Biomedica per tutti, accessibile a chi necessita dei suoi benefici, nonché a tutti coloro che vogliano investire capacità e conoscenze personali in un campo, come quello biomedico appunto, in cui quel tanto che è stato fatto è nulla in confronto a quanto resta ancora da fare. Il lavoro di OBM ha lo scopo di proporre una diffusione più massiccia e solidale della Biomedica, strutturandosi come organizzazione “no-profit” per lo sviluppo e la diffusione di tali tecnologie, abbassandone i costi (low cost) e favorendo la libera condivisione di idee e creatività (open source). Una tecnologia concreta da integrare consapevolmente con le necessità umane, dinamica e rapidamente delocalizzabile grazie alla rete. Per raggiungere questo scopo si aggiungono le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie come la stampa 3D. Il design digitale che precede la stampa favorisce la condivisione dei progetti sotto forma di file, permettendo di bypassare il problema dell’invio e del trasporto dei dispositivi, ponendo l’accento sulla produzione in loco di questi, con tanto di personalizzazione in base alle proprie necessità. In questo senso l’OBM sta creando una comunità internazionale coesa, capace di portare efficacemente a compimento i propri obiettivi sfruttando le potenzialità di piattaforme online grazie a cui collaborare in tempo reale ed a distanza sullo sviluppo dei progetti.

Sin dal principio, organizzazione e struttura sono state le parole chiave per l'Open BioMedical Initiative, vitali per sviluppare un percorso con soluzioni capaci di adattarsi in maniera rapida e dinamica ad un mondo in continuo cambiamento. Durante recenti eventi quali la Maker Faire di Roma, la European Biotech Week e Geni Mutanti a Lecce, il Maker’s Meeting di Bari, Starter3D e MO20 Zero Day a Pescara, questi presupposti sono stati ampiamente confermati e il feedback ottenuto spinge OBM a continuare il percorso intrapreso con sempre più profonda convinzione. L’OBM sta inoltre realizzando una vasta rete di contatti strutturata su più livelli e costituita, oltre che dai membri attivi (in continua e rapida crescita, trattandosi di una community aperta a tutti), da ulteriori elementi come singoli individui, FabLab, Makerspace, Aziende di tecnologie innovative, Centri di Ricerca e ONG che possano supportare lo sviluppo dei progetti e la loro diffusione: a pochi mesi dalla nascita, già diversi esempi in tal senso sono entrati nel progetto OBM. Grazie a questa rete, l’Open BioMedical Initiative ha la possibilità di assicurare il sostegno tecnico locale per la riproduzione dei suoi progetti ovunque sia necessario, offrendo un approccio del tutto nuovo alla tecnologia biomedicale e completamente al servizio degli utenti finali. Sempre sull’onda di questa impostazione sono stati stretti importanti accordi, primo tra tutti quello con la Sharebot. Al momento l’OBM porta avanti due progetti protesici, uno di neonatologia e uno di analisi genetica. Il progetto “L-Mech Hand” ha come obiettivo la realizzazione di una protesi meccanica della mano costituita da materiali reperibili facilmente ed a basso prezzo (50 euro circa), completamente riproducibile tramite stampa 3D e quindi da parte di chiunque.

Il progetto “Myo Hand” punta alla realizzazione di una protesi elettromeccanica della mano, controllata da impulsi mioelettrici che vengono generati dalla contrazione dei muscoli, non invasiva, anche questa fondata sui tre principi dell’OBM, abbassando il prezzo di costruzione a circa 300 euro, nettamente al di sotto dei prodotti commerciali. Il progetto “Newborn Incubator” è finalizzato alla creazione di un sistema di incubatrice per bambini adatto ad essere utilizzato anche nei paesi più poveri (dove secondo l’OMS il 75% delle morti infantili è dovuta alla mancanza di tali dispositivi), assicurando elevati standard di sicurezza ma mantenendosi come una tecnologia largamente accessibile e stampata in 3D. Il progetto “Biosens Platform” punta a offrire una piattaforma hardware open source di PCR, metodica di punta di biologia molecolare normalmente utilizzata per la diagnostica medica e genetica. Oltre all’abbassamento di prezzo e ad un utilizzo più user friendly di questa tecnica, il team del progetto ha l’obiettivo di proporre una maggiore integrazione dei dati ricavati per offrire una macchina al servizio di indagini e ricerche genetiche, via via più complesse con il miglioramento del prototipo. Il futuro dell’Open BioMedical Initiative non è fatto però solo di protesi, ma è aperto a tutte le tecnologie biomedicali capaci di unire creativamente ingegneria e medicina, con interesse anche all’ambito della nascente bio-stampa 3D ed ai suoi rivoluzionari sviluppi.

Figura 6: L’Open BioMedical Initiative: una realtà nata in Italia e con respiro internazionale, pronta a cambiare il modo di fare Biomedica all’insegna del low cost, dell’open source e delle nuove tecnologie produttive come la stampa 3D

Per avere una visione del mondo biomedicale reso possibile dalle nuove tecnologie, ecco una lista di alcuni progetti. La Myo Hand: introduzione alla protesi mioelettrica di Open BioMedical Initiative. Il progetto Myo Hand ha come obiettivo la realizzazione di una protesi elettromeccanica della mano, controllata da impulsi mioelettrici che vengono generati dalla contrazione dei muscoli posti nell’avambraccio. A differenza di altri oggetti similari già esistenti, questo dovrà essere riproducibile da chiunque con mezzi di facile reperibilità e con costi contenuti. L’imperativo sarà dunque seguire i principi di Open Source, Low Cost e Stampa 3D. In sintesi, il cuore del sistema sarà costituito da una scheda elettronica compatta ed a basso costo sulla quale dovrà girare un algoritmo in grado di acquisire il segnale proveniente dai sensori EMG posti in opportuni punti dell’avambraccio e successivamente elaborarlo per ottenere l’informazione da inviare alla protesi. La parte meccanica si basa sulla contrazione/estensione di tendini artificiali collegati alle falangi delle dita mediante servomotori controllati dalla scheda elettronica. La scelta di quest’ultima si basa su considerazioni legate al costo, alla distribuzione open source, alla compattezza e ovviamente alle prestazioni. Proprio la Myo Hand ed il suo sviluppo saranno oggetto di studio più approfondito nei prossimi articoli preparati da Open BioMedical Initiative, in modo da esplorare insieme la grande sinergia tra conoscenze e campi di studio diversi che hanno partecipato alla sua realizzazione.

Figura 7: Render del prototipo di protesi mioelettrica, la Myo Hand, di Open BioMedical Initiative. Una volta concluso e certificato, permetterà di aiutare soggetti con amputazione degli arti superiori ad un prezzo nettamente più basso delle protesi tradizionali aumentando l’accessibilità a queste tecnologie

Articolo della rivista cartacea Firmware Numero 108-Anno 2015 

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