Un articolo sulla Strategia Energetica Nazionale di cui giornali e TV non hanno parlato quasi, affatto.
Molti miei amici ingegneri - normalmente bene informati - non ne avevano saputo niente. Il documento si trova sul sito del Ministero per lo Sviluppo. È interessante: contiene dati e diagrammi rilevanti - ma in Italia si parla troppo poco di questioni importanti. Invece la questione dei piani energetici (assenti da decenni) è vitale quanto quella dello spread. Qui lo discuto un po' -- e critico che parli troppo e superficialmente di decarbonizzazione e riduzione delle emissioni di anidride carbonica. :
Dopo mezzo secolo di vuoto, stiamo per avere una Strategia Energetica Nazionale (SEN). Il Ministero dello Sviluppo Economico ha pubblicato in Ottobre sul suo sito internet 116 pagine: base per consultazione pubblica mirata alla stesura di un documento definitivo, ma il pubblico non se n’è accorto. [tranne rare eccezioni ed enti come: ENEL, Confindustria, Assoelettrica, Acquirente Unico]. A pag.52 il testo sottolinea l’importanza della comunicazione e della sensibilizzazione del pubblico e delle aziende a questi temi. Però non sono state fatte – omissione grave.
Giornali e TV erano muti sul tema, ma dedicavano ampi spazi a questioni di parole, a fatti irrilevanti di persone note e a litigi o dibattiti di politologi e politici su questioni astratte..
Non è chiaro se il testo della Strategia Energetica Nazionale andrebbe approvato dal governo o dal parlamento. Come ha detto il Prof GB Zorzoli [1]
“La legge del 2008 [ripresa dalla Legge 75/2011] prevedeva la definizione di una Strategia Energetica Nazionale e un iter formale di approvazione, ma con le normative emanate nel periodo del referendum 2011 sul nucleare, questo richiamo è stato abrogato, quindi nella Legislazione italiana non c’è più il richiamo alla Strategia.”
Perciò l’istituto della SEN non fa più parte del nostro ordinamento. In attesa che vengano incorporati nel documento sani suggerimenti espressi da esperti e che il testo finale sia approvato nei modi giusti, ne riassumo alcuni passi notevoli. Aggiungo alcune mie considerazioni.
Si propone l’aumento dei rendimenti ottenuto aumentando l’uso di pompe di calore, cogenerazione, teleriscaldamento e tele raffreddamento, coibentazioni, modernizzando centrali e generatori, sfruttando l’energia dei rifiuti.
La strategia nazionale dovrebbe condurre entro il 2020 a fornire da risorse rinnovabili più del 20% dell’energia totale. È l’obiettivo fissato dall’Unione Europea e appare ambizioso. Sarebbe opportuno analizzare la possibilità di raggiungerlo ricorrendo su larga scala all’impiego di fotovoltaico ad alto rendimento. H. Atwater (California Institute of Technology) avrebbe raggiunto rendimenti del 43% e mira a superare il 50%. La strategia mira ragionevolmente ad annullare gli incentivi. Andrebbero stimolati gli investimenti in ricerca e sviluppo in questa direzione. Il documento menziona spesso la necessità di intensificare ricerca e sviluppo, ma li considera come fattori per ridurre i costi delle rinnovabili.
Settore dei trasporti. - Lo sviluppo dei biocarburanti è discutibile: molti dei processi finora proposti sembrano poco sostenibili. Il documento discute ampiamente le prospettive di sviluppo del biometano di produzione nazionale. Ritengo che sarebbe opportuno, invece, promuovere un ricorso massiccio a strutture di car sharing che evitino la congestione dovuta al fatto che la maggior parte delle auto urbane è in sosta e inducano a evitare spostamenti inessenziali.
Viene considerata anche l’eventualità di una ripresa del nucleare, dopo aver conseguito notevoli progressi nella sicurezza e nella struttura di gestione e controllo (“se il nucleare saprà dare risposte adeguate ai temi della sicurezza, della qualità ambientale e dei rifiuti”). Queste considerazioni appaiono poco realistiche, almeno per quanto concerne i reattori di terza generazione EPR (European Pressurized Reactor). La Electricité de France, infatti, ha rivisto recentemente il costo del primo reattore di questo tipo in corso di costruzione a Flamanville e ha determinato che è di 8,5 miliardi di euro, cioè di 6.250 €/kW: nettamente non competitivo sia rispetto al termoelettrico, sia a eolico e solare.
La strategia nazionale prevede, inoltre, di raddoppiare la produzione annuale di gas naturale (3,4 MTEP) e quella di petrolio (8 MTEP). A questo scopo si dovrebbero “semplificare gli iter autorizzativi, rimodulare i limiti di tutela per la produzione di gas offshore e sviluppare le ricadute economico-occupazionali nei territori interessati alla estrazione di greggio”. Sono misure ragionevoli, ma andrebbero anche eseguite prospezioni a notevole profondità per individuare nuovi, abbondanti giacimenti di origine abiotica, dati come altamente probabili in base a esperienza internazionale. Questi avrebbero ovvio impatto drammaticamente positivo sulla situazione energetica del Paese.
Il documento ministeriale propone numerosissimi interventi e misure per la “decarbonizzazione”, cioè per la riduzione delle emissioni di anidride carbonica. Tale posizione è allineata con quella prevalente in Europa di attribuire il riscaldamento globale a cause antropiche (soprattutto all’impiego di combustibili fossili, oltre che alla deforestazione). Le politiche industriali dovrebbero, quindi, mirare a ridurre il riscaldamento dell’atmosfera anticipato da certi modelli matematici sull’arco del prossimo secolo. Gli esperti, però, sono in profondo disaccordo sulla rilevanza dell’impatto antropico sul clima.
Appare, quindi, opportuno rivedere la posizione citata onde raggiungere conclusioni più attendibili
I piani energetici antichi erano ambiziosi e disinformati. Quello del 1975 prevedeva di realizzare 20 centrali nucleari da 1 GW per soddisfare consumi elettrici di 445 TWh nel 1990. In realtà l’energia elettrica consumata nel 1990 fu circa la metà (219 TWh). Il piano energetico del 1981 mirava a realizzare 10 sole centrali con potenza totale di 12 GW, ma nel 1982 veniva iniziata la costruzione della sola centrale di Montalto di Castro – mai completata. Il piano del 1988 prevedeva solo investimenti in studi relativi a centrali a sicurezza intrinseca.
La storia dell’energia in Italia è raccontata in: Fornaciari, P., Il petrolio, l’atomo e il metano – Italia nucleare 1946-1997, 21mo Secolo 1997
Per informarsi e documentarsi sul settore elettrico dalle origini ai nostri giorni:
Zorzoli, G.B., I due volti del mercato elettrico, Quaderni AIEE.
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[1] www.festivaldellenergia.it/energia-spiegata/scenario(sen-parlano-i-nostri-esperti-1 (17/12/2012)
Immagine: conferenza stampa di presentazione della SEN
Fonte GSE per il 2011: in Italia nel 2011, prodotti da energie rinnovabili 84.190 GWh pari al 24% del Consumo Interno Lordo di energia.
Signori, signori…
Vi prego…
Condivido le vostre reazioni.
Sarebbero anche le mie, istintive.
Ma cerchiamo di renderci conto che questo è un paese inserito in un contesto europeo ed è questo stesso contesto che non ha ancora ben chiaro cosa e come dell’energia di cu dispone ha intenzione di far uso.
Noi, in Europa, non sappiamo come gestire la nostra energia. La produciamo poco e male.
Dire a macchie di leopardo…
Ci sono regioni che la devono vendere e molte che restano comunque “allo scuro”.
L’Italia è una regione che ha nell’industria la sua grande risorsa per scampare al destino greco ma siamo troppo abituati a prendere ordini…
A me sembra che questo documento, così come è stato presentato, restituisca il quadro di un paese ancora indeciso e fin troppo succube di ciò che gli altri richiedono.
Da un lato, non è certamente gradevole che le campagne pugliesi siano sventrate per lasciar posto a distese di pennalli fotovoltaici o enormi centrali eoliche.
D’altrocanto, sarebbe stupido ed anacronistico riprendere il tema del nucleare oggi.
Punterei sull’idea che tutto sembri un po’ acerbo ed in divenire ma son d’accordo con voi col dire che il nostro Paese dovrebbe restituire un’immagine più risoluta di sè in un consesso internazionale quale l’Europa è!
E per fare questo, tagliare gli incentivi a qualsiasi manovra di ammodernamento è certamente la strada sbagliata!
Da ignorante qual sono in materia, vorrei capire meglio la non convenienza dei reattori di III generazione EPR . Per esempio, non mi pare estremamente rilevante valutare il costo al Kw, inteso come il costo di costruzione dell’impianto diviso per la potenza erogata dallo stesso. Mi sembrerebbe più interessante conoscere il costo medio del Kwh, inteso come il rapporto tra il costo complessivo di tutta l’energia prodotta nella vita della centrale (dal costo della progettazione, al costo di gestione fino al costo per il trattamento dei rifiuti radioattivi e lo smantellamento della centrale stessa) e la quantità di energia (in Kwh) prodotta in tutta la sua vita.
Poi, vorrei fare due appunti riguardo ai costi.
1) Da mie fonti ( vd.
http://www.world-nuclear-news….
e anche
http://it.wikipedia.org/wiki/R…
) il costo della centrale di Flamanville è di 8 mld di euro e non di 8,5 e la potenza generata è di 1,6GW, per cui il costo è di 5000 €/kW e non di 6.250 €/kW come scritto nell’articolo.
2) Il costo della centrale di Flamanville è aumentato nell’ultimo anno di 2mld di € (!!) per aggiornare i sistemi di sicurezza dopo l’incidente di Fukushima. A questo proposito, vorrei citare lo stesso prof. Vacca che nel libro “La Via della Ragione” (pag. 171 -172), dopo aver illustrato una tabella che confrontava il numero di morti per cancro, incidenti stradali e radiazioni con i rispettivi investimenti per evitare quelle cause di morte, osservava che ”si investono cifre enormi per ridurre ancora rischi già bassi, come quello delle radiazioni nucleari nelle città e nei centri di ricerca. Rispetto a queste sembrano inadeguati i finanziamenti per la ricerca sul cancro, che uccide negli USA 500mila persone e in Italia 150mila persone all’anno, con un andamento in crescita rispettivamente verso asintoti di 1milione e 400mila e 190mila.”.
Se, a fine degli anni ’50, ci si prese il rischio di realizzare un progetto così audace come la diga del Vajont, forse era perché ormai la risorsa idroelettrica in Italia era già stata sfruttata al limite delle sue potenzialità.
Beh, mi sembra ovvio… È fin troppo facile realizzare un generatore d’energia elettrica “incentivato”. Se qualcuno mi incentiva adeguatamente, posso crearvi la macchina del moto perpetuo, una macchina che si muove a costo zero.
Di solito non c’è bisogno di incentivare qualcosa che funziona, di solito la si tassa…
Perché ridicola? L’ energia che l’Italia importa dalle centrali nucleari di Francia e Svizzera vi fa ridere?
Scusa, ma voglio capire. Non voglio essere polemico, voglio solo esprimermi chiaramente e sinceramente per arrivare ad una migliore comprensione.
Se una cosa funziona, funziona. Punto.
Il telefono cellulare, per esempio, l’hanno incentivato? No, anzi è
un bel costo per l’economia di una famiglia. Eppure, dal giardino
d’infanzia all’ospizio per vecchi, tutti lo usano. Internet ce
l’hanno incentivato? No. Eppure, non saremmo disposti a farne a meno.
E allora? ‘Sto pannello solare funziona o non funziona? O ha bisogno dello “stato mamma” per funzionare?
Perché, se l’energia solare ha bisogno dei soldi di qualcun altro
per farla andare, non è più un’innovazione tecnologica è un modo
diverso di “rubare” (vd. http://dizionari.corriere.it/d…
).
= = =
PS: Quando butto quella puzzolente e costosissima ‘benza’ nella mia Honda Hornet questa ruggisce. C’è qualche ‘pannello’ che la farebbe reagire allo stesso modo e a minor costo?