La materia dell'Open Source è certamente molto affascinante, variegata e stimolante. Tra tutti gli aspetti per i quali risulta interessante, ce n'è uno che certamente li sovrasta tutti: l'Open Source è una filosofia di vita e come tale merita di avere i suoi interpreti, le sue manifestazioni ed i suoi personali adepti che scelgono di apprezzarla in maniera del tutto diverse tra loro. Ecco un punto di vista su questo argomento che vale certamente la pena di conoscere.
Da diverso tempo mi sono appassionato ai temi dell'Open Source, delle Creative Commons ed ho riflettuto parecchio anche su alcune soluzioni, non solo all'italiana, che provano a tutelare interessi, alcuni legittimi altri meno, che spesso si contrappongono fino a scontrarsi. Non molto tempo fa mi sono imbattuto in un articolo sull'Open Source che credo possa interessare molti di noi, anche perché ha stimolato alcune riflessioni che desidero condividere.
Si tratta di una riflessione di Jay Fields su quanto il suo modo di guardare all'Open Source sia diverso da quello di molti suoi amici. Egli dichiara che il suo modo di concepire questa, che è, a tutti gli effetti, una filosofia di vita, è sempre stata qualcosa del tipo: questo è il codice, funziona bene, fa quello che io avrei voluto che facesse. Se funziona bene anche per quello che a te serve, fantastico. Se non è così, voglio fare delle modifiche perché riesca a fare anche quello che vorresti farci tu. Inoltre, sono assolutamente convinto che ogni pezzo di codice che possa danneggiare quello che di buono è stato fatto debba essere scartato. Infine, il programma sarà finito negli anni a venire, quando, dice, "suppongo che sia abbastanza maturo da poter essere rilasciato come definitivo oppure quando qualcuno lo (ri)scriverà per dar vita ad una versione migliore".
Uno dei punti che rende il pensiero di Fields diverso da quello delle persone che conosce è che lui dichiara che non penserebbe mai che un codice non definitivo o non maturo possa essere un motivo valido per non affacciarsi ad un progetto Open Source.
E così, identiche considerazioni vanno fatte rispetto alla mancanza di documentazione oppure al non volerla scrivere.
Sebbene queste siano obiezioni, o punti di vista, in qualche modo comprensibili, la vita professionale ha portato Fields a pensarla diversamente.
Il primo progetto Open Source a cui ha lavorato lo ha portato a fare un ragionamento del tipo: "meglio non dir nulla di quello che sto facendo a nessuno fino a quando non ho potuto testarlo e produrlo per almeno un anno e finché non sarò sicuro di essere riuscito a “riferirlo” alla maggior parte degli usi". Si trattava di NORM, un progetto .net rilasciato nel lontano 2005. Il motivo per cui non se ne ha sentito parlare è che Fields ha scelto di non rilasciare nulla perché non gli è sembrato che ci fosse interesse nei confronti del progetto stesso. Tuttavia, da quel momento in poi, la mentalità è stata ben diversa: l'approccio è diventato del tipo “rilascio, se devo fallire fallisco in fretta e vado avanti”.
La motivazione è il sale della vita.
Nessuno scrive la documentazione per se stesso, è ovvio. Tutti la scrivono per le persone a cui sperano che il software possa essere utile e che possano utilizzarlo; ci sono poi davvero poche persone che hanno guadagnato brevettando o speculando su software open source (anche se qui, in realtà, ci sarebbe comunque un lungo capitolo da aprire su alcune rinomate multinazionali). Queste semplici considerazioni, del tutto nuove per lui, lo hanno portato a comprendere perchè ci sia documentazione così scarsa. Tuttavia questa non è una vera barriera nel mondo dell'Open Source ma piuttosto una sfida a riuscire a rendere Open Source un progetto che si dimostra semplicemente incompleto.
Tempo fa, ad opera dell'autore, è uscito un progetto open source, dal nome expectations, il quale non aveva alcuna documentazione e la situazione non è cambiata per almeno un anno. In quel periodo di tempo, poche persone hanno prestato attenzione al progetto. Tuttavia, esso poteva essere considerato interessante da un buon numero di utenti e ad alcuni cominciarono effettivamente ad avvicinarsi. Alcuni nuovi “adepti” iniziarono a mandare richieste di documentazione e fu proprio questo interesse che motivò Fileds a riprendere lo sviluppo, il test e la trascrizione di tutta la documentazione necessaria a completare il progetto. Questo passaggio dimostra che, sebbene talvolta sia difficile trovare una motivazione per portare avanti un progetto, stimoli esterni, come questo, possono creare proprio quella spinta di cui si ha bisogno.
Gli utenti potenziali, dunque, potrebbero essere considerati, a buon diritto, come veri e propri anabolizzanti del programmatore demotivato. Grazie a questo passaggio, l'utilizzo è diventato più intenso e man mano cresceva la comunità che si occupava del progetto e che ci lavorava su. Così, la motivazione non poteva che diventare più forte ogni giorno. Una sorta di circolo virtuoso che ha fornito stimoli validi e necessari.
Se capita di essere fortunati abbastanza da creare un progetto che venga utilizzato da molti utenti, e si tratta di un progetto open source, non c'è dubbio che la casella e-mail inizierà ad essere intasata. All'inizio Fields si aspettava che il carico di lavoro aggiunto non sarebbe stato un grosso problema perché il successo lo avrebbe gratificato. Tuttavia, la programmazione per un progetto di questo tipo finisce, secondo lui, presto per essere quasi un secondo lavoro. A questo punto, sia al nostro eroe sia al lettore di questo articolo potrebbe esser venuto in mente una domanda: “a che scopo?” Non esiste notorietà per i programmatori, non esistono premi ambiti e altamente remunerativi; se è per questo non esiste neanche la possibilità di avvicinarsi alla pensione più velocemente. Inoltre, diventare bravi e capaci, talvolta, comporta competizione e con essa viene certamente a ruota quello che vuole sfidarti e prendere il suo posto. Anche se, effettivamente, questo non suona granché coerente con lo spirito dell'open source.
Fileds si dice convinto di non avere alcun problema all'idea di lasciare un progetto dato che, se l'idea è valida, egli si sente di supporre che qualcun altro sarà ben felice di prendere il suo posto per svilupparla; peraltro, è molto più probabile che un maggior numero di persone faranno la stessa cosa, avranno lo stesso impulso, e che soltanto il migliore potrà sopravvivere. Un esempio è Capistrano. Jamis Buck ha lasciato il progetto nel 2009 ci sono molte persone che lo stanno utilizzando oggi senza che ci sia alcun problema. Egli stesso ritiene che si tratti di un progetto molto valido, di una buona idea, e che per questo certamente rimarrà.
Fields si riferisce a se stesso come un probabile pessimo elemento della comunità dell'open source perché ritiene di essersene andato troppo presto ma tuttavia sul suo modo di lavorare e di pensare non accetta critiche a buon mercato. Il suo modo di vedere le cose è diverso.
La mia riflessione sull'Open Source...
Ciò che mi affascina maggiormente di queste considerazioni si definisce su più piani:
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l'Open Source, un po' come l'appartenenza ad un gruppo, richiede passione, dedizione e convinzione. Non ci si entra per caso ma perché ci si crede, perché lo si sente. Non si abbandona mai perché diventa parte del tuo modo di essere.
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La natura umana è molto complicata ma alla fine i comportamenti essenzialmente sono pochi e si rifanno a due grosse categorie: quelli che prediligono il singolo e quelli che, invece, hanno a cuore la comunità.
Penso che l'impegno, in generale, sia tutto quello che possiamo fare per dimostrare chi siamo, quanto valiamo e quanto crediamo in ciò che facciamo.
Credo che esistano persone differenti e con differenti motivazioni.
Tuttavia, ritengo che sia proprio dalla differenziazione e dalla ricchezza del numero di tipi di persone che compongono la comunità che essa trae forza.
Un codice così come una legge, perché no, anche un componente elettronico possono esser stati realizzati da chiunque e per qualunque motivazione. Però ognuno di noi può farci qualcosa di diverso, aggiungendogli quel valore che lo rende speciale ed importante.
La mia idea dell'Open Source si basa sulla collaborazione; personalmente concordo con gran parte di quello che sostiene Fields: in questo ambiente, come in molti altri, non ho bisogno di avere un contatto personale con gli altri ma posso lavorarci insieme sapendo che lo scopo è collettivo.
Un codice, così come in programma oppure un progetto, uno schematico non completati non devono assolutamente essere considerati opere incompiute perché l'interesse della comunità verso la propria idea del progetto può manifestarsi solamente se chi ha avuto l'idea decide che la vuole portare avanti, che vuole condividerla. Il fatto che esista un circolo virtuoso per cui la partecipazione generi entusiasmo e quest'ultimo sia il metodo attraverso cui "reclutare" nuovo "pubblico" non vuol dire che il programmatore o il progettista non debba avere dentro di sé la motivazione a portare avanti la sua idea.
Tutto questo, inoltre, non può prescindere dal rispetto nei confronti delle persone per cui se ciascuno di noi ha un modo diverso di vedere la sua appartenenza ad un progetto oppure ad un'idea non c'è motivo di criticarlo. È dal numero diverso di punti di vista che vien fuori la bellezza dello scambio di idee
Qual è la risposta, allora?
Arricchire la filosofia di vita dell'Open Source ogni giorno del valore del rispetto e della partecipazione perché se perdesse la collettività e la collaborazione questa straordinaria realtà, progettuale e di idee, ne sentirebbe la mancanza come al deserto manca la pioggia.
Allargando il discorso ai “grandi” ma tralasciando Microsoft con tutti i suoi errori, approfondirei anche la questione del sistema chiuso come modello di business vincente (Apple) .
A volte viene da domandarsi che senso abbia tutto questo “open” se poi non viene portato avanti oppure lo si fa con tempi biblici…..
avrei decine di esempi…..
Se ti riferisci a me, non intendevo Wikipedia, anche se un certo parallelo si potrebbe fare.
L’operazione di Fundraising fatta tempo fa non mi è sembrata la mossa giusta, anche perché quanto può durare? A quanto la prossima richiesta globale di donazioni per sopravvivere?
Sarò un po cinico ma il male di Wikipedia (traffico alto, sfruttamento da parte del marketing per farsi pubblicità, notizie fasulle, etc) è nato proprio dalla community…. perché non deve essere la community stessa a pagare per supportare i costi di banda? per il tempo degli amministratori e dei moderatori?
Non necessariamente in denaro, ma magari in altre forme (tempo condiviso) oppure, studiare forme di sostentamento attraverso il portale stesso. Pagine sponsorizzate potrebbero non essere viste come il Diavolo se permettessero di avere una enciclopedia libera migliore!
Certo è solo una piccola riflessione, ma il dibattito potrebbe (e dovrebbe) svilupparsi in questa direzione.