Da una decina di anni a questa parte un nuovo protagonista si sta affacciando sulla scena delle applicazioni digitali a radiofrequenza. Si tratta della tecnologia elettronica a superconduttori Rapid-Single-Flux-Quantum (RSFQ), un’alternativa molto promettente per lo sviluppo di circuiti integrati digitali e mixed-signal ad altissime prestazioni, basata sugli effetti quantistici della barriera Josephson e sviluppata da aziende leader nel settore quali la statunitense Hypres, con sede a Helmsford (New York).
Dall’invenzione del transistor nel 1947, l’elettronica classica a semiconduttore ha seguíto un progresso esponenziale in termini di velocità e complessità, ben rappresentato dalla legge di Moore (figura 1).
Il principale motore di questo fenomeno è da ricercare in gran parte nell’impennata delle tecnologie informatiche e del trasferimento dati nelle recenti trascorse decadi, fenomeni che hanno imposto una crescita esponenziale dei requisiti riguardanti le performance dell’elettronica digitale. Ad oggi, questi hanno trovato riscontro nel progressivo incremento della frequenza di clock dei microprocessori, se ci limitiamo a considerare ad esempio il settore emblematico dell’informatica, con una conseguente forte crescita della potenza dissipata e delle criticità derivanti dal rumore termico. Negli ultimi anni, per far fronte a questa tendenza si è reso necessario adottare le più avanzate soluzioni tecnologiche, in quanto i semiconduttori hanno raggiunto i limiti sia fisici che di convenienza economica; per cui le nuove generazioni di microprocessori sono orientate non più ad incrementare le già altissime frequenze di clock, quanto a tecniche atte a ridurre il set di istruzioni, utilizzare core multipli per distribuire i task in parallelo, pipelines a profondità sempre maggiore, ecc... Questi accorgimenti nel loro insieme consentono un utilizzo più efficiente sia del ciclo di clock che dei consumi. Nel frattempo, si è aperta la strada a strategie e architetture progettuali alternative. A titolo di valutazione delle attuali tecnologie, possiamo considerare che per i transistor tradizionali a semiconduttore, se si vuole ottenere un throughput dell’ordine dei 100 Gb/s è necessario raggiungere una frequenza di cut-off di circa 1 THz. Questa considerazione ci fa comprendere come le performance ottenute dai dispositivi odierni a semiconduttore (i prossimi chip avranno larghezza di canale da 22 nm) stanno ormai per raggiungere il loro limite fisico invalicabile (figura 2).
Il tasso di innovazione registratosi nei materiali a semiconduttore e nei relativi dispositivi ha subíto un rallentamento notevole negli ultimi tempi, tanto che oggi si sente parlare di tecnologie “esotiche” quali Quantum Computing, DNA Computing, Molecular Computing, eccetera, del tutto impensabili negli anni cinquanta. In sintesi, per venire incontro agli odierni tassi di crescita delle performace nell’industria elettronica si impone la necessità di identificare una tecnologia di circuiti integrati radicalmente nuova, che sia scalabile e possa affrontare problematiche relative sia alla velocità dei dispositivi che ai ritardi di interconnessione, senza dimenticare il fattore costo. La tecnologia RSFQ potrebbe essere la risposta giusta.
La tecnologia RSFQ
La tecnologia Rapid Signal Flux Quantum si identifica con una tipologia di circuiti integrati potenzialmente in grado di surclassare le performance dei semiconduttori dell’attuale generazione. Ideata verso la metà degli anni 1980 da un team di scienziati russi (Likharev e altri), i quali proposero un approccio completamente nuovo per la codifica digitale delle informazioni, sfrutta gli effetti quantistici che si manifestano nei materiali superconduttori al fine di commutare i segnali in luogo dei tradizionali gate a semiconduttore. Tuttavia, questa tecnologia non ha niente a che fare con la tecnica di calcolo quantistico nota come Quantum Computing Techology. Viceversa, la sua prerogativa è di proporsi come un approccio innovativo e del tutto differente rispetto alla tecnologia dei transistor CMOS cui siamo abituati da sempre e su cui è basata gran parte dell’elettronica che utilizziamo, compresi i nostri computer. L’approccio si basa su una proprietà intrinseca dei superconduttori, ulteriore rispetto al fenomeno del crollo a zero della resistenza elettrica al di sotto della temperatura critica Tc, secondo la quale all’interno di una sezione chiusa di materiale superconduttore un flusso magnetico presente può esistere solo a valori discreti, di entità multipla del quanto di flusso elementare F0=h / 2e, dove h è la costante di Planck ed e è la carica dell’elettrone. Allo stato attuale, in tecnologia RSFQ sono già stati realizzati svariati componenti circuitali digitali con prestazioni di tutto rispetto nonostante la giovane età, a partire dai semplici gate elementari fino a flip-flop, contatori, sommatori, moltiplicatori seriali, shift registers, demultiplexers, convertitori A/D per segnali a radiofrequenza, eccetera. La frequenza di lavoro per questi dispositivi va da alcune decine di Gigahertz alle centinaia di Gigahertz; ad esempio, a livello di laboratori universitari sono stati sperimentati divisori di frequenza che operano a oltre 750 Gigabit/s. Si prospettano interessanti sviluppi per l’industria delle telecomunicazioni digitali, sempre più “affamata” di ampiezza di banda in termini di connettività, per i mercati della difesa, del business e consumer. Nel campo delle comunicazioni wireless, la tecnologia RSFQ potrà apportare notevoli benefici nei settori applicativi all’avanguardia, come i sistemi riconfigurabili dinamicamente (Software Defined Radio), radar, ambiti di sorveglianza, ecc...
Codifica dei segnali
Per riprendere i principi fisici che stanno alla base della tecnologia Single Flux Quantum, consideriamo innanzi tutto che, nella giunzione Josephson, il campo magnetico si propaga secondo quanti di flusso (flussoni) che, transitando nel circuito elettrico, danno luogo a impulsi veloci di tensione (della durata di alcuni picosecondi), detti appunto impulsi SFQ (figura 3).
Questi sono entità prive di perdite il cui valore, integrato nel tempo, è pari a 2.07 mV * pS. I circuiti attraverso cui transitano consistono in linee di trasmissione a microstrip in materiale superconduttore. L’elettronica classica a semiconduttore rappresenta i dati binati mediante livelli di tensione; l’elettronica RSFQ è invece pulse-based, nel senso che utilizza i suddetti impulsi per codificare gli stati “0” e “1”. Gli impulsi SFQ esprimono singoli “quanti” al più basso livello di energia consentito dalla Meccanica Quantistica, per cui le caratteristiche di velocità e risposta in frequenza della tecnologia non dipendono da specifici processi costruttivi o profili di drogaggio, come per i tradizionali transistor al silicio. Infatti, nel mondo quantistico dei superconduttori, parametri quali la larghezza di canale non hanno senso. Come già accennato, sono fondamentali invece grandezze fisiche come la carica dell’elettrone e la Costante di Planck, entrambe assolutamente stabili e note con estrema precisione.
Caratteristiche
Le caratteristiche chiave della tecnologia RSFQ si possono riassumere nelle seguenti: frequenza operativa estremamente elevata (dell’ordine delle centinaia di Gigahertz), ridottissimi consumi, interconnessioni ideali, accuratezza quantistica, scalabilità, interoperabilità con i circuiti in tecnologia ECL, CMOS e all’infrarosso (fibre ottiche). Nel caso di gate singoli è possibile raggiungere throughput estrememente elevati. Un’altra caratteristica di questa tecnologia, che la rende adatta a crescere nel mercato attuale, consiste nella sua compatibilità con le tecnologie di fabbricazione e packaging degli IC odierni. Per cui, l’attuale tecnologia di produzione per chip convenzionali su wafer di silicio può essere adattata a fabbricare chip RSFQ. Le previsioni riguardanti le rese di produzione, in relazione alle tolleranze tipiche dei processi di mascheratura, sono particolarmente ottimistiche. La tecnologia di base è il processo a “triplo layer” sviluppato agli inizi degli anni 1980 presso lo Sperry Research Center. Questa metodica ha permesso di creare barriere tunnel riproducibili su wafer di silicio e, in seguito (Laboratori Bell), sviluppare una giunzione Josephson stabile al Niobio-Alluminio basata su substrato SiO2. Per quanto riguarda i costi di produzione, essendo la logica RSFQ a film sottile, non sono previsti profili di drogaggio da calcolare, né processi di controllo ad alta temperatura, né crescite epitassiali o deposizioni a vapori chimici. Queste differenze di processo produttivo, rispetto ai semiconduttori, si traducono direttamente in una riduzione dei costi nella produzione su larga scala dell’elettronica RSFQ. Dal punto di vista funzionale, un ulteriore vantaggio di questa nascente tecnologia consiste nel fatto di essere auto-sincronizzante, rendendo fattibile la realizzazione di circuiti di tipo asincrono, dei quali tratteremo più avanti.
La tecnologia del freddo
Tra gli aspetti svantaggiosi a carico della tecnologia RSFQ vi è la necessità di un ambiente raffreddato a temperature criogeniche, tipicamente dell’ordine dei 6-4 Kelvin. Gli integrati RSFQ, quindi, si accoppiano necessariamente ad un dispositivo criogenico. Per questo scopo vengono di solito utilizzati refrigeratori ad elio liquido o a xenon liquido. Un altro aspetto svantaggioso della tecnologia consiste nel fatto che, a differenza delle circuiterie tradizionali, i segnali non si possono suddividere in path multipli di uscita senza introdurre ulteriori elementi circuitali attivi. Tornando ai sistemi di raffreddamento, i refrigeratori ad elio liquido (storicamente quelli più conosciuti) sono stati impiegati diffusamente per i primi circuiti Josephson superconduttivi, che funzionavano sulla base dei livelli di tensione. I moderni sistemi criogenici (“cryocoolers”) sono molto più compatti e rendono il package dei dispositivi RSFQ molto più maneggevole e meno costoso. Tali rafrigeratori sono in grado di mantenere i chip superconduttori alla temperatura operativa di 4-5 Kelvin. Sebbene ancora oggi nei laboratori di ricerca venga utilizzato l’elio liquido, i cryocoolers rappresentano quasi sempre la scelta ottimale per il packaging dei sistemi commerciali e militari. In futuro, la prospettiva di poter utilizzare superconduttori ad alta temperatura critica dovrebbe portare ragionevolmente a una semplificazione delle apparecchiature di raffreddamento. Sono in corso studi per realizzare circuiti RSFQ con tali caratteristiche, per i quali il dispositivo di raffreddamento risulta meno ingombrante. La tecnologia fondata sulla giunzione al Niobio/Nitrito ad esempio, che opera alla temperatura di 10 Kelvin, raggiunge una frequenza di campionamento di oltre 200 GHz, ed è alloggiabile in un compatto sistema criogenico qualificato per impieghi spaziali. Nella decade trascorsa, l’affidabilità e l’efficienza dei sistemi criogenici è stata migliorata, mentre le dimensioni e i relativi costi sono diminuiti. Infatti, è ora possibile acquistare un cryocooler che raggiunge 4-5 K, alloggiabile nella metà inferiore di un rack standard da 19 pollici per strumentazione, al costo di circa 20.000 dollari. E’ ragionevole prevedere ulteriori future migliorie e riduzioni di costo, particolarmente per i sistemi criogenici detti a “pulse-tube”. In questo ambito la tecnologia del freddo ha riportato di recente notevoli successi, in particolare l’azienda statunitense Hypres ha sviluppato un efficiente refrigeratore a ciclo chiuso e quattro stadi derivato da un dispositivo Lockheed Martin originariamente progettato per applicazioni spaziali.
Riferimenti storici
Trattando di logiche a superconduttore non si può non menzionare il fisico statunitense John Bardeen, due volte Premio Nobel per la Fisica, forse più noto per il suo contributo all’invenzione del transistor insieme a William Shockley e Walter Brattain (nobel 1956). Al suo lavoro si deve la spiegazione teorica del fenomeno della superconduttività (nobel 1972). L’esistenza del quanto di flusso magnetico in un circuito superconduttore fu predetta nel 1950 da Fritz London. Successivi studi effettuati alla Stanford University nel 1961 apportarono conferme sperimentali alla teoria. La postulazione e la successiva scoperta di un dispositivo attivo a superconduttore - la giunzione Josephson - effettuata nell’anno seguente, comportò numerosi tentativi per mettere a frutto la elevata velocità di commutazione e l’esigua dissipazione di potenza di un circuito realizzato, per l’appunto, con materiale superconduttore, quindi a resistenza praticamente nulla. Tuttavia, in un primo tempo, la tecnologia Josephson subì una fase di stallo a causa delle forti difficoltà di ordine pratico riscontrate nell’interfacciamento di tali dispositivi con i transistor a semiconduttore. Degno di nota fu il programma di sviluppo di un supercomputer (a superconduttore) basato su quella che al tempo veniva definita “logica latching Josephson”, portato avanti da IBM negli anni 1969-1983. L’approccio seguito fino a quel momento non portò ad applicazioni effettivamente praticabili poichè la struttura di funzionamento era basata sui livelli di tensione. Questa tecnica, per inciso, soffriva delle medesime limitazioni in frequenza che i semiconduttori odierni in logica digitale VLSI stanno attualmente sperimentando. Una svolta decisiva si ebbe con la scoperta della possibilità di utilizzare e manipolare singoli quanti di flusso magnetico nei dispositivi superconduttori. Tale tecnica (detta a “flux shuttles”) fu dapprima dimostrata nel 1971 da Philip Anderson e altri dei Laboratori Bell. In seguito, un schema analogo fu proposto nel 1978 da John Hurrel alla Aerospace Corp. (Los Angeles,USA). Nello stesso periodo, in Giappone, un team di ricerca dell’Università di Tokyo sviluppò quella che venne chiamata logica a “modo di fase”. Successivamente, durante la metà degli anni 1980, un gruppo di ricercatori dell’Università di Mosca, tra cui Konstantin Likharev e Vasili Semenov, idearono una nuova famiglia logica digitale basata sulla giunzione Josephson, tale da mettere a frutto effettivamente il notevole potenziale dei superconduttori. Questa famiglia logica divenne nota come Logica “Rapid Single Flux Quantum” (RSFQ). Per ironia della sorte, il programma di sviluppo di IBM si concluse proprio nel momento meno opportuno, cioè in concomitanza dell’invenzione di Likharev e Semenov, che gli avrebbe apportato nuova linfa e una concreta opportunità di successo.
Processo tecnologico
L’elemento base RSFQ impiegato per la commutazione dei segnali, rappresentato dalla giunzione tunnel Josephson, consiste in una coppia di materiali superconduttori separati da una sottile barriera non superconduttiva, come visibile in figura 4.
In figura 5 è mostrata un’applicazione tipica delle giunzioni Josephson che realizza un circuito integrato a superconduttore comprensivo di oltre 20.000 giunzioni al Niobio/Ossido di Alluminio/Niobio, su substrato in ossido di silicio.
Gli studi che portarono alla realizzazione del moderno processo di fabbricazione RSFQ furono effettuati in Giappone ad opera di un consorzio tra Fujitsu, Hitachi, NEC. Attualmente, tutti i circuiti supercondottivi digitali si basano sulla tecnologia RSFQ. Nelle moderne roadmap per l’elettronica (secondo la Semiconductor Industry Association), tale tecnica è considerata una promettente alternativa alla logica a semiconduttore non solo per lo sviluppo di supercomputers, ma anche per diverse applicazioni avanzate quali tecnologie spaziali, telecomunicazioni, scienze medicali, tecniche di calcolo, eccetera. La tecnologia RSFQ ha in sé ampi margini di miglioramento, che saranno raggiunti nel momento in cui le tecniche di produzione potranno passare alla fase industriale, insieme alla progressiva riduzione delle dimensioni fisiche delle microstrip. Tuttavia, come abbiamo già accennato, va evidenziato che, a differenza dei materiali semiconduttori, la velocità di un integrato RSFQ deriva non tanto dallo scalamento delle dimensioni fisiche, per quanto fine esso sia, quanto da fenomeni intrinseci al materiale superconduttore. La tecnologia di fabbricazione RSFQ è compatibile con gli odierni processi di deposizione CMOS e le relative tecniche litografiche. È inoltre possibile la scalabilità a livello di Large Scale Integration di circuiti planari RSFQ su substrati a wafer di silicio; ciò significa che per realizzare IC in logica RSFQ si possono impiegare le attuali tecniche litografiche e, cosa non trascurabile, riutilizzare le apparecchiature attuali di produzione per chip a semiconduttori. Sono tuttavia necessarie alcune mascherature supplementari e processi di deposizione più elaborati.
Un approccio innovativo:
circuiti RSFQ in logica asincrona
Si è visto che un contributo primario all’approccio RSFQ si raggiunse quando si identificò, in questa tecnologia, una convenzione per la rappresentazione logica dei valori assunti dal singolo quanto di flusso secondo la codifica binaria “1” e “0”. Questo condizionò la RSFQ ad essere una logica sostanzialmente di tipo sincrono, basata quindi su un clock di riferimento e relativa circuiteria di contorno. A partire dalla metà degli anni 1980 sono state introdotte famiglie logiche alternative utilizzanti gli impulsi SFQ, tra cui gates insensibili ai ritardi. Una recente tecnica per la minimizzazione dello spread sui ritardi dei gate consente di ridurre sensibilmente la deviazione standard dei ritardi per i path di segnale competitivi e, in definitiva, eliminare i conflitti tra segnali per circuiti digitali asincroni RSFQ. Questo risultato ha aperto prospettive molto interessanti, in quanto induce a stimare che la tecnologia RSFQ potrebbe portare ad un signal processing digitale molto più efficiente in termini di velocità e di costi. Un settore molto promettente per lo sviluppo di questo tipo di elettronica digitale ad alte prestazioni si prevede che sarà quello della Logica Asincrona. In questo ambito, i componenti circuitali reagiscono ai cambiamenti ai loro ingressi nel momento i cui i cambiamenti stessi arrivano, e producono commutazioni delle uscite immediatamente al termine di una determinata computazione senza introduzione di ritardi apprezzabili. Così, la velocità di esecuzione è determinata dalle latenze locali, non dalla latenza globale prevista nel “caso peggiore” (worst-case), come avviene per la logica di tipo sincrono. Inoltre, nella logica asincrona non è richiesto un segnale di clock per sincronizzare le operazioni del circuito, e lo scambio dati viene coordinato localmente per mezzo di feedbacks in modalità handshake. In questo modo, vengono eliminate le tipiche problematiche legate al clocking globale dell’elettronica sincrona. Altri vantaggi importanti, molto interessanti, della logica digitale asincrona (nei confronti di quella sincrona) sono i seguenti:
» bassi consumi di alimentazione, poiché le commutazioni si verificano solo nella porzione di circuito interessata alla computazione corrente, anziché per tutti i nodi in ciascun ciclo di clock;
» ridotte emissioni di disturbi elettomagnetici in quanto, in genere, le commutazioni si verificano in porzioni circuitali casuali e in istanti arbitrari;
» ridotta sensibilità nei confronti delle variazioni ambientali (come tensione di alimentazione, temperatura, processo tecnologico, ecc...);
» inoltre, come già detto, nel disegno di circuiti sincroni si deve tener conto dell’eventualità che si verifichi la combinazione cumulativa di vari fattori (“caso peggiore”) e fornire un clock adeguato al circuito. Questo non è il caso dei circuiti asincroni i quali, se propriamente progettati, operano alla velocità massima consentita dalle proprietà fisiche della materia.
Considerazioni di dettaglio
Riprendiamo e approfondiamo le caratteristiche della tecnologia RSFQ che, secondo Likharev e Semenov, sono le seguenti:
» Consumi di alimentazione estremamente ridotti - l’energia dissipata durante una commutazione in una giunzione Josephson è dell’ordine di 10-19 Joule - , mentre i segnali vengono trasmessi per mezzo di linee di trasmissione superconduttive (quindi senza perdite). In questo modo, il problema della forte dissipazione di energia tipica dei circuiti digitali a semiconduttori ad alta integrazione non si presenta.
» Frequenza operativa estremamente elevata, ottenuta anche con relativamente grandi dimensioni geometriche - trascorsi solo pochi anni dall’ invenzione della tecnologia RSFQ sono già stati collaudati circuiti digitali con dimensioni micrometriche operanti a frequenze di poco inferiori al TeraHertz (Kaplunenko, 1989; Chen, 1999).
» Rappresentazione dei dati intrinsecamente digitale - nel senso che, a seguito della natura quantizzata del flussone magnetico, gli stati binari sono intrinsecamente definiti.
Nondimeno, a tutt’oggi l’elettronica RSFQ è limitata dalla carenza di applicazioni a larga scala di integrazione (VLSI). Allo stato attuale sono state realizzate relativamente poche tipologie di dispositivi RSFQ di media complessità circuitale, con frequenze di lavoro di alcune decine di GHz. Esiste un forte gap fra le performance in velocità ottenute con i dispositivi digitali RSFQ di piccola e media scala. Il motivo è legato al complesso network di distribuzione del clock globale tipico dei complessi circuiti digitali sincroni RSFQ. Una parte significativa della circuiteria di una qualsiasi applicazione RSFQ sincrona di media scala è dedicata alla gestione del clock, il che comporta tre conseguenze negative:
» gran parte della corrente totale di polarizzazione in continua è assorbita dalle strutture dedicate al network del clock, con conseguente presenza di campi magnetici parassiti di disturbo per l’operatività dell’elettronica computazionale RSFQ. Inoltre, il trasporto di ingenti correnti in DC di polarizzazione impone severi requisiti nell’interfaccia fra il chip superconduttivo e il normale network conduttivo dedicato all’alimentazione. Entrambi gli effetti limitano il livello di integrazione dei dispositivi digitali RSFQ;
» il circuito di distribuzione del clock globale complica significativamente il layout RSFQ, spesso messo in crisi da strutture critiche (quali crossings, vias, eccetera), che possono portare a interazioni parassite e indurre difetti di fabbricazione, diminuendo così la resa del processo;
» lo spread fra i parametri della tecnologia di fabbricazione affligge le caratteristiche nel dominio del tempo dei circuiti RSFQ che vengono prodotti. Con l’aumentare della complessità del circuito, tale effetto causa un jitter significativo sul segnale di clock globale. Questo contrasta la possibilità di minimizzare il periodo del clock medesimo, con una ripercussione pratica sulle performance ad alta velocità dei circuiti VLSI sincroni RSFQ.
I suddetti effetti negativi possono essere più o meno contrastati agendo sia sul fronte del perfezionamento delle tecniche di fabbricazione che adottando approcci innovativi nel progetto dei circuiti digitali RSFQ ad alta integrazione.
Enti e istituzioni di ricerca
Dopo il battesimo all’Università Statale di Mosca, la maggior parte dei circuiti RSFQ è stata realizzata, all’incirca nell’ultima decade, nelle seguenti istituzioni statunitensi: Hypres Inc. (Elmsford, New York); Northrop Grumman (Baltimora, Maryland); TRW (Redondo Beach, California); NIST (Boulder, Colorado); Conductus (Sunnyvale, California); Università di Rochester (New York); Stanford University (Palo Alto, California); Univ. Berkeley (California); MIT Lincoln Laboratory (Lexington, Massachusetts) e SUNY Stony Brook (New York). Più recentemente, alcune delle maggiori istituzioni giapponesi hanno portato avanti i propri impegni in relazione al progetto, in particolare per lo sviluppo di circuiti e sistemi RSFQ al Niobio. Tra di esse menzioniamo: i laboratori NEC per la ricerca di base, gli Advanced Research Labs di Hitachi, i laboratori Fujitsu, l’università di Tohoku, l’università di Nagoya, l’università di Tokyo, la National University di Yokahama, i Laboratori di Elettrotecnica ETL di Ibaraki e il Laboratorio di ricerche sulla Superconduttività SRL del Centro Internazionale di Tecnologia della Superconduttività (ISTEC) di Tokyo. In Europa, si è focalizzata l’attenzione maggiormente sui materiali superconduttivi ad alta temperatura critica; tuttavia, sono anche in corso studi sui circuiti RSFQ con materiali a bassa temperatura critica presso l’Università Tecnologica di Ilmenau (Germania), l’Istituto di Fisica Tecnica di Braunschweig (Germania), l’Istituto Tecnico Chalmers di Goteborg (Svezia) e la divisione Ericsson Components AB di Stoccolma (Svezia).
Applicazioni e sviluppi futuri
Un settore applicativo molto promettente per la tecnologia RSFQ è quello dei dispositivi ottici per network di commutazione ad alta velocità. Ma l’approccio più stimolante, tra i ricercatori a livello mondiale, nei confronti di questa tecnologia riguarda senza dubbio la realizzazione di logiche digitali e sistemi mixed-signal. Particolarmente coinvolto è pure il campo del Digital Signal Processing che, grazie alla disponibilità di convertitori analogicodigitali ad alta velocità in configurazione mixed-signal, può estendere il proprio dominio anche alla gestione dei segnali a radiofrequenza. Allo stato attuale, in tecnologia circuitale RSFQ sono stati realizzati un certo numero di “blocchetti elementari” e sono disponibili una serie di metodologie (tra cui ambienti EDA di progettazione), sviluppate dai summenzionati gruppi e da altri, che possono essere applicati per creare, in futuro, sistemi fully-functional RSFQ-based. Tra i blocchi funzionali più avanzati vi sono circuiti per la conversione di dati tra il mondo analogico e quello digitale. Vi è inoltre il capitolo dei “core” per il Digital Signal Processing quali sommatori, moltiplicatori ed altri componenti di infrastruttura, come generatori di clock e data buffers. Le tecniche di gestione del clock e dell’input-output stanno divenendo particolarmente importanti a motivo sia della natura high-speed che criogenica della tecnologia. Infine, vi sono parecchie applicazioni RSFQ integrate che apportano benefici al progetto system-level e rappresentano aree promettenti per un prossimo sviluppo. Le architetture di tipo System-On-Chip contenenti sia la circuiteria analogica di front-end a radiofrequenza sia i blocchi digitali per il Digital Processing sono fondamentali per realizzare le prossime applicazioni a 100 GHz. A tali frequenze, le configurazioni mixed-chip presentano enormi difficoltà ad essere realizzate con i semiconduttori, a causa di consistenti fenomeni di crosstalk e interferenza fra le sezioni analogiche e quelle digitali che, in questi casi, coesistono sul medesimo substrato. Gli integrati RSFQ sono, al contrario, intrinsecamente immuni a questa tipologia di disturbi in quanto gli impulsi di segnale in questa tecnologia non sono soggetti ai fenomeni a cui siamo abituati con le tecnologie a semiconduttore, quali dissipazione di energia, diffusione o interferenza. Nel novembre 2008 Hypres inc. ha effettuato una dimostrazione di applicazione Software Radio per un progetto dell’esercito USA impiegante IC in logica RSFQ dotati di una innovativa tecnologia proprietaria (detta Digital-RF™) che permette di distribuire e instradare il segnale RF completamente all’interno del dominio digitale dell’architettura. Questa funzionalità è indicata per sistemi radio ad alte prestazioni, riconfigurabili, multibanda e multicanale. Gli integrati mixed-signal di questo tipo permettono di effettuare la conversione diretta dei segnali a radiofrequenza, eliminando dal front-end analogico componenti tradizionali come il mixer. Tali chip RSFQ consentono di effettuare la digitalizzazione dei segnali a banda larga e con caratteristiche di alta fedeltà. Il mattone-base di tale sistema è costituito da un A/D converter RSFQ a superconduttore avente una speciale architettura a modulazione/demodulazione di fase in grado di coprire l’intero spettro della banda per le comunicazioni, da 100 kHz a 2 GHz. Le architetture radio basate sui semiconduttori digitali sono state tradizionalmente i colli di bottiglia delle performance estreme nei sistemi wireless. Per questo, le metodiche RF convenzionali per la distribuzione e il routing del segnale a RF sono sempre appartenute al dominio analogico. La matrice di commutazione Digital-RF™ prodotta da Hypres permette la distribuzione e il routing RF direttamente nel dominio digitale tra i componenti del front-end analogico e le risorse di digital processing (figura 6).
Sono in corso studi per la realizzazione di un ricevitore completamente digitale per applicazioni di tipo Software Radio.
Anni fa ho progettato in tecnologia integrata CMOS 130nm, con frequenza di clock 1GHz, non oso immaginare le problematiche di progettazione dell’attuale tecnologia 22nm. Ben venga dunque una svolta di paradigma nella progettazione.
Una nota, nel testo si parla spesso di “larghezza di canale” dei transistor ma sarebbe più giusto parlare di “lunghezza di canale”.
Articolo complesso ed interessante. Sarei curiosa di sapere tra gli enti e le istituzioni che vengono citate nell’articolo dov’è l’Italia. A settembre 2018 si è tenuta a Salerno la SuperFOx Conference a cui ha partecipato Oleg Mukhanov vice presidente di Hypres proprio per parlare degli sviluppi della tecnologia dei superconduttori. Sono lontani i tempi in cui si “narrava” che i circuiti RSFQ erano “inaffidabili”.
Interessantissimo.
Esistono già sul mercato componenti elettronici che sfruttano tale tecnologia?
Uno studio dettagliato e accessibile anche ai non esperti del settore. Sicuramente la ricerca e lo sviluppo dei circuiti integrati offrirà ancora molte sorprese. L’interoperabilità e il basso consumo dei Rapid Signal Flux Quantum rendono questa tecnologia un volano per l’evoluzione delle telecomunicazioni digitali.
Articolo e tecnologia molto interessanti. sicuramente l’innalzamento delle frequenze di lavoro pone delle ardue sfide ai progettisti, che spesso hanno a che fare con vincoli stringenti sulle dimensioni del PCB e sul rispetto di standard severi (tra cui EMI).