Protocolli IoT [2/2]: wireless a corto raggio

Protocolli a corto raggio

Nel primo articolo abbiamo osservato i principali protocolli di comunicazione nel mondo IoT per raggiungere grandi distanze che vanno dalle centinaia di metri fino ai 50 km. Questi protocolli, detti a lungo raggio, si basano su tecnologie consolidate come quelle cellulari o su nuovi protocolli sviluppati nelle frequenze sub-GHz che non necessitano di licenze. Seppur orientati ad un basso consumo energetico, tali protocolli richiedono comunque una fonte di energia sostenuta, in quanto per comunicazioni a lungo raggio c’è necessità di maggior potenza di trasmissione. A corto raggio questo viene meno ed i protocolli vengono catalogati come low energy o addirittura very low energy. Tali protocolli trovano applicazioni sia in contesti indoor quali smart home e industrie, che outdoor per applicazioni ravvicinate come la guida autonoma o l’agricoltura di precisione. Come vedremo, tali protocolli offrono sempre di più la possibilità di realizzare reti di comunicazione di tipo mesh.

Introduzione

I protocolli a corto raggio raggruppano le tecnologie e gli standard che consentono comunicazioni wireless che vanno dalle decine di metri fino alle centinaia di metri. Questi operano principalmente nel campo delle frequenze libere senza licenze tra cui ritroviamo (rappresentate graficamente in Figura 1):

  • banda ISM (Industrial, Scientific and Medical) a 2,4 GHz utilizzata da WiFi, Bluetooth e Zigbee;
  • bande sub-GHz utilizzate da EnOcean, 6LowPan, etc;
  • altre bande utilizzate da protocolli come DECT ULE.
protocolli a corto raggio

Figura 1. Protocolli a corto raggio

Wi-Fi (IEEE 802.11n)

Uno dei protocolli a corto raggio più conosciuti è il Wi-Fi (con i suoi diversi standard tra cui il più conosciuto IEEE 802.11n). Questo protocollo è molto versatile e si è affermato in ogni nostra abitazione dotata di connessione a internet: potremmo dire che il Wi-Fi è praticamente internet. Ben tutti conosciamo le frequenze che sfrutta (2.4 GHz e 5 GHz) e la quantità di dati che riesce a trasmettere (infatti tranquillamente possiamo vedere film con il Wi-Fi) ma pochi di noi si chiedono quanto effettivamente consuma. Infatti, il Wi-Fi ha ingenti richieste energetiche e non è proprio la prima scelta che si faccia quando si desidera progettare un dispositivo IoT. Esiste anche una versione a basso consumo energetico (HaLOW riferito allo standard IEEE 802.11ah) che abbiamo già introdotto tra i protocolli a lungo raggio e visto le sue peculiarità. Il Wi-Fi quindi rimane una tecnologia perseguibile quando i dispositivi hanno necessità di elevate velocità di trasferimento e un costo tecnologico ridotto, ovviamente a discapito del consumo energetico che non può essere contenuto.

Dal BLUETOOTH al BLE

Il Bluetooth è uno dei primi standard che ognuno di noi ha conosciuto quando si è interessato a connettere il proprio cellulare alle periferiche o altri cellulari. Questo standard consente di instaurare connessioni per il trasferimento di dati in maniera bidirezionale e con un consumo ridotto di potenza. La frequenza adoperata, come per il Wi-Fi, è 2.4 GHz mentre le distanze che si raggiungono sono inferiori ai 15 metri in applicazioni indoor, mentre in campo aperto può arrivare anche ai 100 metri. Lo standard, supportato dal consorzio Bluetooth SIG, si è evoluto nel corso del tempo, integrando sempre di più funzionalità e peculiarità per rimanere al passo con i tempi e le esigenze delle nuove applicazioni tecnologiche. Tra questi di sicuro la possibilità di realizzare connessioni di tipo mesh (ossia reti a maglia) in modo da espandere il range di una rete grazie ai nodi della rete stessa.

Il "salto di specie" del bluetooth è avvenuto nel 2010, con il rilascio della versione 4.0 che introduceva la funzionalità a risparmio energetico denominata Low Energy, da cui il nome abbreviato BLE che tutti conosciamo e che ha consentito di realizzare i dispositivi beacon. Dal lontano 2010 sono avvenute ulteriori migliorie del protocollo fino al rilascio della versione 5.0 nel 2016, che introduce la possibilità di auto-adattamento della velocità di comunicazione. Infatti, grazie all’utilizzo di un protocollo adattativo, la versione 5.0 del protocollo consente di raggiungere distanze e velocità superiori rispetto alla versione precedente. In particolare, è possibile raggiungere fino ai 300 metri, mentre per applicazioni a basse distanze le velocità raggiungibili sono fino a 2 Mbps. Nel corso del tempo lo standard Bluetooth ha integrato anche i protocolli IPv6 o le configurazioni di rete a mesh per garantire distanze raggiungibili anche del chilometro. Nonostante l’impegno nel ridurre i consumi, questo tipo di protocollo non regge il confronto con gli altri competitors, anche se è doveroso notare come oggigiorno lo troviamo tra le principali scelte di tantissimi produttori soprattutto per applicazioni indoor come nel caso della domotica e di smart sensors che possono essere facilmente ricaricati (ad esempio i fitness tracker).

DECT

Il protocollo DECT (acronimo di Digital Enhanced Cordless Telecommunications) è stato progettato nel 1987. No, non è affatto un errore, e si nel 1987 ancora non esisteva l’IoT. Ma il protocollo nacque per una delle tecnologie che tutti abbiamo utilizzato almeno una volta: i telefoni cordless. Nel tempo questo protocollo si è evoluto e perfezionato, fino all’ultima versione denominata ULE (acronimo di Ultra Low Energy). Il protocollo opera nella banda di frequenza di 1,8 GHz in Europa e 1,9 GHz negli Stati Uniti con spaziatura dei canali di 1,728 MHz. Ciò significa dire che rispetto a molti altri protocolli, questo non è disturbato dalle reti Wi-Fi e via dicendo a 2.4 GHz, mentre il baud rate può raggiungere anche 1 Mbps. I dispositivi dotati di protocollo DECT ULE trasmettono fino a 70 metri in applicazioni indoor, mentre possono essere raggiunti anche i 600 metri in outdoor e configurazioni di rete mesh. La tecnologia DECT ULE trova larga applicazione nei dispositivi dedicati alla smart home, telefonia, sicurezza nei sistemi di rilevazione incendi, sicurezza nei sistemi di videosorveglianza, comunicazioni M2M, etc. L’esistenza sul mercato da decenni, il costo della tecnologia ridotto, i vantaggi in termini di frequenze indisturbate e distanze raggiungibili, rendono il protocollo DECT ULE molto diffuso e facilmente interoperabile tra vari produttori.

ENOCEAN

Tra le innumerevoli soluzioni low-power a basso consumo che hanno cercato di sbarcare il lunario, gode di maggior importanza la tecnologia EnOcean, supportata dalla EnOcean Alliance (rappresentata in Figura 2), ma che collabora attivamente per una standardizzazione globale delle tecnologie wireless con Bluetooth SIG e Zigbee Alliance.

www.enocean-alliance.org

Figura 2. EnOcean Alliance e standard (fonte: www.enocean-alliance.org)

Lo standard EnOcean si basa sulle frequenze 868 MHz in Europa e 902 MHz in America, con un protocollo basato sulla trasmissione di telegrammi brevi a 125 kbit/s protetti da checksum. Tale tecnica consente di ridurre il numero di collisioni ed incrementare il numero di dispositivi presenti in un’architettura basata su tale protocollo. I dispositivi della rete possono essere configurati anche per comunicazioni unidirezionali, oltre che la classica bidirezionale. Le distanze che si raggiungono con il protocollo vanno dai 30 metri indoor fino ai 300 metri in spazio aperto, il che rende lo standard molto versatile per tantissime applicazioni. In particolare, lo standard è stato concepito per la realizzazione di sensor network a potenza ultra bassa autoalimentati, ossia capaci di funzionare grazie all'energia ambientale catturata attraverso luce, movimento e variazione di temperatura.

THREAD

Una delle alleanze più importanti è quella generata da Thread Group, che nasce come costola della Nest Labs, ossia il gruppo Google che ha prodotto e immesso sul mercato il mitico NEST. Nell’alleanza del Thread Group, oltre a Google, troviamo aziende quali Silicon Labs, Apple, Osram, Siemens, NXP, Qualcomm e tante altre. Lo standard Thread nasce per l’interconnessione di grandi quantità di dispositivi adoperando il protocollo IPv6 (in particolare inglobando 6LoWPAN). Infatti, con tale scelta è possibile indirizzare fino a 2128 indirizzi differenti garantendo comunque un buon livello di sicurezza. Nonostante il protocollo sia stato ideato nel contesto delle reti a basso consumo energetico, esso richiede comunque una potenza di calcolo superiore rispetto alle altre tecnologie che non si basano su protocolli di tipo IP. Questo vuol dire che i prodotti necessitano di una tecnologia un pò più costosa, non adatta ai piccoli oggetti economici ma che si presta benissimo per quei prodotti interconnessi che devono scambiare anche tanti dati. I membri dell'alleanza forniscono una varietà di prodotti (vedi Figura 3) e servizi con l'implementazione delle soluzioni Thread nel proprio progetto. [...]

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