
Molte aziende in fase di selezione sottopongono ai propri candidati quesiti assurdi, se non impossibili! Ovviamente il loro obiettivo non è tanto quello di individuare candidati che sappiano rispondere esattamente alla domanda posta (in molti casi le risposte possibili sono molteplici), quanto piuttosto quella di individuare persone in grado di reagire in maniera positiva e proporre soluzioni innovative per la risoluzione della problematica. Tempo fa, in un precedente articolo abbiamo tentato di individuare quale fosse l'età ideale per essere assunti da un'azienda, in questo articolo parleremo invece dei problemi che possono essere posti a chi si candida per un lavoro e viene valutato con test (anche test di QI). I più giovani della nostra community non potranno che trarne giovamento.
Quanti anni ci vogliono per spostare il Monte Fuji? È una domanda che ti potrebbero fare se cerchi lavoro presso un'azienda ad alta tecnologia. Non devi rispondere:
"Chi può essere tanto scemo da voler spostare un monte alto 3 km?"
Fai il conto. È un cono. Se è alto 3 km il raggio alla base sarà 9 km e l'area della base circa 250 km2, quindi ha un volume di 250 km3, cioè 250 miliardi di m3. Ogni m3 pesa circa 5 tonn: peso totale 1.250 miliardi di tonn. Se un camion porta via ogni giorno 100 tonnellate e si impiegano, diciamo, 10.000 camion per 7 giorni alla settimana. Il monte si sbanca in 1.250.000 giorni - cioè in circa 3400 anni. Anche se le stime che fai sono un po' diverse, l'ordine di grandezza è quello.
Domanda assurda? Pare di no.
Non solo le aziende ad alta tecnologia, ma anche banche e studi di ingegneria, propongono ai candidati domande difficili nei colloqui per l'assunzione. Talora i quesiti sono impossibili: fatti per controllare come si comporta una persona sotto stress.
L'uso di test paradossali è giustificato dal successo di molte aziende che li propongono. Ma, se ci ragioniamo, capiamo perchè sia plausibile. I collaboratori più efficaci non sono quelli che sanno solo applicare procedure standard. Sono quelli capaci di inventare soluzioni nuove e di reagire a situazioni inaspettate. Un filtro efficace per individuarli si può trovare proprio in questi problemi curiosi che non hanno UNA risposta. La loro soluzione è l'insieme delle ragioni possibili per definire risposte sensate in uno spazio continuo di soluzioni.
Sono certo meglio dei test di intelligenza sviluppati un secolo fa da Binet in Francia e da Terman in USA. Questi mirano a misurare il quoziente di intelligenza [QI], proponendo problemini su numeri (quale: numero mancante va inserito in una serie), parole, configurazioni grafiche. Dovrebbero essere tarati in modo che metà della popolazione stia sotto 100 e metà sopra. In effetti il QI non misura l'intelligenza che è caratteristica complessa fatta anche di memoria, di abilità logiche e deduttive, di pensiero laterale o astratto, di inventività e spregiudicatezza, etc. Misura solo l'abilità a risolvere quel tipo di problemi. Aver definito il QI in quel modo è stata una sciagura della psicologia. Ha generato malintesi gravi. C'è un'associazione internazionale (MENSA) che accoglie persone con QI superiore a un certo livello (circa 180 - dovrebbe superarlo il 2% della popolazione). Ho conosciuto alcune persone intelligenti che erano state accettate e diedero le dimissioni dopo breve tempo. Non sopportavano di perdere tempo a risolvere quesiti sul peso di ipotetici mattoni o su sequenze insensate di numeri interi.
Propugnava con passione i test difficili anche William Shockley, premio Nobel per la fisica (era co-inventore del transistor). Per produrre transistor al silicio fondò un'azienda che ebbe vita misera e breve. Shockley propose anche di fare banche di spermatozoi di Premi Nobel per inseminare donne che partorissero geni. Dimostrò così che credeva all'ereditarietà dell'intelligenza e che anche dopo aver vinto un Premio Nobel, si possono fare proposte insensate e incivili.
Si sa che ci vuole un'intelligenza speciale per produrre programmi di computer grandi e complessi. Questo software non è più prodotto da singole persone, ma da squadre. Formare, dirigere, monitorare una squadra è un lavoro diverso che oltre alle conoscenze informatiche, richiede abilità organizzative, sensibilità, immaginazione. I test che mirano a scegliere supervisori capaci di guidare squadre di softwaristi, quindi, devono misurare inventività, "larghezza di banda", capacità di risolvere problemi, di pensare fuori da schemi tradizionali e di essere leader, invece che seguaci.
Intanto molti parlano dei particolari quiz avanzati e complessi utilizzati. Quindi è sempre più probabile che i candidati li abbiano già sentiti e di certo se ne staranno inventando di nuovi. Ne spiego qui uno. Lo possono meditare i giovani che cercano lavori innovativi.
Quante volte al giorno si sovrappongono le due lancette di un orologio? NON 24 volte! Infatti dopo la mezzanotte si sovrappongono circa all'una e 5 minuti: più esattamente all'una più 5,45 minuti. Continua a sommare 65,45 minuti (12/11 di ora) per trovare le sovrapposizioni seguenti e vedrai che dopo le 10 e 54,5 minuti arrivi a mezzogiorno e ne hai contate 11. Ce ne sono altre 11 da mezzogiorno a mezzanotte – dunque sono 22.

Bell’articolo, un argomento utile per chi deve affrontare colloqui di lavoro in questo periodo, dove le assunzioni sono scarse e molto selettive.
Concordo con te, veramente un bell’articolo e utile per chi deve fare colloqui di lavoro
«Anche un orologio fermo segna l’ora esatta due volte al giorno».
Citazioni a parte, in passato ho partecipato come uditore ad alcuni colloqui di lavoro, quindi sedendo dal lato “aperto” della scrivania. Fra un colloquio e l’altro il selezionatore ricevette una telefonata dall’agenzia interinale, dove probabilmente gli si chiedeva che caratteristiche dovevano avere i prossimi candidati da inviare. Lui rispose: “È sufficiente che abbiano entrambe le braccia”. E questo è per ricordare che in certe aziende i test attitudinali – siano essi difficili, assurdi o vecchia scuola – non vengono neppure presi in considerazione. A margine vorrei esprimere la mia gioia nel poter commentare un articolo del Prof. Vacca, “conosciuto” negli anni ’80 grazie al suo romanzo “Dio e il Computer” (che peraltro su Wikipedia viene datato 1989, ma mi pare sia del 1984). Un giorno portai quel libro in classe, scuola cattolica, scatenando non poche ire dei sacerdoti/insegnanti che – accecati dall’odio per la tecnologia – ne condannarono il titolo come empio e blasfemo. Per me fu un’illuminazione: quel giorno scelsi il computer, e abbandonai la scuola.
Personalmente trovo quest’articolo molto interessante in quanto aggiunge un nuovo punto di vista su una questione che dura da anni, ovvero, come si misurano le capacità di una persona. Sono perfettamente d’accordo con l’autore sulla non affidabilità del sistema QI perchè spesso gli esercizi sono tutti simili e quindi si arriva alla soluzione soltanto perchè si è risolto lo stesso problema in un test precedente (pensate ad esempio a quante volte vi siete trovati davanti ad un serie di Fibonacci). Tuttavia non credo che i criteri proposti nell’articolo siano molto più validi del QI, se ad esempio domani ad un colloquio mi chiederessero “quante volte al giorno le lancette…”
saprei già la risposta e sembrerei “validissimo” ai miei interlocutori. E’ chiaro che gli esaminatori devono sempre spremere le meningi al fine di trovare sempre nuovi problemi, ma allo stesso modo un sostenitore del QI potrebbe dire la stessa cosa: “Bisogna sempre creare successioni numeriche nuove!”. So che lo scopo degli esaminatori è quello di testare la fantasia dell’interlocutore ma onestamente non riesco a vedere la linea che distingue la soluzione al problema figlia del puro estro e la soluzione del problema figlia di un problema già visto. Tempo fa un mio amico che insegnava Analisi Matematica mi fece un quesito dicendomi che nessuno dei suoi alunni era riuscito a risolverlo, neanche lui quando gli era stato proposto aveva trovato la soluzione. Io ascoltai per bene il problema e poi da ingegnere cercai un problema simile, trovando la soluzione nella logica di verifica di una comunicazione digitale. Quindi a mio parere il dilemma principale resta, come si capisce se una persona è “furba” o fa semplicemente il “furbo”? 🙂
il poter spaziare con la mente verso soluzioni azzardate è richiesto in ambiti particolari….il resto vuole semplici ” impiegati con due braccia”………con poca iniziativa e fantaia nel risolvere qualsivoglia problema viene posto……..però come non apprezzare un aticolo di un così illustro persona…….grazie per il tempo che ci dedica
Come dice Dantave non sempre alle aziende serve un leader, o un genio che inventi una nuova apparecchiatura o un futuro premio Nobel. Anzi penso che mediamente servano molti più “operai” che non gente che li diriga. Io sono uno di loro (“operaio”), faccio assistenza tecnica su apparecchiature elettroniche con una certa parte di elettromeccanica. Per fare il mio lavoro servono certamente nozioni tecniche e una certa “fantasia” per pensare a volte a soluzioni strane per risolvere problemi particolari. Non posso però dire che se uno non è un genio non può fare il mio lavoro: io non lo sono, sono un discreto tecnico ma certamente la NASA non mi richiederebbe per progettare il nuovo shuttle (o quello che si inventeranno).
Devo però dire che quando la mia azienda mi selezionò, quasi 30 anni fa, non mi fece fare strani quiz sulle serie numeriche o su come spostare il monte Fuji, ma mise me e gli altri candidati per un’intera mattinata a risolvere quesiti prettamente tecnici, tarati su quello che avremmo dovuto fare nel nostro lavoro. Cercavano dei tecnici di field non dei premi Nobel.
Questo per dire che, per essere efficaci, i test proposti in una selezione dovrebbero essere attentamente tarati sulla figura professionale che si sta cercando.
Ho iniziato a lavorare a 16 anni in azienda e al tempo (anni 90) non servivano preparazioni particolari per iniziare (da operaio intendo). Se un’azienda aveva bisogno di una persona, non ci pensava 2 volte ad assumere. Ora i tempi sono cambiati purtroppo o per fortuna…non saprei…
Ora bisogna dare lavoro anche ai tanti psicologi formati e quindi nelle selezioni si sono introdotti anche questi stratagemmi. Deve essere riconosciuto il tuo profilo di persona “capace” da una persona che magari non ne sa nulla del lavoro che andrai, forse, a compiere. Talvolta queste selezioni le ritengo demoralizzanti per chi le subisce per il fatto che non fanno vedere a mio parere quello che realmente sei.
Io penso che per conoscere una persona come lavora bisogna darle la possibilità di farlo, non solo farle un’analisi psicosomatica.
Sono un po’ critico si!
Amici mi raccontano di colloqui fatti e di quanto non centrassero niente con la preparazione avuta all’università o con le abilità che hanno per esempio. Si sono visti sorpassare da altri meno preparati per mansioni ad oc per loro.
Ora sto concludendo ing Elettrica e probabilmente mi ritroverò anch’io con questo problema dei colloqui. Non mi preoccupo molto per me però. Di strade ne ho molte di aperte e spero che la mia manualità oltre che preparazione possano interessare.
Ricordo ancora, anche se, vagamente -DIO.. il computer 🙂 dentro un integrato chissà che si può trovare, e, questo articolo non è da meno, interessantissimo. Spero ad ogni modo in una capacità poli-funzionale delle aziende, in modo da unire i campi artistici, tecnici e umanistici più che nelle capacità di un candidato.
personalmente non ho ancora avuto modo di provare un vero colloquio di lavoro poiché sto ancora studiando; ma quando ho provato l’ammissione all’accademia militare mi sono trovato davanti a 140 quesiti da risolvere in 120 minuti (comprendenti anche l’analisi del testo e riassunti) con quesiti di logica assurdi che, data la concitazione del momento, il luogo, l’obiettivo prefissato e i vari colonnelli, tenenti, e un generale che ti squadravano da testa ai piedi, erano mirati a individuare coloro che anche in momenti di pressione sono in grado di dare il meglio.
Ai concorsi militare c’è bisogno del fattore “c” e non del QI. Io ho fatto il concorso per l’accademia aeronautica, idoneo non vincitore. Arrivare alla fine è stato emozionante, ma superare tutte quelle prove che sembrano non avere alcun senso, test psicologici in cui ti chiedono dal “se senti delle voci” a “preferisci fare il bibliotecario o il fioraio” ti mettono alla dura prova! AAHAH
Ai concorsi militari (e purtroppo anche alla maggior parte di quelli pubblici) più che del fattore “c” (che posso immaginare a cosa si riferisca) c’è bisogno del fattore “s”…che sta per SPINTA.
Non volevo essere polemico o vanificare le speranze di qualcuno ma purtroppo devo darti ragione. Qualcuno però direbbe che il fattore Spinta è anche un qualcosa di articolato per parlare in termini ingegneristici non è uno scalare ma un vettore ossia conta non solo l’intensità ma anche il verso e la direzione. Anzi più che verso direi provenienza ahahaha Ora basta altrimenti si passa da una community di tecnologia a Forum (quello televisivo dove ci si strappa i capelli).
Bellissimo articolo complimenti! Purtroppo la tematica delle selezioni per un lavoro è alquanto delicata soprattutto oggigiorno dove ci sono tante persone che cercano lavoro e poche posizioni disponibili. Il tutto poi cambia a seconda della realtà, e ancora di più quando si tratta di assumere neolaureati. Mentre nelle piccole aziende si cerca di vedere cosa hai fatto, come ti comporti, e quale valore aggiunto puoi dare nel breve termine, le grandi aziende tendono a selezionare persone che possono dare valore aggiunto nel lungo termine, da qui una selezione non sulle competenze professionali ma sulle capacità potenziali. Questo si traduce in una selezione in cui prima di trattare la parte tecnica si passa per colloqui con psicologi, colloqui di gruppo, selezioni a quiz e via dicendo, e come riportato nell’articolo le domande che possono capitare sono un po’ tutte, alcune un po’ più “serie” altre al limite della realtà. Non dovete spaventarvi o rimanere imbarazzati se un giorno ad un colloquio vi chiederanno quale colore preferite o quale animale vi rappresenta, perchè succedono anche queste cose. Io mi sono laureato da poco più di due anni, in un periodo buio per il mondo del lavoro in Italia ma mi sento fortunato, perchè ho avuto modo di vedere diverse realtà, fare tanti colloqui e oggi lavorare in un contesto gratificante! Per chiunque si accinge a fare un colloquio posso darvi un consiglio: siate voi stessi, affrontate il colloquio con umiltà e curiosità e non siate tesi.
Scusate se commento nuovamente questo articolo però leggerlo mi ha stimolato molti pensieri e pensavo a quanto questa community sia cresciuta, passando da una piccola idea di Emanuele ad una grande realtà. Credo che la condivisione promossa da questa community non debba essere una condivisione solo di know-how, di progetti e di idee ma debba dare anche un supporto a chi si trova ad un bivio e deve prendere una decisione importante, che gli possa cambiare la vita. Adesso mi spiego meglio: spesso mi trovo ragazzini che mi chiedono quale ingegneria scegliere, o meglio se fare ingegneria. La mia risposta è sempre vaga perchè non sai mai cosa vuole la persona che ti domanda, ma comprendo la loro incertezza. Purtroppo non c’è una corretta informazione, non c’è una campagna di orientamento che orienti veramente. Allora mi chiedevo se siete disposti a dare un’anima a questa community. Spesso tra gli articoli pubblicati troviamo qualche intervista interessante ma penso che siano sempre troppo poche. Io propongo di auto-intervistarci definendo un set di domande fisse a cui rispondere più 2 o 3 domande a piacere (ci facciamo la domanda e diamo la risposta). Se Emanuele è d’accordo possiamo organizzare anche un articolo per questa proposta, in modo da aprire un dibattito e decidere insieme le domande che ci dobbiamo porre. Infine creare una categoria tipo “Arte e Mestieri” o qualcosa del genere. Che ne pensate? Idea malsana?
Pensa, proprio oggi pensavo di rivitalizzare la nostra categoria 3 Domande
http://it.emcelettronica.com/tag/3domande
In particolare pensavo proprio di intervistare gli Autori 🙂
Sentiamoci in privato via email per approfondire 😉
P.S. Chi volesse intervenire sull’argomento è pregato di farlo in privato (vedi contatti in fondo a destra) così da non allungare l’OT.
“È un cono. Se è alto 3 km il raggio alla base sarà 9 km”
Che stupidaggine.
Il fatto che un cono sia alto 3 km non mi da nessuna informazione sul suo raggio di base.