L’università di Dallas ha pubblicato uno studio in cui viene proposta una nuova tecnica per la realizzazione di LED in scala micrometrica e nanometrica (MRs e NWs). Data la crescente domanda di apparecchi di illuminazione flessibili, i diodi a emissione di luce (LED) su scala micrometrica sono considerati una delle sorgenti luminose più promettenti per le applicazioni che prevedono l’utilizzo di dispositivi deformabili ed estensibili. I Micro LED sono stati realizzati utilizzando una tecnica chiamata “epitassia remota” che ci occuperemo di approfondire in questo articolo. Questa tecnica ha permesso di realizzare array di LED che possono essere piegati, tagliati, deformati e possono essere applicati su diverse superfici. Parleremo anche di Royole Corporation e dei suoi nuovi display LED estensibili. Ma prima di farlo reintrodurremo il funzionamento del Diodo a emissione di luce e approfondiremo queste nuove tecnologie e tecniche di realizzazione con tutti i loro vantaggi.
Introduzione
Il diodo a emissione di luce (LED) ha rappresentato, a partire dagli anni '60, un'importante svolta tecnologica nel campo dell'illuminazione per via della sua alta efficienza, della resistenza meccanica e dal punto di vista del risparmio energetico. I display LED stanno trasformando il panorama degli schermi per via di un elevato range dinamico, per la migliore leggibilità in diverse condizioni di illuminazione e fattori di forma senza precedenti applicabili alle tecnologie a montaggio superficiale, ai dispositivi biomedici, ai mezzi di trasporto, etc. Nel 2020 l'Università del Texas ha pubblicato una ricerca consultabile sulla rivista Science Advances in cui viene presentato un metodo per produrre pannelli di micro LED di diverse dimensioni e applicabili su diversi tipi di superfici. Questo risultato è stato possibile grazie all'utilizzo di una particolare tecnica chiamata "remote epitaxy" (epitassia remota) effettuata su un array di microLED a giunzione p-n in Nitruro di Gallio (GaN) su un wafer di Ossido di Alluminio (AI2O3) con un substrato in grafene. L'uso del grafene permette il trasferimento degli array di microLED su una piastra di rame, se opportunamente posizionate, queste strutture possono essere deformate senza compromettere le prestazioni del dispositivo. In questo articolo ci occuperemo di reintrodurre il funzionamento dei LED "classici" per poi approfondire le tecnologie che sono al centro di questo nuovo studio.
LED: un ripasso
Prima di descrivere le tecnologie innovative che caratterizzano questo studio, riprendiamo in mano il concetto di diodo a giunzione p-n e di diodo a emissione di luce (LED). Come molti di voi sapranno, si ha un diodo tutte le volte che si mettono a contatto un semiconduttore "n" e un semiconduttore "p". Un semiconduttore è un materiale che allo stato "neutro" si comporta come un isolante, ma di cui è possibile modificare le proprietà di conducibilità attraverso un processo chiamato drogaggio. Il materiale semiconduttore più utilizzato è il Silicio (Si), che viene definito tetravalente, cioè ha 4 elettroni nell'orbitale esterno e si lega con doppio legame agli atomi di Si vicini. Se in questa struttura stabile si sostituisce un atomo di Silicio con un atomo, per esempio, di Arsenico (As) o Fosforo (P) che hanno 5 elettroni nel solo orbitale esterno, si ottiene un elettrone libero che può muoversi in presenza di un campo elettrico, permettendo il passaggio di corrente. In questo caso avremo un Silicio drogato n. Se invece sostituissimo l'atomo di Silicio con un atomo di Boro (B) che ha 3 elettroni liberi nell'orbitale più esterno, viene a mancare un legame la cui assenza viene colmata da un elettrone proveniente da un altro legame, ciò crea a sua volta un'altra mancanza di legame che viene colmata da un altro elettrone e così via, in questo caso si parla di Silicio drogato p.
Le diciture p e n si riferiscono al tipo di portatori di carica che permettono il passaggio della corrente all'interno del materiale semiconduttore. Nei semiconduttori è possibile avere sia portatori di carica negativa che positiva a seconda del tipo di drogaggio che viene effettuato. Quando questi due semiconduttori con diverso tipo di drogaggio vengono messi in contatto, si ottiene un diodo, cioè un dispositivo che permette il passaggio di corrente in un determinato verso. Nel contesto di questo articolo cercheremo di soffermarci su una descrizione generale del fenomeno, senza entrare nello specifico della caratteristica corrente-tensione del diodo.
Ovviamente, non è possibile creare una giunzione p-n semplicemente avvicinando due blocchetti di Silicio drogati. Bisogna utilizzare una fetta di Si, chiamata wafer di Silicio ed eseguire delle operazioni che permettano a questo wafer di essere sottoposto a diverse modalità di drogaggio, in modo da costruire il diodo. Per farlo vengono utilizzate principalmente due tecniche: il drogaggio per diffusione o per impianto ionico.
Il LED funziona esattamente come un diodo a giunzione p-n polarizzato direttamente, cioè al cui terminale p viene applicata una tensione positiva e al terminale n una tensione negativa. La differenza fondamentale sta nel fatto che al momento del passaggio della corrente nel diodo, questo emette luce per via di un fenomeno chiamato elettroluminescenza, che si manifesta quando i portatori di carica negativi del semiconduttore drogato n (elettroni) si ricongiungono ai portatori di carica positivi (lacune) presenti nel semiconduttore drogato p, liberando fotoni. Uno schema molto chiaro della struttura del LED è mostrato in Figura 1.
In realtà, anche i normali diodi a giunzioni p-n presentano il fenomeno di elettroluminescenza, e di fatto producono luce nella regione chiamata "attiva", cioè all'interfaccia tra il Si-n e il Si-p. Solitamente quest'area viene coperta, ed è per questo motivo che non vediamo la luce emessa dai normali diodi. I LED possono generare luce di colore diverso al variare del semiconduttore utilizzato. Esistono LED che emettono radiazioni su ogni spettro della luce, anche non visibile all'occhio umano. Nella ricerca che stiamo per visionare i LED sono stati realizzati usando il Nitruro di Gallio (GaN), che, associati a un substrato di Zaffiro (AI2O3), producono una luce blu chiaro.
Oltre al colore della luce prodotta, l'utilizzo del Nitruro di Gallio nei LED presenta alcuni vantaggi fondamentali come dimensioni ridotte e una velocità di commutazione maggiore rispetto a quelli realizzati in Silicio. Potete approfondire l'argomento consultando il seguente articolo: Massimizzare le performance di un driver LED con la tecnologia GaN
Ora che abbiamo rivisto i principi fondamentali che stanno alla base del funzionamento del LED, possiamo entrare nel vivo dell'articolo e porci alcune fondamentali domande. Per esempio, possiamo chiederci come è possibile ottenere dei LED deformabili, come possono essere applicati su una superficie e quali tipi di LED sono più adatti a questo scopo.
Epitassia remota
La caratteristica principale che devono avere questi dispositivi è legata alle dimensioni ed alle prestazioni. Per ottenere dei pannelli di LED di dimensioni contenute è necessario che gli strati che compongono il semiconduttore siano estremamente sottili. Per questo motivo si è ricorsi a una tecnica chiamata epitassia remota. Con il termine epitassia si definisce il processo di crescita di uno strato cristallino con una particolare orientazione su un altro strato sempre di origine cristallina, dove l'orientazione è determinata dallo strato sottostante. E' una tecnica ampiamente sfruttata per realizzare più strati sui wafer dedicati alla produzione di semiconduttori utilizzati, per esempio, nei circuiti integrati. Più in generale, è una tecnica molto utilizzata nella realizzazione di dispositivi optoelettronici. [...]
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