Circuiti di acquisizione ed elaborazione dei segnali – Parte 1

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Quello dell’acquisizione e dell’elaborazione dei segnali è un campo estremamente vasto e specifico dell’elettronica applicata. A pensarci bene, spesso si utilizzano indifferentemente le espressioni “acquisizione dati” e “acquisizione di segnali” sebbene con la prima si faccia riferimento soprattutto a trasmissione di dati già digitalizzati mentre con la seconda alle operazioni di condizionamento, conversione A/D ed eventualmente memorizzazione del segnale. Tutte queste operazioni sono in ogni caso propedeutiche e/o contestuali all’effettiva elaborazione propriamente detta e generalmente numerica. Ciò che si interfaccia a monte della catena di acquisizione è generalmente un segnale analogico ma l’elaborazione quasi mai è eseguita nel dominio analogico. Nel dominio analogico viene al più eseguito un precondizionamento del segnale, operazione funzionale alla successiva digitalizzazione. Che debba essere interfacciato un segnale analogico, che questo debba essere precondizionato prima di essere digitalizzato, che debba essere digitalizzato e memorizzato o trasmesso prima della vera e propria elaborazione numerica, le operazioni necessitano sempre di circuiti elettronici opportuni che trattino adeguatamente il segnale a livello fisico.

Un sistema di acquisizione dati visto nelle linee più generali possibili è costituito prevalentemente da trasduttori, circuiti di condizionamento, convertitori A/D e memorie in grado eventualmente di conservare il segnale in forma numerica per la successiva elaborazione e l’estrazione dell’informazione in esso contenuta. L’informazione, infatti, spesso non coincide con il segnale ma è piuttosto contenuta in esso e da esso va “estratta” attraverso una elaborazione opportuna che sempre più frequentemente è basata su algoritmi numerici implementati per via firmware o software. Le tecniche di elaborazione del segnale si sono infatti, nel corso del tempo, spostate sempre più dal campo analogico verso quello numerico. Tale evoluzione è stata favorita dalla crescente potenza di calcolo di controllori, DSP e processori, e giustificata dal fatto che un segnale digitalizzato può essere trasmesso in maniera più robusta e affidabile e conservato ed elaborato digitalmente in maniera più agevole ed efficiente. Conseguentemente, la parte analogica dei circuiti di acquisizione ed elaborazione si è sempre più spostata verso la zona di front-end con il segnale fisico da rilevare. In Figura 1 è riportato lo schema generale di un sistema di acquisizione ed elaborazione del segnale.

Figura 1-Schema generale a blocchi di un sistema multicanale di acquisizione ed elaborazione dei segnali

Figura 1: Schema generale a blocchi di un sistema multicanale di acquisizione ed elaborazione dei segnali

Si distinguono in particolare: sensori e trasduttori per il rilevamento del segnale e la conversione della grandezza fisica oggetto di studio in grandezza elettrica; precondizionamento (preamplificatore a basso rumore e filtraggio necessari a eliminare rumore e disturbi che si trovino fuori dalla banda utile del segnale); eventuale multiplazione per rendere multicanale il sistema di acquisizione; amplificazione tale da rendere il livello del segnale adeguato alle caratteristiche dell’ADC; S/H (Sample and Hold); Conversione A/D; Memorizzazione e/o elaborazione del segnale. Più in generale, si può pensare ad architetture circuitali differenti con canali in parallelo o in multiplexing in funzione dell’applicazione e delle prestazioni desiderate dal sistema di acquisizione. Ciascun blocco deve, in ogni caso, presentare caratteristiche ben precise che ne garantiscano un corretto interfacciamento con lo stadio che lo precede e con quello che lo segue senza compromettere la qualità, l’integrità e il corretto trasferimento del segnale. Nello specifico, l’implementazione dei singoli blocchi può inoltre differire a seconda che si debba acquisire un segnale analogico pressocché costante nel tempo o lentamente variabile, un segnale periodico oppure transitorio e rapidamente variabile.

La banda del segnale (da cui dipende la banda dei circuiti di amplificazione e filtro, la frequenza di campionamento dei circuiti ADC e la velocità di memorizzazione, trasferimento ed elaborazione dei dati digitalizzati), la sua dinamica, l’impedenza della sorgente, concorrono a definire le caratteristiche elettriche statiche e dinamiche, la sensibilità e la stabilità richiesta ai singoli blocchi. La schematizzazione riportata in Figura 1 è per diversi motivi puramente indicativa. In alcuni casi, per esempio, non esiste una suddivisione netta tra le funzioni dei singoli blocchi alcune delle quali possono coesistere all’interno di uno stesso circuito. Di seguito, presenteremo alcuni semplici circuiti di acquisizione ed elaborazione di segnali per lo più noti in letteratura e tratti dai documenti. La loro analisi consente di evidenziare quanto detto fino a questo punto e di estrapolare considerazioni di carattere generale utili all’approccio con questo tipo di circuiti e alla loro progettazione. Data la complessità dell’argomento, non tratteremo l’elaborazione numerica propriamente detta rappresentata dall’ultimo blocco della catena schematizzata in Figura 1, ma ci limiteremo a focalizzare l’attenzione sui blocchi a monte di questo. Occorre in ogni caso essere consci del fatto che le due cose non costituiscono due mondi distinti poiché coesistono generalmente nella stessa applicazione.

MOLTIPLICATORE ANALOGICO A DUE QUADRANTI

La presenza nei circuiti di acquisizione di segnali dei convertitori A/D (sia come chip a sè stanti che come circuiti integrati in chip programmabili come controllori e DSP) appare ovvia; meno ovvia appare invece la presenza di convertitori DAC in un ambito nel quale si desidera generalmente digitalizzare il segnale piuttosto che eseguire l’operazione opposta. Nonostante ciò, i DAC utilizzati insieme agli ADC possono risultare estremamente utili in alcune elaborazioni del segnale che possono essere condotte per via puramente elettronica allo scopo di generare o estrarre dallo stesso l’informazione contenuta. La realizzazione di moltiplicatori e demodulatori ne è un esempio. Lo schema di Figura 2, per esempio, mostra il chip ADC LTC1099 impiegato insieme ad un DAC al fine di realizzare un moltiplicatore analogico a due quadranti.

Figura 2-Moltiplicatore analogico a due quadranti [1],[3],[16]

Figura 2: Moltiplicatore analogico a due quadranti

La forma d’onda V1 è applicata all’LTC1099 (convertitore A/D ad 8 bit) che lo digitalizza alla frequenza (300kHz) imposta dal circuito contatore 74LS90 che segue la sorgente di clock a 3MHz posta a monte di esso. Il segnale ottenuto viene acquisito dal DAC 1208 che presenta sul pin Vref il segnale V2. Il risultato è che il segnale digitalizzato viene riconvertito in analogico ma allo stesso tempo moltiplicato per il segnale V2. In pratica, se il secondo segnale è una sinusoide di frequenza molto maggiore rispetto a quella del primo, l’uscita del circuito è costituita da un segnale modulato di cui V1 rappresenta il segnale modulante e V2 la portante. In pratica, se Vref sul DAC fosse fisso, il risultato sarebbe quello di ricostruire il segnale originario, cosa che non accade essendo Vref=V2 da cui l’effetto di moltiplicazione corrispondente ad una modulazione di ampiezza a doppia banda laterale. Nella stessa Figura 2 è mostrato il risultato dell’elaborazione nel caso in cui V1 sia un triangolo periodico di frequenza 100Hz posto sull’ingresso dell’ADC e V2 una sinusoide di frequenza 3kHz posta sull’ingresso del DAC. La portante compare ovviamente nello spettro dell’uscita. In Figura 3, per esempio, sono mostrati gli spettri dei segnali che si otterrebbero rispettivamente dalla moltiplicazione di un seno a frequenza 42.5kHz per un seno a 5kHz e di un seno a 42.375kHz per un seno a 30.875kHz. Questo esempio mostra come ADC e DAC possano essere utili nell’implementazione di moltiplicatori e quindi di modulatori di ampiezza.

Ovviamente, tanto più elevata è la banda del segnale modulante e la frequenza portante, tanto più performanti cioè veloci devono essere il DAC e l’ADC utilizzati. Al posto del DAC e dell’ADC mostrati nel circuito possono essere utilizzati modelli analoghi a patto di rispettarne il principio di funzionamento. Precisato ciò, diamo un’occhiata più da vicino ai componenti utilizzati in detto circuito. Il DAC1208 è un convertitore D/A a 12-bit. Esso può essere controllato da un microprocessore attraverso le linee Byte1, Byte2, VR1, VR2, CS ed Xfer. Nella specifica applicazione mostrata ciò non è necessario. Infatti, WR1 abilita la cattura dell’ingresso DI da parte dei latch interni del chip ed essendo il pin CS sempre a ground tale operazione è sempre attiva. DI (Digital Input) indica i pin di ingresso. Particolare importanza riveste il pin Vref che fa da riferimento di tensione per la rete R-2R di conversione integrata. Normalmente, su questo pin si pone un riferimento di precisione. Lo stesso pin, come accade nel nostro caso, può tuttavia essere utilizzato come ingresso per il secondo segnale (compreso tra -10V e 10V) del moltiplicatore. L’LTC1099 è invece un 8-bit A/D converter ad alta velocità. Si distinguono, in particolare: il segnale di ingresso Vin, il pin WR/RDY su cui insiste il segnale di clock che determina la velocità di conversione dell’ADC e la tensione di riferimento Vref. Il range di ingresso è compreso tra 0 e 5V motivo per cui il moltiplicatore che si ottiene ha due quadranti.

Il DM74LS90 è un contatore che fornisce il clock all’ADC. Esso è interposto tra la sorgente di clock vera e propria a 3MHz e l’ADC al fine di ridurne la frequenza a 300KHz cioè di un fattore 10. L’LT1019 è invece un riferimento di tensione a band gap per l’ADC, mentre l’LTC1122 è un amplificatore operazionale con ingresso a JFET che interfaccia il DAC verso l’uscita. L’applicazione circuitale appena mostrata evidenzia come ADC e DAC possano essere utilizzati anche per effettuare una vera e propria elaborazione del segnale. In questo caso è necessario fare attenzione alla banda dei segnali utilizzati, dinamiche e tensioni di riferimento. L’applicazione esula pertanto dall’architettura generale mostrata in Figura 1.

Figura 3-Spettro di uscita del moltiplicatore di Figura 2. A sinistra è mostrato lo spettro del segnale ottenuto dalla moltiplicazione di V1 (ingresso ADC) seno a frequenza 42.5kHz oscillante tra 0 e 4,5V per V2 (ingresso DAC) seno a 5kHz oscillante tra -2V e 2V. Il primo segnale assume soli valori positivi, vincolo dettato dall’hardware dell’ADC. A destra è invece mostrato lo spetto del segnale ottenuto come moltiplicazione di un seno a 42.375kHz (oscillante tra 0 e 4,5V) per un seno a 30.875kHz (oscillante tra -2V e 2V) [1][3][16

Figura 3: Spettro di uscita del moltiplicatore di Figura 2. A sinistra è mostrato lo spettro del segnale ottenuto dalla moltiplicazione di V1 (ingresso ADC) seno a frequenza 42.5kHz oscillante tra 0 e 4,5V per V2 (ingresso DAC) seno a 5kHz oscillante tra -2V e 2V. Il primo segnale assume solo valori positivi, vincolo dettato dall’hardware dell’ADC. A destra è invece mostrato lo spettro del segnale ottenuto come moltiplicazione di un seno a 42.375kHz (oscillante tra 0 e 4,5V) per un seno a 30.875kHz (oscillante tra -2V e 2V)

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