Sensore PWM di prossimità e luce ambiente

Quando la tecnologia viene impiegata per migliorare le nostre condizioni di vita non smette mai di sorprenderci! In questo articolo si descrive un rivoluzionario sensore di prossimità, costruito dalla Silicon Labs, che per la sua peculiare progettazione è protetto da numerosi brevetti.

Introduzione

Dispositivi simili li abbiamo già incontrati chissà quante volte nelle esperienze quotidiane, ad esempio, negli autogrill o nei ristoranti pronti ad erogare acqua in modo automatico appena avviciniamo le mani al rubinetto oppure ad avviare la ventola dell’asciugamani ad aria calda. Sono sensori di prossimità solitamente funzionanti con la luce emessa da un led e sfruttano la tecnica della riflessione ottica. Silicon Labs offre una gamma molto vasta di sensori di prossimità da scegliersi in funzione della applicazione, della distanza di percezione o della sensibilità richiesta. Le applicazioni sono limitate solo dalla fantasia, infatti, questi sensori possono utilmente essere impiegati nell’elettronica di consumo, oppure nell’automazione industriale, nella robotica, nella domotica, nel settore automobilistico ed in generale come automatismo intelligente.

Un sensore di prossimità di ultima generazione, ad esempio applicato ad un telefono cellulare, consente di spegnere il display per ridurre il consumo della batteria oppure variare il volume di ascolto quando si avvicina il telefono all’orecchio, per poi ripristinarlo quando si allontana dal volto; oppure nella costruzione di giocattoli semoventi capaci di scansare o riconoscere gli ostacoli, e ancora in alcuni dispositivi medicali come i pulsossimetri o i misuratori di battito cardiaco e così via. La prerogativa principale di questo innovativo componente è quella di discernere se l’oggetto è in avvicinamento oppure stazionario nel campo di cattura, mentre la maggior parte dei dispositivi simili esistenti in commercio ha un comportamento ambiguo nei confronti di segnali statici.

Figura 1: Schema elettrico e rappresentazione del sistema ottico

Figura 1: Schema elettrico e rappresentazione del sistema ottico

PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO

Diversamente dai vari modelli esistenti in commercio e che svolgono funzioni simili, il sensore di prossimità Si1120 utilizza due fotodiodi integrati nel dispositivo per distinguere la luce ambiente visibile VIS dalla luce infrarossa IR: la luce IR, quando occorre, viene generata da un led esterno al sensore azionato ad impulsi. Se l’applicazione lo richiede, allora quest’ultimo deve essere otticamente isolato in modo da evitare l'illuminazione diretta della superficie del sensore. Il sistema ottico così concepito viene opportunamente protetto da una finestra in vetro trasparente come quello utilizzato sulle EEPROM, vedi Figura 1. Il processore analogico, presente sul dispositivo, analizza contemporaneamente i livelli dei segnali provenienti dai due fotodiodi: dall’analisi differenziale si riesce a stabilire se l’oggetto che transita nel campo di cattura (circa 50 centimetri) è in avvicinamento, in allontanamento oppure stazionario.

Nel sensore di prossimità la luce infrarossa può raggiungere il fotodiodo IR solo per riflessione, mentre la luce ambiente colpisce direttamente il fotodiodo VIS sensibile ad essa. Grazie a questa fondamentale distinzione della luce diretta/riflessa, il dispositivo può funzionare in vari modi e fornire varie informazioni sulla posizione e sulla distanza dell’oggetto intercettato. Una volta programmato, il sensore restituisce sull’uscita PRX un segnale modulato in PWM la cui durata (low) è proporzionale alla quantità di luce ricevuta per ciascuna modalità di funzionamento programmata. La tecnica di misura PWM abbinata alle diverse modalità operative previste dal dispositivo fornisce una precisa idea sulla distanza e/o la dimensione dell’oggetto. Le tecniche di interrogazione del sensore sono varie e consentono di lavorare in modalità low power oppure high distance o ancora high sensitivity, oppure solo luce visibile o in modalità differenziale (color perception).

STRUTTURA DEL CHIP

Questo dispositivo fortemente integrato misura solo 3 x3 mm ed è protetto da vari brevetti per la sua innovativa realizzazione. Il contenitore si presenta in formato ODFN-8 (Optical Dual Flat No Lead) con finestra in vetro. L’alimentazione ideale è da batteria a 3 Volt (una pila al litio a bottone consente una lunga autonomia di funzionamento). Al suo interno, direttamente integrati sul chip, trovano posto due fotodiodi denominati rispettivamente VIS (luce visibile centrato a 550 nm) ed IR (centrato a 850 nm), i circuiti di amplificazione del segnale, il processore analogico, il driver per il LED esterno a corrente costante ed il buffer per la linea di uscita funzionante in PWM. I suoi otto pin hanno le seguenti funzioni:

  • VDD e VSS sono i pin di alimentazione;
  • TXDG è il pin di GND della sezione di potenza (LED IR);
  • TXO (attivo low ) è la linea che pilota il LED IR esterno a corrente costante 50;
  • 400 mA - SC Shut -Down/Clock ; Quando è alto disattiva la funzione del chip;
  • MD imposta la programmazione della modalità di funzionamento;
  • STX imposta la frequenza di lavoro del sensore (rate);
  • PRX è il pin di uscita attivo low e di durata proporzionale (PWM) alla intensità della luce. La scelta della frequenza di lavoro, la corrente nel LED IR e la modalità di lavoro luce visibile/luce riflessa, dipendono dall’applicazione e influenzano il consumo e la durata della eventuale batteria.

LUCE DIRETTA/RIFLESSA, LUCE VISIBILE/IR

La combinazione dei due fotodiodi sullo stesso chip aumenta la possibilità di applicazioni e migliora la capacità di discernimento del dispositivo. Quando utilizzare l’uno, l’altro o entrambi i fotodiodi dipende assolutamente dalla applicazione. Per esempio, dall’analisi della componente visibile possiamo dedurre informazioni sulla quantità di luce del giorno e quindi la nostra mente va subito ad applicazioni con pannelli solari oppure come interruttore crepuscolare. In un misuratore di battito cardiaco è ancora la luce diretta quella che ci interessa, in quanto dobbiamo valutare la trasparenza del dito esposto ad una luce IR. Mentre nelle applicazioni che richiedono il riconoscimento di oggetti situati in prossimità conviene utilizzare la luce riflessa emessa dal diodo LED esterno al dispositivo. Il LED esterno può essere a luce visibile oppure a luce IR e quindi influenzare maggiormente uno o l’altro sensore. Ricordiamo che la luce inviata dal LED (riflessa o diretta ) è pulsata e quindi facilmente distinguibile dalla componente ambientale. Inoltre, la luce del LED esterno può essere di un qualsiasi colore nel visibile, non necessariamente IR. Infine vale la pena ricordare che il LED può essere alimentato a 400 mA per applicazioni a lunga portata oppure alimentato a 50 mA per sentire oggetti più piccoli o per ridurre i consumi. Quindi è l’applicazione che deve suggerire la scelta più appropriata del tipo di sorgente luminosa ed il fotodiodo da impiegare. Grazie appunto alla notevole versatilità di utilizzo, si può ben dire che questo componente giustifichi ampiamente il gran numero di brevetti pendenti ed approvati.

PROGRAMMAZIONE DEL CHIP

Il circuito integrato Si1120 deve essere programmato secondo una delle tante possibili modalità operative. Solitamente questo chip è pensato per funzionare in abbinamento ad un microprocessore che ne definisce l’applicazione finale. Una volta scelta la modalità, è necessario informare il componente di questa decisione, a ciò provvedono le linee di controllo STX ed MD che, sincronizzate dal segnale SC (fronte discendente), memorizzano la funzione “MODE” secondo la Tabella 1. Le linee di controllo devono essere attivate in sequenza opportuna, in modo da far coincidere lo stato STX Latch e MD Latch desiderato con il fronte di discesa della linea SC. Una volta abbassata la linea SC bisogna definire la condizione (static) della linea MD per completare la programmazione del MODE.

In altre parole, la linea MD assume due ruoli, uno dinamico (latch), fotografato dal fronte di discesa di SC e l’altro statico, che permane dopo l’avvenuta transizione 1-0 della medesima linea. Riferirsi al timing in Figura 2 per una migliore comprensione. Se avete seguito la descrizione del funzionamento fatta fino a questo punto risulteranno intuitive le modalità di funzionamento previste dal chip, una parola in più va spesa per il caso OFC (offset calibration). Questa, infatti, oltre ad una modalità di funzionamento può essere considerata come una misura del livello di luminosità ambientale ed il suo valore, espresso in microsecondi, rappresenta la condizione di luminosità in assenza di oggetti (factory calibration) ed in assenza di corrente nel LED esterno. In questa modalità, infatti, la linea di uscita PRX restituisce sempre in tecnica PWM il valore di luminosità ambientale e tiene conto delle condizioni di alimentazione e di deriva termica del chip.

Tabella 1: Modalità di programmazione

Tabella 1: Modalità di programmazione

 

Figura 2: Timing delle linee di controllo

Figura 2: Timing delle linee di controllo

 

Figura 3: Diverse tecniche di rilevamento, ad una o due finestre

Figura 3: Diverse tecniche di rilevamento, ad una o due finestre

CONSIDERAZIONI PRATICHE

Solitamente questi dispositivi devono essere utilizzati all’interno di un involucro che contiene il PCB, il chip, il LED esterno, le ottiche ed il sistema meccanico di fissaggio all'applicazione finale. Particolari cure sono necessarie nella realizzazione della struttura che dovrà ospitare questi componenti e nelle scelte progettuali allo scopo di consentire un immediato riconoscimento degli oggetti e/o delle condizioni di funzionamento desiderate. La luce del LED esterno, infatti, va scelta di colore opportuno dal rosso al verde, dall’infrarosso all’ultravioletto, come dettato dall’applicazione. Non bisogna dimenticare che il fotodiodo VIS pur essendo centrato sui 550 nm (picco di massima sensibilità per l’occhio umano) è capace di percepire tutte le frequenze del campo ottico che vanno dall’infrarosso all’ultravioletto. Quindi per poter discernere tra luce diretta e luce riflessa è importante che il LED esterno non possa mai irradiare direttamente sulla superficie sensibile del Si1120. Per ottenere questa condizione indispensabile, è necessario ricorrere all’isolamento ottico della sorgente a LED utilizzando tecniche di rilevamento ad una o due finestre come illustrato in Figura 3.

Tuttavia, la grossa capacità di programmazione del chip consente di passare rapidamente da una modalità di funzionamento ad un'altra e di raffrontare i risultati delle misure tra di loro, in modo da poter estrapolare le condizioni di sicura rilevazione, anche in presenza di una progettazione meccanica non necessariamente costosa. Così, ad esempio, è possibile effettuare rapporti tra le misure VAMB e VIRL oppure VAM e VIRH che forniscono una idea sul rapporto di colore delle sorgenti analizzate (color perception) e confrontarli alle condizioni di OFC, oppure passare dalla modalità PROX50 alla PROX50H per aumentare la sensibilità a parità di corrente nel LED. Di fondamentale importanza è anche il rate con cui viene attivato il LED esterno se presente (STX); dalla frequenza del segnale di sincronismo dipende infatti la capacità di rilevare oggetti in movimento più o meno veloci, oppure studiarne la forma e dimensione; insomma, davvero non ci sono limiti alle possibilità di discernimento di cui questo componente è capace. A chi fosse interessato alla sperimentazione con questo chip, suggerisco l’acquisto della scheda demo Si1120 EK. Sul sito della Silicon Labs (www.si- Labs.com/Si1120EK) potrete scaricare tutte le informazioni, tool, note applicative ed esempi di programmi, con il ché potrete iniziare subito la sperimentazione. A tale proposito risulta molto interessante anche la nota AN 442, che rappresenta una guida alla progettazione.

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