Power Over Ethernet

La tecnologia Power over Ethernet (PoE) consente la trasmissione di energia elettrica sull’infrastruttura Ethernet attraverso lo stesso cavo usato per trasmettere dati. Il concetto di PoE dovrebbe suonare familiare a chi ha già utilizzato una linea telefonica proveniente da una centrale privata. Con un telefono standard può bastare collegare il telefono  alla presa telefonica e la stessa linea che riceve e trasmette segnali vocali alimenta anche l’apparecchio. Allo stesso modo, PoE aumenta la capacità dell’infrastruttura Ethernet e distribuisce energia eliminando la necessità di adattatori di alimentazione, relativi cordoni e prese di alimentazione.

Un cablaggio Ethernet utilizza, di norma, cablaggi in categoria 3 e 5. I cavi di categoria 3 permettono di trasmettere dati ad un bandwidth fino a 10 Mbps, mentre quelli di categoria 5 sono in grado di rispettare 100 Mbps. Esiste anche una versione avanzata, categoria 5e (enhanced), che permette di rispettare un bandwidth di un 1 Gbps. La categoria 5 ha, di fatto, negli anni, rimpiazzato le soluzioni basate su cat 3. Lo standard PoE, conosciuto come IEEE 802.3af, è stato ratificato nel giugno del 2003. Prima della sua adozione, la maggior parte delle soluzioni PoE erano basate su standard proprietari, spesso incompatibili tra loro. Con la nuova normativa è garantita l’interoperabilità. Ad ora, molti apparati sono disponibili sul mercato; tra questi ci sono telefono VoIP, access point per reti wireless e videocamere per la sicurezza.   Il progetto IEEE 802.3af è stato guidato dalla proliferazione di apparati a basso consumo che avevano bisogno di essere collegati alla rete locale. Fornire l’alimentazione a questi componenti terminali, oltre al collegamento alla rete dati, significa realizzare un’infrastruttura di rete di prezzo contenuto.

Introduzione al PoE

L’architettura PoE consiste di due elementi: il componente alimentato  (PD) e la sorgente di alimentazione  (PSE). Tra i primi sono compresi i telefoni  IP, gli access point wireless e le telecamera per sistemi di videosorveglianza. Sono stati adottati due tipi di approccio per alimentare un link attraverso un PSE. Il primo è di fornire energia sulle coppie del segnale (endspan) attraverso apparati di rete: l’altra  opzione è detta mid-span e opera sulle coppie libere (nelle applicazioni 10BASE-T e 100BASE-TX). Inizialmente, l’approccio mid-span è la soluzione più economica, perché non richiede la sostituzione degli apparati di rete. Questa opzione è progettata per installazione nelle sale apparati, inserendo l’alimentazione su uno dei componenti di permutazione. Lo standard pone in evidenza 5 classi (da 0 a 4). La figura 1  mostra, per tre classi, le varie soluzioni e le nuove funzionalità dei telefoni VoIP.

Figura 1: classi

Figura 1: classi

Come vediamo i telefoni di classe 1 offrono funzionalità di base con un basso utilizzo di energia elettrica. Tuttavia, con l’aggiunta di caratteristiche avanzate come funzionalità di accesso al Web, multimedia o videoconferenza, aumenta anche la richiesta di potenza, con il passaggio a una classe di alimentazione superiore. L’obiettivo della tecnologia basata su PoE è di rispondere alle diverse esigenze di alimentazione non ignorando la possibilità di potenziare progressivamente la potenza del flusso di alimentazione (come evidenziato nella IEEE 802.3at “PoE Plus”).  Il metodo di classificazione della IEEE803.3af si basa su tre differenti livelli di potenza 15,4W, 7W e 4W. Alcuni switch, soprattutto quelli con molte porte, possono fornire 4 o 7 W su tutte le porte, ma non riescono a rendere disponibili 15,4 W su ciascuna porta allo stesso tempo. Ciascuna classe ha sia un valore minimo che uno massimo: il primo indica la potenza “a riposo” del dispositivo, mentre la seconda indica la massima potenza assorbibile dal PD. La tabella 1 mostra i vari parametri di riferimento.

Tabella 1 - Classi

Tabella 1 - Classi

L’alimentazione è posta presso punti di concentrazione di piano in due modalità: mid-span (tra switch e pannello di cablaggio si inserisce un dispositivo injector), ed endspan (lo switch stesso dispone di porte alimentate). La prima soluzione presenta il vantaggio di poter aggiungere  il PoE anche su switch esistenti. Lo svantaggio di questa soluzione è l’uso di maggiore spazio in unità rack: ciò è risolto da alcuni costruttori tramite pannelli di cablaggio che integrano il PoE, ma in questo caso occorre tener conto dell’applicazione utilizzata.  Il PoE fornisce fino a circa 13W di potenza con tensione di 48 Vcc su canali standard di 100 metri. L’energia è applicata sulle coppie non utilizzate da applicazioni Fast Ethernet 10/100 Mbps. Sono disponibili soluzioni per l’applicazione dell’energia anche sulle coppie di segnale dati, in particolare per applicazioni Gigabit Ethernet. Il sistema prevede sicuri metodi di riconoscimento dei carichi per garantire la sicurezza e la fornitura di potenza adeguata ai casi. Generalmente ciò consente di avere unità PoE con potenza totale inferiore alla somma dei carichi massimi di tutte le porte, riducendo anche la dissipazione termica. Soluzioni dette full power solitamente non sono necessarie. La gestione di un sistema integrato di rete può essere fatta attraverso l’uso di sistemi automatici, magari ricorrendo a protocolli dedicati, quali SNMP, che permettono di controllare lo stato dei carichi, e soprattutto di eventualmente resettare o disattivare remotamente qualche dispositivo alimentato. Con IEEE 802.3at  si arriva a soluzioni a maggior potenza 40/50 W, ma dovranno essere considerati gli effetti termici sui cavi del cablaggio dovuti alla maggiore intensità di corrente. Naturalmente un’altra considerazione da tenere presente è la tensione/corrente assorbita che dovrà essere fornita dal PSE al PD. I piccoli dispositivi comunemente connessi in una rete richiedono potenze inferiori a 10W. Lo standard prevede che il PSE eroghi una tensione che nominalmente dovrebbe essere 48 Volt, con un’oscillazione dei valori adeguata: il compito del PD è quello di trasformare questa tensione in una più conveniente. Ad ogni modo, occorre a questo scopo considerare le perdite del cavo che abbassano la tensione disponibile ai capi del dispositivo. La tabella 2 mostra le sue specifiche elettriche.

Tabella 2 - Specifiche elettriche

Tabella 2 - Specifiche elettriche

Ovviamente, per soddisfare le esigenze dei singoli dispositivi è stato introdotto il concetto di classe; in questo modo è possibile soddisfare ogni esigenza e determinare, in base alla potenza richiesta, la classe di appartenenza. Questi valori devono identificano quelli disponibili al PD e non quelle erogate dal PSE. Il PSE deve essere in grado di rilevare ogni dispositivo PD immesso nella rete, deve permettere la necessaria alimentazione una volta richiesta e disconnettere l’alimentazione quando il PD è disconnesso al sistema o quando è sottoposto al MPS (Maintain Power Segnature), cioè a fronte di situazioni di comportamenti anomali di un PD può essere necessario disconnetterlo.

Modi di funzionamento

In questo standard sono stati definiti due modi di funzionamento.  Il modo A, chiamato anche “phantom power”, l’alimentazione viene fornita al dispositivo usando le stesse coppie dei dati (ovvero 1-2 e 3-6): in questo caso con un semplice trasformatore si disaccopia l’alimentazione dal segnale dati. D’altra parte occorre ricordare che i segnali Ethernet  sono differenziali, sistema per definizione “tollerante” nei confronti di una stessa tensione applicata alla coppia. Il vantaggio principale del modo A è che non richiede coppie aggiuntive e quindi può essere portato anche praticamente ovunque sia disponibile una coppia di rete. Una semplice configurazione può essere senz’altro mostrata nella figura 2.

Figura 2: Power-over-Ethernet phantom connection.

Figura 2: Power-over-Ethernet phantom connection.

Un’altra valida alternativa è il modo B, chiamato anche “spare-pair connection” (figura 3).

Figura 3: Power-over-Ethernet spare-pair connection

Figura 3: Power-over-Ethernet spare-pair connection

Lo standard specifica che un PD deve supportare qualunque polarità, in questo caso sulla coppia 4-5 può esserci sia il positivo che il negativo  a discrezione dell’apparato PSE: in questo modo il lavoro del PD è quello di sistemare  i livelli. Nel modo B si utilizza una coppia per il positivo e una per il negativo  (4-5 e 7-8). Per questa ragione nel modo B si utilizza tutte le quattro coppie. Un sistema del genere comporta l’uso in maniera esclusiva dei segnali e questo può anche non essere accettabile; pensiamo a questo riguardo problemi per la presenza di eventuali problemi: cavi interrotti o perché sono state utilizzate per sdoppiare delle prese di rete. Lo standard PoE consente inoltre di proteggere gli investimenti in termini di rete, poiché è compatibile con i protocolli Ethernet 802.3 precedenti e di futura generazione. Con lo standard IEEE 802.3af è possibile usufruire di un’alimentazione a 15,4 W su ciascun dispositivo collegato, il che è adeguato per la maggior parte delle odierne applicazioni PoE. Con di IEEE 802.3at, meglio noto come PoE Plus, si ottiene un incremento prestazionale dei suoi valori di riferimento. Per esempio, l’alimentazione passerà a un minimo di 30 W per nuove applicazioni quali le videocamere di rete motorizzate (con puntatore, inclinazione e zoom o PTZ) e i videotelefoni  IP.

Detection phase

In base alle specifiche  IEEE un PSE non deve fornire alimentazione ad un dispositivo non PoE. In conseguenza di questa direttiva, un PSE dovrà, per prima cosa, identificare un dispositivo PoE e, successivamente, definire la modalità da utilizzare. Questa sequenza di operazione preliminari è chiamata detection phase. Un dispositivo è identificato come PoE attraverso la presenza di una resistenza di 25Kohm in parallelo con un condensatore di valore 50-120 nF. La resistenza deve essere posta tra la coppia che deve essere usata per l’alimentazione.  Il processo di riconoscimento si basa sul fatto che la resistenza di queste linee è o molto più bassa di 25 KOhm o molto più alta (le coppie non usate sono lasciate scollegate e quindi con resistenza infinita), semplicemente misurando la corrente assorbita  il PSE riesce a capire se il dispositivo è un PD. Se ovviamente risulta classificato come PD, allora dovrà fornire l’alimentazione secondo lo schema indicato, altrimenti si dovrà comportare come un semplice switch. Nella fase detection mode, al PSE sono applicati una tensione compresa tra 2.8V e 10V e si calcola l’impedenza differenziale tra DC e AC. Se non è riconosciuto nessun valore corretto il PSE è messo in uno stato di reset e si pone il dispositivo per un successivo ciclo di rilevamento.  Al termine della detection phase si entra in un altro processo, la classification phase durante la quale il PD indica la classe di funzionamento (sempre basandosi su assorbimenti tensioni/correnti). Questa fase è comunque opzionale e può non essere presente (in questo caso lo switch assume che l’apparato sia di classe 0).

Rimozione

Occorre fare un’ultima considerazione. Quando un PD è disconnesso, o si manifesta una failure su un dispositivo o un cavo, i vari segnali,  MPS, andranno persi e il PSE dovrà rimuovere l’alimentazione lungo il cablaggio. A questo scopo verrà rimosso l’alimentazione nella rete, ma non il singolo dispositivo.  La sequenza MPS include due componenti: AC MPS e DC MPS. Il dispositivo PSE rileva un AC MPS applicando una frequenza bassa (non maggiore di 500 Hz) con un slew rate non superiore a 0,1V/Ms. Un DC MPS è, viceversa, rilevato attraverso la corrente che fluisce in un PD.

 

 

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